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Rapporto con la femminilità


Virginiaxoxo

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Se dici che l'identità di genere è una costruzione sociale

arriverai facilmente in conflitto con i transessuali.

Tutto dipende - ovviamente - da come gliela racconterai

o da come sia già giunta alle loro orecchie la sua volgarizzazione.

La cosa che conta è che possiamo anche essere infastiditi

dal concetto di virilità del maschio biologico;

ma se dici a un trans che "la virilità è un costrutto sociale",

lui ti ribadirà invece che si tratta invece di una condizione innata.

 

Se neghi il valore assoluto dell'identità di genere

neghi tutti l'esperienza della transessualità

e questo è solo uno degli spigoli contro cui si va a sbattere.

 

E' facile oggi trovare una nuova transfobia nelle radical-chic,

che ti diranno che le transessuali si adeguano più delle donne

a un'immagine della donna-oggetto, a una sua forma puttanesca

filtrata pesantemente dall'immaginario maschile.

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orodeglistupidi

No, non si consuma conflitto tra l'idea di genere come costruzione sociale e l'esperienza transgender, poiché tale idea nega non il valore dell'identità di genere, bensì il valore del binarismo di genere.

 

Le persone transgender che abbracciano il transgenderismo come condizione pienamente degna non sostengono il binarismo di genere e ripudiano l'esistenza di "condizioni innate".

 

Quelle cui tu ti riferisci sono persone transgender transfobiche, che percepiscono il proprio transgenderismo come una mortificazione, un ostacolo insopportabile, una pura e semplice patologia.

 

Queste persone non sono disposte a scorgere nel genere un costrutto sociale perché, avendo interiorizzato la pressione transfobica della società, sentono di doversi salvare da se stesse annullandosi in un altro stereotipo di genere, quello opposto al loro sesso biologico.

 

Scrive Monica Romano, attivista transgender:

 

Queste spesso evitano qualsiasi contatto con altre persone transgender, vivono l’iter come un percorso di “riassegnazione” al “sesso giusto”, ricercano l’assoluta indistinguibilità estetica ma anche culturale con le persone del sesso di elezione, negando anche solo l’idea di un’identità differente e spesso giungono all’intervento di “riassegnazione finale” sui genitali per poi vivere una vita che nega uno scomodo “passato”.

 

La cosa più stupida che possiamo fare è trovare nel transgenderismo una giustificazione al binarismo di genere o, peggio, una lusinga allo stereotipo di genere cui siamo aggrappati.

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Hinzelmann

Io tutto questo fastidio in giro per la virilità

del maschio biologico non lo vedo...

 

Su questo forum c'era Fleur, che aveva un suo

percorso personale fondato sull'ideale di bellezza

androgina ( badate bene: ideale di bellezza non

femminilizzazione...quelle sono le "bischerate" di

gay it, ma non ci si può schiacciare su quel livello )

che ogni tanto contrastava coi 3/4 del forum ( ossessionato

dalla costruzione maschile )e incidentalmente stiamo parlando

di una persona che pubblicamente parlava di problemi di anoressia ( in

cui quindi l'ideale è un tema centrale in termini psicologici )

 

Lo avete fatto a brandelli...schiacciandolo in una

percezione che secondo me non gli corrispondeva :rolleyes:

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Aspetta Orodeglistupidi;

usiamo dei termini convenzionali?

"Transgender" quando non si vuole la riassegnazione chirurgica

e non si cerca una diagnosi di DIG (distrurbo di identità di genere)

e "transessuale" quando la diagnosi c'è e ci si vuole operare.

 

Le opinioni sono tre:

1) I generi sono due e basta (il punto di vista reazionario)

2) I generi sono più di due (la "normale" posizione GLBT)

3) La definizione di "genere" è sbagliata. (la "queer theory")

 

Una persona transessuale può avere solo le prime due posizioni.

Nel primo caso vorrà "sparire come trans" ed essere "solo donna"

e nel secondo caso non rinnegherà il suo passato

(e spesso manterrà gli amici e i contatti con l'ambiente).

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Hinzelmann

Non tutti i transessuali vogliono la riassegnazione chirurgica,

molti rivendicano il diritto alla propria identità di genere senza

dover arrivare al cambiamento di sesso e rispetto a questa seconda

scelta-possibilità la teoria queer dice la sua ( come rispetto ad

ogni scarto rispetto al sistema binario : trans, trav, androgini etc )

 

La trans-sessualità come transitorietà può tranquillamente convivere

con un approccio anti-essenzialista, cosa c'è di meno obbligatorio e

normativo e più potenzialmente liberatorio in chiave queer, della scelta

di stare nel mezzo?

 

Che poi vi siano dei transgender che sono infastiditi dai transessuali

e ingaggiano discussioni sul DIG è un altro discorso. E' chiaro che ciò

che un transgender e un transessuale possono condividere è la transizione

come orizzonte utopico.

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La tua primitiva tesi era questa:

 

 

La teoria queer - per quanto riguarda la "questione di genere" -

è nemica dell'esperienza del transessualismo.

 

 

e ti ho dimostrato perché è falsa.

 

 

Ora sostieni la tesi contraria, ovvero che sono i transessuali ad essere

nemici della Queer Theory, che non la possono accettare né comprendere:

 

Se dici che l'identità di genere è una costruzione sociale

arriverai facilmente in conflitto con i transessuali.

Tutto dipende - ovviamente - da come gliela racconterai

o da come sia già giunta alle loro orecchie la sua volgarizzazione.

La cosa che conta è che possiamo anche essere infastiditi

dal concetto di virilità del maschio biologico;

ma se dici a un trans che "la virilità è un costrutto sociale",

lui ti ribadirà invece che si tratta invece di una condizione innata.

 

Se neghi il valore assoluto dell'identità di genere

neghi tutti l'esperienza della transessualità

e questo è solo uno degli spigoli contro cui si va a sbattere.

 

 

Ma anche questo è falso. È come dire che MtF e FtM, in quanto aspirano alla loro ricongiunzione

in una piana identità di genere, sono incapaci di operare una critica e una decostruzione della

formazione storico-culturale che sottende ciascuna identità di genere.

 

La QTh, poi, non sostiene che l'identità di genere è esclusivamente "una costruzione sociale".

 

Infine, è vero esattamente il contrario di quanto tu pensi. È perché è esistita la QTh, è perché la

QTh ha permesso una almeno parziale storicizzazione delle identità sessuali, una loro immersione nel fiume

del tempo e della Storia, che tali identità di genere sono divenute più mobili, sono pensate come non più

fisse e (esclusivo) dato di natura.

 

E quindi la QTh è, al contrario, amica del transessualismo, quale che sia la forma in cui esso si esprima o

scelga di determinarsi.

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Non tutti i transessuali vogliono la riassegnazione chirurgica,

molti rivendicano il diritto alla propria identità di genere senza

dover arrivare al cambiamento di sesso e rispetto a questa seconda

scelta-possibilità la teoria queer dice la sua ( come rispetto ad

ogni scarto rispetto al sistema binario : trans, trav, androgini etc )

 

Sì, dice la sua SOLO se vuoi stare nel mezzo

e "stare nel mezzo" non è la condizione tipica delle trans;

lo è soltanto nell'immaginario degli etero in cerca della "donna col pene"

che - generalemnte - è un immaginario piuttosto immaturo e reazionario.

 

La tua primitiva tesi era questa:

 

Visualizza messaggioAlmadel, su 15 maggio 2011 - 20:55 , dicono:

 

La teoria queer - per quanto riguarda la "questione di genere" -

è nemica dell'esperienza del transessualismo.

 

 

 

e ti ho dimostrato perché è falsa.

 

A dire il vero mi hai detto solo che è falsa...

Una dimostrazione pretenderebbe due righe in più

rispetto a

Tutti, gay, lesbiche, trans, ma anche etero, possono servirsene,

e se ne sono serviti.

 

Gradirei una citazione di una trans transizionata chirurgicamente

che mi dicesse che "i generi sono solo una costruzione sociale"

e poi ripartirò volentieri da quel commento citato.

 

Infine, è vero esattamente il contrario di quanto tu pensi. È perché è esistita la QTh, è perché la

QTh ha permesso una almeno parziale storicizzazione delle identità sessuali, una loro immersione nel fiume

del tempo e della Storia, che tali identità di genere sono divenute più mobili, sono pensate come non più

fisse e (esclusivo) dato di natura.

 

Io amo essere smentito.

Io con la storicizzazione della transessualità

(l'esperienza delle hijira, dei Galli di Cibele

e via discorrendo) posso solo dimostrare che il transessualismo

è un valore assoluto perché assoluti sono i ruoli di genere:

a prescindere dalla cultura e dai tempi,

sempre identici nelle dinamiche perché medesime sono le pulsini-

Io non vedo mobilità ma fissazione e accettazione

di un complesso di dinamiche noto fino dalla sciamanesimo.

Sii molto preciso (e molto semplice, di modo che tutti ti seguano).

 

Che poi vi siano dei transgender che sono infastiditi dai transessuali

e ingaggiano discussioni sul DIG è un altro discorso. E' chiaro che ciò

che un transgender e un transessuale possono condividere è la transizione

come orizzonte utopico.

 

Ma io parlavo del contrario!

Io parlavo dei transgender e dei foucaultiani

infastiditi dal transessualismo;

perché quest'ultimo è una rinuncia alla mobilità

e una ricerca di una nuova fissazione di genere!

Puoi spiegarmi quale parte del mio discorso

genera delle incomprensioni o cosa io non ho compiutamente compreso?

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orodeglistupidi

Gradirei una citazione di una trans transizionata chirurgicamente

 

Beh, non stupisce che le MtF ti tengano alla larga, visto il tuo atteggiamento. :)

 

 

La distinzione "convenzionale" che operi tra transgender e transessuale non mi sembra granché quotata tra le persone trans, anzi, mi pare decisamente combattuta, tanto più che finisce per creare trans di serie A e trans di serie B.

 

Il termine "transessuale", poi, viene in genere denunciato come incorretto, visto che il sesso è una condizione genetica immutabile, mentre è il genere che si apre alla transizione.

 

Inoltre, per evitare i fraintendimenti che il dibattito su un tema tanto complesso tende a creare (come mi sembra siano emersi anche qui), si è solit* distinguere tra genere (che può definirsi o meno in senso binario) e ruolo di genere (che è ineludibilmente binario).

 

Di fronte a tale distinzione, questa affermazione

 

Io parlavo dei transgender e dei foucaultiani

infastiditi dal transessualismo;

perché quest'ultimo è una rinuncia alla mobilità

e una ricerca di una nuova fissazione di genere!

 

non sembra centrare la questione. Si contesta non la fissità del genere, bensì la fissità del ruolo di genere, soprattutto quando incancrenisce in uno stereotipo di genere.

 

Il ruolo di genere è il vero prodotto culturale messo in discussione dal transgenderismo, e prima di proclamare che

 

assoluti sono i ruoli di genere:

a prescindere dalla cultura e dai tempi,

sempre identici nelle dinamiche perché medesime sono le pulsini

 

dovresti verificare che non ti sia sfuggito qualche studio in proposito che dimostra l'esatto contrario (i lavori della Mead, ad esempio).

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Sii molto preciso (e molto semplice, di modo che tutti ti seguano).

 

 

Almadel, mi sbaglierò, ma la sensazione che ho è che tu parli di qualcosa che non conosci.

Tu non fai affermazioni «tratte» dalla Queer Theory, né citi autori o autrici o opere che avvalorino

le idee che hai in testa sulle MtF, tu semplicemente fai affermazioni «sulla» QTh, ma senza giustificarle.

 

A parte questo, sarò «semplice e preciso» e torno alla tua affermazione che la QTh è nemica

del transessualismo, e alla mia replica che questo non è affatto vero. Un assioma della teoria queer è

quello della transitività dei generi, da cui segue la possibilità di mettere in discussione la stabilità

dell'identità e delle politiche ad essa legate (tutto il potere della normazione, che passa attraverso

genitori e parenti, casa, scuola, modelli, abitudini e abitudine psicologica, eccetera), e addirittura

di affermare che le identità sono non-fisse, e non possono essere categorizzate. Ebbene,

la QTh offre qui la giustificazione teorica, psicologica e culturale della transizione.

 

Altro tema caratteristico della QTh è che un singolo aspetto di una persona non può in alcun modo

definirla, e questo vale anche per la determinazione biologico-sessuale, che, per quanto naturalisticamente

e ingenuamente appaia come un «dato» oggettivo, come «fatto di natura», è sempre un precipitato di storia

che precede e contrassegna quella identità, non solo nella persona, ma anche nei gruppi che la tramandano

e la riconoscono. La QTh sostiene che per reperire la determinazione della propria più o meno instabile

identità occorre spogliare la costruzione sessuale di tutti questi aspetti aggiuntivi, sociali, culturali, politici,

che la precedono e le si affestellano sopra. È il decostruzionismo. E questo è la giustificazione di

quel rovesciamento delle identità date che è, poniamo, la percezione della propria autentica identità di genere,

quella verso la quale si vuole andare, con la quale ci si vuole ricongiungere, che può essere propria ad es. di un FtM.

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La QTh sostiene che per reperire la determinazione della propria più o meno instabile

identità occorre spogliare la costruzione sessuale di tutti questi aspetti aggiuntivi, sociali, culturali, politici,

che la precedono e le si affestellano sopra,

 

1) Il mio pregiudizio è che sotto questo "affastellamento"

sembra non esserci nulla e che appaia quindi inutile

compiere una transizione tra due "identità vuote":

come se la decostruzione del ruolo bastasse a sé stessa.

 

Quando Orodeglistudipi chiedeva "cosa è il maschile e cosa il femminile?"

la risposta che mi sembrava desse per scontata è "in essenza, nulla".

E se non vi è nulla di essenziale nel Genere e se l'Identità è fluida

a cosa pensa una transessuale che si dice "donna"?

 

E questo è la giustificazione di

quel rovesciamento delle identità date che è, poniamo, la percezione della propria autentica identità di genere,

quella verso la quale si vuole andare, con la quale ci si vuole ricongiungere, che può essere propria ad es. di un FtM

 

2) Vedi? Mi stai confondendo :)

Per quale motivo il decostruzionismo

sembra applicarsi solo nel rovesciamento?

Non riesco a cogliere questo passaggio.

Perché ho l'impressione che un maschio eterosessuale

non possa - spogliata l'identità maschile

di tutti questi aspetti aggiuntivi, sociali, culturali, politici
-

trovare ciò che trova un FTM e -come lui - aderirvi, accettarla, riappropriarsene nuda?

 

Io credo - ed è forse un mio ulteriore pregiudizio -

che insistiate sul "rovesciamento" per paura

che - spogliato il Maschile dalla socialità, dalla cultura e dalla politica -

troverete la Bestia: il gorilla poligamo e possessivo

e lo scimpanzè che uccide la prole del rivale...

E che l'unica "incrostazione" sociale e culturale che volete rimuovere

è quella sotto la cui scorza c'è un'identità femminile o almeno ingentilita

e l'unica vera identità maschile che volete celebrare ha una biologia femminile.

 

Non ho infatti capito per quale motivo - in fondo alla vostra decostruzione -

vi aspettiate di trovare un Angelo e non una Bestia.

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Hinzelmann

In termini giuridici si direbbe che tu desideri uno Status,

non so se in termini filosofici si possa dire Ontologico.

 

Il decostruzionismo non è rovesciamento, anzi per certi versi

critica il mero rovesciamento ( credo soprattutto in un certo

femminismo...chiaramente è un aspetto che conosco meno )

 

Sei tu Almadel che mi pare ti muovi nell'ambito di un discorso

costruito tutto sull'idea di "rovesciamenti", come se l'unico

discorso possibile potesse consistere nell'arrovesciare.

 

Forse perchè è l'unico modo per trovare-afferrare una soggettività, una

identità?

 

Il discorso è un po' complicato, potrei aver afferrato quel senso

di diffidenza profonda che la Qth produce in Italia e che io credo

Almadel rifletta in modo autentico ( ovviamente almadel contro la Qth.

è una lotta impari...sul piano della validità delle argomentazioni

siamo a Ercole contro Maciste nella valle dei Guai, quindi bisogna

capire perchè il discorso prende una certa forma, che potrebbe riflettere

i motivi profondi della cattiva ricezione italiana della Qth. )

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Sei tu Almadel che mi pare ti muovi nell'ambito di un discorso

costruito tutto sull'idea di "rovesciamenti", come se l'unico

discorso possibile potesse consistere nell'arrovesciare.

 

E questo è la giustificazione di

quel rovesciamento delle identità date che è, poniamo, la percezione della propria autentica identità di genere,

quella verso la quale si vuole andare, con la quale ci si vuole ricongiungere, che può essere propria ad es. di un FtM.

 

Ci credo che in Italia non viene recepita :)

 

Ti autorizzo a prendermi come paradigma

del tipico gay italiano che non ci capisce una mazza, ok?

Vado a una conferenza, mi sembra di aver capito tutto;

chiedo se ho capito e mi rispondono che ho capito;

sollevo un'obiezione e mi dicono di leggere un libro...

Ma - cavoli - non ho letto neanche Hegel o Kant,

ma mi pare che siano riusciti a spiegarmeli in modo coerente!

Forse perchè è l'unico modo per trovare-afferrare una soggettività, una

identità?

 

Senti, facciamo che non me ne importa nulla

né di definirmi maschio né di definirmi gay, ok?

Concentriamoci a farmi capire la sostanza della teoria.

 

Il Maschile e il Femminile sono solo delle costruzioni, dei dispositivi

o sono anche essenzialmente qualcosa?

E cosa sarebbero oltre ai ruoli di genere imposti dalla società?

 

Perché quando ho chiesto al mio vicino di casa

(metà dei miei amici si sono laureati su Foucault :))

mi ha risposto che la mia è la tipica critica essenzialista del Femminismo;

mentre se ne parlo con voi sembra che intendiate sempre qualcos'altro...

 

Questo non aiuta la ricezione della Queer Theory.

Si può non girarci intorno?

 

Quando discutemmo del fatto che l'identità gay

fosse solo un costrutto sociale finalizzato al controllo

attraverso la classificazione dell'identità;

ti dissi che era il classico discorso da gay irrisolto ma colto

che traduceva così la diffusa argomentazione dell'odio per le "etichette".

Tu mi rispondesti che ciò era dovuto "alla cattiva ricezione della Queer Theory in Italia"

Ah bene, grandioso! E allora cosa sarebbe per la Queer Theory l'identità gay?

Perchè quando chiedo a un'esperto se la mia definizione sia giusta, mi dice di sì;

ma quando poi oso sollevare una critica ci ripensa e mi dice che ho capito male...

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Hinzelmann

Se ti dicono che devi leggere i libri - anche io te lo dico

da anni - è perchè evidentemente potrebbe essere necessario

leggerli ( mica è una orrenda punizione leggere dei libri,

è vero che molti di essi sono stati tradotti in Italiano con

10-15 anni di ritardo ma ora dovrebbero essere reperibili :sorriso: )

 

Tu hai credenziali sul piano della militanza incontestabili, a maggior

ragione non guasterebbe concedere uno spazio anche culturale e di riflessione

etc. Anche io quando esco da un Convegno credo di aver capito tutto e poi mi

saltan fuori i dubbi etc. ( non è strano, è normale... :sorriso: ) poi vado a

casa e trovo dei libri ( che servono a soddisfare l'esigenza di una riflessione

ulteriore, a volte occorre pure tornarci sopra, rileggerli, sottolineare con

la matita certi passaggi, fare delle orecchie alle pagine...il risultato è che

i libri si consumano, pace...vuol dire che servono no? )

 

Sul fatto che tu sia un Essenzialista non ci sono dubbi.

 

Tu prendi una singola frase di Isher, il quale ( credo...eventualmente

lui mi correggerà, perchè certamente non stiamo a parlare di cose facili )

cerca di dimostrarti che anche in un caso ( il suo "poniamo" ) in cui la

percezione della propria identità di genere sia un "rovesciamento", la teoria

conserva validità ( perchè il decostruzionismo giustifica la possibilità anche di

questo discorso )

 

E' importante che una teoria possa servire a tutti no? Credo sia questo ciò

che Isher voleva dirti, io lo capisco così se non ho capito male...

 

Ti attacchi come una cozza allo scoglio, alla parola "rovesciamento"

ed io a questo punto ti decostruisco...il non detto del tuo discorso,

è noto che mi piace Derrida, quindi mi pare il minimo :sorriso:

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2) Vedi? Mi stai confondendo :)

Per quale motivo il decostruzionismo

sembra applicarsi solo nel rovesciamento?

 

Ti lasci confondere facilmente, ma altrettanto facilmente cerchi tu di confondere gli altri,

solo che con me non ci riesci :sorriso:

 

Non è affatto vero che il decostruzionismo

si applica solo nel rovesciamento, o sofista, né io l'ho detto.

 

Io sto discutendo la tua affermazione che la teoria queer è nemica del transessualismo,

e, per rispondere alla tua richiesta di scrivere qualche riga in più rispetto a quanto avevo

già detto circa il fatto che questa affermazione è infondata, anzi è vera la contraria,

ti ho fatto l'esempio di due motivi fondamentali della teoria che possono dare una

giustificazione culturale, psicologica anche, a due eventi fondamentali del transessualismo

stesso, la transizione, e prima ancora la percezione e identificazione della propria identità

di genere e quindi sessuale.

 

La teoria queer si applica (nel senso che è stata creata, inventata, scritta) a tutti coloro che

se ne fanno carico. Gli etero se ne fanno carico? Non lo so. Forse però anche qualcuno di loro,

anche se, supporrei, non nel dominio della sessualità, ma in altri ambiti, con altre estensioni.

 

La ThQ è per definizione una teoria aperta. A parte Foucault, che ne ha gettato i motivi ispiratori,

le più grandi teoriche della teoria sono state donne e lesbiche. Ed è certo che l'aspetto della

decostruzione procede parallelamente a quello della costruzione.

 

Per citare il caso più noto, emblematico, e a modo suo geniale: la costruzione del corpo

lesbico.

 

Monique Wittig affermava di non essere, lei, una «donna» (perché dava a «donna» il

significato diciamo storico-culturale-psicologico che questa identità ha asunto nelle società e

nei gruppi nel corso del tempo). Per lei la lesbica non era una «donna», e questo implica

evidentemente la ricostruzione (la «lesbica») insieme alla decostruzione, e anzi i due

momenti vanno di pari passo, e, se sono convincenti, il primo genera o almeno pone

le basi del secondo. E lei lo ha dimostrato con la sua stessa vita.

 

Anche Foucault, giusta o sbagliata che sia la sua tesi, ha trovato una data di nascita

dell'«omosessuale», prima del quale esso non esisteva.

 

Esistevano altre figure, ovvero altri fasci di relazioni, unificati in questa o quella forma: siamo

in pieno eraclitismo, per dirla allusivamente e stenograficamente. Si ritorna al tema del variare

delle identità, - e certamente quello della variazione delle identità è un tema principe del

transessualismo, anche se non ne è il solo -, per cui questa teoria non solo non ha quella fissazione

che qualche post fà tu volevi attribuirle, ma è piuttosto la celebrazione della mobilità.

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Sì: ma come si può pretendere che una teoria

venga "recepita bene" da un Movimento, se è così esoterica

da poter essere accettata o contestata solo da alcuni?

E parliamo di libri spesso impermeabili

a un lettore sprovvisto di una cultura specialistica...

 

Il Collettivo di Filosofia di Padova "Il corpo della differenza"

di cui fa parte anche Schopy è talmente poco incline

al ruolo di mediatore culturale della Queer Theory

da essere stato soprannominato "Il corpo della diffidenza" :)

 

La sapete spiegare questa Queer Theory oppure no?

Me ne parlano da quindici anni e non mi ha mai convinto;

dopo venti righe di dispensa universitaria sull'argomento

rimanevo sconvolto da come un concetto così naif

potesse essere condito da una prosa tanto fumosa

e quando chiedo lumi agli esperti mi rispondono col name-dropping

(che è la versione demente dell'ipse dixit; non serve neppure

citare le parole di Tizio, ormai basta citare il nome di Tizio)

 

Tralasciamo il "rovesciamento", allora?

Non metto in dubbio che sia valida se sei un "genderqueer"...;

ma prima sei un genderqueer e dopo abbracci una teoria che spiega quello che sei

e che mette in rilievo come la tua identità di genere venga condizionata

dalle aspettative della Chiesa, della Società e della Famiglia.

Questo però è vero per tutti, se non mi sbaglio.

 

Peccato però che funzioni solo in chiave femminista,

decostruendo il ruolo di "moglie e madre"

e non funzioni con l'identità maschile, la cui civilizzazione

coincide con la nostra stessa idea di Civiltà.

Cosa diavolo andiamo a trovare sotto l'identità maschile?

Perché volete convincermi che ci troveremo un genderqueer?

Forse una donna struccata e pelosa vi sembrerà mascolina (a me no);

ma di certo a me un maschio sporco e peloso non mi sembra femminile.

 

I padri ci vogliono responsabili e prestanti, le madri educati e puliti;

ma se decostruisco questi condizionamenti sarò "più maschio" e non meno

(pigro, irresponsabile, sporco e volgare...)

Anche senza immaginare una logica speculare,a me pare ovvio.

 

Direi che "essenzialismo" descrive bene la mia critica...

prima di inviare ho letto la questione della Wittig;

ma risponderò in un'altra occasione...

(ritornando sul discorso del transessualismo, dove è forte il discorso di isher)

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orodeglistupidi

I padri ci vogliono responsabili e prestanti, le madri educati e puliti;

ma se decostruisco questi condizionamenti sarò "più maschio" e non meno

(pigro, irresponsabile, sporco e volgare...)

Anche senza immaginare una logica speculare,a me pare ovvio.

 

Ti pare ovvio perché tu metti insieme quattro caratteristiche (la pigrizia, l'irresponsabilità, la sporcizia e la volgarità) e dai a questo insieme il nome di maschio, ma questo è già frutto di un condizionamento culturale.

 

Se decostruisci gli stessi condizionamenti per una figlia femmina, anche in lei emergerà l'insieme core che tu chiami maschio: sarà pigra, irresponsabile, sporca e volgare.

 

Il punto è che una persona identificata dai genitori come maschio viene probabilmente lasciata più libera di comportarsi in modo pigro, irresponsabile, sporco e volgare; al contrario, la persona identificata dai genitori come femmina viene costretta a contenere la propria "bestialità" il più possibile.

 

Non è la civilizzazione dell'identità maschile a segnare il nostro concetto di civiltà, bensì la determinazione di un rapporto di civilizzazione squilibrato, che pesa quasi tutto sull'identità femminile per garantire un margine netto di libertà all'identità maschile.

 

Rimossi i condizionamenti, ci accorgeremmo che la femmina biologica non è meno "bestiale" del maschio biologico.

 

 

Ritorna allora la mia domanda, alla quale non do affatto alcuna risposta scontata: "cosa è maschile, cosa è femminile?".

 

Sulla base di quanto sostiene Mirella Izzo nel Manifesto Pangender, una parte delle femmiste è incline a rispondere "nulla", perché per loro il genere è soltanto un ruolo di genere, e il ruolo di genere è un prodotto strettamente culturale; il movimento transgender risponde invece che, rispetto al continuum determinato da tutte le possibile combinazioni di sesso genetico e sesso "psicologico", essi sono due estremi che la cultura ha voluto identificare convenzionalmente con il nome di "maschio" e di "femmina", sulla scorta di una certa corrispondenza con il sesso genetico maschile e femminile, e ai quali poi la cultura ha associato determinati ruoli di genere.

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Hinzelmann

Se qualcuno di voi mi avesse chiesto di buttar giù tre o quattro

righe "critiche" nei cfr. della Queer Theory io avrei sicuramente

evitato accuratamente di parlare di transessualismo e mi sarei

concentrato sul concetto di identità gay.

 

Se tu Almadel dici che la Queer Theory funziona per le donne e non

per gli uomini, secondo me è perchè continui a ragionare in termini

essenzialisti.

 

Come se liberando la donna da un sistema di regole oppressive maschili

io riuscissi ad attingere un desiderio sessuale originario o naturale

costitutivo dell'identità femminile: tolgo la repressione trovo l'essenza.

 

Così più o meno ragiona mio padre, il quale come ogni eterosessuale della

sua generazione ragiona nell'ottica della rivoluzione sessuale anni '60, la

cui vulgata era questa. Ma poi ci sono un sacco di suggestioni culturali più

ampie ( in modo simile ragionava il giusnaturalista, il concetto stesso di

rivoluzione si forma in un certo modo...l'idea di liberazione etc. )

 

Rispetto al paradigma del desiderio sessuale originario viene abbastanza facile

sul piano della logica, aggiungere, estendere, il discorso ai gay. Perchè come ti

ha spiegato Isher l'identità gay data quantomeno 1870, quindi esiste da molto nelle

nostre teste l'idea dell'Omosessuale in quanto persona, poi l'omosessuale non è più

malato, non è un prodotto di scarto, un'avaria, del sistema binario ( come il-la trans )

Il problema risiede ovviamente nel fatto che se esiste un desiderio omosessuale

questo non può che riguardare in certa misura anche gli eterosessuali ( e qui

suppongo si debba far ricorso all'idea della bisessualità originaria )

 

Allo stesso modo libero il frocio da una serie di regole oppressive eterosessuali

e trovo il gay ( e quindi sono pure legittimato a polemizzare col frocio...con

ciò che io immagino sia il frocio )

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Torniamo alla questione transessuale

e quindi ai concetti di decostruzione e transito.

 

Se io fossi una transessuale quale identità dovrei decostruire?

Quella maschile della mia biologia o quella femminile della mia psiche?

 

Perché se decostruissi la mia identità maschile

mi accorgerei che il "dover essere maschio in un certo modo"

è soltanto il frutto di un condizionamento sociale e - qualora me ne liberi -

potrei sentirmi maschio anche senza averne determinate caratteristiche.

Di conseguenza; mi definerei maschio e mi vestirei da donna (genderqueer)

 

Se docostruissi invece la mia identità femminile

mi renderei conto che "vestirsi in un certo modo per essere donna"

è unicamente il risultato di un condiozionamento culturale,

liberatomi dal quale potrei sentirmi donna vestendomi da uomo (genderqueer)

 

In nessuno dei due casi sarei "una transessuale" E perchè?

Perché nel Genderqueer il transito è l'assunzione di una liberazione dai ruoli di genere

mentre per la transessuale il transito è la soluzione di un problema psichiatrico

(Un problema psichiatrico? Foucault si starà rivoltando nella tomba...)

Riguardo l'identità di genere negli omosessuali

 

La Wittig rende bene la mia idea di teoria naif

almeno per come me la vuole raccontare Isher.

L'idea di non definirsi "donna" ma "lesbica"

sembra parallela all'ingenuità omofoba di chi ci definisce "non maschi, ma gay".

Come nel caso del "rifiuto delle etichette"; in cui la Teoria Queer

coincide così tanto con l'omofobia interiorizzata

da farmi credere che ne sia soltanto la veste accademica...

 

Cedere l'identità di genere all'eterosessualità

invece di arricchirla con la propria omosessualità

non mi pare affatto una strategia razionale;

se non altro perché l'equazione tra Maschile/Femminile ed Eterosessuale

è proprio il punto centrale dell'identità cisgender dei reazionari...

 

Sacrificare l'identità eterosessuale e l'identità femminile

facendole coincidere, per far emergere una soggettività lesbica,

è però una mossa simpaticamente radicale :)

 

Riguardo la civilizzazione come femminilizzazione

 

Rimossi i condizionamenti, ci accorgeremmo che la femmina biologica non è meno "bestiale" del maschio biologico.

 

E' assolutamente vero.

Ogni civilizzazione riduce la bestialità

e quindi rende "meno maschili" sia i maschi che le femmine.

Per questo i reazionari - che confondono la causa con l'effetto -

credono che le civiltà cadano per la mollezza dei costumi;

dal momento che l'autonomia del Femminile non può che progredire

per tutta la durata di una civiltà. E regredire con la barbarie.

 

Tu pensi che il "condizionamento sociale"

schiacci il Femminile e liberi il Maschile;

io penso invece esattamente il contrario.

Perché il luogo del Maschile è "lo stato di natura"

in cui la superiore forza fisica è un vantaggio

e il Padre impone su giovani e femmine la sua autorità

(il gorilla al centro della radura...);

mentre il luogo del Femminile è "la società del controllo"

in cui nessuno farà nulla senza il permesso di Mamma

che vigila, cura e protegge i suoi eterni cuccioli

(l'Ape Regina al centro dell'alveare...)

 

E' il mito babilonese di Enkidu:

l'uomo bestia che perde i peli dopo l'incontro con la donna;

Eva che conduce Adamo fuori dall'Eden e lo immerge nella Storia...

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Hinzelmann

Vabbè Almadel, ma rispetto all'idea che la transessuale

creda di essere una malata psichiatrica mi devi segnalare

anche gli psicofarmaci che decide di farsi prescrivere...

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Di preciso cosa cambia?

La Transessuale vive un disagio o no? Sì.

Il Genderqueer vive questo disagio? No.

Voler appiattire queste due situazioni

sotto l'etichetta di transito

mi pare davvero una forzatura.

 

Credo che se Foucault si esprimesse

sul "disturbo dell'identità di genere"

si scaglierebbe contro questa definizione psichiatrica;

anche se sapesse che è finalizzata solo ad ottenere gli ormoni.

 

Quale motivo dovrebbe esserci - in una prospettiva radicale -

di far "accertare la reale transessualità di un individuo"

a un'equipe di psicologi e psichiatri?

Solo un escamotage per cambiare sesso gratuitamente;

un po' come chi si finge pazzo per non farsi la galera?

 

Se le identità di genere sono una costruzione sociale

è evidente che un simile "disturbo" non è di natura neurologica;

definirlo tale chiaramente è il solito abuso psichiatrico

nato per medicalizzare un problema politico. (:D)

 

Non trovi che quello che scrivo

sia coerente con la Teoria Queer?

Evidentemente no :)

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Hinzelmann

In effetti non esiste nessun disturbo neurologico

il procedimento medico-legale accerta che non vi sia

malattia psichiatrica ( schizofrenia etc. ) eventualmente

si valuta se sussistano disturbi dell'umore, non cura...la

dispercezione cognitiva, perchè non c'è niente da curare.

 

Ed in diversi paesi si sta pensando ed in alcuni casi provvedendo

a cancellare la disforia di genere dal catalogo dei "disturbi mentali"

come è già stato fatto per l'omosessualità. Cosa che probabilmente

piacerebbe molto a Foucault...certamente a me non dispiace.

 

Accertata l'inesistenza di malattie psichiatriche e fornita

assistenza psicologica alla persona che deve decidere cosa fare

( orientamento alla scelta ) mi pare che tutto torni.

 

Ciò premesso, mi domando se sia possibile fare un discorso serio.

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Come nel caso del "rifiuto delle etichette"; in cui la Teoria Queer

coincide così tanto con l'omofobia interiorizzata

da farmi credere che ne sia soltanto la veste accademica...

 

 

ahah sì, lo penso anche io, ma solo per i maschi :D

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Ciò premesso, mi domando se sia possibile fare un discorso serio.

 

Io direi di no

 

 

Cedere l'identità di genere all'eterosessualità

 

Capisco che tu lavori sulle citazioni altrui, Almadel, e non sui libri né della Wittig, né della teoria queer.

Però almeno un po' d'intuito potrebbe portarti a capire che l'autrice de Il corpo lesbico e

Il pensiero straight si sta riferendo alla donna eterosessuale, in quella conferenza del 1978.

 

In cui spiegava: «Sarebbe improprio dire che le lesbiche vivono, si associano, fanno l'amore

con delle donne, perché la-donna (la-femme) non ha senso se non nel sistema di pensiero e nei sistemi

economici eterosessuali. Le lesbiche non sono delle donne».

 

Questa frase (provocatrice, e da interpretare) s'inscrive nell'analisi che la Wittig dà dell'eterosessualità

come regime politico, come base di un contratto sociale, che le lesbiche rompono rifiutandosi di

sottomettervisi. E ovviamente non cede nessuna identità di genere, usando, per riferirsi alla donna straight

«donna», «la-donna» (è appena il caso di ricordare che femme in francese significa sia «donna»,

sia «moglie»!), perché sta utilizzando il termine che nel sistema di pensiero etero designa non solo la donna

eterosessuale ma con essa l'universale-donna, e lo sta utilizzando a scopo polemico. Senza contare che l'identità

di genere non è indicata né «da donna» né da «uomo», ma da «maschile» e da «femminile», quindi semmai da

«maschio» e «femmina».

 

L'accusa di omofobia interiorizzata che rivolgi a Monique Wittig e alla teoria queer è una accusa comica.

Ma anche grave, almeno per me, se la rivolgi a un gigante come Monique Wittg. Altra cosa è se ti riferisci al

chiacchierio "non-mi-definisco" che distorce, altrettanto comicamente, la teoria queer. Ma questo chiacchierio

la conosce? Ne parla a ragion veduta? Suvvia, no, semmai ne orecchia qua e là qualche cosetta. Anche dire che

è una teoria naïve avrebbe senso se tu te la fossi studiata e la conoscessi, ma tu stesso hai confessato

di non capirci nulla e di conoscerla solo da qualche riassuntino circolato in associazione.

 

La Wittig ha enormemente fecondato e anche sconvolto, colla sua grande personalità, sia la letteratura sia i

movimenti collettivi delle donne, delle lesbiche, dei queers, a lungo considerati come trascurabili e minoritari.

Capisco scherzare, ma un po' di rispetto è necessario. :salut:

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Nono, ovvio.

Nessuno di chi ha orecchiato la teoria queer

e la usa per "non farsi soggetto"

ne ha mai letta una riga, ovviamente.

Chi approfondisce ha già compiuto questo passo.

Tutti la apprezzano dal punto di vista storico;

ma per nessuno è ancora canovaccio di discussione politica.

Sono strumenti coi quali oggi non si può affrontare nulla.

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Hinzelmann

La campagna Stop Trans Pathologization-2012 e’ un’azione coordinata dalla Rete Internazionale per la Depatologizzazione delle Identita’ Trans. Questa rete e’ una piattaforma di coordinamento creata da un gruppo di avvocati provenienti da diverse citta’ (principalmente dalla Spagna) che lavorano a favore della depatologizzazione delle identita’ trans.

 

Sebbene molti degli attivisti appartenenti a questa rete vivano in Spagna, il nostro obiettivo diventa di livello internazionale perche’ questa depatologizzazione dipende da organi internazionali (la Societa’ Psichiatrica Americana e l’Organizzazione Mondiale della Sanita’).

 

 

http://www.stp2012.info/old/it/manifesto

 

http://www.congenid.org/

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Hinzelmann

Quindi in definitiva e su un piano di mero buonsenso:

 

1) La Queer Theory è fondamentale, irrinunciabile e attuale per i-le Trans

 

2) La Queer Theory è necessaria irrinunciabile e attuale per le lesbiche ( non fosse

altro che per il fatto che in gran parte l'han scritta loro e quasi tutto

ciò che loro han scritto è Queer )e...

 

3) ...[ SOPRATTUTTO ] Tutte queste obiezioni sollevate contro la Queer Theory, a

parte la loro superficialità e infondatezza restano critiche solo "maschili"

in nome della maschilità ( il chè conferma alla lesbica istintivamente la loro

infondatezza in termini assoluti :cheesy: e nella fattispecie a ragione )

 

...non a caso questa discussione esordisce con una mia chiamata in causa dell'effeminato

e poi dell'androgino, cioè di Gay, perchè il discorso anche ridotto ai suoi minimi termini,

piegato e deformato nell'ambito di una polemica un po' grottesca, un po' comica...Proprio

assumendo questi limiti intellettuali e culturali, nasce e resta un discorso solo tra maschi.

 

E noi non possiamo "mandare in vacca" una mole di studi di questo rilievo perchè ci sono

dei ragazzini che usano queste cose per contestarsi a vicenda il fatto: tu vuoi decostruire

l'identità perchè sei un maschio complessato e confuso, tu non la vuoi decostruire perchè

sei un maschio complessato e omofobo. Nasce forse da qui per voi, ma non può morire qui.

 

Quindi le due opzioni culturali prima devono essere studiate su dei libri di storia Lgbt

così magari ci si confronta con il dibattito politico vero ( tipo: voi costruendo un percorso

affermativo gay, finite per rafforzare inevitabilmente anche l'eterosessualità VS voi vi

illudete di poter rivoluzionare tutta la società etc. )e si comprendono le implicazioni meno

personali-individualistiche ed il fatto che il dibattito sia servito e possa servire anche oggi.

 

Il Costruttivismo essenzialista sarà giudicato insufficiente da un Queer, ma egli riconoscerà

che ha avuto dei grandi meriti storici, che è fondamentale per parlare agli etero e soprattutto

il dato di fatto che, essendo la soluzione più intuitiva per chi non abbia mai aperto un libro,

non può ignorarsene il rilievo pedagogico. La Q.th. è uno strumento culturale valido per tutti, ma

non accessibile a tutti ( e al collettivo di filosofia bisogna arrivarci preparati in termini

di conoscenza storica del movimento lgbt e con una certa solidità psicologica )

 

L'essenzialista-innatista, cioè quasi tutto questo forum, in primo luogo non può scaricare trans

travestiti, effeminati, androgini senza porsi il problema di quanta dettatura eterosessuale vi sia

nella propria narrazione, perchè non c'è identità gay senza identità eterosessuale. Nè basta autoimporsi

il dovere di marciare tutti assieme alle manifestazioni, quello è solo il minimo sindacale. E tanto

altro ci sarebbe da dire...ma ( per ora )

 

FINE DELLA PATERNALE

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Non serve che usi il plurale

per fare la paternale a me (o a me e a Coeranos) :)

 

Io però preferirei che tu entrassi nel merito della mia ingenua critica.

 

Io come donna lesbica mi ritrovo a sentirmi dare della "mascolina"

solo perché non mi conformo a quell'idea di debolezza e sottomissione

che i maschi hanno in testa quando parlano di "femminile"

Io - se rifiuto il loro concetto di "femminile"

rifiuto di conseguenza anche la loro idea di "maschile" -

e mi approprio di quei concetti di forza e di indipendenza

per attribuirli a una mia identità nuova, ulteriore a questo binomio.

Su un livello meno compiuto definirsi "una tipa mascolina"

significa dire "sono una donna con quelle caratteristiche positive

che il maschio attribuisce a sé stesso".

 

Sfortunatamente se un gay si definisce "effeminato"

l'essenza della sua affermazione è traducibile come:

"Sono un maschio debole e vanesio e mi definisco -effeminato-

perché ho interiorizzato il concetto deteriore del -femminile-

proprio della mentalità maschilista".

 

La rinuncia/denuncia della Wittig della sua "femminilità"

dovremmo farla nostra e rinunciarci anche noi.

Perché in quella parola non c'è un genere, ma un ruolo;

un ruolo (quello della dipendenza, della vanità e delle debolezza)

che non ci appartiene affatto e che rigettiamo.

 

Non mi stupisce che per un gay sia difficile

appropriarsi di un simile pensiero,

perché si corre il rischio di non sbarazzarsi

- contestualmente - del machismo.

 

Piacerebbe ai miei amici fanatici della Queer Theory

la definizione allora di "guerrigliere col pisello";

a mio avviso efficace e in totale abdicazione

di un pensiero autonomo maschile.

(A vent'anni avrei detto: "Ci serve un mitra. Caricato a paillettes")

 

E' a questo che somiglia il percorso identitario che hai in mente?

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Hinzelmann

Che io mi rivolga a te e Coeranos è scontato, nella

discussione siete entrati solo voi.

 

Che io sappia che come voi la pensano altri che non

sono entrati nella discussione, non ci entreranno, ma

invece dovrebbero sentirsi chiamati in causa e leggere

è altrettanto scontato.

 

Entrare nel merito delle tue ingenue critiche non è facile

perchè ti appigli a tutto, pure alla Witting.

 

Ma poichè servirebbe in realtà non parlare solo a te...

 

Se per affermarmi devo "riappropriarmi" di qualcosa che fino ad

un certo punto è appartenuto agli eterosessuali io chiamerei questo

modo di ragionare un costruzionismo affermativo che ribalta gli stereotipi.

 

Poi voglio vedere all'atto pratico questo Soggetto, con la sua

camicia da cowboy attillata o i suoi pantaloni di pelle strizzachiappe

quanto è poco vanesio...però ha preso degli stereotipi eterosessuali e

li ha fatto propri e nell'usarli è diventato un Soggetto.

( pertanto in grado di produrre una sua cultura )

 

Quanto poi questa persona sia effettivamente debole è tutto da vedere

situiamolo a Castro 1977 e per il fatto di essere lì, in quel momento

c'ha due p***e così! Ma forse pure l'effeminato...l'immagine di debolezza

( rispetto all'Italia un miraggio ) che il film Milk ci trasmette sono i

due gay borghesi e perbene che pubblicano Advocate.

 

Ma questo soggetto nella San Francisco dei tempi di Milk cosa ha fatto?

E la sua identità gay in cosa consiste, se esiste, se non nello strizzarsi

in quei due capi di abbigliamento? O comunque nella dialettica gay-etero

che questa pratica affermativa istituisce e che è un rimando interno continuo?

 

Quel gay non ha avuto bisogno di decostruire niente, ha fatto una operazione

diversa, liberatoria

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Hinzelmann

Fatto sta che ciò che ha fatto questo gay viene difficile alla lesbica

non gli può bastare perchè troverebbe la donna eterosessuale non la

lesbica, c'è bisogno di uno strumento più radicale e articolato, non

ci si può limitare a ribaltare o a riappropriarsi di qualcosa che è

e resta un prodotto culturale maschile - la Donna- e quindi eterosessuale.

Inoltre alle lesbiche pare che questa dialettica finisca per

rafforzare in generale l'eterosessualità, anche in danno dei gay.

 

Altri gay premono per uscire dal catalogo delle parafilie

e implicitamente avanzano la richiesta che il costruttivismo

affermativo sia antiessenzialista e plurale ( BSDM, Fetish ) e

ne mettono in discussione il paradigma, il desiderio sessuale originario

rivendicando il diritto ad una propria produzione culturale. La questione

è politicamente meno stridente perchè si possono situare nel sottoinsieme

delle preferenze sessuali. Anche se andando a Tokyo ho avuto netta la percezione

di come per loro preferenze e pratiche sessuali possano costituire l'essenza

della questione ( beh certo è una sensazione...niente più )

 

I-le trans possono guardare a questa discussione da una distanza

maggiore, per loro orientamento sessuale e preferenze sessuali sono

meno identificanti, però certo l'idea che la loro identità si risolva

in un errore di natura da correggere in un aut-aut non è entusiasmante

( se non nell'Iran di Khomeini ).

 

Certamente c'è anche un entusiasmo rivoluzionario che fa ipotizzare

la possibilità di cambiare tutta la società, anche attraverso lo

scandalo, perchè nessuna di queste persone è confusa o omofoba ma

son tutti estremamente motivati ( se mai fin troppo fino al limite

di rotture politiche ) ma nel 1981 con l'irruzione dell'AIDS ci sarà

un brusco risveglio ed il bisogno di serrare le fila.

 

Da tutto ciò è assente l'idea dell'effeminato come prodotto di scarto

rispetto ad una nuova identità gay ( che a me pare un po' un ragionamento

da uomo nuovo )

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"Ingenuo" è un eufemismo, diciamo "ottuso".

 

Io vedo due diverse identità omosessuali maschili

che partecipano dello stesso Soggetto Politico,

anche se appartengono a due comunità distinte:

il gay che enfatizza la virilità in modo anche parodistico

(i Village People, l'immaginario di Tom of Finland, eccetera...)

e quello che gioca con l'identità femminile

(la drag, l'efebo androgino, eccetera...).

Quelli che io chiamerei il Nero e il Bianco, insomma...

 

Non ho capito chi dei due sia "costruzionista" e chi no...

non saprei da che parte metterli nella "lavagna dei buoni e dei cattivi".

Per me è "buono" chi è consapevole di aderire a tale Soggetto

senza escludere l'altra metà della Luna.

 

C'è dell'altro che dovrei sapere?

 

Le persone transessuali o eterosessuali e le lesbiche

fanno benissimo a costruire in autonomia il loro pensiero.

Non riesco a capire cosa dovrei esportare o importare,

dal momento che l'autonomia di una sociologia omosessuale

dovrebbe essere proprio il nostro pensiero-guida.

 

Io non la sento quest'ansia di "decostruire"

perché a vent'anni già avevo le mie identità gay belle e pronte.

Il massimo che posso fare è dire "basta con i berretti di cuoio e i boa di struzzo"

che è più o meno quanto mi pare sostenga Orodeglistupidi.

Per il momento il meglio che posso fare è indossarli entrambi

e il peggio che posso fare è chiamarmene fuori e invocare "la giacca e cravatta".

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