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Il Lupo


purospirito

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purospirito

Il sole fece capolino dai monti che sovrastavano la foresta a sud isolandola dal villaggio nella vallata. Quella mattina era tiepida e lasciava ben sperare in una calda e assolata giornata primaverile. L’odore dell’erba ancora bagnata dalla rugiada era inteso e pregnante tutto intorno, la rifioritura del bosco donava a quel luogo un’immagine amena, incantata. E come entrando in un tempio il cacciatore solitario varcava a piedi nudi la soglia, sapendo dove mettere i piedi per non calpestare i germogli freschi o spezzare i ramoscelli secchi e causare la fuga delle sue prede.

Il suo corpo era slanciato e robusto per un ragazzo della sua età, ben sviluppato dal pensate lavoro al mantice e al martello. Viveva da tempo in quel luogo e ormai conosceva la foresta come le sue tasche; sapeva dove i daini andavano ad abbeverarsi, dove i lupi avevano la loro tana e dove facevano il nido i corvi... quell’interminabile colonnato di alberi e arbusti non aveva più segreti per lui. Camminò lento studiando le tracce che il terreno gli rivelava, le impronte a cuneo dei daini mostravano che un grosso maschio era passato di li nella notte, inseguito a gran foga dal branco di lupi. Lui fiutò il terreno, si appiattì al suolo, si guardò intorno e con un balzo prese a correre in direzione della preda. Le felci gli vennero incontro inebriandolo della spuma fresca, i suoi piedi erano rapidi e leggeri, tutto il suo corpo armonico, era teso nel movimento ciclico. Non un passo falso, non un piede in fallo, evitava le radici con maestria, scostandosi di lato, come se fosse la cosa più naturale del mondo, a poco a poco inizio ad acuire la vista, i suoi occhi color oro riuscivano a vedere nel fitto del bosco; la sua percezione si amplificò, i colori e i profumi esplosero in un caleidoscopio che tutto avvolse. Si ritrovò a correre su tutti e quattro gli arti, coordinando i fluidi movimenti, gli arti opposti si muovevano sincroni. Sentì il vento accarezzargli la pelle ma una strana sensazione gli fece drizzare i peli sulla schiena, che lo rivestivano e li sentiva muovere al ritmo della corsa. A desta e a sinistra poteva percepire i segni lasciati dal branco di lupi passato di lì, sentiva lo scoiattolo uscire dalla sua tana, e rosicchiare le ghiande per terra, era in sintonia con il battito d’ali di una poiana, ne ascoltava la cadenza... L’odore dell’erba si mischiava al sentore di carne, la preda doveva essere vicina, i suoi sensi l’avvertivano, e sapeva che non era solo.

Qualche ramo spezzato mostrava i segni del combattimento, artigli e corna avevano lasciato i loro segni, segni inconfondibili, così familiari... adagio arrivò ad una piccola radura tra gli alberi, la luce del sole filtrava dall’alto delle cime frondose, e illuminava la scena dove la vittima sacrificale giaceva riversa al suolo con il ventre squartato. Il sangue aveva inzuppato tutto il terreno circostante e dagli alberi giunse il gracchiare di alcuni corvi... Intorno alla preda i cacciatori riposavano alla calura sazi della loro caccia. Il nuovo arrivato fu accolto con indifferenza. Lentamente si avvicinò al suo pasto, guardandosi intorno, da un momento all’altro un lupo avrebbe potuto attaccarlo, ma ormai quei lupi erano abituati alla sua presenza... Respirò a pieni polmoni l’odore di quella carne ancora calda, e immerse tutto il muso nel suo ventre, vorace e famelico ne strappò alcuni pezzi con i denti e con le zampe, assaporando fino in fondo quel gusto vivo, tanto da leccarsi i baffi. Si cibò e si accoccolò insieme agli altri. Passata la piena calura il branco si rimise in marcia, seguito da un nuovo membro, che teneva il passo, che correva e saltava gli ostacoli, marcando il territorio come faceva il capobranco... Lì nel cuore della foresta, sotto il sole di maggio, correndo con esseri simili a lui, cacciando come un vero predatore, in quel corpo forte ed agile, era a suo agio, al riparo dei pericoli e dalle vicissitudini... Fu sera quando salì sulla collinetta ad osservare la foresta a suoi piedi, tronfio di gioia rivolse al cielo il suo sguardo... La foresta è la mia casa... E ululò alla luna.

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Silverselfer

Mi è piaciuto un casino.ok.gif

 

Però ho capito subito che si trattava di una metamorfosi, ancora prima mi hai proiettato una visione mentale del maniscalco, che mi ha ricordato il villaggio di "Cappuccetto Rosso Sangue".

 

Poi c'è da dire che anch'io mi sono cimentato in una metamorfosi simile, sempre da uomo a lupo, in un romanzo gotico che non ho mai terminato, il mio lupo però era quello bianco, il Mana garmr, il lupo della foresta di ferro di Midgard, quello che ingoia il sole (o la luna? manco me lo ricordo più). Però la tua metamorfosi in forma di racconto è più focalizzata sui sensi e devo dire condita anche con un pizzico di compiacimento sensuale in più.

 

Insomma, io non è che regalo i complimenti o ne faccia per formalità. Ti dico che è bello solo dopo averlo spulciato per bene. Magari solo un appuntino sulle similitudini, dovresti esprimerle con maggiore chiarezza. La spuma delle felci ad esempio, qualcuno potrebbe eccepire che la spuma non è propria delle piante; certo che è chiaro ti riferissi alla rugiada sulle foglie, ma è un'inezia giusto per dire.

 

ora che ho letto del lupo, chissà cosa dovrò aspettarmi per il gatto neropaaaaura.gif

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