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27 Gennaio, giornata per ricordare


Icoldibarin

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Oggi mi alzo e manco me ne ricordavo, straziato dai pensieri e dalla mancanza di un abbraccio che a volte ti assalgono nella notte.

 

Accendo la televisione mentre faccio colazione con l'ultima fetta di panettone in un ora insolitamente tarda e vedo un ragazzino che scappa da un soldato per le vie della città.

Per sottrarsi alla sicura cattura si nasconde in un cinema nascosto fra la folla che vede passare sullo schermo i discorsi del führer, le marce di virilità, e i corpi passati nei campi.

 

Man mano che l'affanno della corsa si ridimensiona sullo schermo ora passano i volti del dopoguerra, della bella Italia che rinasce, da Totò a Nanni Moretti. Il bambino entrato poco fa nella foga di sopravvivenza è ora un vecchio rilassato. Dalla stessa porta ora ora entra un ragazzo di colore che si siede impaurito poco distante da lui. Il vecchio pian piano si volta verso il ragazzo nero e si riconosce.

 

Apprendo che era un cortometraggio, poco dopo dal quirinale le parole di tante persone, ragazzi e figure istituzionali che appaiono sincere e insperabilmente poco formali.

 

Poesie di Primo Levi e Bertold Brecht. Parole e speranze che ciò che è stato non succeda più.

Che ebrei, disabili, omosessuali, rom, neri e semplicemente persone non debbano più vedere nulla di lontanamente comparabile.

 

Eppure il nostro mondo e la nostra vita strana ci portano in un attimo sparsi in un immensa moltitudine di cose quotidiane che ci fanno dimenticare da dove veniamo, per cosa lottiamo e soprattutto cosa siamo.

 

Il racconto di un omosessuale sopravvissuto all'Olocauso, l'alsaziano Pierre Seel, fornisce dettagli sulla vita durante il periodo nazista. Nel suo racconto egli narra la propria appartenenza alla comunità gay della città di Mulhouse. Quando i nazisti assunsero il potere il suo nome apparve in una lista di omosessuali locali che ricevettero l'ordine di presentarsi presso la stazione di polizia. Seel obbedì all'ordine per evitare ripercussioni ai propri familiari. All'arrivo alla stazione di polizia egli, insieme ad altri gay, venne picchiato; ad alcuni, che cercarono di resistere, vennero strappate loro le unghie dagli uomini delle SS. Altri ancora vennero sodomizzati con bastoni spezzati che causarono lesioni ed emorragie intestinali.

Dopo il suo arresto, Seel venne inviato nel campo di concentramento di Schirmeck. Qui Seel racconta che durante un appello mattutino il comandante del campo annunciò un'esecuzione pubblica. Un uomo venne portato fuori e Seel lo riconobbe: era il suo amante diciottenne di Mulhouse. Seel prosegue raccontando che le guardie del campo lo spogliarono degli abiti e che posero un secchio metallico sopra la sua testa, quindi gli aizzarono contro i cani lupo addestrati che lo sbranarono fino ad ucciderlo.

 

E in queste parole per nulla serene, in queste azioni per nulla umane, trovo la forza per lasciare un attimo in disparte le mie battaglie private e giurare che proverò a non girare la testa dall'altra parte davanti ad ogni in ingiustizia, mai.

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Oggi giorno si tende a sottovalutare le vicende del passato, le si colloca in quel lasso di tempo distaccato, come se a noi quelle cose non potrebbero succedere, invece io penso che l'uomo, deve sempre capire ciò che fa, tutti fanno finta di dimenticare, di non ricordarsi, altri se ne fregano, ma quelle vicende sono esistite, sono la nostra storia, chi ci assicura che una tragedia del genere non possa ripresentarsi?

 

Io non sono razzista, ma a leggere queste storie, lo divento, a prescindere del proprio sesso o orientamento sessuale non siamo persone? quelle vicende sono state pura follia e dovrebbero far riflettere al giorno d'oggi... dovrebbero far aprire la mente, capire che se un ragazzo ama un altro ragazzo non è un problema, il problema può essere la dittatura, l'ignoranza, la paura, non certo l'amore...

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Questi deliri di onnipotenza succedono spesso nel mondo, anche se nella nostra calda Italia spesso non ce ne accorgiamo il mondo è pieno di soprusi gravissimi.

Perché queste cose possano succedere serve solo una cosa, il far finta di niente, l'indifferenza. Persone pronte a svendere il rispetto e la pietà per il potere ce ne saranno sempre, sta a noi impedire che riescano.

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Non posso evitare di pensare che, al di là di quanto eccezionalmente terribile e impressionante sia stato l'olocausto, sia un ricordo a cui viene data una rilevanza abnorme al confronto di tante altre tragedie che vengono puntualmente ignorate. Dico questo osservandolo da una prospettiva distaccata perché, dopo 70 anni di storia, è difficile considerarlo come un genocidio appartenente alla percezione degli eventi "prossimi".

 

Prima che si riversino su di me delle critiche vorrei puntualizzare che trovo sbagliato a prescindere l'esistenza di questi dogmi storiografici e che non intendo sdrammatizzare quello che è stato uno sterminio sistematico a scopo ideologico.

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L'olocausto è solo la punta dell'iceberg degli stermini umani, ma una punta non indifferente. Ricordiamo lo sterminio nei nativi americani, che nessuno praticamente ricorda, eppure vi morì circa il 90% della popolazione nativa e la rimanente per buona parte del secolo scorso dovette subire le ingerenze della chiesa cattolica che costringeva i figli di nativi in istituti dove parlare la loro lingua era punito severamente.

La strage della popolazione armena, gli indios brasiliani depauperati, la gente scomparsa sotto le dittature del Sud America e in Cina. Le milioni di persone internate nei gulag russi morte di lavoro e freddo. L'elenco credo potrebbe continuare solo considerando gli ultimi 300 anni per tanto, tanto tempo purtroppo.

L'olocausto stupisce per la sua programmazione, la sua freddezza, la sua sistematicità. Nulla era lasciato al caso nell'annientamento prima della personalità umana e poi del corpo. Questo fa estremamente paura.

Ed è bene non considerarlo lontano, perché l'odio è dietro l'angolo, la sensazione di superiorità ce la portiamo a letto tutte le sere senza accorgercene.

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