Jump to content

Valore legale della laurea


Frollo

Recommended Posts

Ho fatto il geometra anch'io, a scuola ti insegnano metodi di calcolo solamente isostatici, si usano formule approssimate e "impacchettate all'uso" per quei 3-4 casi di sistemi costruttivi.

Poi si ricopiano i calcoli (approssimati) che sono uguali per tutti gli elementi strutturali semplici, che sono sempre gli stessi (travi pilastri) e si fanno sempre allo stesso modo

non si fa che progettare sempre le solite casette con la solita forma e soliti pilastri con la stesso interasse ecc... varia solo la morfologia finale.

il vero calcolo complesso di forme strutturali varie è altro... il FEM ecc...

e lo deve fare un ing. civile/edile/architetto (in base al tipo di struttura) non lo può fare più l'elettronico, l'ordine stabilisce delle classi per cui differenziare i campi http://www.ordineing...rdine/albo.html

altrimenti come si fa a determinare il settore di competenza?

Poi come dice Hinzelmann non si fanno solo calcoli, anche se ing. civile è specializzata nel calcolo/discretizzazione di tutti i tipi di strutture, l'edile è una via di mezzo tra civile e architetto, l'architetto è un rompipall.. insieme tra tecnico, restauratore, storico e urbanista. :D

 

Poi c'è la questione del togliere gli ordini professionali e l'esame di stato, meriterebbe un topic a parte.

 

p.s. un moderatore mi può correggere fammi con farmi nel mio precedente post ? :D

Link to comment
Share on other sites

A giudicare dall'articolo postato da Frollo (anche se dovrei leggere la bozza del ministero), la

situazione sembra meno catastrofica del previsto.

 

L'abbassamento (ma non l'eliminazione) del peso del voto di laurea rispetto alla prova concorsuale

mi sembra sacrosanto, visti per l'appunto i diversi e talvolta molto generosi metodi di attribuzione

dei voti di alcune università.

 

Non mi è ancora chiara la parte in riferimento alla laurea come requisito di accesso al concorso, nell'articolo

si parla di "punti in più" che venivano attribuiti ad alcune lauree... il punto è: le lauree rimarranno limite di

accesso a concorsi pubblici nelle quali esse sono considerate professionalizzanti come adesso? Oppure per

diventare dirigente della PA si potrà essere laureati anche in scienze dello spettacolo?

 

Ottima mi sembra invece la riduzione dei fondi alle università telematiche voluta dalla Gelmini... era un qualcosa

di scandaloso...

Link to comment
Share on other sites

Alcune ipotesi del governo mi sembrano gravemente sbagliate e testimoniare, appunto, di una grande

«semplificazione» di idee, che avrà risultati nocivi. Sottrarre peso al possesso della laurea è sbagliato,

e toglierlo al voto conseguito nella laurea è un insulto agli studenti; penso a carissimi

amici ventenni, che si vedranno sottrarre anche quello che hanno conquistato con 5 anni

di faticoso studio.

 

Non ho alcuna fiducia in questo tipo di false liberalizzazioni. Perché, in un Paese corrotto come

l'Italia, qualunque raccomandato ruberà posti a quelli che se li meriterebbero. Più si tolgono parametri

oggettivi, più i furbi e i raccomandati avranno spazio.

 

Favorevolissimo invece all'abolizione degli Ordini professionali e in particolare a quello dei giornalisti,

per il quale, ricordo, furono già raccolte dai radicali 500.000 firme, ma la Consulta non fece passare

il referendum, nel 1997.

Link to comment
Share on other sites

Cioè in pratica si è passati dall'ipotesi di far valutare oltre il titolo

l'università che lo aveva rilasciato ( con tutte le problematiche

connesse alla valutazione della qualità dell'istruzione ) a quella

contraria, secondo cui il titolo è un requisito veramente solo formale,

tale per cui solo nel caso di università a numero chiuso ( come le

mediche ) manterrà un rilievo il voto e la specializzazione.

 

Negli altri casi vale un titolo pur che sia...visto che sono tutti

equiparati per legge.

Link to comment
Share on other sites

Non sono molto esperto del campo, ma insomma come prima impressione direi che è pessima.

Sono prossimo alla laurea dopo tre anni di studio di matematica ad alto livello e di questo

me n'è stato dato atto dagli stessi laureati di matematica, non vorrei che questo rendesse il mio titolo carta straccia.

Poi lo sarà pure, ma la mia prospettiva è quello di prendere la magistrale e di entrare nell'albo degli attuari,

gli attuari sono meno di mille in tutta Italia e chi vuole intreprendere questa strada ha degli studi davanti molto pesanti,

è questione di merito.

Comunque detto questo e magari essendo uscito fuori dall'argomento anche se ho letto un po' di precedenti post,

mi sembra un po' superfluo toccare il valore legale della laurea, non sono di certo questi i problemi.

Link to comment
Share on other sites

Ho già detto che ti ritengo credibile, quindi non fare il permaloso....resta

il fatto che non proponendo niente ciò che prospetti non è credibile possa

mai realizzarsi.

 

ripeto, proposte mi pare di averne fatte, ma mi sembra tu non voglia vederle

sulle patenti di credibilità o incredibilità che generosamente elargisci tralascio ogni commento

al di là di queste "puntute" polemiche vorrei capire cosa ne pensi dell'odierno ordinamento degli psicoanalisti (terreno neutro per entrambi, credo)

sei favorevole all'attuale assetto, che prevede un lunghissimo e strettissimo percorso per accedere a quella professione, oppure come me sei a favore di una maggiore "apertura"?

tranquillo, non pretenderò che tu mi giustifichi la tua opinione chiedendoti di dettagliarmi una ampia riforma dell'università e/o degli ordini professionali: siamo solo in un forum e non in qualche commissione alla Camera

Link to comment
Share on other sites

A me pare di continuare a vedere sarcasmo, solo dalla tua parte....

 

Comunque non ho capito sinceramente quale sia nè l'ordinamento

che proponi per gli ingegneri, nè quello che proponi per gli psicoanalisti

ho capito solo cosa non ti piace, ma non cosa vorresti ( il chè non significa

ovviamente che ti richieda la qualità dettagliata di una ampia riforma...tanto

più quando un governo della repubblica cambia idea con questa disinvoltura )

 

In generale sono favorevole ad una maggiore apertura: ho proposto la

liberalizzazione vera del notariato e della professione farmaceutica e la

soppressione dell'ordine dei giornalisti. solo per rimanere a ciò che ho

già scritto.

 

Ed ho pure sollevato dei dubbi sul numero chiuso all'università, laddove

è notorio che la categoria a cui appartengo lo propone in ambito giuridico.

E d'altronde saranno i numeri chiusi e non i requisiti di esame il futuro

criterio di regolazione degli accessi alle professioni.

 

Non a caso le facoltà col numero chiuso sembrerebbe non vedano

parificato il proprio titolo di studio neanche nei concorsi pubblici.

 

Tutto qui

Link to comment
Share on other sites

parli di notai farmacisti e giornalisti ma non rispondi nel merito

mi sembra di capire che sull'attuale ordinamento della professione psicoanalitica tu non abbia un parere personale

io penso però che dovresti averlo, visto che passi una buona parte del tuo tempo su questo forum a interpretare i sogni altrui

non credi che questo possa essere considerato da qualcuno un illecito abuso nell'esercitare in un luogo pubblico come questo forum una professione che non è la tua?

Link to comment
Share on other sites

No, non è esercizio abusivo di professione non ti preoccupare

 

Ma, devo ripetermi, proprio non ho capito...proponi che qualunque

laureato possa fare una scuola psicoanalitica quinquennale a numero

chiuso o aperto? Cioè il tuo problema è il tipo di laurea richiesto o cosa?

Link to comment
Share on other sites

il problema è permettere alle persone come te o altri, che per indole personale potrebbero dare un contributo significativo alla professione psicoanalitica, la possibilità di accedere alla professione, seguendo una opportuna scuola di formazione (ammesso, ovviamente, che questo sia nei desideri di quelle persone)

questo una volta era possibile, e ha prodotto fior di professionisti, oggi è impossibile perché l'accesso a quella professione è stato "blindato" solo a chi possiede una certa laurea, che poi di fatto non prepara a quella professione

con l'ordinamento attuale tu puoi solo dedicarti alle interpretazioni da forum, che potranno anche dare la loro soddisfazione ma certo non sono proprio la stessa cosa di poter esercitare una professione

 

il discorso "numero chiuso" mi sembra un tecnicismo inessenziale, almeno in una discussione generica come questa, e si può comunque risolvere, una volta condivisa l'impostazione generale (che è secondo me quella di una scuola "molto selettiva")

Link to comment
Share on other sites

In questi giorni ho riflettuto un po' alla tua proposta, Conrad, e in effetti penso che si possa accogliere.

Accettare qualunque laurea per avviare un percorso psicoanalitico può anche starci. In effetti, il laureato

in Filosofia non ha alcuna preparazione medica: ha una preparazione teorica; il laureato in Belle Arti o

in Ingegneria non avrebbe nemmeno questa, ma alla fine la scuola di Psicoanalisi potrebbe prevedere

due anni di corso integrativo, in parallelo, su alcuni testi considerati fondamentali.

 

Indubbiamente le scuole diventano delle corporazioni, ma non sono solo questo. Sono un filtro, e anche

la richiesta di certi titoli di studio non è solo basata su quel che quel preciso titolo di studio assicura, ma

sul fatto che esso garantisce una certa continuità di un percorso professionale. Questa continuità non

deve ossificarsi in regola preclusiva, ma non si deve nemmeno smarrire il concetto che a certi livelli essa è

del tutto valida ed è anche una garanzia per tutti.

 

Nei Conservatori, che ormai sono stati aboliti, di fatto, vigeva la regola dell'eccezione possibile, e si

comprende, dato che si parla di musica. Per iscriversi a un certo corso era sempre previsto che,

di fronte a eccezionali capacità, né limiti d'età né titoli di studio dovessero valere (questo nella Riforma Bottai).

 

Io però so che proprio nelle scuole junghiane americane il percorso è molto lungo, e la commissione che ti deve

esaminare per darti il passaggio alla professione ti può benissimo respingere finché non ritiene che tu tale passaggio

non l'abbia maturato (ho letto un articolo molto bello in proposito proprio dell'analista che fu bloccato, per quanto fosse

in stadio avanzatissimo). Quindi nel tuo discorso quello che non mi convince è una sorta di dogmatismo alla rovescia - 5 anni

sono più che sufficienti, se uno ha la vocazione. Devi ammettere che questa decisione dovrà sempre essere presa dall'analista

che ti fa l'analisi didattica e dalla commissione. Sono loro che decidono se ci vogliono 5, 7, o 10 anni, e su questo io sono

d'accordo.

 

Quanto alla vocazione, sono perfettamente d'accordo che in questa professione c'è un elemento vocazionale, e inoltre

un talento, che può anche essere innato, e moltissimi aspetti del genere. Anche nell'insegnamento c'è un forte elemento

vocazionale, ma ti assicuro che se un professore non studia 8 ore al giorno per prepararsi i suoi corsi, darà ben magra

prova di sé. Insomma, nella psicoanalisi ci vogliono una somma di talenti, capacità ed eccellenze diverse, e, ovviamente,

è necessario aver fatto prima una analisi personale (e una analisi personale, di tipo classico, è lunghissima), poi una analisi

didattica (che anch'essa non è breve).

Link to comment
Share on other sites

sono d'accordo che il discorso è complesso e deve necessariamente essere molto articolato, sfumato, ricco di eccezioni

nessuno vuole togliere valore al corso di studi, soprattutto se incoronato da un risultato brillante e lusinghiero: il punto è dargli il "giusto" valore

il mio punto di vista, sintetizzando, è che il titolo di studio non può essere l'alibi per creare "per legge" delle corporazioni e delle caste chiuse, che sfruttano il valore legale del pezzo di carta per lucrare sul lavoro altrui, così come non può essere un modo per rinchiudere le persone, anche le più "capaci", in una gabbia da cui loro non potranno mai uscire e la società civile non potrà mai usufruire dei loro talenti

l'Italia ha una particolare vocazione a sprecare intelligenza e capacità, umiliando la preparazione vera e il lavoro giovanile che porta con sé le energie migliori e le idee più brillanti

sempre l'Italia ha una predilezione storica a creare le "corporazioni", fin dal ventennio se non prima

ancora l'Italia, a mio modo di vedere ha bisogno oggi di qualcuno che dica "aboliamo il valore legale dei titoli di studio": questo serve politicamente, serve sopratutto a far emergere i timori e le paure

ovviamente non può essere fatto senza prevedere un nuovo sistema in cui il titolo di studio abbia il valore che gli compete

è chiaro che nessuno dicendo "aboliamo il valore legale etc." si augura che l'idraulico possa operare a cuore aperto... questo è in linea di principio da evitare... diciamo

 

sulla durata della eventuale scuola di psicoanalisi potrebbe anche essere più lunga di quanto da me indicato, la mia è solo un'idea di massima che in questo specifico caso può dare i suoi frutti, così come ci sono altre professioni in cui una maggiore apertura potrebbe funzionare

io credo che la fluidità professionale, con tutti i distinguo di cui sopra, dovrebbe essere considerata in generale un "valore", e che questo non necessariamente si traduce in "avere delle persone impreparate al posto sbagliato": se le strutture e le normative sono pensate in modo tale che tale fluidità sia gestita, non può che dare risultati positivi, anche in termini di lotta alla disoccupazione e mobilità sociale

 

 

Ho fatto il geometra anch'io, a scuola ti insegnano metodi di calcolo solamente isostatici, si usano formule approssimate e "impacchettate all'uso" per quei 3-4 casi di sistemi costruttivi.

Poi si ricopiano i calcoli (approssimati) che sono uguali per tutti gli elementi strutturali semplici, che sono sempre gli stessi (travi pilastri) e si fanno sempre allo stesso modo

non si fa che progettare sempre le solite casette con la solita forma e soliti pilastri con la stesso interasse ecc... varia solo la morfologia finale.

il vero calcolo complesso di forme strutturali varie è altro... il FEM ecc...

e lo deve fare un ing. civile/edile/architetto (in base al tipo di struttura) non lo può fare più l'elettronico, l'ordine stabilisce delle classi per cui differenziare i campi http://www.ordineing...rdine/albo.html

altrimenti come si fa a determinare il settore di competenza?

Poi come dice Hinzelmann non si fanno solo calcoli, anche se ing. civile è specializzata nel calcolo/discretizzazione di tutti i tipi di strutture, l'edile è una via di mezzo tra civile e architetto, l'architetto è un rompipall.. insieme tra tecnico, restauratore, storico e urbanista. :D

 

ma infatti dicevo proprio questo: la pratica del geometra non deriva da una specifica e approfondita preparazione scolastica, ma da una lunga esperienza di progetto e di cantiere che, qualora presente, lo rende del tutto idoneo a fare i calcoli del cemento armato, proprio per questo trovo discutibile il fatto che, in presenza di un'esperienza pratica "certificabile" di alta levatura, un geometra non possa firmare i progetti

sul discorso ordini: ora è come dici tu (anche se non sono sicuro che sia così ovunque, gli ordini sono organizzati per province e fanno storia a sè) ma è una modifica relativamente recente degli ordinamenti, e tutti gli elettronici non di primo pelo (iscritti agli Ordini negli anni '90) possono firmare progetti di ingegneria civile nella più totale ignoranza in materia

Edited by Loup-garou
Unito post doppio
Link to comment
Share on other sites

La fluidità professionale, a certe condizioni, può certamente essere considerata un «valore».

 

Quanto all'abolizione del valore legale del titolo d studio, non è per me un discorso nuovo, nei

miei ricordi data dal 1997. Allora ci credevo. Adesso non ci credo: ma è possibile che io esageri.

 

In ogni caso la mia avversione non riguarda il settore privato, dove, come diceva Hinzelmann,

già esiste. Riguarda il settore pubblico, il comparto della Scuola e dell'insegnamento, l'accesso

alle Scuole e ai dottorati dopo la laurea - e appunto certe professioni. Perché credete che il governo

abbia eccettuato Medicina nel disegno di legge? Suvvia, è chiaro: perché sa benissimo che non si può

fare morire la gente! Per la stessa ragione quel fanatico di Berlinguer eccettuò Medicina, ma anche

Giurisprudenza e Ingegneria (se lo volevano) dalla riforma del 3+2: perché non si può far morire la gente,

perché di avvocati e magistrati degni di questo nome ce ne dovranno sempre essere, (per il funzionamento

della società e dello stato, non per altro) e perché non si possono far crollare i palazzi. In tutta una prima fase,

che potrebbe anche essere perpetua, ci potranno infatti essere, a mio modesto parere, tanti casi virtuosi

quanti casi scandalosi e perversi. Questo è il punto.

 

Il problema dell'Italia è un altro, è l'illegalità. Noi viviamo in uno stato di illegalità pervasivo, diffuso, strutturale.

E' per questo che siamo immobili, stagniamo e non cresciamo, che i meritevoli non sono premiati.

Gli Italiani non lo vogliono capire, sono del tutto disinteressati al tema (tra i temi dei Radicali quello della

legalità è quello di cui a nessuno glie ne può importare meno), e vivono essi stessi benissimo, se per loro

singolarmente le cose vanno bene, nell'illegalità.

 

Adesso si vuol far credere alla gente, e in particolare ai giovani, che non hanno alcuna esperienza delle cose

dello Stato, che il problema è l'abolizione del valore del titolo di studio. Non credo sia così.

Link to comment
Share on other sites

L'illegalità rende anche la realtà opaca e poco leggibile, lo dico

in senso oggettivo Isher, bisogna fare uno sforzo enorme per

cercare di afferrare una realtà ed una sua possibile evoluzione

nella complessità di un sistema illegale.

 

Il riferimento giurisprudenziale ( non quello dell'ordine degli ingegneri )

al confinamento delle attività riservate agli ingegneri è la incolumità delle

persone. Poi ovviamente noi sappiamo che fra edifici abusivi, abusi sanati

ma costruiti fuori norma, edifici formalmente legali ma di fatto progettati

da geometri al servizio di palazzinari...la norma è ampiamente disattesa e

delegittimata, al di là di possibili interpretazioni formalistico-corporative degli

ordini.

 

Io temo che se parliamo di concorsi pubblici togliere valore al titolo di studi finisca

per premiare il raccomandato e non favorisca affatto nessuna fluidità sociale. Il

geometra raccomandato che frega il posto all'ingegnere capace e non viceversa.

 

Mi sembra che nel 2011 sia stata proposta l'istituzione di 5 nuovi ordini

professionali e 20 nuovi albi di professioni sanitarie...

 

La tendenza io la vedo in questo dato, che ovviamente giudico negativamente

perchè mi pare si stia esagerando e che convive non solo con il mantenimento

di un ordinamento di studi più serio, ma anche a concorrenza regolamentata

dalla programmazione degli accessi.

Link to comment
Share on other sites

 

Io temo che se parliamo di concorsi pubblici togliere valore al titolo di studi finisca

per premiare il raccomandato e non favorisca affatto nessuna fluidità sociale. Il

geometra raccomandato che frega il posto all'ingegnere capace e non viceversa.

 

E' esattamente il mio timore. La persona che non ha santi in paradiso non sarà protetta più da niente.

Inoltre non capisco perché togliere peso al voto: nessuno ha dato una benché minima spiegazione

di ciò.

 

Tutti parlano di concorsi che premieranno i capaci e quelli che veramente sanno. Ma in un Italia

dove tutti i concorsi hanno orde di raccomandati? In virtù di che, del'intervento dello Spirito Santo?

Non ci credo, per niente.

Link to comment
Share on other sites

Io non so che università fate voi. Nel mio prestigioso ateneo bolognese, in molti esami fioccano dei 30 in modo quasi casuale; viceversa ci sono tanti bocciati in esami magari ben poco utili e pertinenti al corso, ma che esistono solo per dare la cattedra al baronetto di turno; i corsi stessi hanno programmi a volte ridicoli, a volte abnormi ma inutili alla pratica del lavoro.

In generale, studenti che hanno una preparazione ben diversa riescono ad ottenere risultati piuttosto simili, anche all'interno dello stesso ateneo; figuriamoci studenti che hanno studiato in atenei diversi, seguendo quindi programmi diversi, essendo valutati con criteri diversi, eccetera.

Per questo, ritengo il voto di laurea un indicatore davvero poco significativo.

Naturalmente, anche un concorso truccato, in cui vincono i raccomandati, è un ben misero indicatore della preparazione di una persona.

 

A naso, mi sembra che però il primo problema - università che faticano a fornire e misurare una reale preparazione in modo omogeneo - abbia una molteplicità di cause davvero difficili da estirpare, forse è un problema endemico a qualsiasi sistema di insegnamento.

 

Per cui punterei sulla ricerca di soluzioni al secondo problema - modalità di selezione del personale che davvero verifichino le REALI competenze - che, se risolto o quantomento limitato, oltre a rispondere a un elementare principio di giustizia, potrebbe rendere una scelta sensata e funzionale l'abolizione del valore legale della laurea.

Link to comment
Share on other sites

 

Io temo che se parliamo di concorsi pubblici togliere valore al titolo di studi finisca

per premiare il raccomandato e non favorisca affatto nessuna fluidità sociale. Il

geometra raccomandato che frega il posto all'ingegnere capace e non viceversa.

 

 

E' esattamente il mio timore. La persona che non ha santi in paradiso non sarà protetta più da niente.

Inoltre non capisco perché togliere peso al voto: nessuno ha dato una benché minima spiegazione

di ciò.

 

Tutti parlano di concorsi che premieranno i capaci e quelli che veramente sanno. Ma in un Italia

dove tutti i concorsi hanno orde di raccomandati? In virtù di che, del'intervento dello Spirito Santo?

Non ci credo, per niente.

 

la vostra paura, che poi è il tipico ragionamento che in Italia muove il legislatore, porta a dei risultati aberranti

sintetizzo: visto che in Italia ci sono le raccomandazioni, quindi una diffusa illegalità, la soluzione è fare una regola ingiusta in modo che l'illegalità possa essere parzialmente "corretta" dalla regola

ma non è così che può funzionare: l'illegalità compete al giudice e ai tribunali, e la legge non ne deve in alcun modo tenere conto

se in matematica il prodotto di due numeri negativi dà un numero positivo, non è mai vera l'equazione illegalità*ingiustizia=legalità

l'ingiustizia della norma non fa che alimentare l'illegalità, l'ingiustizia è il primo nutrimento dell'illegalità

"Il geometra raccomandato che frega il posto all'ingegnere capace" è un'affermazione manipolatoria e fuorviante che esprime uno sfondo inespresso di classismo culturale

se a quel concorso sono ammessi geometri e ingegneri vuol dire che entrambi sono stati valutati avere una preparazione di base adeguata al posto

quindi lo scandalo non è nel geometra che frega il posto all'ingegnere, ma nel raccomandato che lo frega a chi non lo è

del resto vorrei capire: la proposta è chiudere il concorso al geometra anche se potrebbe parteciparvi? non pensate che questo crei ancora maggiore ingiustizia tra il "geometra preparato" e "l'ingegnere ignorante" che vincerebbe a mani basse perché il geometra è escluso per legge? questa è vera ingiustizia, e rimane tale anche in assenza di raccomandazioni, ovvero di illegalità

 

giusto per andare OT e rafforzare il concetto, ultimamente questo modo di ragionare ha avuto un certo successo politico

ad esempio si è detto: tassiamo il risparmio per colpire l'evasione

ottenendo il bel risultato che gli onesti che hanno risparmiato salvando qualche euro dal fisco rapace si trovano anche il risparmio tassato, chi invece ha evaso è premiato perché si ritrova tassato in misura lieve solo il patrimonio

è questo che vogliamo? visto che non siamo capaci di garantire la legalità facciamo direttamente le norme ingiuste così bastoniamo due volte gli onesti, ma almeno diamo anche un colpettino ai disonesti?

Link to comment
Share on other sites

Aspè....io sono disponibile in ipotesi anche a prendermi del "classista"

perchè in questo topic io sto ragionando da giurista quindi ho un approccio

tecnico, però poniti dei dubbi, approfittando del fatto che io conosco le norme.

 

Prendi in ipotesi che possa esistere un concorso in cui la qualifica di ingegnere

possa avere un senso, perchè un ingegnere non è un geometra.

 

E' chiaro che il mio esempio si riferiva a casi di concorso in cui attualmente

si ritiene necessaria la laurea in ingegneria, ma questo non significa che io

ritenga in automatico che in tutti i bandi di concorso in cui la richiedono sia

effettivamente necessaria. Ci possono essere dei bandi di concorso in cui

si limita l'accesso senza ragione...e allora il bando è illegittimo, o legale ma

ingiusto, ma è vero in ogni caso?

 

Altrimenti arriviamo al risultato che la laurea in ingegneria non serve a niente

pare che tu ritenga questo. Ammettiamo in ipotesi sia vero, se un bando non pone

dei limiti di nessun tipo, il concorso rischia di diventare "ingovernabile" per cui poi

altri limiti sarebbero messi. Un primo punto è che il bando dei requisiti "altri" di accesso

li fisserà, perchè il bando serve proprio a questo.

 

Tu hai una enorme fede nella valutazione della capacità

effettiva da parte di una commissione di concorso? Io no...

 

Io so che un laureato in legge senza santi in paradiso ha nel concorso pubblico una

chance di promozione sociale e lottando contro tante raccomandazioni, se è bravo

ce la può fare...parto dal presupposto che un voto di laurea se è il risultato di 20-30

valutazioni di professori diversi, per quanto l'università possa essere discutibile, ha una

sua oggettività relativa ( non la voglio idolatrare ma dargli il giusto peso )

 

Magari si potrebbe pesare pure se l'università è seria, purchè sia una valutazione

oggettiva, o forse no...meglio non esagerare. Questa era una ipotesi ( poi mi pare

di capire siano cadute entrambe, sia questa, sia l'equiparazione di tutti i titoli )

 

Un altro requisito oggettivo può essere l'esperienza, ti fai 10-15 anni di precariato

nel settore assistenziale e prendi il 50% dei punti disponibili a vincere un concorso

di operatore socio-sanitario. Secondo me è sicuramente sbagliato che pesino di più

i punti maturati nel settore pubblico, perchè si avvantaggia chi ha avuto l'entratura

giusta, però questo è un criterio selettivo che parte dal presupposto che in funzioni

assistenziali di un certo tipo il giovane mai entrerà.

 

E' meglio? E' peggio? E' sempre meglio? O è sempre peggio?

 

Abbiamo l'esperienza della scuola media che da anni seleziona il 60-70% degli

insegnanti attraverso graduatorie aperte a punti, di supplenti precari. La scuola

è migliorata? E' peggiorata?

 

Io vorrei essere sicuro o speranzoso che le cose potrebbero migliorare in concreto

tutto qui.

Link to comment
Share on other sites

la vostra paura, che poi è il tipico ragionamento che in Italia muove il legislatore, porta a dei risultati aberranti

sintetizzo: visto che in Italia ci sono le raccomandazioni, quindi una diffusa illegalità, la soluzione è fare una regola ingiusta

 

Conrad, tutto il tuo post è basato su premesse errate, oppure su petitio principii. E, con questo modo di ragionare,

sei tu che diventi manipolatorio, anche se non te ne rendi conto.

 

Sai che ti stimo e ti riconosco, e, poiché siamo entrambi persone grandi, vorrei tu capissi che dicendo ciò non voglio

contro-replicare polemicamente al fatto che tu mi/ci accusi di fare ragionamenti aberranti, ma solo segnalarti il punto,

se tu riterrai di rifletterci.

 

In questa frase il tuo errore è, innanzitutto, di presentare la mia tesi - che esprime una motivata e fondatissima preoccupazione -

come un prius, logico e cronologico, quando essa è in tutta evidenza una risposta (qualcosa di successivo, quindi) a una

ventilata riforma. La regola precede, ed è fondata su un criterio di razionalità, vale a dire che ai concorsi per professori di

Storia dell'arte partecipano i laureati in Storia dell'arte, non i diplomati all'Accademia di Belle Arti, oppure i laureati in

Lingue che hanno sostenuto un esame di Storia dell'arte. Di conseguenza, la seconda cosa in cui sbagli è presentare la mia

posizione (e anche la precedente intenzione del legislatore) come rimedio all'illegalità: io sono concettualmente

e culturalmente sicuro che l'intenzione del legislatore non fu questa; e anche la mia preoccupazione non esprime questa

(incredibile) intenzione, ma al contrario è solo il timore che, nell'illegalità imperante, la nuova norma sia confusiva, e inefficace

a operare una retta selezione.

 

I motivi per cui in Italia non c'è una retta selezione - perché questo è ciò di cui stiamo parlando - non dipendono dal

fatto che siano richiesti titoli di studio ad hoc per fare una determinata cosa, e ancor di meno dal fatto che il voto della laurea

abbia un minimo corrispettivo in punteggio, il che è solo razionale, ma da altri. Ora, la tua petitio principii risiede del considerare

«ingiusto» quel criterio che è invece solo razionale, e tale è stato finora da tutti considerato, anche da te. Quanto ai motivi veri

per cui non c'è retta selezione, in Italia, all'ingrosso dipendono:

 

1 dall'abolizione dei concorsi voluta e ottenuta dai sindacati a partire dal 1974;

2 conseguentemente dalla distruzione di una cultura concorsuale, che è l'esercizio pratico, effettuale, e la messa alla prova,

della legalità stessa;

3 dallo stato di illegalità diffusa: nepotismo, raccomandazioni, intrusioni della politica dappertutto, esistenza di carrozzoni partitici e

sindacali, etc.

 

"Il geometra raccomandato che frega il posto all'ingegnere capace" è un'affermazione manipolatoria e fuorviante che esprime uno sfondo

inespresso di classismo culturale

se a quel concorso sono ammessi geometri e ingegneri vuol dire che entrambi sono stati valutati avere una preparazione di base adeguata al posto

quindi lo scandalo non è nel geometra che frega il posto all'ingegnere, ma nel raccomandato che lo frega a chi non lo è

del resto vorrei capire: la proposta è chiudere il concorso al geometra anche se potrebbe parteciparvi? non pensate che questo crei ancora maggiore ingiustizia tra il "geometra preparato" e "l'ingegnere ignorante" che vincerebbe a mani basse perché il geometra è escluso per legge? questa è vera ingiustizia, e rimane tale anche in assenza di raccomandazioni, ovvero di illegalità

 

Hinzelmann ti ha già risposto, ma io voglio semplicemente evidenziare che il tuo ragionamento è fondato su una premessa errata.

I concorsi per ingegneri sono riservati ad ingegneri, quelli per docenti di Conservatorio a musicisti, e così via. Non esistono e non

sono mai esistiti in Italia concorsi per posti di livello a (laureato) aperti ai diplomati (livello inferiore ad a). Il tuo esempio è fuorviante, e tu

stai commettendo un hysteron proteron. Sei tu che devi giustificare perché mai un concorso per ingegnere dovrebbe essere

aperto ai geometri, perché un concorso per professore di Storia dell'arte dovrebbe essere aperto a una persona provvista di maturità

artisticao o a un diplomato delle Belle Arti: ma non lo fai. Sai solo dire che è «ingiusto». Oltre ad essere un tuo personale e opinabilissimo

parere, resta pure un parere ingiustificato, e in effetti non vedo come potresti giustificare che un diplomato in Tromba possa partecipare

a un concorso riservato ai diplomati in Composizione.

 

Ci saranno trombettisti coltissimi in musica, ma l'eccezione non può fondare la regola: questo è il confusivismo che ti imputo.

 

giusto per andare OT e rafforzare il concetto,

 

visto che non siamo capaci di garantire la legalità facciamo direttamente le norme ingiuste

così bastoniamo due volte gli onesti, ma almeno diamo anche un colpettino ai disonesti?

 

Non è che rafforzi il concetto, riassumi il mio punto di vista in modo arbitrario, e lo fai perché da questa manipolazione

possa ricevere una qualche forza la tua posizione. In ogni caso, ti ricordo che il mio timore (sul quale ho anche detto

«è possibile che io esageri»: quindi sono aperto a critiche motivate, che mi convincano che quello che temo non si realizzerà,

magari portando argomenti ad hoc) era espresso da queste 3 proposizioni

 

E' esattamente il mio timore. 1 La persona che non ha santi in paradiso non sarà protetta più da niente.

2 Inoltre non capisco perché togliere peso al voto: nessuno ha dato una benché minima spiegazione

di ciò.

 

3 Tutti parlano di concorsi che premieranno i capaci e quelli che veramente sanno. Ma in un Italia

dove tutti i concorsi hanno orde di raccomandati? In virtù di che, del'intervento dello Spirito Santo?

 

Nel mio prestigioso ateneo bolognese, in molti esami fioccano dei 30 in modo quasi casuale; viceversa ci sono tanti bocciati in esami magari

ben poco utili e pertinenti al corso, ma che esistono solo per dare la cattedra al baronetto di turno; i corsi stessi hanno programmi a volte ridicoli,

a volte abnormi ma inutili alla pratica del lavoro. In generale, studenti che hanno una preparazione ben diversa riescono ad ottenere risultati

piuttosto simili, anche all'interno dello stesso ateneo; figuriamoci studenti che hanno studiato in atenei diversi, seguendo quindi programmi diversi,

essendo valutati con criteri diversi, eccetera. Per questo, ritengo il voto di laurea un indicatore davvero poco significativo.

Naturalmente, anche un concorso truccato, in cui vincono i raccomandati, è un ben misero indicatore della preparazione di una persona.

 

A naso, mi sembra che però il primo problema - università che faticano a fornire e misurare una reale preparazione in modo omogeneo - abbia una

molteplicità di cause davvero difficili da estirpare, forse è un problema endemico a qualsiasi sistema di insegnamento.

 

Tu porti delle argomentazioni, Penna, e alcuni dati di fatto su cui ti poggi sono condivisibili. Sono anche d'accordo con la tua conclusione, che non ho

citato. Cerco di risponderti in sintesi

 

1 non è possibile uniformare in modo assoluto le valutazioni, per definizione: anche se i criteri di valutazione fossero promulgati da una Corte Suprema

le teste pensanti che li applicassero sarebbero sempre molteplici e differenziate, così come la ratio dell'interpretazione stessa. E' un dato di fatto al quale

bisogna stare. Ma questo non è motivo sufficiente per non valutare il voto di laurea, o meglio, lo si può fare, ma lo Stato deve contestualmente

affermare di avere fallito, e riformare da zero il sistema universitario. E' la norma singola e idiota, spacciata per risolutiva di mali che sono provocati da

ben altre cause, che quasi nessuno denuncia, che io contesto (se leggi i miei post precedenti, capirai meglio ciò che intendo dire)

 

2 tu sai bene che il voto di laurea è determinato da una serie di fattori e moltiplicazioni, che rendono abbastanza ininfluente il 30 o il 28 dati da qualche

professore in luogo di, poniamo, un effettivamente meritato 27 o 25. E come sai, alla tesi di laurea la commissione può attribuire un punteggio aggiuntivo da 0 a 7 punti. Quindi, i problemi che poni circa valutazioni immeritate esistono; è certamente vero, purtroppo, che studenti che hanno studiato in ben diversa maniera ricevano (non so con quanta frequenza) valutazioni non molti dissimili. Però, da un lato, il voto di laurea riesce a sfuggire, grazie al particolare sistema, derivante dal Regio decreto del 1938, (o forse da prima) con cui è calcolato, a vere e proprie distorsioni. Certo, quando anche questo sistema sarà abolito (e non siamo lontani da ciò), il caos, l'ingiustizia (e in questo caso si dovrebbe realmente parlare di ingiustizia!) e il confusivismo saranno imperanti. Dall'altro, anche nella più scettica delle posizioni riguardo alla situazione attuale, bisogna ammettere che se un 110 di una Università x può corrispondere al 107 di un'altra, è certamente vero che il 66 o il 90 di tutte le Università esprime lo stesso miserabile risultato. Dovendo fare i conti con l'ineliminabile (come tu stessa dici) e a mio modesto parere parziale disomogeneità degli esiti finali, numerici, meglio attribuire uno 0,3 di punto in più al primo caso, che mettere sullo stesso piano il 66 e il 110.

Link to comment
Share on other sites

Dovendo fare i conti con l'ineliminabile (come tu stessa dici) e a mio modesto parere parziale disomogeneità degli esiti finali, numerici, meglio attribuire uno 0,3 di punto in più al primo caso, che mettere sullo stesso piano il 66 e il 110.

 

Guarda, avevo pensato anche io al fatto che, se su un singolo esame il voto può essere poco indicativo, nel complesso un voto di laurea molto alto o molto basso qualcosa può voler dire. E' il motivo per cui in passato sono stata favorevole al valore legale della laurea.

Tuttavia, ho riflettuto sul fatto che quello "0,3" di scarto tra voti di laurea molto simili (e quindi poco indicativi) può fare la differenza tra "assunzione" e "disoccupazione", e questo converrai che è ingiusto, se le reali competenze dei candidati solo in realtà molto più diverse di quanto il voto lasci trasparire.

Mi sembra allora più consono valutare "sul campo" quel che una persona sa fare, attraverso concorsi onesti e approfonditi. In questo modo, il 66 e il 110 non sarebbero per niente sullo stesso piano: il 66, se è ignorante come il voto lascia supporre, soccomberebbe senza dubbio al 110.

Ma se il 66 magari è tale perché quando andava all'uni aveva mille casini, e negli anni seguenti si è preparato alla perfezione per superare il concorso, diventando magari ancora più bravo del 110 (che ha preso 110 solo perché via, in quella facoltà il voto massimo non si nega più a nessuno...) beh.. è giusto che anche il 66 abbia la sua possibilità di dimostrare le competenze acquisite, senza essere marchiato a vita dall'esperienza universitaria fallimentare.

 

In fondo, contano le competenze che uno ha adesso, e che sarà in grado di applicare concretamente.

Link to comment
Share on other sites

Penna, è che tu ti illudi sulla valutazione sul campo. Tanto più se la associ, d'emblée, alla «giustizia».

Risentiamoci quando dopo la laurea vorrai fare il concorso d'accesso a un Dottorato. Lì ti valuteranno sul campo. Ti valuteranno

sul campo?

 

Sappimi dire.

 

Guarda, avevo pensato anche io al fatto che, se su un singolo esame il voto può essere poco indicativo, nel complesso un voto di laurea molto alto o molto basso qualcosa può voler dire. E' il motivo per cui in passato sono stata favorevole al valore legale della laurea.

Tuttavia, ho riflettuto sul fatto che quello "0,3" di scarto tra voti di laurea molto simili (e quindi poco indicativi) può fare la differenza tra "assunzione" e "disoccupazione", e questo converrai che è ingiusto, se le reali competenze dei candidati solo in realtà molto più diverse di quanto il voto lasci trasparire.

 

Io mi sono diplomato in Conservatorio con 8, invece che con 9/9.50, perché ero privatista, e quindi fortemente svantaggiato.

Ho aspettato qualche anno in più nelle graduatorie per l'insegnamento nelle Scuole Medie ma a un certo momento ho ricevuto anche io

l'incarico a tempo indeterminato. Nel frattempo, non mi sono stato fermo un secondo: mi sono preso tuttii i diplomini e i certificati valutabili che

allora si potevano prendere, e ho accettato supplenze in borgate fuori Roma anche di 7 giorni. Se ti fai un bel culo, quello svantaggio lo

recuperi.

Link to comment
Share on other sites

Infatti ho premesso che andrebbero sistemati i concorsi e le selezioni. So bene che oggi avvantaggiano i raccomandati; ho solo detto che, tra i due "errori" del sistema, cercherei di correggere le selezioni affinché siano giuste, piuttosto che puntare a un'impossibile valutazione omogenea a livello universitario.

Questo proprio per evitare che poi si debbano rincorrere certificati e diplomini poco utili, e magari costosi, per guadagnarsi quel mezzo punto. Ricordiamo che c'è anche un bel business dietro a master e masterini che servono solo a prendere punti.

Non saresti stato più contento se avessi potuto dimostrare la tua competenza, senza sprecare anni ed energie per "certificarla" con simili escamotage?

Link to comment
Share on other sites

Prendi in ipotesi che possa esistere un concorso in cui la qualifica di ingegnere

possa avere un senso, perchè un ingegnere non è un geometra.

 

E' chiaro che il mio esempio si riferiva a casi di concorso in cui attualmente

si ritiene necessaria la laurea in ingegneria, ma questo non significa che io

ritenga in automatico che in tutti i bandi di concorso in cui la richiedono sia

effettivamente necessaria. Ci possono essere dei bandi di concorso in cui

si limita l'accesso senza ragione...e allora il bando è illegittimo, o legale ma

ingiusto, ma è vero in ogni caso?

 

 

 

Conrad, tutto il tuo post è basato su premesse errate, oppure su petitio principii. E, con questo modo di ragionare,

sei tu che diventi manipolatorio, anche se non te ne rendi conto.

 

 

In questa frase il tuo errore è, innanzitutto, di presentare la mia tesi - che esprime una motivata e fondatissima preoccupazione -

come un prius, logico e cronologico, quando essa è in tutta evidenza una risposta (qualcosa di successivo, quindi) a una

ventilata riforma.

 

 

cerco di rispondere ad entrambe le vostre fondate obiezioni

di fondo, se colgo il punto essenziale, voi dite: tu stai accusando noi di una cosa che, vista la situazione in cui stiamo, non è quanto noi vogliamo o desideriamo o auspichiamo, ma sarà solo la logica possibile conseguenza di una ventilata riforma

e qui avete ragione: in effetti ho usato la vostra risposta in modo forse strumentale per allargare il tiro

per essere chiari a me questa riforma (che il governo Monti ha messo per il momento da parte) non convince e bene hanno fatto a metterla da parte: non è possibile innestare come una protesi nell'attuale ordinamento obsoleto il concetto di abolizione del valore legale, questo porterebbe solo a un grande caos

non è però neanche possibile secondo me tenere le cose come stanno

il mercato del lavoro intellettuale si muove verso l'autoimprenditorialità e la capacità di aggiornamento continuo

 

io credo che esista una confusione di fondo tra i concetti di "cultura" e "competenza"

la cultura è quella che ti fornisce lo studio universitario, e per tanti motivi rimane come imprinting culturale di fondo per tutta la vita

la competenza è quella che si impara sul campo, lavorando, e assimilando quella cultura in una eccellenza di lavoro e di risultati

il nostro ordinamento attuale, vecchio, obsoleto e secondo me afflitto da una mentalità feudale, ritiene a torto che le due cose coincidano; ritiene che basti raggiungere il titolo di studio, fare un esame di stato e iscriversi a un ordine per aver guadagnato lo status di "professionisti a vita" e poter godere di tutti i privilegi a questo connessi

ma non è così, e questo non è più sostenibile

la competenza si forma sul campo, deve evolvere, confrontarsi con il mercato, deve "essere sul mercato", è continuamente messa sotto esame

la competenza è il risultato di un lavoro imprenditoriale su se stessi, deve essere attivamente mantenuta ed accresciuta nel tempo, deve essere verificata e certificata

non basta più l'esame di stato "once in a lifetime", la certificazione vera, in un'ottica di qualità, è continua e costante nel tempo

nella mia visione prenderanno piede dei sistemi di formazione/certificazione, privati, che attesteranno con una certa periodicità la riconosciuta profesionalità in un dato settore sulla base delle effettive competenze possedute in quel momento

vedetelo come un esame di stato ripetuto nel tempo e che ogni volta rimette in discussione l'abilitazione all'esercizio della professione, che fornisce un "rating" sulla professionalità del singolo che poi è spendibile ai concorsi che richiedono quella professionalità e che non è necessariamente legato al titolo di studio conseguito tanti anni prima

questo rende possibile l'apertura dei concorsi a persone di effettiva riconosciuta certificata professionalità, che siano ingegneri, geometri o che altro

riconosce comunque il valore della formazione universitaria di base

non costringe in sede di concorso a fare una cosa "quasi impossibile" come valutare le competenze ma crea una storia certificata di competenze professionali

qualcosa del genere già esiste: faccio l'esempio di Microsoft che ha creato un complesso e articolato sistema di corsi con esami conclusivi per dare la qualifica di "Microsoft Certified professional"

oggi, se hai questa qualifica, anche se sei filosofo, o ex panettiere, trovi con relativa facilità lavoro nel settore informatico

come garantire la severità e la serietà di queste certificazioni? dovrebbero essere garantite dal mercato, che è in grado di valutare la qualità dei professionisti certificati e quindi automaticamente la qualità del certificatore

io credo che questo schema sarà il punto di approdo di tutte le professioni intellettuali, che siano giurisprudenziali, ingegneristiche, mediche etc.

in questo contesto sarà possibile davvero aprire i concorsi non genericamente ai "laureati in ...", ma ai professionisti certificati

 

 

PS mi rendo conto che, prima ancora di averlo letto, ho scritto il contrario di quanto dice penna nel post precedente... :rolleyes:

Link to comment
Share on other sites

Infatti ho premesso

 

Penna, se tu stessa ammetti che c'è «un'impossibile valutazione omogenea a livello universitario», non vedo come tu possa

sognare una «valutazione omogenea a livello concorsuale».

 

Prescindendo da questo, accettiamo la tua ipotesi. Sistemare e correggere i concorsi e le selezioni, tu dici. Aggiungo:

rendere i concorsi realmente operanti, cioè basati su prove rigorose, fondate su un minimo di oggettività: quindi ardui,

innanzitutto. E lascio in sospeso la questione dell'illegalità pervasiva, di cui tu non parli (ma non sei la sola).

 

Questo significa (non abolire il valore del titolo e del voto, ma) riformare totalmente l'Italia. Che va in una direzione completamente

contraria. I Sindacati non chiedono concorsi rigorosi, tutt'altro, e quale forza politica, da destra a sinistra, li chiede? C'è un topic terribile,

nel nostro Forum, che è rimasto e resterà senza risposta: «Come si diventa professori di scuola secondaria?».

 

La verità è che la manovra del Governo è tesa a ridurre gli Atenei italiani a 19, come da tempo ha deciso la CRUI.

Quindi a ridurre l'organico dei docenti, e conseguentemente la spesa. I ragazzi faranno una gran fatica e le loro

famiglie dovranno sopportare una forte spesa per iscriversi/iscriverli ad Atenei, che, dagli astratti rapporti del Censis,

sembrano essere più efficienti e importanti. Si ridurrà la popolazione scolastica di tutti gli altri Atenei, che saranno

progressivamente chiusi, perché, in un brevissimo arco di tempo (5 anni), risulteranno privi dei «numeri minimi», sia di

studenti, sia di docenti. Per prime scompariranno le Facoltà di lettere e filosofia, e quindi la cultura sarà sempre meno

significativa, incidente e diffusa nel territorio nazionale.

 

La gente, e i giovani (bisognosi di credere in qualcosa, per pura esigenza di sopravvivenza), si saranno intanto persuasi

che il problema dell'Italia era l'esistenza di Atenei di serie a e di serie b, - accettata tranquillamente in tutto il resto del

mondo (l'Università di Marsiglia non sta sullo stesso piano della Sorbonne, ma la Francia non pensa a chiuderla). Questa

differenziazione (entro certi limiti: e certamente i limiti italiani sono più che corretti) è invece prova dell'esistenza di una

civiltà e di una cultura, che, in quanto tali, procedono per faticose e lente concrezioni e affermazioni di sé, e quindi sono

necessariamente differenziate. Chi vuole raggiungere il livello dell'eccellenza, può laurearsi a Chieti, addottorarsi a Roma,

e fare il master a Londra. Ma se a Chieti non c'è niente, non potrà raggiungere nemmeno quel livello. Tu parli di ingiustizia:

è questa l'ingiustizia che si prepara, ed è macroscopica, anche se camuffata - con poco, devo dire.

 

Post scriptum: devo anche dirti, con molta serietà, che i diplomi e certificati che ho preso non solo non li ho mai considerati

escamotages, ma ottime occasioni di allargare le mie ristrette competenze, parte integrante della mia cultura, nonché di

crescita e promozione della mia persona; e, per tutte queste ragioni, anche effettivo esercizio della legalità.

Link to comment
Share on other sites

1 io credo che esista una confusione di fondo tra i concetti di "cultura" e "competenza"

la cultura è quella che ti fornisce lo studio universitario, e per tanti motivi rimane come imprinting culturale di fondo per tutta la vita

la competenza è quella che si impara sul campo, lavorando, e assimilando quella cultura in una eccellenza di lavoro e di risultati

 

2 la competenza si forma sul campo, deve evolvere, confrontarsi con il mercato, deve "essere sul mercato", è continuamente messa sotto esame

 

3 in questo contesto sarà possibile davvero aprire i concorsi non genericamente ai "laureati in ...", ma ai professionisti certificati

 

Su questo sono d'accordo con te. Cultura e competenza sono sempre più lungi dall'identificarsi, e questo da tempo (basta pensare a tutte le riforme

e anche modifiche del diritto che ci sono state e all'aggiornamento costantemente richiesto a tutti). Anche se alla cultura deve essere riconosciuto un valore

fondativo. La competenza è qualcosa che va sempre più inseguito: a duro prezzo di fatica. Perché la cosa non è solo esaltante, è anche faticosa, e

significa anche, solo, lavorare come un matto per tutta la vita! A me il mio lavoro piace, e ci penso da me ad aggiornarmi. Vista da una prospettiva

meno "positiva", la chiusa del tuo discorso è anche solo: che non basta più la laurea, una buona laurea e un ottimo voto, non basta più nemmeno il Master

e il Dottorato. Lo sviluppo naturale del tuo discorso è che bisogna lavorare per tutta la vita, e se a un certo momento dimostri di essere superato dalle

competenze apprese dai più giovani e dotati di energia, vai messo in un angolo.

 

C'è anche questo risvolto, e va detto. Non per negare il principio, ma per enunciarlo con tutta la consapevolezza di ciò che significa, e per assumere

un tono più meditato (non più meditato del tuo, Conrad: parlo in generale) nel farlo valere. Ma questo apre scenari di discorsi molto vasti e non li

possiamo aprire qui.

 

I modd possono cucire questo mio post col precedente? Grazie.

Link to comment
Share on other sites

Ahhh, il fascino delle agenzie di rating. Ormai è tutto un'agenzia di rating. In teoria la valutazione è cosa buona e giusta, ma conoscendo il contesto italiano e intuendo dove vogliono andare a parare..........che Dio ce la mandi bona e senza mutande (direbbero gli etero).

Link to comment
Share on other sites

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Unfortunately, your content contains terms that we do not allow. Please edit your content to remove the highlighted words below.
Reply to this topic...

×   Pasted as rich text.   Paste as plain text instead

  Only 75 emoji are allowed.

×   Your link has been automatically embedded.   Display as a link instead

×   Your previous content has been restored.   Clear editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

×
×
  • Create New...