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La libertà si paga con la solitudine?


Divine

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Dipnde da come la vivi... io sì la vivo come compagnia, i miei amici non sono veramente importanti per me nel senso che non li interiorizzo... nemmeno quelle volte che ci sto bene da dio, la vivo in modo abbastanza superficiale e per me non è un bisogno primario...

Poi non è che non è degna di essere vissuta, solo che non soffro per il fatto di non averla.... è come se esistesse solo il lato positivo e basta... però ho vissuto esperienze bellissime non direi mai che non è degna di esere vissuta...

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Per tornare alla domanda iniziale del topic: secondo me, «la libertà si paga con la solitudine» nel campo pubblico e del lavoro, se uno non si fa corrompere, o non vuole scendere a un livello che non gli è proprio, ove l'atmosfera predominante sia di basso livello, o comunque tale che non gli garba.

 

Nel campo più ristretto della propria vita non direi che «la libertà si paga con la solitudine». Essere liberi non significa essere soli. Dovrebbe significare avere libertà d'azione, capacità di conoscere. Questo, se parliamo di una «libertà» autentica: libertà di. Di fare, di essere, di esprimersi.

 

Se invece la parola solitudine è usata per designare uno stato di isolamento, è un dare un nome nobile, o comunque equivoco, a una situazione di incapacità, di paura di rapportarsi, di insicurezza, o comunque di difficoltà a usare la funzione Sentimento. Il mettere dei limiti spesso è solo una paura di dare (perché anche dare può fare paura) e di darsi (cosa che non è detto si debba fare con gli occhi bendati).

 

In ogni caso, se nella vita ci si scopre soli, isolati, - cosa che può sempre succedere - bisogna cercare di reagire; non illudendosi di trovare chissà quante persone nuove e belle, ma cercando di costruire qualche rapporto autentico, uno, due sono già tanti; se poi sono tre, si arriva alla felicità.

 

Ultima cosa: io non credo che la libertà sia data, in dono. Quanto al bisogno di stare da soli, bisogna imparare a distinguere (e non mi sembra tanto difficile) tra un ripiegamento in sé stessi che sa un po' di sconfitta, e il bisogno positivo e autentico di coltivare i propri pensieri, emozioni, interessi e la propria formazione. E tuttavia se uno fa quest'ultima cosa, avrà poi voglia di comunicare certe cose.

 

Se uno non considera gli amici coessenziali alla propria vita, è piuttosto egocentrico: beato lui, ma anche povero lui.

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privateuniverse

Nel campo più ristretto della propria vita non direi che «la libertà si paga con la solitudine». Essere liberi non significa essere soli. Dovrebbe significare avere libertà d'azione, capacità di conoscere. Questo, se parliamo di una «libertà» autentica: libertà di. Di fare, di essere, di esprimersi.

 

Sì, certo.

Ma cosa succede se questa libertà è coartata dall'ambiente nel quale si vive?

E perché non ci si può rifiutare, scientemente o no, di "scendere a un livello che non è il proprio" anche nel campo delle relazioni interpersonali?

La possibilità di trovare interlocutori non dipende soltanto dal fatto che Tizio ne cerchi, ma anche dalla disponibilità di Caio e Sempronio ad essere interlocutori (attivi e passivi) di Tizio nonostante Tizio sia diverso, e magari persino superiore, a loro.

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Ma cosa succede se questa libertà è coartata dall'ambiente nel quale si vive?

 

Capita ogni giorno. Ci sono cose che tocca subire, in attesa di liberarsene, o mirando ad attutirle: ma un peso ci sarà sempre. La famiglia,

quando si è giovani, in attesa di avere un lavoro che ti permetta di essere indipendente e allontanartene (in questo caso la soluzione è appunto

allontanarsene). Il luogo di lavoro ti può limitare, porre bastoni tra le ruote, snervare, ma direi sul piano del lavoro stesso: certo, questo

ha un influsso negativo sul nostro umore e sulla nostra psicologia, ma non direi che può tarpare una personalità, impedirci di essere

intraprendenti in altre sfere. O no? Sei tu che devi dirmi come la vedi o la vivi :-)

 

E perché non ci si può rifiutare, scientemente o no, di "scendere a un livello che non è il proprio" anche nel campo delle relazioni interpersonali?

 

Certo che ci si può rifiutare, anzi una persona con un minimo di palle si rifiuta: ma se questo livello è malsano, odioso, falso, o veramente

molto sciocco. Una persona semplice e sincera vale più di una persona affascinante ed egocentrica, di una persona molto colta ma falsa,

di una persona dotata di belle qualità ma instabile e inconstante. Mi rifiuto di pensare che uno resti solo perché ha scremato. Sarà più solo,

meno affollato, ma deve volersi e potersi creare una propria famiglia-nella-vita, o anche solo alcune amicizie importanti. Se si è soli, o si ha

difficoltà a uscire da uno stato di quasi-solitudine, bisogna fare il tentativo di spezzare quel cerchio, che ti avvolge, che è già là, sorridendosi (spero che questa frase non sembrerà troppo banale), dandosi fiducia, volendosi più bene.

 

La possibilità di trovare interlocutori non dipende soltanto dal fatto che Tizio ne cerchi, ma anche dalla disponibilità di Caio e Sempronio ad essere interlocutori (attivi e passivi) di Tizio nonostante Tizio sia diverso, e magari persino superiore, a loro.

 

Chi ci disprezza non merita, chi ci dà poco deve ricevere poco. Mai stare appresso a chi ti raziona affetto, interesse, disponbilità. Lo puoi

tenere come "amico" su Fb :-)

 

Ma, se tu stai parlando di te, può essere mai il caso tuo? Sei una persona intelligente, sei colto, sai ragionare, hai carattere, e hai le tue idee.

Se non trovi quello che vorresti, forse devi volerti più bene, e restituirti una maggiore intraprendenza: provare piacere a pedalare, ad agire,

a sentirti vivo, a darti dei piaceri, in attesa che tutto ciò ti porti qualcosa di nuovo.

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privateuniverse

"Solo, dunque, finché morte non mi separi. Questo è il prezzo che si deve pagare a questo mondo per aver voluto essere libero. E' caro o a buon mercato, mi domando? Dovrei ridere o piangere? Chi lo sa! Ad ogni modo, non me ne sono mai crucciato, finché ero in vita. E ora è troppo tardi per fare i conti. Ma forse ci si può domandare se libertà e solitudine non vanno mano nella mano a questo mondo, così come appare, se si vuole rimanere un essere umano.

 

Non che ne abbia sofferto. Ho fatto in tempo, per così dire, a vivere fino alla fine prima di accorgermene. Ma una cosa l'ho capita: la solitudine è l'unico vero peccato su questa terra, e l'unica giusta punizione per uno come me. Quella, e forse solo quella, peggio della morte. Ma me ne pento? No, perfino io ho un certo orgoglio. E davanti a chi dovrei pentirmi? Non ho mai promesso niente a nessuno, neppure a me stesso, finché morte non ci separi. Non ho mai contratto matrimonio con il resto dell'umanità e, molto giustamente, ne sono diventato il nemico. Già, non ero neppure sposato con me stesso. Sono sfuggito alla punizione, come si può vedere, e chi devo ringraziare di questo, se non me stesso? Pensare che dio solo ci abbia messo il suo onnipresente dito, sarebbe sperare troppo. Ma se avessi ancora qualcosa da desiderare da questo lato della fossa, sarebbe, dopo tutto, di essere accolto nel regno dei cieli. Anche solo per godermi la faccia di tutti i benpensanti e dei capitani per grazia di dio, al vedermi comparire!"

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Quanto al bisogno di stare da soli, bisogna imparare a distinguere (e non mi sembra tanto difficile) tra un ripiegamento in sé stessi che sa un po' di sconfitta, e il bisogno positivo e autentico di coltivare i propri pensieri, emozioni, interessi e la propria formazione. E tuttavia se uno fa quest'ultima cosa, avrà poi voglia di comunicare certe cose.

 

 

non sono una persona di enorme socialità o che conduce una vita ricca di incontri: questo per tanti motivi, il principale dei quali è forse, paradossalmente, proprio una singolare vastità di interessi e la loro "bizzarria" (uso questo aggettivo ma in realtà non lo condivido :asd: ) che mi impedisce di trovare interlocutori con cui sarei ben felice di confrontarmi

diciamo che alla fine quello che mi succede è un po' quello che canta Battiato, anche se lui lo rapporta al sentimento amoroso io invece al falso rapporto intellettuale:

 

Fingere tu riesci a fingere quando ti trovi accanto a me/mi dai sempre ragione e avrei voglia di dirti/ch' è meglio se sto solo...

 

per il resto, confesso candidamente, a costo di sembrare superbo altero e sprezzante, che quando mi trovo in certe compagnie (mi capita spesso con gruppi di vecchi amici o anche con i parenti) ho la sensazione di essere rinchiuso nel pollaio, e osservando le facce beote e i discorsi imbecilli sorrido cortese pensando: ma che c... sto a perdere tempo con questi qui?

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Io credo semplicemente che se si interrompono dei rapporti prima che essi possano sbocciare e con buoni presupposti è perché non si ha interesse nel coltivarli in seguito . La libertà non equivale all'avere amicizie fugaci o rapporti effimeri perché poi accade che ci si ritrova soli e quella non è libertà ma solitudine ed alienazione e se il vuoto di ciò che "non si è costruito" ci lascia un senso di amarezza e malinconia bisognerebbe rivalutare il concetto di essere liberi. Amare e lasciarsi amare è l'essenza di un percorso chiamato : Vita !

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quando mi trovo in certe compagnie (mi capita spesso con gruppi di vecchi amici o anche con i parenti)

ho la sensazione di essere rinchiuso nel pollaio, e osservando le facce beote e i discorsi imbecilli sorrido cortese pensando:

ma che c... sto a perdere tempo con questi qui?

 

Ovvio. Ma questo riguarda, come tu stesso dici, parenti e gruppi di vecchi amici. Fattene dunque di nuovi. Cosa ti impedisce di cercarli?

Non ne avverti il desiderio? E' evidente che tu stai bene da solo, Conrad, e questa è una gran cosa. A dfferenza - forse - di Privateuniverse,

che avverte il limite di tale situazione - se non m'inganno - tu non senti la mancanza di altri. E' una gran cosa, dicevo, ma mi lascia il sospetto

di qualcosa che abbia a che vedere con una rinuncia, con una difficoltà a uscire di più allo scoperto.

 

Anche la tua precedente argomentazione è un po' strana: possibile che i tuoi poliedrici interessi ti impediscano di trovare interlocutori?

Sinceramente non lo credo possibile. Normalmente succede il contrario: chi ha tanti interessi può conoscere più persone, almeno

potenzialmente. Da come scrivi sembra che tu vorresti trovarne uno che raggruppi in sé tutti i tuoi interessi: ma questo non è

mai possibile, per nessuno, e sarebbe anche infantile pensarlo. Quindi l'impressione che ho io è che tu stia bene da solo, con i tuoi libri,

con i tuoi interessi, e non trovi in te motivo - quindi neppure avverti il bisogno - per cercare confronti, interlocutori, amici, sodali. Dico bene?

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privateuniverse

Oppure conrad65 ha semplicemente esaurito le energie per cercare qualcuno con cui stabilire dei rapporti di condivisione perché lo ritiene impossibile o perché ha perso la fiducia. Oppure (è solo un'ipotesi, sia chiaro), non essendo riuscito a stabilire dei rapporti proficui con gli altri, ritenga che il dilemma "libertà/solitudine" si ponga in termini di alternativa, per cui si deve per forza scegliere tra l'una e l'altra, e magari fornisca a sé stesso una sorta di giustificazione a posteriori. E' anche difficile prescindere dalle storie personali.

 

La questione è un po' anche cosa si cerca di condividere: si tratta di condividere "interessi", o qualcos'altro? Io credo che i rapporti interpersonali siano basati fino a un certo punto sulla "condivisione di interessi". Quando conosco qualcuno, non mi aspetto necessariamente che condivida il mio interesse per le lingue straniere, per la politica, per la musica o per altre cose; caso mai, avere gli stessi gusti può costituire un pretesto per frequentarsi, per fare cose insieme e, in ultima analisi, per costruire spazi comuni che tenderanno, però, ad essere fatti anche, e magari soprattutto, di altre cose. L'"idem sentire" non è necessariamente un "idem pensare", e ho avuto rapporti di amicizia, più o meno intensi o altalenanti, con persone che avevano relativamente pochi interessi in comune con me, ma con cui il rapporto si alimentava del desiderio di frequentarsi. Secondo me prima viene il desiderio di frequentarsi; se c'è la voglia di frequentarsi, le occasioni si trovano. E, da questo punto di vista, una persona che abbia molti interessi e che sia flessibile è avvantaggiata rispetto a una che non lo è, perché potrà trovare, e sfruttare, molti pretesti, che mi pare un po' quel che dicevi anche tu.

 

Trovo che, però, che il vero fulcro della discussione sia rimasto un po' sullo sfondo, sfuocato, nonostante gli interventi iniziali di Divine l'avessero impostato nel modo corretto. A mio parere, il modo giusto di impostare il dilemma "libertà/solitudine" sta nel chiedersi fino a che punto perseguire le proprie aspirazioni, i propri desideri, sia compatibile con la necessità di stabilire dei rapporti con persone che non necessariamente potranno essere degli interlocutori; questo, tenendo presente che un interlocutore non è, e non può essere, un nostro "doppio", e che anzi non deve neanche esserlo, perché l'interlocuzione presuppone una dialettica, in cui noi cambiamo e siamo cambiati dall'interazione con gli altri e che l'interazione, lungi dall'essere un semplice scambio, un'osmosi, crea qualcosa di diverso, di nuovo, rispetto a ciò che esisteva prima.

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La questione è un po' anche cosa si cerca di condividere: si tratta di condividere "interessi", o qualcos'altro?

 

Secondo me prima viene il desiderio di frequentarsi

 

E' quello che io chiamavo, bisogno di, impulso a, desiderio di. E certo che viene prima, o meglio sta alla base, anche se, per scattare,

ha bisogno di una materia oggettuale, che non è necessariamente rappresentata dagli interessi in comune, ma dalla materia umana

dell'altro, ovvero da ciò che si è percepito di lui. Indubbiamente non gli interessi, intesi in senso plurale e onnicomprensivo, ma un interesse

extra-individuale credo ci sia sempre.

 

A mio parere, il modo giusto di impostare il dilemma "libertà/solitudine" sta nel chiedersi fino a che punto perseguire le proprie aspirazioni, i propri desideri, sia compatibile con la necessità di stabilire dei rapporti con persone che non necessariamente potranno essere degli interlocutori

 

Se capisco bene, (la tua formulazione linguistica non è del tutto trasparente), io risponderei che le persone o interessano o no (o non molto); quelle che ricadono in questa seconda categoria = le persone di cui tu dici che non necessariamente potranno essere degli interlocutori, espresione che trovo molto poco trasparente) io le lascio cadere, non mi interessano o non mi interessano molto, e quindi non trovo mai spazio per esse. C'è sempre qualche cosa che preferisco ad esse: lavoro, altri impegni, un altro amico, e infine me stesso.

 

tenendo presente che un interlocutore non è, e non può essere, un nostro "doppio", e che anzi non deve neanche esserlo, perché l'interlocuzione presuppone una dialettica, in cui noi cambiamo e siamo cambiati dall'interazione con gli altri e che l'interazione, lungi dall'essere un semplice scambio, un'osmosi, crea qualcosa di diverso, di nuovo, rispetto a ciò che esisteva prima.

 

Assolutamente vero. E sono precisazioni e considerazioni che andavano fatte.

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Anche la tua precedente argomentazione è un po' strana: possibile che i tuoi poliedrici interessi ti impediscano di trovare interlocutori?

 

è paradossale: cercherò di spiegarlo meglio, rimanendo sul generale e quindi forse non riuscendo a spiegarlo affatto

la poliedricità nel mio caso ha da un pezzo superato la fase "compartimenti stagni"

in realtà nei miei interlocutori cerco la trasversalità, ed è una qualità molto rara

cerco anche un'altra cosa: la capacità di saper davvero ascoltare e lasciare aperto uno spiraglio a diverse possibilità

e la capacità di saper pensare in termini sperimentali e di continuo superamento, a partire da quelle acquisizioni culturali che ciascuno di noi tende a difendere più gelosamente perchè costituiscono "titolo accademico"

quello che in genere ho trovato sono persone anche eccelse, ma spesso chiuse in una specializzazione e in pochi schemi mentali o conoscitivi: paradossalmente questo è uno dei motivi per cui mi sono allontanato dal mondo della scienza e mi sono maggiormente avvicinato a una cultura umanistica

la scienza oggi professa l'empirismo ma in realtà è diventato un terreno di fanatico integralismo dogmatico

 

aggiungo che per fortuna non esiste solo il confronto intellettuale: per me è sempre stato un aspetto privilegiato, ma apprezzo molto la compagnia di persone che hanno la capacità di "far star bene" e sanno gettare un senso di interesse e di bellezza in tutto ciò che fanno o dicono

 

Oppure conrad65 ha semplicemente esaurito le energie per cercare qualcuno con cui stabilire dei rapporti di condivisione perché lo ritiene impossibile o perché ha perso la fiducia.

 

 

impossibile no, certo difficile

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privateuniverse

Se capisco bene, (la tua formulazione linguistica non è del tutto trasparente), io risponderei che le persone o interessano o no (o non molto); quelle che ricadono in questa seconda categoria = le persone di cui tu dici che non necessariamente potranno essere degli interlocutori, espresione che trovo molto poco trasparente) io le lascio cadere, non mi interessano o non mi interessano molto, e quindi non trovo mai spazio per esse. C'è sempre qualche cosa che preferisco ad esse: lavoro, altri impegni, un altro amico, e infine me stesso.

 

In effetti intendevo dire che ti può anche interessare conoscere altri, ma se coloro verso i quali rivolgi il tuo interesse lo lasciano cadere, alla fine ti stufi di continuare a tentare. Tu puoi anche offire un'interlocuzione, ma non è affatto detto che agli altri interessi quel che offri.

Un rifiuto, due rifiuti, tre rifiuti, alla fine ti stufi; e a quel punto ti chiedi: ma ne vale la pena, di sacrificare la propria libertà (quel che faccio lo faccio solo perché voglio) a tentativi di non essere soli che si rivelano, in utlima analisi, vani?

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Certo che non ne vale la pena. Non so a quali situazioni specifiche tu ti riferisca, o a quali tipi di persone. Vecchi amici o conoscenti, che non dimostrano particolare interesse a coltivare un'amicizia, pur offrendo un rapporto formale? Amici pigri, disinteressati alle tematiche che tu puoi proporre? Persone appena conosciute, che non rispondono a un tuo tentativo di andare avanti e approfondire la conoscenza? In ogni caso, la risposta è sempre la stessa: ciao!

 

Ma il seguito della canzone per me sarebbe: mi cerco altrove persone adatte a me, che si interessino a me, faccio dei tentativi per cambiare un po' ambiente, per avere occasioni di incontrare più persone.

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Non più di 15 o 20 sedute di psicoterapia rigorosamente breve, da uno rigorosamente bravo, meglio un gay counselor se lo trovi, se no uno qualunque, centrate sul problema dell'autostima & connessi :-)

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è paradossale: cercherò di spiegarlo meglio, rimanendo sul generale e quindi forse non riuscendo a spiegarlo affatto

la poliedricità nel mio caso ha da un pezzo superato la fase "compartimenti stagni"

in realtà nei miei interlocutori cerco la trasversalità, ed è una qualità molto rara

cerco anche un'altra cosa: la capacità di saper davvero ascoltare e lasciare aperto uno spiraglio a diverse possibilità

e la capacità di saper pensare in termini sperimentali e di continuo superamento, a partire da quelle acquisizioni culturali che ciascuno di noi tende a difendere più gelosamente perchè costituiscono "titolo accademico"

quello che in genere ho trovato sono persone anche eccelse, ma spesso chiuse in una specializzazione e in pochi schemi mentali o conoscitivi: paradossalmente questo è uno dei motivi per cui mi sono allontanato dal mondo della scienza e mi sono maggiormente avvicinato a una cultura umanistica

la scienza oggi professa l'empirismo ma in realtà è diventato un terreno di fanatico integralismo dogmatico

 

aggiungo che per fortuna non esiste solo il confronto intellettuale: per me è sempre stato un aspetto privilegiato, ma apprezzo molto la compagnia di persone che hanno la capacità di "far star bene" e sanno gettare un senso di interesse e di bellezza in tutto ciò che fanno o dicono

 

 

ti capisco perfettamente.

dunque, è vero, ci siamo un po' allontanati da quello di cui volevo parlare ma comunque i vostri interventi mi interessano.

 

allora, tanto per iniziare, il fatto di avere molti interessi non significa che poi necessariamente si abbia molti amici, dipende anche dall'ambiente in cui vivi, dagli stimoli che ricevi. se vivi a roma avrai più modalità di conoscere persone con i tuoi interessi, se vivi in un paese di 6000 abitanti un po' meno.

Il punto è che tu puoi anche conoscere 2000 persone con i tuoi interessi ma non è detto che poi si diventi amici.

 

quindi poi si finisce per guardare o preferire altre cose, ma resta sempre una specie di frustrazione per il fatto di non poter condividere i tuoi interessi con qualcuno.

 

io rimpiango molto i miei anni vissuti a Perugia perchè avevo degli AMICI con cui condividevo i miei interessi e mi sentivo proprio completa, rimpiango molto di essermene andata e posso dire che quella era la mia vita ideale. Il senso di solitudine provata lì era solitudine affettiva, anche se ero fidanzata ma la mia ragazza era lontana.

 

a genova ho provato il massimo della solitudine in tutti i campi perchè ero totalmente sola ma comunque me l'ero cercata.

 

poi sono tornata qui e come dire, ora faccio una vita diversa, una vita di paese. Sono circondata da persone semplici, vere e sincere, persone buone. Dopo un anno infernale e depressivo passato a genova non mi sembra vero poter uscire e avere sempre qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere e prendere il caffè ma ogni tanto ho il senso di frustrazione di non poter condividere i miei interessi... così magari mi sfogo sul forum, su internet ecc. Alla lunga temo che questa condizione mi porti, come dire, a regredire culturalmente: se non parlo mai con nessuno di quello che ho studiato e di quello che so alla fine potrebbe succedere anche questo. E questo mi fa molta paura perchè io tengo molto alla cultura ma mi piace anche la condivisione.

 

Il discorso che facevo all'inizio era un altro, cioè mi chiedevo se una persona, a forza di voler seguire i propri ideali, i propri interessi e le proprie aspirazioni, non finisca per restare sola.

Io ad esempio ho sempre avuto problemi di coppia proprio per questo motivo: non trovo nessuno adatto a me e ogni volta che sono stata con qualcuno mi ci trovavo male perchè troppo diverso da me e puntualmente mi sentivo dire "sei un'egoista, pensi solo a te stessa, te ne vai di nuovo ecc ecc." Perciò mi chiedevo se io abbia pagato il mio desiderio di libertà con la solitudine.

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privateuniverse

Il discorso che facevo all'inizio era un altro, cioè mi chiedevo se una persona, a forza di voler seguire i propri ideali, i propri interessi e le proprie aspirazioni, non finisca per erestare sola.

Io ad esempio ho sempre avuto problemi di coppia proprio per questo motivo: non trovo nessuno adatto a me e ogni volta che sono stata con qualcuno mi ci trovavo male perchè troppo diverso da me e puntualmente mi sentivo dire "sei un'egoista, pensi solo a te stessa, te ne vai di nuovo ecc ecc." Perciò mi chiedevo se io abbia pagato il mio desiderio di libertà con la solitudine.

 

Direi proprio di sì.

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e come si fa in questi casi? io non posso essere diversa da come sono ma neanche voglio restare sola a vita.

cosa si fa in questi casi? ci si adatta forzatamente sperando di essere accettati al cento per cento?

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una compagna di classe di liceo, nel corso di una polemica sterile come tutte le polemiche, una volta disse: " [...] poi a un certo punto mi sono guardata intorno e ho capito che dovevo smussare il mio carattere per piacere a quei pochi a cui volevo piacere" e lo diceva da una che effettivamente aveva sempre riscosso molto successo come ragazza semplice e attaccabottone. certo si è molto introiata nel corso degli anni a venire, ma questo ancora non potevamo saperlo e non credo abbia nulla a che fare con il suo essere solare...

 

cmq è necessario fare una scelta. già nel momento in cui percepisci che c'è una perenne differenza tra te e quelli che ti circondano, tanto da farti chiedere dove stai sbagliando visto che non riesci a legare davvero con nessuno, intanto puoi chiederti se le persone che hai perso finora fossero davvero un grosso dispiacere o meno. puoi avere standard molto alti, al contrario di chi è sin troppo facilmente circondato di gente pur illudendosi di ritenere il contrario, o puoi livellarli a seconda della situazione, o puoi abbandonarli del tutto. ti ritrovi sola con i tuoi pensieri, e in fondo è un bene, perché la maggior parte della gente hai voglia anche solo a trovargli qualcosa in testa.

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io ho problemi più che altro a livello di coppia, a livello di amicizie e conoscenze non ho problemi, sono molto benvoluta, perchè più o meno riesco a parlare di tutto e lego con tutti, solo che in coppia sono più esigente, spesso mi dicono che sono egoista e infatti ho avuto sempre storie fallimentari. e allora sì che mi pongo qualche domanda...

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privateuniverse

Beh, se si ripresentano sempre gli stessi problemi, evidentemente qualcosa su cui intervenire c'è, e probabilmente devi essere più disponibile ad accettare dei compromessi (parlo in generale, non so quali problemi specifici abbia avuto tu e di certo non posso considerarmi esperto di relazioni).

 

A me sono successe cose in parte simili, in parte diverse, nel senso che, con i miei amici, mi è sembrato che si stabilisse spesso un rapporto di tipo unilaterale, per cui ero generalmente io quello che chiamava, che si muoveva per andarli a trovare ma, nel momento in cui smettevo di farlo, non è che loro mi cercassero o facessero un qualche sforzo per mantenere i rapporti con me, Inoltre, nel complesso, ero sempre io quello che doveva venire incontro alle loro esigenze; mentre, magari, quando ero io che cercavo qualcuno che mi spalleggiasse, proponendo cose che m'interessavano e che pensavo/speravo potessero essere anche di loro interesse, mi ritrovavo quasi sempre da solo. Per esempio, se si trattava di fare delle vacanze insieme, non mi veniva mai detto "che facciamo quest'estate?", ma piuttosto "noi quest'estate facciamo questo, vieni pure tu?"; e, anche se una o due volte cedevo, non è che la terza avevo successo nel proporre io qualcosa che potesse interessare anche a loro. Quando mi sono accorto che questo mi costringeva a rinunciare sistematicamente alla possibilità di condividere con loro qualcosa che piacesse anche a me, ho cominciato a fare programmi da solo; così, per esempio, alla fine sono andato a Praga per conto mio senza più neanche chiederglielo (e quando mi hanno chiesto se andavo con loro alle Tremiti mi hanno trovato, con loro grande sorpresa, già al binario ad aspettare il treno).

 

Quindi, per metterla su un piano proprio banale, a un certo punto ho dovuto scegliere se fare, da solo, quel che mi piaceva, o continuare a fare con altri quel che a me non interessava, e a quel punto ho preferito smettere di continuare a fare con loro cose che non m'interessavano e di fare quel che mi piaceva, anche se da solo.

 

A differenza di te, io sarei stato disposto a scendere a compromessi, e credo di aver accettato dei compromessi pur di stare con le persone che mi piacevano; quando però mi sono reso conto che lalla fine ero sempre e soltanto io quello che era disposto a pagare questo prezzo ero io, ho deciso di smettere.

 

Di conseguenza, ormai faccio solo quel che m'interessa, con altri se ci stanno, altrimenti da solo (per esempio, la settimana dopo la prossima me ne vado a Venezia per qualche giorno, perché se per farlo aspetto che qualcun altro sia disposto ad aggregarsi rischio di non riuscire a farlo mai).

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privateuniverse

Credo che la pretesa di difendere i propri spazi sia uno degli impedimenti maggiori nella vita affettiva; talmente grande che né la disponibilità a concedere spazi altrettanto ampi, né il desiderio di conoscere qualcuno sono percepiti, dalle controparti, come sufficienti a compensarne l'effetto assolutamente devastante. E' un atteggiamento che finisce per intimidire, smontare e dissuadere i potenziali interessati perché si sentono come se dovessero scavalcare una palizzata alta dieci metri.

 

I miei genitori erano persone che, da questo punto di vista, erano complementari, perché nessuno dei due aspirava a controllare l'altro, né ad esserne controllato (ma l'intimità e la vicinanza emotiva tra loro ne hanno sofferto); credo siano stati molto fortunati a essersi incontrati, conosciuti e piaciuti, ma penso che fortune del genere capitino raramente.

 

Anche per questo motivo penso che, in definitiva, sia vero che la ricerca della libertà porti alla solitudine, in un senso molto più profondo di quello che comunemente si possa pensare ("se pretendo la libertà di stare, e di mettermi, con chi mi pare, devo rinunciare ad avere una relazione stabile, e viceversa"). L'innamoramento non è un contratto preliminare: un potenziale innamorat* che si trovi davanti una persona preoccupata di difendere la propria libertà si sente scoraggiato e molla subito la presa.

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L'innamoramento non è un contratto preliminare: un potenziale innamorat* che si trovi davanti una persona preoccupata di difendere la propria libertà si sente scoraggiato e molla subito la presa.

 

Ho sempre pensato che fosse la dipendenza emotiva a scoraggiare davvero.

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secondo me dipende con chi hai a che fare: un tipo amante della libertà come @@purospirito sarebbe spaventato dalla dipendenza emotiva e scapperebbe via a gambe levate mentre un tipo come @@Azthok al contrario fuggirebbe di fronte a una persona come purospirito perchè da come scrive sembra che prediliga i rapporti vincolanti.

 

forse io attiro le persone sbagliate ma se le attiro ci sarà un motivo...

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  • 4 months later...

Forse questo video potrebbe essere da spunto per risolvere il problema :-)

 

 

Forse se tutti partecipassimo ai rapporti e alle relazioni forse ci sentiremo liberi e non soli al tempo stesso :)

Edited by sugar85
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privateuniverse

L'idea di relazione interpersonale che ha la maggior parte delle persone non è di qualcosa cui si "partecipa", in due o in più di due; ma è di qualcosa che "serve" agli individui per raggiungere i propri scopi.

Il che è uno dei motivi per cui la libertà si paga, spesso, con la solitudine.

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