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Con le mani nella terra


Icoldibarin

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privateuniverse

Ecco, la tua risposta mi dà l'imbeccata per quel che volevo scrivere.

 

Ovviamente, fare gli agricoltori per vivere presenta una serie di difficoltà che io e gli altri abbiamo già elencato.

 

Ma, in questo caso, a me pare si tratti di qualcosa di più: di un progetto di vita.

 

Ora, i progetti di vita si costruiscono con il tempo, e spesso non da soli; e, da questo punto di vista, alcune delle obiezioni che sono state fatte cadono o perdono importanza. Se tu, o qualsiasi altro, doveste decidere, da un giorno all'altro, di darvi all'agricoltura intesa in senso tradizionale, senza capitali né conoscenze, le difficoltà sarebbero, ovviamente, insormontabili. Il discorso cambia se una cosa del genere è inserita all'interno di un progetto più ampio di impostazione della propria vita, suscettibile di costruzione, e non di essere impostato solo in termini di "tutto o niente". In tal caso, si tratta di sviluppare conoscenze e contatti, per esempio entrando in contatto con persone e movimenti che s'interessano delle stesse tematiche e, eventualmente, di mettere a punto un progetto di vita diverso che includa, al suo interno, anche forme di attività di autoproduzione e di autoconsumo incentrate sull'agricoltura, magari in cooperazione con altri e, perché no, inserite in forme di aggregazione sociale che siano diverse dalla famiglia patriarcale dei nostri nonni, dalla famiglia nucleare dell'epoca fordista e dall'individualismo solipsistico del turbocapitalismo postmoderno.

 

Sono fermenti sempre più diffusi in certi strati delle nostre società e che trovano varie espressioni: il movimento delle Città in Transizione, il co-housing, la permacoltura. Non si tratta di appendere al chiodo il computer, o il camice del medico, per inseguire un idillio arcadico, ma di pensare a una vita diversa, in termini individuali, interpersonali e sociali; a una modernità diversa e diversamente orientata.

 

Messa in questi termini, l'idea di @Icoldibarin, a mio parere, non è affatto peregrina e merita di essere perseguita, con gradualità, ma anche con tenacia.

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Grazie, Conrad, per questa segnalazione del Masanobu Fukuoka. E gloria sia alla casa editrice che lo ha tradotto (suppongo dall'inglese).

Penso, in ogni caso, che una comune lgbtqie o glbtqie (invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia)possa essere una buona risposta alle problematiche del movimento in questo frangente storico.

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