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Voler piacere a tutti perchè si è omosessuali?


LU_

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Il mio psicologo ha sollevato un problema.

 

Io soffro di un'accentuato e ossessivo desiderio di piacere a tutti. Nelle relazioni devo sempre apparire disponibile, comprensivo, simpatico, interessante e di compagnia. Pena le seghe mentali più assurde, prima fra tutte la demolizione dell'autostima. Io non mi piaccio, e non mi valorizzo.

 

L'ultima seduta mi ha dato appuntamento a gennaio e mi assegnato un "compito delle vacanze": capire DA DOVE derivi questa mia ossessiva prerogativa.

 

Alcune fonti le ho subito individuate: lo specchio davanti al quale mi ritrovo ogni mattina, perchè è la prima cosa che vedo quando mi alzo in camera mia; le serie tv di cui spesso faccio overdose, in cui tutti sono personaggi a tutto tondo che sanno cosa dire e lo fanno sempre nel momento e nel modo giusto. La tv, che mi sputa addosso tutta la sua perfezione artefatta, e infine Milano, che sembra non esaurire mai le sue scorte di fighi e fighe.

 

Ma ieri mi è balenata in mente un'altra causa, forse LA causa. La mia pretesa di piacere a tutti non sarà dovuta al mio essere omosessuale? Che la mia posizione mi esponga alla discriminazione e all'odio più di altre persone è ovvio. Ma è per questo, quindi, che voglio mantenere il sorriso davanti a tutti? E' forse un mettere le mani avanti ed evitare che gli altri mi odino più di quanto potrebbe già fare?

 

Essere omessuali ci impone di pubblicizzarci a priori in modo positivo?

 

Lascio a voi il giudizio.

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AHAHAHAHAHAHAHAH rido perchè mi è venuta un mente una scenettta che a breve disegnerò XD

 

Oltre questo mio scompenso psicologico, direi di no, io sono abbastanza acido con le persone :S (che carattere di M***a -.-")

però fammi dire che la tua seconda ipotesi...

 

"le serie tv di cui spesso faccio overdose, in cui tutti sono personaggi a tutto tondo che sanno cosa dire e lo fanno sempre nel momento e nel modo giusto"

mi ha fatto pensare molto.....forse mi aspetto la stessa cosa anche io....bho....

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Ma ieri mi è balenata in mente un'altra causa, forse LA causa.

 

Potrebbe essere benissimo, e in ogni caso questo insight è un'ottima cosa se usato in funzione

euristica: vedrai che farà venire alla luce molte cose significative di te.

Però ricordati che non esiste mai un'unica e sola causa, e che le altre cose che hai elencato

restano vere e non necessariamente vanno declassate a meri effetti di questa probabile causa che ora

hai identificato.

 

Essere omosessuali ci impone di pubblicizzarci a priori in modo positivo?

 

 

No, non ci impone affatto questo. Può indurci, ma non ci impone. Indubbiamente una persona

omosessuale deve trovare qualcosa che compensi l'atteggiamento «scoraggiante» (per usare un

termine sintetico) che da tutte le parti della società e della storia trasmessa promana verso

l'omosessualità. Il problema è non fare diventare troppo pervasivo questo elemento e tramutarlo in

una ossessione.

 

In un certo senso dovresti invertire l'equazione, e, per così dire, renderti più difficile (o molto più facile,

dipende dagli occhi con i quali lo guardi) l'obiettivo di essere "accettato" dal mondo. Dovresti

cioè partire non dall'indistinto bisogno di piacere a tutti, ma di piacere per quei modi di essere e

per quei valori che tu effettivamente senti tuoi. Cioè riconoscerti in tuoi tratti e

bisogni specifici e determinati: questo ti farà aumentare l'autostima, perché questo, e non altro,

significa «valorizzarsi» (altrimenti si entra nel negozio delle spalle imbottite).

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Essere omessuali ci impone di pubblicizzarci a priori in modo positivo?

Non credo sia una cosa universale pero' penso che a seconda della personalita' delle persone, sia una maniera come un'altra alla fine di sfatare un pregiudizio. L'opinione che va per la maggiore e' che il gay e' una persona che non puo' che essere infelice, quindi puo' darsi che tu per sfatare questo mito ti fai vedere sempre piacevole e sorridente. In realta', un altro stereotipo sui gay e' proprio che siano sempre iperattivi e frivoli, ma ovviamente tra i due e' piu' negativo quello del gay infelice e quindi ha senso che tu voglia battere quello piuttosto che l'altro.

 

Non credo che gli altri ti odierebbero di piu' se fossi gay e avessi una personalita' negativa. Le persone che odiano i gay si fermano solo al primo strato della tua persona: gay. Non si mettono nemmeno a scavare per scoprire gli stati successivi e determinare se sei un gay felice o un gay infelice. Quindi escluderei una tua "paura di essere odiato/discriminato se fossi una persona negativa". Personalmente non credo che riceveresti piu' discriminazione se lo fossi, non credo che alla gente importi abbastanza di fare questa distinzione.

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Scusate il monoriga: LU sei sicuro di non essere me?  =)

 

Nel tuo post ho riletto esattamente il mio sentire, il mio cercare e il cammino attuale. C'è lo psicologo, c'è Milano, c'è il voler piacere a tutti.

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Cioè riconoscerti in tuoi tratti e bisogni specifici e determinati: questo ti farà aumentare

l'autostima, perché questo, e non altro, significa «valorizzarsi» (altrimenti si entra nel negozio delle

spalle imbottite).

 

Non posso che quotare questo passaggio di Isher, sottolineando il fatto che per un omosessuale

valorizzarsi significa anche valorizzare la propria omosessualità.

 

Voi avete ben presente, lo leggo in Sweet ma corrisponde al comune sentire del forum, il discorso

degli stereotipi sui gay, per certi versi l'avete però troppo presente....

 

E' una percezione parziale di quello che potremmo definire atteggiamento "scoraggiante", cioè

coglie la sintomatologia più evidente, ma non l'esaurisce. Rimango dell'idea, forse condizionata

da un dato generazionale, che alla vostra età ancora occorra un "sano" antagonismo ( un

antidoto sintomatico del più generale atteggiamento reattivo...intorno a cui costruire poi un

percorso più consapevole, crescendo....anche tramite un percorso analitico )

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il voler piacere agli altri a tutti i costi è una forma di narcisismo alla rovescia e nasconde in genere una bassa autostima

l'autostima non può venire dall'approvazione altrui ma da una profonda, radicata consapevolezza della propria "giustezza"

che a sua volta può derivare solo da un'altrettanto profonda conoscenza e accettazione dei propri limiti e difetti

cerchiamo l'approvazione incondizionata degli altri perché vogliamo farci convincere che non abbiamo i difetti che di noi avvertiamo, spesso confusamente, e che non ci piacciono (vorremmo essere narcisisticamente "perfetti")

quindi, tornando al compito delle vacanze dello psicologo

 

 

capire DA DOVE derivi questa mia ossessiva prerogativa.

 

 

direi che è anzitutto necessario uno sforzo di autoconsapevolezza (che non si esaurisce una volta per tutte)

 

come fare concretamente? oltre alla riflessione personale la cosa più semplice e più rapida è riconoscere le proprie proiezioni, ovvero focalizzare l'attenzione sulle persone verso le quali avvertiamo una forte, istintiva avversione e antipatia  :pausa:

ebbene, quelle persone in genere sono quelle cui somigliamo di più  :salut:

occorre allora cercare di mettere a fuoco verso cosa sia rivolta questa antipatia e riconoscere in questo qualcosa che non sopportiamo la proiezione di una cosa che non ci piace in noi stessi, e che neghiamo assolutamente appunto portandola "fuori" e gettandola addosso agli altri

 

tra l'altro in questo contesto si capisce anche quale sia il meccanismo del voler piacere agli altri: io incontro una persona verso la quale nutro avversione istintiva, quindi riconosco in questa avversione un mio stesso difetto

il cercare di piacerle a tutti i costi è un modo per negare in me stesso quel medesimo difetto

 

come vedi in questo contesto l'omosessualità è del tutto innocente, anzi fa parte del "guarire", è un riconoscersi consapevole

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Non voglio demonizzare la categoria, però, fra tutte le persone che conosco che vanno in analisi sono solo omosessuali.

E, considerando poi, che conosco più eterosessuali che omosessuali, non posso che considerare malamente le proporzioni.

Per carità, nessuno di questi ha subito pressioni psicologiche sulla propria omosessualità (per fortuna loro), ma tutti ne sono usciti fuori con questioni e problemi annessi alla propria sessualità, non cause, ma conseguenze; il che mi dà da pensare, e non poco.

 

Essere omessuali ci impone di pubblicizzarci a priori in modo positivo?

 

Impone no. Certuni potrebbero, invece, sentirne il bisogno, sarà forse perché vedono (per un motivo o per un altro) come "status negativo" la propria omosessualità, e devono sopperirlo, in qualunque maniera.

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Se un gay è depresso, pensa di essere depresso in quanto gay.

Se un gay è infelice, pensa che essere gay porti l'infelicità.

 

Gli etero problematici hanno molta più fantasia.

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Gli etero problematici hanno molta più fantasia.

 

No. Semplicemente nessuno mette in dubbio che quello possa essere il(/un) problema.

Quindi, solo, si concentrano su altro.  :salut:

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Ma io non credo a quel che dice Almadel.

Né a quel che dice WistonSmith sui tanti gay in analisi.

Forse perché io appartengo a una generazione in cui tutte le persone

"progressiste" andavano in analisi (può sembrare esagerato ma è così).

Tra l'altro, anche se ho espresso tante riserve sulla psicoanalisi, non

sottovaluto per nulla il fatto che le persone omosessuali se ne siano

appropriate: è importante (naturalmente intendo a fine conoscitivo,

e con una seria scelta della scuola e della persona da cui si va).

Non credo che i gay se sono depressi incolpino la loro omosessualità,

anche se è uno scivolo abbastanza facile, e probabilmente a volte,

quando si è molto giovani, tutti ci siamo passati. Ma l'osservazione

della vita, la comprensione di sé, fanno presto a fare giustizia di

simili facili cortocircuiti.

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Sappiamo tutti benissimo come vanno le cose.

 

Gli omosessuali hanno delle pressioni - agli inizi -

molto più forti di quelle dei loro coetanei;

quindi facilmente ricorrono all'analisi.

 

Risolto lo scoglio iniziale,

non ci sono differenze significative.

 

Ma non potete negare che molti di noi

abbiano usato l'omosessualità come capro espiatorio

di tutti i drammi, i rifiuti, gli impacci e gli smarrimenti della vita.

 

Sembra che nessn gay sia single in quanto brutto;

tutti sono single perché "i gay sono superficiali".

Nessun gay incontra mai uno stronzo traditore:

tutti scoprono che "i gay pensano solo al sesso"

E via di questo passo, delirando...

 

Siamo in una posizione fragile,

è ovvio che confondiamo

la nostra fragilità con quella della nostra condizione.

 

Riguardo al "piacere a tutti":

è sempre un frutto del "minority stress"?

Oppure è il "minority stress" che vuole forzatamente

mettere in relazione omosessuali e volontà di compiacere?

 

Questa è la domanda:

la risposta è difficile,

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Il quesito che poni è reale, purché preso con un certo distacco.

E l'unica risposta possibile sta nel dislocare quella relazione

(minority stress e, ad esempio, desiderio di piacere a tutti)

moltiplicandola in altre domande e vedendo quali nuovi

sentieri esse aprono. Non ci possiamo concepire come una

risposta a una o più domande, ma a un certo momento occorre

rovesciare la prospettiva e concepirsi come soggetto interrogante.

Questo non vale (ancora) per LU_ che è molto giovane e

all'inizio del suo percorso, autoconoscitivo come di esperienze reali.

 

La stessa reversibilità della relazione fa comprendere che la domanda

che si è posto LU_ ha una portata e una funzione euristica: serve a uno

scopo, tirare fuori da sé delle informazioni e una nuova consapevolezza.

Dopodiché ha esaurito il suo scopo e sarebbe un errore entificarla.

 

Anche il post di LU_ è molto rivelativo, in questo senso: quella domanda

è sorta in lui come un insight, come una nuova luce, una nuova

possibilità di conoscere. Per lui non è il momento di prendere la domanda

in questione «con un certo distacco»; per lui ora è il momento di

prenderla molto sul serio: ma verrà il momento in cui la stessa evoluzione

della coscienza porterà a non fissarla.

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Piacere a tutti è impossibile, anche se sei gentile e sempre disponibile; l'odio per gli omosessuali è apriori, non deriva dall'esperienza diretta. Dunque, se ti comporti così per questo motivo, è meglio se ti comporti in modo naturale. Non c'è nulla di meglio. Ovvio, se fai l'antipatico poi resti senza amici ma ce ne passa tra questo e l'essere l'amicone.

Magari il tuo comportamento deriva dalla tv, che propone personaggi spesso perfetti e brillanti. E' quella falsità che a volte viene estremizzata e scade nel ridicolo che a me non piace!

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Io, personalmente, credo che sì l'omosessualità possa essere una delle cause più forti per quella che può essere considerata la tua "mania"; forse il fatto di crescere sentendosi "diverso", "non accettato" e di conseguenza con una sensazione continua di non soddisfare le "esigenze" altrui può aver scatenato questo tuo continuo desiderio di piacere. Parlo così, con facili sentenze, soltanto perché mi trovo molto in quello che dici. :rotfl:

 

PS: Hai parlato di Milano, beh guarda in quella città ci sono cresciuto; è un posto a cui sono molto legato e se devo dirla tutta credo che una piccola parte l'abbia fatta anche lei. :eek: Te ne accorgi soprattutto quando scopri diverse realtà, che trovo comunque meno felici di quelle Milanesi per quanto riguarda l'ambiente e la condizione omosessuale. :no:

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Mike in the Breeze

La desiderabilità sociale può essere un problema quando non permette la tua autorealizzazione. Nella relazione con l'altro, ti metti da parte oppure esprimi realmente quello che è la tua persona? La desiderabilità sociale è presente in qualsiasi contesto, diventa un problema, appunto, quando oscura quella che è la tua vera personalità. Nascondendola agli altri, la nascondi anche a te stesso.

Da quello che dici dovresti essere una persona molto insicura e con parecchi conflitti intrapsichici, che maschera all'altro quella che è la sua fragilità tramite la ricerca  dell'apprezzamento altrui. Dato che non ti apprezzi come persona, forse hai bisogno del doppio dell'apprezzamento che necessiteresti se ti apprezzassi da solo.

L'omosessualità può rientrare tra i conflitti intrapsichici ma, in questo caso, non credo che sia la causa. Se questa tua ricerca di apprezzamento è accompagnata anche da una insistente ricerca dell'omosessualità in altre persone (vedasi i gay che fissano immediatamente ne scorgono un altro, anche senza attrazione fisica) può darsi che si tratti di un problema di accettazione/riconoscimento, che ti porta a ricercare continuamente nell'altro la tua condizione, così che riconoscendo l'altro, riconosci te stesso.

Sei dichiarato? Se non lo sei, forse continui a nascondere la tua vera natura (che comprende anche l'omosessualità) facendo vedere solo i lati di te che possono colpire/piacere all'altro.

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Ragazzi vi ringrazio per le risposte! Sono commosso dal vostro interesse :afraid:

Cerco di rispondere a quanti più vostri punti di vista possibili (impresa ardua!)

 

Vi do il merito di avermi "svegliato" da una visione distorta e sbagliata che avevo dell'autostima: essa nasce non tanto dall'accettazione altrui, ma da quella personale. Occorre prima piacerSI, e poi eventualmente piacERE. Questa è una massima di vita che nel mondo di oggi non è spesso considerata, e col mio psicologo stiamo preparando il terreno per attuarla.

 

Nonostante ciò, però, il mio "essere gay" non è che una parte del substrato della mia personalità che è al centro del problema. Ammetto quindi di aver sbagliato a formulare la questione; ora non la considero affatto LA causa bensì UNA DELLE cause del problema proprio perché nella mia situazione la paura è non essere accettato per varie  realtà della mia personalità. Il problema va ben oltre l'orientamento sessuale, purtroppo. Le mie insicurezze coinvolgono il mio fisico (un classico per gli adolescenti), la mia voce, il mio modo di camminare, le parole dette, quelle non  dette.

 

Essere gay, secondo me, porta comunque una predisposizione maggiore ad avere problemi di personalità, e magari di ricorrere allo piscologo. Penso sia un po' come quello che sostiene Almadel. E' insomma più difficile per noi cominciare a lavorare al piacerSI. E questo non può essere colpa solo degli omosessuali, perché le persone che sviluppano una sensibilità maggiore al proprio "andar bene o meno" sono quelle che crescono e vivono in un ambiente ostile, che li incrimina per essere così come sono. I problemi di auto-accettazione li possono avere gli omosessuali come li potevano avere gli afroamericani negli anni '50, o gli ebrei nel periodio nazifascista. Il voler piacere a tutti nasce constatando che sono in molti a essere contro qualcosa che tu "hai" o meglio "sei". Colore della pelle, credo religioso, orientamento sessuale. Non posso puntare sul mio essere? Punto su altro! E' perciò legittima la massima di Gandhi "Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo" (lavoro interno->esterno), ma occorre anche che il mondo ti lasci lavorare in santa pace.

 

Sapere che ci sono altri milanesi che si ritrovano nella mia stessa situazione mi fa sorridere di soddisfazione, perché mi fa trovare UNA delle tante altre spiegazioni. Mi viene infatti da pensare, a questo punto, che un po' di colpa ce l'ha Milano, e il suo essere una metropoli dalle sue caratteristiche. Nel post di partenza avevo sì messo quest'idea tra le possibili cause, ma ora comincio a darle sempre più rilievo. In teoria gli abitanti delle grandi metropoli dovrebbero essere più "immuni" a questo tipo di vacillamenti di personalità: la natura frenetica e ciclico-distruttiva di Milano, in cui ogni giorno è diverso dall'altro, gran parte dei volti visti per strada un giorno non si incontreranno più e le persone vanno e vengono a ritmi impazziti, dovrebbe aiutare a fregarsene del giudizio degli altri. Invece questo non accade; sono poche le persone che vivono a Milano con cinismo. Molti sono invece quelli che cercano stabilità in tutto questo caos, che cercano di fermare le persone, e legarle alla propria vita. E per far questo occorre attrarre queste persone, attirarle verso di sé. Da qui il problema di "pubblicizzarsi" al meglio; se sono bello, bravo, simpatico, tutti saranno incentivati a restare nella mia vita.

 

Scusate la lunghezza della risposta. Metà delle cose che volevo dire non sono riuscito a scriverle...troppa confusione in testa!

 

Ps @Conrad65: l'analisi che fai è estremamente attraente perché è un'opinione che sovverte le altre più classiche (e a me le teorie che distruggono e ricreano piacciono da morire! Viva Nietzsche!) Ho capito il discorso della proiezione di noi stessi su gli altri, ma non ho ben capito come tutto questo possa essere applicato al mio voler piacere necessariamente a tutti :S

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Mi sembra che tu LU_ stia parlando di una autostima abbastanza

specifica, sotto il profilo del contenuto si tratta di una serie di

autovalutazioni negative relative solo alla sfera sociale ( aspetto

fisico, eloquio, atteggiamenti, capacità di far presa sulle persone...) in questo senso

piacere a tutti ha il senso anche di scongiurare una solitudine, che forse

però devi valutare alla luce della tua autobiografia, certo anche dall'anonimato

urbano di Milano, ma essenzialmente alla luce della tua adolescenza.

 

Certo l'anonimato della grande città protegge in certa misura dal giudizio

degli altri ( per quanto nella forma di garanzia  della privacy, non certo dai

pregiudizi o dal clima complessivo che si respira in quella città ) ma lo fa nella

misura in cui cancella identità, il chè determina un plus di prestazioni sociali

( anche puoi ipotizzare un effetto moltiplicatore per un giovane gay )

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Molti sono invece quelli che cercano stabilità in tutto questo caos, che cercano di fermare le persone, e legarle alla propria vita. E per far questo occorre attrarre queste persone, attirarle verso di sé.

Penso che tu abbia centrato uno dei punti cruciali. Le persone non sono fatte per vivere cinicamente a Milano. La vita frenetica rende anonime le persone, "indipendenti", lontane dagli sguardi altrui, ma le rende anche più sole; e l'uomo non è fatto per stare solo. Ci sarà sempre una ricerca da parte sua del contatto con l'altro, e quando questo contatto è difficile allora si ricorre alle strategie più svariate per fare in modo che questo contatto venga stabilito. E voler "piacere a tutti" può benissimo essere una di queste.

La tua vita, le tue vicende personali, mescolate a questo, ti danno il prodotto che vedi con i tuoi occhi.

Inizialmente ti avrei detto che essere omosessuale non c'entra nulla ed avrei concordato con quelli che ti hanno detto che spesso siamo tentati di addossare i nostri problemi esclusivamente all'orientamento sessuale. Questo continuo a pensarlo, infatti sono il primo a dirti che non è raro conoscere persone che hanno molti problemi e li fanno dipendere tutti dal fatto di non essere "accettati" e cose varie che conosciamo un po' tutti quanti..Ma questo non è il tuo caso; probabilmente la tua omosessualità c'entra perché ti porta a "pubblicizzarti" meglio del solito, per "riparare" alla negatività a cui il tuo orientamento ti esporrebbe.

Questa però non è una cosa universale: non è detto che chi è omosessuale e ricerca il contatto con gli altri cerchi di rendersi migliore ed estremamente piacevole per sopperire all'impressione che potrebbe dare il proprio orientamento. La realtà che vivi e la tua storia personale ti portano a fare questo. Ma scartando la tua realtà sociale, cosa c'è nella tua persona che ti spinge ad assumere questo atteggiamento? E' possibile che tu abbia una qualche riserva [magari anche inconsapevole] nei confronti del tuo essere omosessuale? Questo potrebbe dipendere dal tuo modo intimo di vedere l'omosessualità o dalla tua autostima che ti porta a pensare che tutto ciò che ti appartiene non è poi tanto interessante/positivo?

Un abbraccio :afraid:

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Certo l'anonimato della grande città protegge in certa misura dal giudizio

degli altri ( per quanto nella forma di garanzia  della privacy, non certo dai

pregiudizi o dal clima complessivo che si respira in quella città ) ma lo fa nella

misura in cui cancella identità, il chè determina un plus di prestazioni sociali

( anche puoi ipotizzare un effetto moltiplicatore per un giovane gay )

 

Hai fatto centro. Complimenti.

 

La realtà che vivi e la tua storia personale ti portano a fare questo. Ma scartando la tua realtà sociale, cosa c'è nella tua persona che ti spinge ad assumere questo atteggiamento? E' possibile che tu abbia una qualche riserva [magari anche inconsapevole] nei confronti del tuo essere omosessuale? Questo potrebbe dipendere dal tuo modo intimo di vedere l'omosessualità o dalla tua autostima che ti porta a pensare che tutto ciò che ti appartiene non è poi tanto interessante/positivo?

Un abbraccio :D

 

Il mio modo di vedere intimamente la mia omosessualità non influisce negativamente sul modo in cui esporto la mia personalità. Anzi, la vedo come una risorsa della quale la gente potrebbe giovare. Sarei un nuovo punto di vista per loro, una mentalità alternativa nel caso si sentissero oppressi dalla serialità e dalla monotonia di quelle altrui.

 

Essa diventa più un effetto collaterale della mia mancanza di autostima. Ciò che mi appartiene non è interessante, secondo me. Ed è subito dopo che subentra l'omosessualità; "Dato che sono una persona di per sé poco attraente, devo cercare di apparire un omoessuale buono e perfetto. Altrimenti il mio non-essere interessante si sommerà al mio essere un omosessuale negativo, e sarò al punto di partenza, ma con una doppia immagine negativa".

 

E' un ragionamente contorto, ma grazie ai vostri punti di vista, le chiavi di comprensione stanno prendendo sempre più forma. Vi ringrazio :D

 

E apprezzo l'abbraccio; nella condizione di freddezza che Milano ti costringe a vivere, è quello di cui la gente ha bisogno. Me compreso.

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Prima cosa: ma è davvero terribile la capitale della Padania?  :gha:

Anch'io ho passato un periodo in cui mi imponevo di essere più simpatico, bello, interessante; ma non per me stesso ma per piacere a tutti intorno a me e quindi creare una maschera che riceva attenzioni ed amore. Adesso per quanto cerchi di smussare i difetti della mia personalità per migliorarmi non è più a vantaggio di una immagine esterna ma per valorizzare dei rapporti che vorrei costruire o che sono importanti nella mia vità. Per essere una persona migliore e vivere più serenamente insomma.  Cercare di piacere a tutti porta invariabilmente a costruirsi più di una maschera perché bisogna adattarsi alla persona che abbiamo di fronte per piacerle. Questo implica un comportamento che se all'inizio è molto affascinante e piuttosto vantaggioso a lungo andare logora la personalità e diventa molto opprimente.

Consigli pratici: trova i lati caratterizzanti della tua personalità e falli emergere. Ricordati che essere tristi a momenti e non piacere a tutti sono dei diritti. Ricordati che ci sono delle persone che andranno d'accordo con il vero te pieno di difetti e pregi, solo che magari non le conosci ancora. Se non hai fatto Coming Out confidati con le persone a te più vicine, è molto meglio sentirsi apprezzati nella propria interezza =)

Buona serata e Buona fortuna  :gha:

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Io non credo sia così fredda Milano. Certamente vista dal dentro può sembrare molto distaccata e intensamente frenetica. Tutto questo porta alla freddezza apparente. Ma se andiamo a guardare in fondo ai rapporti interpersonali ha un grandissimo vantaggio, a differenza di moltissime cittadine Italiane.

A Milano vivono e convivono migliaia di teste e modi di pensare, vivere e comportarsi.

Chi vive a Milano ha la fortuna di poter riuscire a trovare sempre un qualcuno con gli stessi interessi e passioni e una volta superata la freddezza iniziale con il "milanese" medio, questo risulta molto più aperto di quello che appare. A differenza di moltissimi altri posti in Italia.

 

(PS: Parlo ovviamente per la mia esperienza e non emetto sentenze! :gha: )

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