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Che relazione esiste fra i figli e la felicità?


wasabi

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Stamattina ero in aereo e stavo discutendo con il mio ragazzo della questione "figli", così, tanto per parlare e, come al solito, sull'argomento avevamo posizioni molto differenti. Io gli dicevo che sarebbe un progetto che mi piacerebbe realizzare (in un lontano futuro, ovviamente), lui mi diceva che proprio non ne ha neanche in mente (almeno per il momento) e che ritiene che la sua vita sia talmente perfetta e completa così che non se la sentirebbe di introdurvi un elemento che la rivoluzionerebbe completamente, come, appunto, un figlio.

 

Sulla scia di questa discussione abbiamo letto questo articolo su internet:

 

http://www.albanesi.it/mente/figli.htm

 

in cui il punto di vista dell'autore è sostanzialmente molto simile a quello del mio ragazzo (e piuttosto lontano dal mio). In ogni caso, credo che confrontarsi con punti di vista diversi aiuti a non assolutizzare il proprio. Voi cosa ne pensate?

 

Vi riporto qui alcune parti salienti dell'articolo:

 

Che relazione esiste fra i figli e la felicità?


Sicuramente i figli non sono una condizione necessaria, come è dimostrato ormai dalle tante coppie che non ne hanno e vivono felicemente; ostinarsi a sostenere che sono condizione necessaria rivela o posizioni mistiche (come quelle derivanti da un'adesione acritica ai principi della propria religione) o forti condizionamenti che legano senza nessuna logica la felicità dell'individuo al benessere della futura collettività (se non facciamo figli cosa sarà dell'uomo?).
Sicuramente non sono una condizione sufficiente, visto che sono sotto gli occhi di tutti soggetti che hanno figli, ma che sono infelici. Ritenere i figli una condizione sufficiente è tipicamente romantico, con l'identificazione del figlio come idea dominante cui asservire la propria vita in cambio della felicità. Non a caso, chi li ritiene sufficienti alla felicità ha spesso una visione tradizionale che, un po' cinicamente, si può ridurre alla sequenza nascita-amore-matrimonio-figli-morte.
I figli potrebbero essere però una condizione facilitante, penalizzante o ininfluente.
Da decenni mi sono accorto che, nell'attuale società, i figli sono una condizione penalizzante per la gran parte delle persone e che una visione moderna dell'uomo non può che arrivare a questa conclusione. D'altro canto, vive meglio solamente chi coglie i mutamenti dei tempi.

 

 

 

La ricerca di Simon

 

 

La sociologa statunitense* Robin Simon ha analizzato le risposte date nell'indagine commissionata dall'Ufficio nazionale statistiche su un campione rappresentativo di 13.000 famiglie, arrivando alla conclusione che

  1. le coppie senza figli sono più felici delle coppie con figli;
  2. ciò vale per tutte le fasce d'età;
  3. la situazione è andata progressivamente peggiorando negli ultimi 50 anni;
  4. la negatività esistenziale diminuisce quando i figli si formano la propria famiglia.

In molti Paesi (l'Italia è troppo "cattolica" per concetti moderni come questo…) già da diversi anni si ipotizzavano conclusioni come quelle di Simon. Per esempio, il francese Hefez aveva già sottolineato il fatto che il primo figlio peggiora la qualità di vita di molte coppie, ma che il secondogenito affossa ogni tentativo di vivere al massimo la propria libertà. I condizionamenti ricevuti convincevano la coppia che i sacrifici erano necessari per una piena realizzazione di sé, almeno fino a che nella società le coppie senza figli sono state così numerose da smentire con la semplice evidenza dei fatti l'uguaglianza sacrifici=realizzazione.

 

 

Il genitore scimmia

Non si devono fare figli perché si deve.

 

Riguarda tutti quei casi in cui i condizionamenti ricevuti (genitori, società, religione ecc.) portano ad agire senza aver fatto un check-up dei propri convincimenti ed essersi posti il problema con buon spirito critico. La posizione è tipica del bravo ragazzo, ma non solo: il soggetto arrivato a una certa età, su pressione di chi gli sta vicino, per imitazione degli amici, per certe inconsce esigenze della propria educazione, decide di fare un figlio perché deve. Se si è sposati o si ha una relazione stabile, prima o poi si devono fare dei figli. Ma chi lo ha detto?
A questa domanda molti danno risposte scontate e banali.
Per perpetuare la specie – Cioè la necessità morale di non essere egoisti e pensare al futuro dell'umanità ecc. 


Per evitare che la società sia costituita da vecchi – Questa è la risposta che più piace ai politici (che del resto non sono certo giovani e moderni!), ma il Well-being insegna la profonda differenza fra vecchi e anziani. Se una persona invecchia bene, resta attiva e positiva fino alla fine dei suoi giorni. Quindi non bisogna costringere la gente con un fine lavaggio del cervello a fare figli, quanto insegnare alle persone a invecchiare bene!
Di genitori scimmia ne esistono due tipi: lo svogliato e il diligente. Lo svogliato fa il minimo necessario per allevare il figlio, sente il peso che ha su di sé e tende a trovare strategie che minimizzino l'impatto del figlio sulla sua vita (ne affida gran parte dell'educazione ai nonni, lo tratta da adulto facendo in modo che si adatti alle esigenze della famiglia, sceglie per lui strade educative, come scuola e hobby, che rechino meno disturbo possibile ai genitori ecc.). Il genitore svogliato è proprio sicuro che con la sua intelligenza non intuirà fin dai primissimi momenti che quel (poco) amore che riceve è forzato? Genitore svogliato, figlio disgraziato.
Il diligente può avere coscienza o meno del peso esistenziale della genitorialità, ma si forza con molta dignità ad accettare il suo ruolo; è la soluzione più positiva perché "minimizza i danni" (cioè le perdite nel bilancio esistenziale): nei casi più positivi, genitori equilibrati e con buone condizioni facilitanti riescono a fornire una buona educazione a figli che crescono bene e stabiliscono un buon rapporto con i genitori. Purtroppo quello che il genitore diligente spesso fa è di mentire a sé stesso, parlando di sacrifici in cambio di soddisfazioni. Va da sé che una soddisfazione meno un sacrificio dà come bilancio esistenziale zero o giù di lì, soprattutto se si considera che molte delle rinunce o dei sacrifici fatti saranno piuttosto vani quando il figlio si formerà una sua famiglia. In altri termini, quando ci sarà il distacco (se non ci sarà, il figlio sarà un inibito, ancora dipendente da adulto dai genitori, una condizione che un genitore non dovrebbe assolutamente desiderare) i genitori ritorneranno liberi, ma smarriti: avendo perso gran parte dello slancio vitale, con scelte lavorative coinvolgenti (fatte anni prima per mantenere la famiglia), senza particolari oggetti d'amore (messi da parte proprio a causa dei figli) avranno sì (punto 4 di Simon) un miglioramento esistenziale, ma sicuramente rimarranno a un livello inferiore rispetto alle coppie senza figli. Anzi, i più "stanchi" non faranno altro che attendere di diventare nonni e chiudere la loro vita, immolata alla famiglia.

 

Ma è da leggere tutto, per capire.

Edited by wasabi
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Oddio che argomento.

Ci sono così tanti spunti di riflessione da poter star qui per mesi.

Parto da due cose piccolissime. Da ragazza non avrei concepito una vita senza figli, che mi sarei dannata l'anima per averli, confesso che trovavo quantomeno limitante l'idea che si potesse essere felici senza. Magari si poteva essere felici "anche" senza, ma come una felicità raggiunta "nonostante". Poi per fortuna si cresce, e adesso che di figli ne ho due, capisco benissimo chi dice che si possa essere felici senza, anzi è una scelta che rispetto pienamente. Perchè poi con l'età ho imparato che "i figli non sono nostri, sono della fame che la vita ha di stessa" (da una poesia di Gibran che io adoro e che consiglio sempre a tutti di leggere). I genitori sono l'arco, è una visione molto limitante per chi dedica la propria vita ai figli, chiedendo quindi in maniera immancabile, qualcosa indietro.

Si deve ricercare la felicità in ciò che siamo noi, non per mezzo di qualcosa.

Oddio mi sembra di non aver espresso ciò che penso in modo chiaro. Mi riservo di spiegarmi meglio.

 

In altri termini, quando ci sarà il distacco (se non ci sarà, il figlio sarà un inibito, ancora dipendente da adulto dai genitori, una condizione che un genitore non dovrebbe assolutamente desiderare) i genitori ritorneranno liberi, ma smarriti: avendo perso gran parte dello slancio vitale, con scelte lavorative coinvolgenti (fatte anni prima per mantenere la famiglia), senza particolari oggetti d'amore (messi da parte proprio a causa dei figli) avranno sì (punto 4 di Simon) un miglioramento esistenziale, ma sicuramente rimarranno a un livello inferiore rispetto alle coppie senza figli. Anzi, i più "stanchi" non faranno altro che attendere di diventare nonni e chiudere la loro vita, immolata alla famiglia.

 

questo è vero se "dedichi" la tua vita, se la "sacrifichi" per i figli. Forse è una diffirenza difficile da spiegare. Io e mio marito abbiamo fatto scelte in funzioni dei figli, non nego certo questo. Ma non per loro, ma perchè è ciò che desideravamo noi, era il modo in cui volevamo la nostra vita. C'è una differenza sottile ma importante. E se domani mio figlio vorrà andare via a lavorare in un altro paese invece che stare accanto all'anziana mammina, non sarà certamente "ingrato", non so se riesco a spiegarmi. Io ho fatto nella mia vita quello che volevo, lui farà quello che vuole della sua, perchè è sua e basta.

Edited by Viola77
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@@Viola77 Ti ho capita benissimo ...

Ho notato anche una certa differenza di visione tra uomini e donne, la stragrande maggioranza delle mie amiche la pensa come la pensavi tu da ragazza:

 

Da ragazza non avrei concepito una vita senza figli, che mi sarei dannata l'anima per averli, confesso che trovavo quantomeno limitante l'idea che si potesse essere felici senza. Magari si poteva essere felici "anche" senza, ma come una felicità raggiunta "nonostante".

 

Forse questo è anche dovuto all'educazione impartita, in particolare, alle bimbe, che devono essere formate per diventare madri.

Ma credo ci sia anche una forte componente istintuale e biologica ...

 

I maschi tendono a porre, mediamente, più l'accento sui sacrifici e sulle rinunce che un figlio comporta, salvo, arrivati ad un'età più avanzata, desiderare qualcuno che "prosegua il proprio cammino", a cui lasciare un'eredità materiale e morale.

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I figli sono una gioia, ma come vedi se li hai e sei impreparato o troppo immaturo sia psicologicamente sia anagraficamente sono un ostacolo, una difficoltà. Prendiamo ad esempio una sedicenne che anziché abortire sforna un figlio perché secondo la mentalità etero bigotta chi abortisce uccide (falsità kolossal indegna) sarà costretta a crescerlo da solo il più delle volte perché il suo ragazzo probabilmente l'abbandonerà, a sedici-diciassette anni non si è maturi per avere un figlio, specie in questi tempi, il figlio logorerà la relazione già labile e ti risucchierà l'esigua capacità economica per mantenerlo e alla fine l'adolescente se vorrà continuare a vivere in parte la vita di prima dovrà darlo in adozione (scelta non molto facile). Sicuramente se sei in un contesto diverso, dove non soffri per recessioni economiche e lo Stato non è egoista e ti aiuta se vuoi avere dei figli e non sei ricco ma comunque benestante averli è una gioia incomparabile immagino. Però credo che pensare di averli a vent'anni non sia possibile, siamo ancora presi dalla nostra vita sentimentale e la nostra voglia di realizzarci, non siamo maturi neanche lontanamente per pensare di avere dei figli. Io personalmente non ci penso, non so se ne avrò, non m'importa averli con l'inseminazione artificiale in un utero in affitto, anche solo poterne adottare uno se lo vorrò, sarà il mio figlio spirituale e non genetico, ma sempre mio figlio, alla faccia di quei malati di mente che vorrebbero impedirmi di crescere un figlio.

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Non buttiamola, però, sul discorso dell'aborto, piuttosto che delle adozioni gay, di cui abbiamo parlato tanto in altre discussioni.

E' naturale che non si debba pensare ad avere un figlio a vent'anni, ma riflettere sul tema in generale si potrà, no?

Tu non parli mai del lavoro che ti piacerebbe fare da adulto? Di dove ti piacerebbe vivere? 

 

Il mio non vuole essere un discorso in chiave prettamente gay, anche se ne potrebbero nascere alcune riflessioni sul desiderare un figlio per dare "senso e compimento" ad una coppia, quasi a darle più dignità. Cosa che mi sembra triste e sbagliata.

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Certo, io credo che una percentuale piuttosto alta di ragazze abbia provato a guardarsi allo specchio col cuscino sotto la maglia per vedere cosa si prova ad aspettare un bimbo, poi certe logiche diventano parte di ciò che provi. Ma forse proprio analizzando ciò che c'è dietro alla voglia di essere madri e ai modi in cui poi questa voglia trova la sua attuazione, ti porta ad avere una visione diversa della stessa. Si capisce che essere madri non è biologia (l'ovodonazione non ti rende meno madre) ne' la gravidanza ma tutto un mondo che è diverso per ciascuno.

Sull'eredità materiale e morale, è un'altra cosa con cui scontrarsi. I figli non sono noi, possono non volere la nostra eredità morale, il nostro modo di sentire, che è tutto nostro. Parafrasando Tom Hanks "i figli sono come una scatola di cioccolatini, non sai mai cosa ti capita". Se sei disposto al rischio buttati, se cerchi qualcosa forse non è il caso.

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Non buttiamola, però, sul discorso dell'aborto, piuttosto che delle adozioni gay, di cui abbiamo parlato tanto in altre discussioni.

E' naturale che non si debba pensare ad avere un figlio a vent'anni, ma riflettere sul tema in generale si potrà, no?

Tu non parli mai del lavoro che ti piacerebbe fare da adulto? Di dove ti piacerebbe vivere? 

 

Ma che c'entrano i figli col lavoro? Se uno li vorrà dovrà saper coniugare la sua vita domestica alla vita lavorativa (se svolgerà un mestiere impegnativo).

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Non mi sono spiegato, intendevo dire che è normale pensare al futuro e a ciò che si desidera dalla vita ...

 

@@Viola77 Bellissime parole e bellissimo commento.

Tu credi che ci sia qualche differenza nelle aspettative riposte nei figli dagli uomini e dalle donne?

Edited by wasabi
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@@wasabi io credo che le aspettative siano sempre sbagliate. Mettere al mondo una persona avendo delle aspettative su di lui è come metterlo al mondo con un mutuo sulle spalle. Si spera almeno di nascere tutti liberi.

Sulla differenza tra uomini e donne (devo dire che io non amo molto far differenza di genere, si pensa col cervello e ognuno ha il suo indipendentemente dal sesso, ma forse questo è uno dei pochi casi in cui la differenza biologica può influenzare una differenza di pensiero). Alla fin fine non molto, sai.

Il problema è che c'è un confine a volte sottile tra essere orgogliosi di nostro figlio e avere aspettative su di lui. E' il punto da cui parti che fa la differenza.

E poi non è per niente facile essere genitore, ecco.

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Non riesco a modificare il post precedente, il "modifica" ogni tanto mi fa i capricci.

 

questa è la poesia nella sua interezza

 

I vostri figli non sono vostri.
Sono i figli e le figlie della fame
che la vita ha di se stessa.
Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi,
e non vi appartengono, benché viviate insieme.
Potete amarli,
ma non potete costringerli a pensare come voi,
poiché essi hanno i loro pensieri.
Potete custodire i loro corpi,
ma non le loro anime,
poiché abitano in dimore future
che neppure in sogno voi potete visitare.
Proverete a imitarli,
ma non cercate di renderli simili a voi.
Voi siete gli archi da cui i figli,
le vostre frecce vive,
vengono scoccate lontano.
In gioia siate tesi nelle mani dell'Arciere.

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Bellissima questa poesia, meravigliosa ...

 

Solo una cosa: non so se fa grande differenza, ma parlando di aspettative io mi riferivo soprattutto a bisogni interiori, a desideri che si cerca di realizzare diventando genitori, quindi attraverso i figli e non tanto aspettative sui figli. 

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Solo una cosa: non so se fa grande differenza, ma parlando di aspettative io mi riferivo soprattutto a bisogni interiori, a desideri che si cerca di realizzare diventando genitori, quindi attraverso i figli e non tanto aspettative sui figli. 

Non sono sicura di aver capito. Potresti farmi un esempio?

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io mi riferivo soprattutto a bisogni interiori, a desideri che si cerca di realizzare diventando genitori, quindi attraverso i figli e non tanto aspettative sui figli

 

...che è in effetti la molla che spinge molte persone a filiare. Sto cominciando sempre più a ridurre la percentuale d'incidenza dell'istinto materno/paterno sulla scelta di fare figli (che rimane comunque alta, almeno credo), perché vedo sempre di più persone che fanno figli per i seguenti motivi: per riempire la propria vita di senso, per legare a sé qualcuno, per tenere in piedi rapporti, perchè ormai sono tot anni che si sta insieme/siamo sposati e quindi che non lo fai un figlio?, perchè nello schema di riferimento della vita "standard" a un certo punto bisogna fare figli, perchè anche se non lo si sente tutti rompono e quindi alla fine riescono a convincere della necessità della cosa...la contro-domanda che mi viene da fare è: cosa rimane alla pura gioia di fare un figlio, dato che mi sembra sempre più di notare che filiare appare come un impegno sull'agenda su cui mettere la spunta una volta fatto?

In quanto alla domanda che incornicia la discussione: non saprei proprio cosa rispondere, è una domandonona, anche perchè la sento come una cosa lontanissima da me.

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@Viola77

 

Penso a chi dice che la propria vita senza figli non avrebbe un senso o non avrebbe un fine,

penso a chi vuole un figlio per sentirsi realizzato,

penso a chi non vuole sentirsi inadeguato o "da meno" rispetto a parenti e amici che hanno figli,

penso al genitore "scimmia" dell'articolo, che vuole un figlio perchè è suo "dovere" farlo.

 

Ecco @@Fred , mi hai tolto molte parole di bocca :-)

Edited by wasabi
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vedo sempre di più persone che fanno figli per i seguenti motivi: per riempire la propria vita di senso, per legare a sé qualcuno, per tenere in piedi rapporti, perchè ormai sono tot anni che si sta insieme/siamo sposati e quindi che non lo fai un figlio?, perchè nello schema di riferimento della vita "standard" a un certo punto bisogna fare figli, perchè anche se non lo si sente tutti rompono e quindi alla fine riescono a convincere della necessità della cosa...

 

Perfettamente d'accordo. Alla fine è diventata una visione stereotipata.
Una volta facevano tanti figli perché servivano braccia all'agricoltura, perché non c'era la televisione la sera ecc.. :D
Adesso o si fa figli per mandare avanti una relazione, o perché capitano per sbaglio o perché li vogliono veramente. Ma spesso vedo famiglie che se ne fregano proprio dei figli, che continuano a fare figli per avere un aiuto dallo stato, maggior sgravio fiscale ecc..

Io ci ho pensato molto.. un tempo non mi vedevo nel futuro senza figli.. attualmente invece so di non volerli, un po' per un fattore egoistico in quanto sono un impegno notevole, sia economico che di tempo.. un figlio va messo avanti a tutte le cose. Il mio ragazzo invece ne vorrebbe, almeno dopo avere un lavoro e una casa..
Io invece penso ancora ai viaggi, alle soddisfazioni personali che non ho potuto avere ancora.. ma poi in futuro succeda quel che succede :)

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@@wasabi Parlando di differenze tra uomini e donne, realizzarsi con un figlio è forse un'idea più tipicamente femminile,realizzare una possibilità biologica che è tipica delle donne, quella del "creare" di fatto il bimbo, che poi prosegue con tutta la "filiera" dell'accudimento.

La pressione sociale, sia come "dovere" che come "essere accettato" invece credo siano più maschili o quantomeno paritari.

Però i ruoli stanno evolvendo in modo molto rapido, a mio modo di vedere. Io conosco tanti uomini che hanno voluto i figli visceralmente come e più delle loro compagne, con tutta la filiera dell'accudimento ;) Probabilmente sarebbero stati "mosche bianche" 30 anni fa. Adesso quando sento parlare di "mammo" mi viene l'orticaria. "padri", si chiamano "padri" ;)

Poi sai alla fine è davvero difficile rispondere per gli altri, ci sono da tener presenti tantissime variabili.

 

@fred, cosa rimane? io credo che forse lo  scopri davvero solo dopo

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una visione tradizionale che, un po' cinicamente, si può ridurre alla sequenza nascita-amore-matrimonio-figli-morte.

 

mi ricorda il finale di College, piccola gemma di Buster Keaton :uhsi:

 

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@yalen86

non voler figli perchè sono un impegno è una cosa egoistica fino a un certo punto.

E' come dire "io non faccio sport a livello agonistico perchè egoisticamente è troppo impegnativo". La vita è la tua, se ti piace lo sport lo fai e dedichi il tuo tempo a quello, altrimenti no. Mi rendo conto che il paragone non sia perfetto, ma spero si capisca.

Ovviamente un figlio non cessa di essere tale perchè hai perso l'entusiasmo che avevi all'inizio, questo è ovvio. Ma l'egoismo c'entra poco, ti può portare a non far figli esattamente come a farli.

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@@Viola77 Capisco perfettamente.

E' solo che non voglio paragonare un figlio a una fissa che magari passa dopo qualche anno (come lo sport in questo caso)..
Un figlio bisogna amarlo incondizionatamente, seguirlo con sacrifici di tutti i tipi.. ma so che in momenti giusti i sacrifici si fanno con gioia per un figlio.
Forse bisogna avere un figlio per capire appieno che gioia siano.. e così da esterno, da ragazzo quasi 27 enne che deve ancora finire di studiare, trovare un lavoro stabile poi, che vive ancora con i genitori per ovvi motivi, un figlio forse è l'ultimo step delle felicità personali..

 

Diciamo che c'è egoismo ed egoismo: quello che non vuole figli perché prima vuole realizzarsi, divertirsi con viaggi.. e quello che invece vuole figli perché fa tanto avere dei cagnolini in una società familiare moderna (è una brutta definizione.. ma se tu vedessi i miei vicini.. diresti la stessa cosa :D).

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un figlio forse è l'ultimo step delle felicità personali..

 

Ecco, su questa frase ci sarebbe da riflettere ...

E' vera, non è vera o, semplicemente, dipende dalla persona?

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Diciamo così.

Se la vedi rispetto alle funzionalità, è chiaro che "un figlio" è un elemento passivo che comporta risorse vincoli e tempo notevoli, per un "animale domestico". Se andiamo ad isolare la parte, come dire, non emotiva della questione, il discorso sembra abbastanza scontato: costa soldi, non ne produce, crea preoccupazioni, disagi, limita il tempo libero etc etc etc.

 

Se la vedi in termini emozionali, un figlio è probabilmente una delle sorgenti di amore più grandi che si possano avere, è un miracolo che si crea e che vedi crescere, interagire con te, che ti da specchio per la tua anima e ti spinge a dare "un senso" alle cose.

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@yalen86

hai perfettamente ragione, il mio esempio faceva acqua da tutte le parti, ma quello che volevo dire è che non c'è niente di egoistico nel non voler dedicare il proprio tempo a tirar su un figlio, la vita è tua, il tempo è tuo, puoi impiegarlo come preferisci. Ovviamente certe scelte non sono ritrattabili, non puoi decidere di tornare indietro perchè il bimbo non era quello che avevi immaginato. Ma se sai quello che vuoi, puoi farlo, che sia un figlio e no. Non è che perchè decidi di non voler un figlio allora si è egoisti. E i sacrifici non si fanno mai con gioia, se ti fa piacere farlo non è un sacrificio. Perchè francamente io non vorrei mai sentir dire a mia madre che ha sacrificato la sua vita per me, gioia o no. Perchè è l'anticamera di "è così che mi ripaghi?".

Mia madre mi ha sempre detto, se vuoi fare una cosa falla perchè la vuoi fare, sarà quello il tuo ringraziamento. Ma mi rendo conto che si finisce in un terreno difficile qui, posso dire che capisco quello che vuoi dire, ma dire "voglio prima realizzarmi" per me non è necessariamente egoismo, può voler dire "voglio prima essere una persona in equilibro, prima di mettermi a tirar su un bimbo".

Edited by Viola77
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Ecco, su questa frase ci sarebbe da riflettere ...

E' vera, non è vera o, semplicemente, dipende dalla persona?

Dipende dalla persona. Quello di cui io sono convinta è l'esatto opposto. Volere un figlio e non poterlo avere è uno dei dolori più grandi che si possano provare, e io non sono sicura che si possa mai superarlo veramente.

 

@@korio sono d'accordo con la tua visione. La cosa più limitante per me dell'avere figli non è poi nemmeno il tempo, i viaggi ecc (si può far tutto, con un po' di organizzazione) ma è la preoccupazione, col test positivo in mano cominciano le ansie e non finiscono più.

E hai ragione che danno un senso a tante cose, sono una meraviglia, un piccolo universo. E sono tanto più splendidi quanto più ti rendi conto di quanto siano "complessi" e tutti da scoprire.

Edited by Viola77
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Dipende dalla persona. Quello di cui io sono convinta è l'esatto opposto. Volere un figlio e non poterlo avere è uno dei dolori più grandi che si possano provare, e io non sono sicura che si possa mai superarlo veramente.

 

Ecco, questa è un'altra bella tematica (e, volendo, per un forum gay quanto mai pertinente).

Ci si può solo interrogare sull'autenticità di quel desiderio e sulla sua genesi ...

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A me piacerebbe moltissimo essere padre.

 

 

Penso che sia un impegno ai limiti del sacrificio. E tuttavia vedo i padri che guardano i loro figli e penso che quando dicono che sono una croce in realtà è in gran parte retorica...

 

 

avere dei figli deve essere bellissimo. 

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@Viola77

 

Non ragionerei in termini di egoismo. La vita è una e le scelte da fare sono tante. I "figli" di Rita Levi Montalcini (per fare un esempio), ovvero il suo contributo complessivo alla scienza e alla società, hanno prodotto un impatto sul mondo molto più forte che il paio di nuove bocche da sfamare che lei ha deciso di rinunciare ad avere per proseguire con la sua carriera. Ma nello stesso tempo, Rita Levi Montalcini è stato il frutto prezioso prodotto dai suoi genitori. 

DIfficile stabilire chi abbia avuto più ragione o più egoismo nella propria scelta fra Rita e i suoi genitori.


 

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@korio

sono completamente d'accordo con te. Se interpreto bene il tono del tuo post (e magari sbaglio) non sono invece sicura di essermi spiegata bene. Anche per me il concetto di egoismo non andrebbe legato alla scelta di non fare o di fare figli.

Parlando di Rita invece mi viene in mente un passo del mio libro preferito che parla proprio di figli e dice "i figli dei sogni (nel senso più ampio, di idee, di ideali) sopravvivono ai figli del seme". Certo si può seminare tantissimo, figli o no (e da qui si aprirebbe una discussione ancora più OT su chi muore senza figli lasciando comunque così tanto di sè da rendere relativo il concetto di "lascito morale" legato ai figli).

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Il fatto è che l'unica e suprema responsabilità che viene ammessa è quella verso la famiglia o i figli. Chi non ha famiglia o, peggio, non fa figli viene visto come uno che ha fatto una scelta di comodo e che ha voluto eludere ogni responsabilità, quando in realtà ci sono tanti modi per essere responsabili nei confronti degli altri: si è responsabili quando un o una insegnante ha a che fare con la propria classe, nei confronti dei propri dipendenti o sottoposti nel caso di contesti di lavoro, per non parlare dei politici...e si è responsabili e degni di riconoscenza quando una grande scienziata come quella che avete citato fa scoperte che sono fondamentali per tutti. Il concetto di "responsabilità", di "lascito" e di "sollecitudine verso gli altri" è molto più ampio. Un sacco di gente si trincera dietro l'essere padri/madri di famiglia per darsi una rispettabilità e la nomea di persona responsabile quando in realtà rimangono persone discutibili.

 

Sarà banale, ma il vero egoismo e la vera irresponsabilità nascono quando si fanno figli e non si hanno i minimi requisiti per farlo. Ci sono persone che non hanno alcuna stabilità nè emotiva, nè personale, nè di coppia e nè economica, ma prendono e si riproducono. Nessuno nasce già genitore, è un mestiere che s'impara sul campo ed è chiaro, come dice @@Viola77 , che molto dell'essere genitori e della voglia/delle motivazioni che hanno spinto a volerlo diventare si scoprono solo dopo...ma c'è gente che dovrebbe decisamente astenersi senza "lanciarsi" nell'impresa, e invece fa figli proprio per tutte quelle motivazioni improbabili che sono state elencate sopra.

 

Che poi i figli diano tanta soddisfazione, siano un piccolo universo e tutto quanto io non ne dubito assolutamente, ma sono anche un banco di prova ENORME, che ti mettono di fronte a tutti i tuoi fallimenti e al tuo agire. Bisogna pensarci 45mila volte e non lasciarsi prendere dal mero spirito di emulazione che coinvolge moltissimi...

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sono molto d'accordo su quel che svrive viola. purtroppo molti genitori hanno aspettative sui figli. se non ne avessero ci sarebbero meno test per vedere se nascerà un figlio down ad esempio.

 

mia madre quando le dissi che sono gay mi disse che si ritrovava con un pugno di mosche.

 

penso che per molta gente sulla quarantina un figlio improvvisamente sia la risposta esistenziale che si danno in mezzo a una crisi di mezz'età.

 

 

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 mia madre quando le dissi che sono gay mi disse che si ritrovava con un pugno di mosche.

Confesso di aver pensato un po' se fosse il caso di rispondere, perchè io non ho idea di cosa voglia dire sentirsi dire una cosa del genere dalla propria madre.

Però quando penso all'eventualità che mio figlio sia gay l'unica cosa che mi viene in mente alla quale dovrei rinunciare è ad avere una nuora. Credo di poter vivere benissimo con due generi ;)

Non lo so, io forse lo sento troppo. Mio figlio è un bambino meraviglioso (detto dalla madre...), ha un carattere dolce e un po' originale, per tante cose è un piccolo nerd, non fa la lotta, ti smonta con la logica. Gioca con le bambole della sorella o con giochi "femminili" che ha voluto come regalo (immaginate le volte che mi hanno detto "ma poi ti diventa gay!" e ho fatto notare al mio interlocutore che avevo disinfettato per bene le bambole e che non attaccavano nessuna malattia, ma certa gente non coglie le battute sarcastiche ed è forse una delle cose più frustranti di quando hai a che fare con degli idioti... così alla fine ti tocca dargli dell'idiota direttamente ). E l'unica preoccupazione che posso avere se un domani mi dicesse di essere gay è che sia felice (non che la felicità sia una banalità per nessuno al di là dell'orientamento sessuale), davvero faccio una grande fatica a capire come questo possa far cambiare idea a una madre sul proprio figlio.

Io mi preoccupo per tante cose, ho già detto che forse è la cosa che mi "pesa" di più dell'essere madre (la responsabilità...), ma come posso preoccuparmi di qualcosa che, nel caso, è qualcosa che fa parte di lui?  E' lui e basta.

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