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la comunità gay


Bodi

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recentemente riflettevo sull'esistenza della "comunità gay" e mi chiedevo: ma esiste? ricordo di averne discusso un pomeriggio di diversi anni fa con l'allora titolare della libreria Babele di Milano (quanto mi mancano entrambi!). alla fine si tratta di cose semplici: se potessimo scegliere, non ci avvarremmo di un idraulico gay? o di un commercialista o avvocato gay? io lo farei, anche se qualche amico mi ha fatto notare che questo sarebbe una forma di isolamento (più o meno splendido!). Voi cosa ne pensate?

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"La vera società non esiste: ci sono uomini, donne e famiglie"

(entrata ad effetto compiuta con successo)

Non so se esista una "comunità gay", anche perché la cosa non mi interessa, ma ti posso dire che qualora esistesse è davvero piccola e poco influente, probabilmente in Italia si è ancora ad uno stadio embrionale.

Ti posso dire che come individuo non mi interessa farne parte e spero non nasca mai una vera comunità gay, perchè come tutte le comunità sono uno strumento di esclusione degli altri e di ghettizzazione di se stessi, le quali tra l'altro diventano presto gruppi di potere e di consorterie varie.

La società a mio modo di vedere deve essere qualcosa di fluido, una tensione continua tra il riflusso del passato e il fluire del passato, e le "comunità" non sono altro che un modo per cristallizzare l'esistente, quindi non le gradisco.

 

 

P.s./ La frase di prima non va intesa letteralmente perché facente parte di un discorso più amplio.

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giusta domanda. ecco, io per comunità intendevo "noi", tutti noi. in particolare mi vengono in mente delle pubblicità viste su advocate o altre riviste e se non ricordo male anche su qualche pagina della vecchia guida di Babilonia. C'era il ragazzo che faceva l'imbianchino o le tipe che si offrivano per decorarti la casa. mi chiedo se potendo farlo sceglieremmo le prestazioni lavorative di un gay piuttosto che di un non-gay.

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Io preferirei un professionista che fosse un mio amico,

in assenza di un mio amico punterei sulla professionalità.

 

Il discorso sulla Comunità non può diventare un discorso

dimile a: "Preferiresti un imbianchino italiano o albanese?".

Anche - come minoranza - una comunità aiuta molto

(Vivere in Germania e venire assunto nella pizzeria di un Italiano perché si è Italiani...

Essere un Marocchino in Italia da solo e venire assunti nella kebabberia di un connazionale...)

 

Come minoranza insomma l'essere una Comunità ci aiuta,

ma - in fondo - è solo un modo di estendere la propria idea di amicizia

(o il proprio desiderio di incontrare qualcuno :)) e fronteggiare il mobbing.

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"Il termine di comunità indica generalmente un insieme di individui legati fra di loro da un elemento di comunione riconosciuto come tale dagli individui stessi.

Tradizionalmente in sociologia questo elemento era la condivisione di uno stesso ambiente fisico e la presenza di determinate dinamiche relazionali. ", definizione presa da una tesi.

 

In questo senso c'è la comunità LGBT, molto ampia. Poi ci sono molti gruppi o piccole comunità sparse un po' ovunque, legate territorialmente ad associazioni, o luoghi.

Chiaramente la questione è molto labile, visto che si va da una appartenenza teorica a forme più strette di associazionismo.

Certo, se metti la questione sullo scegliere l'imbianchino gay o non gay, è più la trama di un porno che una questione sociologica..

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ah, voi uomini, sempre lì cadete :haha: ! eppure io che sono donna l'imbianchino gay lo chiamerei più volentieri. se non altro ragionando sul fatto che ha qualcosa in comune con me e non è qualcosa da poco.

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Assolutamente no. Non apprezzo una persona perché è gay, lesbica, o etero(e via dicendo). La apprezzo per il suo carattere, la sua intelligenza e la sua professionalità. Ci sono più cose da condividere con qualcuno a cui piacciono gli stessi libri che leggi tu stesso, piuttosto che con uno che ha i tuoi stessi gusti sessuali.

 

Poi, ovviamente, è questione di gusto personale. A me la variatio piace, sotto tutti i punti di vista (con i miei paletti, per carità- ripiegherei sull'imbianchino fascista omofobo giusto se fossi alla frutta).

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ok Caprichos. ma hai mai pensato che qualcuno là fuori potrebbe dire: "ah sì, il dottor X! ma lo sai che è gay? io non ci vado di certo! " ebbè, io in un'occasione mi sono trovata a rispondere: ah sì? non lo sapevo! cambio subito dottore :yahoo: :yahoo: :yahoo:

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Non so io personalmente credo che questa comunità esista, ma ci sono tanti modi di farne parte...

 

Comunque è ovvio che un senso di comunità non nasce solo perché si è accomunati dall'orientamento sessuale... Voglio dire, pensiamo ai tanti diversi tipi di "comunità gay": ci può essere un'associazione per i diritti, e allora in quel caso oltre all'orientamento si è accomunati dal desiderio di socializzare e mirare ad un certo obiettivo sociale, ci può essere una discoteca gay, e allora in quel caso si è accomunati dal semplice desiderio di passare una serata divertente (e in realtà non si crea una vera e propria comunità), ci può essere una squadra sportiva gay, e allora in quel caso ciò che accomuna è la voglia di fare sport, ci può essere un'associazione di gay sordomuti, accomunati dal desiderio di condividere le loro particolari esperienze di vita, un'associazione di gay credenti, etc...

 

Insomma, bene o male anche noi quando ci accostiamo alla "comunità gay" cerchiamo quello che più ci si adatta, come in tutte le altre cose, non è solo una questione di trovare altre persone gay...

 

Un discorso a parte forse riguarderebbe la domanda più generale: ma in questa comunità (parola che di per sé evoca qualcosa di buono, di altruistico) c'è una diffusa disponibilità alla solidarietà, a venirsi incontro reciprocamente, a sostenersi visto la situazione non sempre facile ? Oppure vari fattori rendono questa comunità spesso dominata da ipocrisie, da diffidenze, da paure, doppi fini, etc ?

 

E poi ... Questa comunità ha un senso ? Beh secondo me volenti o nolenti ce l'ha... Conoscere altre persone che vivono la tua stessa condizione è fondamentale credo per una minoranza ... In qualunque forma sia questa comunità (come ho detto prima ciascuno sceglie il modo che più gli si adatta)

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Io ho pensato alla comunità gay sempre in senso associazionistico oppure di persone unite da alcuni elementi base in comune: rivendicazione di diritti costituzionali, lotta all'omofobia, coscienza di appartenere a una minoranza in vario modo lesa e discriminata, nonché, in tutta una serie di Stati del mondo, perseguitata. Persone che, a livello di città, un po' si conoscono e ogni tanto si ritrovano.

 

Però il discorso di Bodi è interessante, perché (facendolo alla rovescia, in negativo) il non trasportare nel vissuto pubblico il proprio essere omosessuale a ben vedere è proprio la causa per cui la coscienza di essere una comunità è così poco forte in Italia, e quindi la comunità gay forse quasi non esiste (il che è troppo dire, ma in un senso rigoroso è proprio vero), le rivendicazioni sono così esigue, timide, impaurite quasi, e comunque il numero di chi le sostiene è così basso. E mi immagino quasi che il discorso con il titolare di Babele nascesse proprio da questa considerazione o da altre molto simili.

 

Il mio massaggiatore è gay, ma non ho mai pensato di avere, in effetti, un meccanico gay, ma se lo conoscessi, ci andrei senz'altro. Perché? Perché sarebbe una scoperta di un nuovo rapporto con il sociale, con la realtà pubblica. In quest'ambito si ha sempre a che fare con eterosessuali, o comunque con una espressione del pubblico in cui l'omosessualità è gommata, cancellata.

 

In Francia, la fase dell'esplosione delle lotte di un movimento gay, che data dal 1972-1973, è stata preceduta da una lunga fase, durata quarant'anni, volta a stabilire una rete di contatti tra le persone omosessuali (fondamentalmente gay). Questa fase è rappresentata non dalla parola omosessualità, ma dalla parola omofilia, non da un militantismo attivo, ma dalla creazione di un circuito non dirò nascosto, ma sommerso, non dall'esposizione pubblica, ma da un organizzarsi e quindi da un rafforzamento delle singole persone omosessuali tramite una rivista, punti di incontro, rete di contatti, case editrici. La parola d'ordine, quasi carbonara, soprattutto agli inizi, era « Nous sommes partout! », Noi siamo ovunque, noi stiamo dappertutto (mi procura sempre una strana emozione leggerla in qualche Gay Pride di oggi su una cartellone, scritta da ragazzi di 18 o 23 anni che non sanno nemmeno che questa frase li precede di 50 o 60 anni, e ha una lunga storia). In Italia questa fase è mancata, ed è un grave handicap. Chi sa se non si possa ricrearla, su altre basi, in altre forme, nell'oggi.

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Già mi immagino l'idraulico gay che ricopre le fantasie sessuali dei gay, così come pare che quello etero sia nell'immaginario di molte donne... Scherzi a parte, ma a che dovrebbe servire?Mi sembra solo una ghettizzazione. Che venga pure il più omofobo a imbiancare casa, almeno si rendono conto che anche noi esistiamo e siamo una famiglia. Dobbiamo sbattere in faccia alla gente la nostra realtà per sensibilizzare le persone non certo crearci il "villaggio dei puffi".

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A me sembra che la radice del desiderio sia la stessa, per questo chiedo. Il volere l'imbianchino gay, l'avvocato gay, mi sembra che nasca dalla necessità di crearsi una società, una rete di rapporti, amica e uguale a noi.

 

Se il mio vicino di casa è gay, i miei condomini sono gay, il bar sotto casa mia è gestito da gay, i padroni dei cani che incontro ogni giorno sono gay, probabilmente viene meno il bisogno di cercare un imbianchino gay, in quanto sono già inserito in una società in cui identificarmi.

Invece di portare la comunità gay a casa mia, ho portato casa mia in una comunità gay.

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Probabilmente la radice del desiderio è comune, (ma io credo solo in parte), tuttavia ognuna delle due scelte

ha la sua specificità, e, inoltre, quella di vivere in un quartiere gay resta molto più radicale. Vivere in un

quartiere gay significa dimorare (almeno in una buona misura, certo non totale, ma elevata) in un ambiente

gay. Costruirsi una rete di relazioni lavorative o di utenza gay significa transitare da una realtà all'altra,

strutturalmente, rimanendo nel sociale comune a tutti, e io la troverei rilassante, rispetto alla situazione attuale.

 

Inoltre nel primo caso si può in effetti quasi parlare di portare casa mia in una comunità gay, nel secondo si

tratta solo di compiere il tentativo (assai parziale) di costruire un pezzetto di comunità gay nella mia vita - mentre

per solito la comunità gay si riunisce e la si incontra in occasioni date: o perché c'è una riunione dell'Associazione

taldeitali, o perché si va a una manifestazione o al Gay Pride, o perché si frequentano locali, o perché due mesi

all'anno c'è il Gay Village.

 

Chiamando le cose con il loro nome, la situazione ipotizzata da Bodi mi sembra rafforzante/rassicurante, in

certa misura rilassante (rispetto allo stress di minoranza), e mi domando se questa condizione di vita non possa

essere propizia al consolidarsi di una comunità gay più strutturata, ampia, meno accidentale e anche meno faticosa.

 

Questo, per chi ha tendenze comunitaristiche, sia ben chiaro. Perché stiamo attenti a non scoprire l'acqua calda:

tanti gay di carattere edonista, o che vivono nello spettacolo, o negli affari, questa dimensione la vivono da sempre,

infinitamente più della media dei gay, ovviamente, e la utilizzano in tutt'altra prospettiva.

 

Non solo c'è chi ha piacere o non ha piacere di vivere la comunità gay, ma la «socialità» gay non è la stessa cosa

che la «comunità» gay.

 

Oppure si deve affermare che uno vuole convertire la comunità in socialità, e basta. Ed è quello che può facilmente

avvenire in Italia dove una comunità gay è sempre stato ultradifficile crearla; e forse ovunque, considerando che la

vita contemporanea è di per sé molto parcellizzata, forse lo sarà sempre più, e tende a isolare le persone.

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Sto facendo ricerca sull'argomento, anche se non riguardo alla situazione italiana in particolare. Spero di non suonare male nelle risposte che darò... il fatto di occuparmi dell'argomento (oltre all'opinione personale) potrebbe portarmi a essere trasportato :-)

 

"La vera società non esiste: ci sono uomini, donne e famiglie"

(entrata ad effetto compiuta con successo)

Non so se esista una "comunità gay", anche perché la cosa non mi interessa, ma ti posso dire che qualora esistesse è davvero piccola e poco influente, probabilmente in Italia si è ancora ad uno stadio embrionale.

Ti posso dire che come individuo non mi interessa farne parte e spero non nasca mai una vera comunità gay, perchè come tutte le comunità sono uno strumento di esclusione degli altri e di ghettizzazione di se stessi [...]

 

Allora prima di tutto perchè esista una comunità gay è necessario che - bene o male e con tutte le possibili varianti interne - esista un'identità gay. A mio parere, un'identità gay esiste nella maggior parte dei paesi (ivi inclusa l'Italia). Condivido infatti con Heyes (che ha scritto la voce Identity Politics, nella Stanford Encyclopedia of Philosophy, Fall 2005) che ci si trovi di fronte ad "identity politics" non appena un certo numero di persone - che hanno un qualcosa in comune (nel caso dei gay, l'orientamento sessuale) e che condividono un sentimento di ingiustizia nei loro confronti da parte della maggioranza - abbiano la possibilità di instaurare una qualche relazione tra di loro e prendere conoscenza di una "condivisione".

 

Per esempio, il Gay-Forum è, a mio parere, una gay community.

 

Riguardo alla tanto ostentata questione della ghettizzazione, devo dire che non c'è motivo per cui i membri di una gay community (così come di qualsiasi altra comunità) non possano avere legami esterni anche con altre persone, altri gruppi, altre communities. Anzi, è più o meno sempre vero che ci siano delle affiliazioni multiple!!! Si fa parte di comunità di studenti o di persone che condividono la medesima professione (o mancanza di professione), di comunità nazionali, di comunità cittadine, di comunità religiose, di comunità riguardanti interessi ed affiliazioni politiche, etc... Dunque perchè la partecipazione ad una gay community dovrebbe essere ghettizzante mentre l'iscrizione a un sindacato o la frequentazione di un club di scacchi no?

 

Certo, se metti la questione sullo scegliere l'imbianchino gay o non gay, è più la trama di un porno che una questione sociologica..

 

In realtà è una questione sociologica estremamente importante e fa riferimento al concetto sociologico di "capitale sociale", il cui - forse - massimo teorico è Putnam.

 

Assolutamente no. Non apprezzo una persona perché è gay, lesbica, o etero(e via dicendo). La apprezzo per il suo carattere, la sua intelligenza e la sua professionalità. Ci sono più cose da condividere con qualcuno a cui piacciono gli stessi libri che leggi tu stesso, piuttosto che con uno che ha i tuoi stessi gusti sessuali.

 

Poi, ovviamente, è questione di gusto personale. A me la variatio piace, sotto tutti i punti di vista (con i miei paletti, per carità- ripiegherei sull'imbianchino fascista omofobo giusto se fossi alla frutta).

 

La presenza di una gay community non implica che tutti i membri debbano volersi bene e andare a prendere il caffè regolarmente (la cosa sarebbe, del resto, impossibile). Ma la presenza di un senso comunitario gay permette che si aprano locali gay, che tu possa conoscere ragazzi gay o ragazze lesbiche, che tu possa informarti su argomenti inerenti l'omosessualità, che tu possa avere accesso a forme di "protezione" post o ante (come per esempio azioni di arcigay che magari ti forniscono un avvocato se subisci una discriminazione). Le amicizie non devono poi far parte di una gay community per forza, soprattutto a livello esclusivo... Al più il fare parte di una comunità stimola un maggior numero di amicizie inerenti alla comunità stessa (se frequenti locali, associazioni, siti gay avrai più amici omosessuali che se stessi chiuso in casa).

 

Comunque è ovvio che un senso di comunità non nasce solo perché si è accomunati dall'orientamento sessuale... Voglio dire, pensiamo ai tanti diversi tipi di "comunità gay": ci può essere un'associazione per i diritti, e allora in quel caso oltre all'orientamento si è accomunati dal desiderio di socializzare e mirare ad un certo obiettivo sociale, ci può essere una discoteca gay, e allora in quel caso si è accomunati dal semplice desiderio di passare una serata divertente (e in realtà non si crea una vera e propria comunità), ci può essere una squadra sportiva gay, e allora in quel caso ciò che accomuna è la voglia di fare sport, ci può essere un'associazione di gay sordomuti, accomunati dal desiderio di condividere le loro particolari esperienze di vita, un'associazione di gay credenti, etc...

 

Allora credo si debba fare una distinzione tra il concetto di gay community e associazionismo gay, anche se le due cose sono ovviamente collegate. Infatti associazionismo non significa comunità: l'associazionismo aiuta e reinforza il sentimento di appartenenza a una comunità, ma non ne implica l'esistenza. Tu puoi fare parte della comunità gay anche senza frequentare associazioni. Così come puoi frequentare associazioni senza sentirti parte della comunità.

Le associazioni sono poi ovviamente utili per la mobilitazione e per permettere a persone di avvicinarsi alla comunità gay semplicemente frequentando associazioni che rispondono ai loro interessi.

 

Già mi immagino l'idraulico gay che ricopre le fantasie sessuali dei gay, così come pare che quello etero sia nell'immaginario di molte donne... Scherzi a parte, ma a che dovrebbe servire?Mi sembra solo una ghettizzazione. Che venga pure il più omofobo a imbiancare casa, almeno si rendono conto che anche noi esistiamo e siamo una famiglia. Dobbiamo sbattere in faccia alla gente la nostra realtà per sensibilizzare le persone non certo crearci il "villaggio dei puffi".

 

Come per le amicizie... Se si fa parte di una comunità gay non si deve vivere in un quartiere gay. D'altra parte, se tu avessi un desiderio opposto (cioè vivere all'interno di un quartiere gay), la presenza di una comunità gay sarebbe fondamentale. Pensi che senza una comunità gay qualcuno si sbatterebbe per cercare di creare un qualcosa di gay-friendly o gay-oriented (soprattutto un qualcosa di importante come un quartiere)?

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Per dirla con Putnam, mancherebbe il presupposto della "fiducia"

perchè si creino delle reti sociali, in effetti l'atteggiamento prevalente

è quello di una profonda diffidenza ( l'ipotesi che io possa ricevere

qualcosa direi sia scartata a priori da molti )

 

C'è poi l'ottica individualista, secondo cui manca la massimizzazione

dell'utile ( "a che dovrebbe servire?" )

 

Il quartiere gay è l'appropriazione di uno spazio pubblico di città, vale

in sè, a prescindere dalla scelta di andarci a vivere, come "luogo" ed

anche come riferimento, per chi ancora nella comunità non c'è ( attualmente

l'unica chiave d'entrata sono i pride itineranti...sottolineo itinerante perchè

è la peculiarità italiana, forse la conseguenza dell'assenza di luoghi stabili )

o rispetto alla parcellizzazione evocata da Isher. Dovrebbe agire come catalizzatore.

 

Oltre alle dinamiche minoritarie note, centro-periferia, di spostamento da contesti

ostili verso centri di aggregazione ( spostamenti che implicano anche la possibilità

di trovare un lavoro e mezzi di sostentamento : in questo senso l'imbianchino gay

che vi fa sorridere magari è un gay disoccupato che cerca un inserimento professionale)

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AndrejMolov89

Sinceramente mi sono sempre immaginato una comunità gay, come una comunità di " cura ". Cioè un insieme di persone unite dallo stesso desiderio e dagli stessi progetti, che si danno man forte.

Recentemente ho letto un libro ( non ho le competenze per poterlo giudicare un buon libro o un cattivo libro ) chiamato "L'elogio della depressione", in cui la tesi principale del testo riguardava per l'appunto la creazione di una comunità di cura per far fronte alla depressione connaturata eccetera. Sostanzialmente di quel libro mi è piaciuto il concetto di comunità di cura,intesa come insieme di relazioni, progetti e assistenza che permettano l'individuo di essere inserito in un contesto e trovare diciamo il suo spazio vitale in quest'ultimo.

L'idea mi ha affascinato, vorrei assolutamente trovare degli esempi validi e soprattutto vorrei rifletterci seriamente per capire meglio la faccenda. Per adesso immagino una comunità gay che abbia questi attributi per il fascino che mi ispira l'idea di contestualizzare la mia omosessualità in una progettualità più grande o in un insieme più grande.

Per quanto riguarda il discorso di Dreamer88 ( che finalmente ti ho visto al circolo XD ), quoto tutto.

L'idea individualista non mi piace, assolutamente. L'individualista vuole il vantaggio immediato, ritengo che le comunità possano dare un vantaggio solo successivamente alla loro creazione. ^^

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Non sceglierei nessuno in base al suo orientamento sessuale, mi baserei solo sulla sua competenza e la sua professionalità, eccetto nel caso in cui la persona che intendo chiamare non sia apertamente omofoba, allora sì che sceglierei qualcun altro....

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@@Narez92 il fatto che se si conosce un bravo elettricista lo si chiami a prescindere dal suo orientamento sessuale vien da sé, insomma tutti hanno la priorità di assicurarsi che non ci siano problemi elettrici in casa e che le prese della corrente siano sicure. Di conseguenza la prima scelta è legata alla competenza (accertata per diretta conoscenza o per sentito dire)... Ma lo spunto interessante è un altro: se per esempio ti ritrovassi in una città in cui non conosci nessuno e hai bisogno di un elettricista.... avendo modo di scegliere tra uno gay e uno etero, quale sceglieresti?

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Sarebbe indifferente, ripeto, il problema per me si porrebbe se lui fosse omofobo, da quel momento non lo chiamerei più :D

Edited by Loup-garou
Eliminato quote integrale del post precedente
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Specifichiamo allora la domanda: esistono dei casi in cui

potrebbe avere un rilievo questo orientamento sessuale?

 

O lo escludete al 100% senza distinzioni di sorta?

 

Per fare un esempio una donna può sentirsi più a suo

agio con una ginecologa o rivolgendosi ad un avvocato

donna perchè gli curi la separazione dal marito, mentre

in altri casi il sesso del professionista gli è indifferente.

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  • 4 weeks later...

ho trovato un idraulico gay che mi ha fatto pagare un cambio di caldaia un occhio nella testa, mi ha chiesto con insistenza delle ricette che io ho dovuto scomodarmi per reperirle e poi mi ha congedato con un: non posso invitarti a cena... da qualche giorno mi vedo con un tipo...

 

e ho trovato un idraulico etero che mi ha fatto gratis sia lavori da idraulico come cambiare sifone con uno con attacchi lavastoviglie, allacciare la lavastoviglie e il gas... sia lavori da elettricista tanto che ho pure imparato da lui a farne qualcuno... come spostare le prese... aggiungere prese, creare punti luce con 1 ,2 ,3 e piu punti di accensione spegnimento... e mi ha fatto gratis anche il lavoro di spaccare il muro e farci passare dentro il tubo per i fili e la scatola.. e ristuccare...

 

detto questo... sì a 18 anni la pensavo come te... ma ho visto come va il mondo, per lo meno qui in italia... e non sento più questo legame di "comunità"

 

a 18 anni per me era importante andare in giro mano nella mano... e non avevo problemi a "mangiare e bere" dallo stesso piatto bicchiere... (sono sempre stato schizzinoso... ma a 18 anni quando ho conosciuto altri gay con loro non lo ero...) ora mi permetto di esserlo... e sinceramente quando sento delle notizie di cronaca nera... non me ne frega niente... sia che si tratti di un gay a milano, sia che si tratti di un cristiano in un paese arabo, sia che si tratti di un tizio qualunque che vive in una nazione dove c'è la guerra civile...

 

ho reso l'idea ?

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