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Italia una ed indivisibile...per quanto?


Frollo

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Leggendo oggi il Corriere si trova un intervista ad Ivan Lo Bello, il quale descrive la Sicilia come la Grecia d'Italia, dipingendo un quadro a tinte fosche, tacciando negativamente l'autonomia della regione ed arrivando a chiedere al Primo Ministro Mario Monti in intervento a gamba tesa(commissariamento).

Queste esternazioni mi hanno riportato in mente la famosa copertina del FT con l'Italia spaccata a metà, con il meridionale accostato alla Grecia rinominato bordello.

Ora cercando di mantenere il discorso quanto più privo di becero-leghismi, recriminazioni storiche e quant'altro, analizzando la situazione dall'attuale stato delle cose e guardando avanti, secondo voi è possibile mantenere assieme un paese sostanzialmente spaccato in due?

Ora per capirci la divisione tra centro-nord(infatti le differenze regionali sino al Lazio credo possano essere interpretate come fisiologiche, e presenti ovunque) e sud non è solo di tipo economico, ma anche sociale. A tal proposito ricordo i dati Pisa sulla formazione, che evidenziano una situazione tragica, ed un preoccupante fenomeno di ritorno dell'analfabetismo, e l'indice sviluppo umano, che accosta le quattro grandi regioni meridionali(sicilia, puglia, calabria e campania) ad aree rurali della polonia, addirittura sotto a lettonia, lituania e a tutte le regioni della grecia(almeno nel 2009, anche se credo che la situazione possa essere peggiorata in Grecia e non migliorata da noi). Oltre a questo si è rimesso in modo un preoccupante fenomeno di emigrazione, che porta i giovani meglio istruiti a migrare nel settentrione o all'estero, prosciugando quindi le forze per un possibile rilancio(svimez prevede un emigrazione di un giovane su quattro, ed il 20% della popolazione over-75 entro il 2050). Infine sempre il rapporto svimez 2011 dava un timeline precise(mi sembra cinque anni, però non son sicuro) prima che la situazione diventi irrecuperabile, ma come poi ribadito anche dal rapporto 2012, è che allo stato attuale per quanto le esportazioni del settentrione e i servizi del centro possano ripartire, sin quanto non si metterà in moto il meridione facendo ripartire i consumi interni l'Italia nel suo complesso rimarrà al palo.

Ora, senza più citare rapporti o dati, pensiate che l'Italia possa durare altri 150 anni? Se no quanto pensiate reggerà ancora? Ipotizzate una rottura per forza dolorosa oppure secondo voi esistono possibilità di una divisione soft?

Viceversa se credete che l'unità è ancora possibile? Se sì con quali ricette? Pensiate siano ricette che possano trovare implementazione?

A voi la parola.

 

P.s./Mi scuso per la confusione ma ho scritto di getto e non avevo voglia di ricontrollare.

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Il Meridione potrebbe avere un certo vantaggio dalla Secessione

solo se uscisse in modo soft dall'Euro e svalutasse.

Gli ingenti finanziamenti europei non sono finora serviti,

come non era servita la Cassa del Mezzogiorno:

soldi trascurati e deviati in mani oscure.

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E' una situazione senza dubbio complessa, sopratutto perché

i fattori in gioco sono diversi.

 

I problemi del meridione sono riconducibili a diversi punti: criminalità

organizzata, inefficienza delle amministrazioni, cultura dell'illegalità,

economia agricola, mancanza di infrastrutture.

 

Personalmente non credo che la situazione sia sostenibile ancora a

lungo, sopratutto perché il gap sembra aumentare anziché diminuire.

Non sono però neanche d'accordo con quanti suggeriscono la secessione.

 

Il meridione rappresenta ancora un territorio strategico, anche economicamente.

I dati ufficiali infatti non contemplano l'incredibile quantità di economia sommersa

presente al sud, che di sicuro non è ai livelli del centro-nord ma ciò nonostante

rappresenta una fetta importante della ricchezza nazionale (in termini di produttività

e di consumi) che sfugge allo Stato.

 

Non dimentichiamo poi che abbiamo una delle regioni più popolose d'Italia, la Siclilia,

che in virtù del suo status di regione a statuto speciale contribuisce per lo 0% ai tributi

nazionali. In parole povere le tasse pagate in Sicilia rimangono in Sicilia (non che sia

colpa dei cittadini siciliani, sia ben inteso).

 

Ora, è chiaro che è necessario riformare l'asseto federalistico del paese. In questo senso

mi trovo in linea con il programma del PD in materia che prevede l'istituzione di un federalismo

fiscale competitivo (ma non quello proposto dalla Lega) che permetta una maggiore razionalità

dei fondi locali ed un assunzione di maggiore responsabilità da parte delle amministrazioni locali.

 

Ovviamente rimane l'annoso problema della criminalità organizzata, ma per quello dovremmo avere

una forza di inteligence efficiente come negli USA dove il problema è stato risolto in una ventina d'anni.

 

 

Il Meridione potrebbe avere un certo vantaggio dalla Secessione

solo se uscisse in modo soft dall'Euro e svalutasse.

 

Assolutamente falso.

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Penso che i rischi di secessione non ci siano, anche perchè differenze forti esistono anche in altri paesi europei, per esempio in Spagna tra una regione e l'altra sono ancora più forti che da noi, anche in Francia ci sono disparità economiche notevoli, in misura minore anche nel Regno Unito.

L'emigrazione verso l'estero mi sembra vada molto ridimensionata, o almeno coinvolge più o meno tutta l'Italia, inoltre il tasso di natalità nel sud Italia è uno dei più alti d'Europa (mentre al centro-nord si mantiene nella media), perciò a meno di un fenomeno migratorio estremo il sud ha e avrà una popolazione più giovane rispetto al centro-nord, il 20% over-75 è una follia.

I problemi del sud, oltre alla criminalità organizzata, sono dovuti in massima parte a ragioni socio-politiche, fino agli anni '40 il sud è stato abbastanza dimenticato dal regno sabaudo, che concentrava l'economia in massima parte nel nord-ovest, con il fascismo molte strutture economiche sono state spostate a Roma che ha avuto un boom economico e di popolazione (al pari di Madrid con il franchismo, da li si spiegano le "simpatie nostalgiche" delle due capitali), l'Emilia Romagna e il Veneto si sono sviluppate solo dagli anni '50, idem il Trentino Alto Adige e la Valle d'Aosta che prima dello statuto speciale erano zone quasi di fame.

Il sud ed in particolar modo la Sicilia non hanno saputo/voluto sfruttare queste risorse, specie la Cassa del Mezzogiorno, è evidente che la Sicilia sia una palla al piede per l'economia italiana, paradossalmente per svilupparsi gli servirebbe una soluzione tipo Montenegro, stato pseudo-indipendente ma che si è arricchito su traffici "sospetti".

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Credo che in fondo non sia proprio una sciocchezza pensare a dividere l'Italia. Ormai l'unica cosa che tiene legato il nostro paese è il calcio (o il cibo). Il nord progredisce socialmente e economicamente ad un ritmo fortemente rallentato dal comportamento anomalo delle regioni del sud. Inoltre queste regioni macchiano il nome dell'Italia: ad esempio giusto in questi giorni l'Europa ha ritirato i soldi dati alla Sicilia, poichè non si capiva nemmeno a cosa servivano. Al sud l'istruzione, la sanità e i servizi in genere sono quasi equiparabili a quelli degli arretrati paesi dell'est. Sia chiaro io non sono leghista, anzi vivo al nord e combatto contro l'ignoranza dei leghisti. Ma non ritengo giusto che se una regione produce 100 debba accontentarsi di 50 perchè i suoi fratelli producono 10 e vogliono 50.

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Un problema di finanziamento ordinario si pone solo per la Sicilia

che in quanto regione a statuto speciale si deve ridimensionare

come tutte le regioni a statuto speciale, ma avendo dei servizi

pessimi.

 

In poche parole se grazie ad una buona amministrazione e al suo

extragettito il Friuli dovesse rinunciare allo sconto sulla benzina e al

contributo di € 15000 sull'acquisto della prima casa, i Siciliani dovrebbero

rinunciare a beni essenziali, perchè sono inefficienti.

 

In teoria si tratterebbe di tagliare le decine di migliaia di posti di lavoro

assistenziali nella selva del precariato pubblico siciliano, magari con un

contributo di solidarietà a carico dei dipendenti di ruolo che mediamente

guadagnano più della media nazionale ( magari tagli anche alle tredicesime

per un tot numero di anni...in modo da non gettare sul lastrico mezza isola in

un anno e diluire il necessario taglio al personale in 5 anni )

 

Per il resto si tratta di continuare nell'opera di colonialismo amministrativo

tipo le ASL pugliesi stanno facendo accordi per far gestire a società toscane

il proprio sistema di appalti nel settore ospedaliero.

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Guadagnano più della media nazionale?

E questa media da quali regioni è composta? Perchè l'ultima volta che ho controllato lo stipendio di un professore di liceo in Sicilia era letteralmente ridicolo.

In verità lo scialaquo è nella sanità. Ancora oggi vige la nomea: fa di tua figlia un'infermiera e la sistemi per la vita.

 

Per l'argomento Secessione trovo la cosa assai ardua perchè i Siciliani si sentono Italiani in un modo che io trovo quasi assurdo.

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Il problema è come sono governate certe zone d'Italia, fino agli anni '20 la Valle d'Aosta e il Trentino Alto Adige erano sicuramente più povere del sud Italia, lo stesso si può dire di molte zone montane della Liguria, del Piemonte e dell'Emilia Romagna. Fino alla I guerra mondiale l'economia era prevalentemente agricola, al sud dava raccolto tutto l'anno, in queste zone lo dava 3-4 mesi all'anno, il resto era fame nera. Non a caso durante l'Ottocento la maggioranza dell'emigrazione verso le Americhe arrivava dall'Appennino settentrionale.

Come si sono evolute? Con governanti seri, con lo spirito di associazionismo e cooperazione (che al sud praticamente non esiste) e con la volontà di lavorare.

Al nord, specialmente nei paesi di montagna, sono nate le società di mutuo soccorso cattoliche e laiche, le cooperative agricole, le cooperative di consumo, ecc... Questo non c'è stato al sud dove dominava fino agli anni '50 il latifondo, penso che oltre ad una cattiva gestione politica ci sia anche un'attitudine caratteriale delle persone, che nelle regioni meridionali, come nell'Europa mediterranea è fatalista.

Ciò non toglie che purtroppo adesso ci siano stati esempi di cattiva amministrazione anche al nord (Parma, Alessandria, Genova, Imperia, ecc...) ma qui se sbagli la volta dopo la gente ti punisce con il voto.

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Dunque non vorrei sbagliare, comunque diciamo che io non pensavo

al cd. settore statale, dove gli stipendi sono uguali a livello nazionale

Per come la intendo io, salvo imprecisioni varie dovrebbe essere

 

Settore statale: Scuola, Corpi di Polizia, Agenzie Fiscali,Magistratura

Prefetti, Dipendenti carcerari..

 

Settore non Statale: Servizio Sanitario Regioni e Autonomie Locali

Regioni a Statuto Speciale Enti pubblici non economici Società a

partecipazione pubblica locali cd. Servizi pubblici locali Università

 

Io stavo parlando del secondo settore, sul primo forse il Sud costa

di più per il discorso criminalità organizzata che rende necessario

organici maggiori, ma se ci sono problemi sono problemi che sono

di competenza e responsabilità di Roma.

 

Per intenderci in Sicilia, ma la cosa deve indignare in primo luogo

un Siciliano, un dipendente della Regione gode di una retribuzione

media pari ad € 45.177 ; un dipendente di enti locali siciliani € 29.832 ;

un dipendente ministeriale che lavora in sicilia € 28.382 ;

 

In sintesi un dipendente di Regione Provincia o Comune in Sicilia

guadagna di più di un dipendente statale

 

A questo poi si aggiungono i trasporti regionali e vari enti locali

a bilancio separato di nomina politica locale o compartecipati.

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Come si sono evolute? Con governanti seri, con lo spirito di associazionismo e cooperazione (che al sud praticamente non esiste) e con la volontà di lavorare.

 

Fabius... non direi proprio.

 

Il meridione è stato svantaggiato dalla criminalità organizzata e dai

cambiamenti economici internazionali che hanno privilegiato il settore

industriale rispetto a quello agricolo.

 

Ora, la cultura dell'illegalità al sud oggi è presente e ben radicata ma non

possiamo di sicuro dare la colpa ad una presunta volontà di non lavorare.

Si tratta semplicemente di sfortuna e di scarso adattamento al cambiamento.

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