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Articolo dell'Espresso sui nuovi gay: «Per caso ha visto un gay?»


G77

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La rivolta contro il sistema, l'ambivalenza stessa come chiave di accesso all'universalità sembrano aver esaurito il loro potenziale rivoluzionario. L'orizzonte è diventato l'omologazione, la promessa di un matrimonio legale o dell'adozione di un figlio. Un linguaggio che non impone, ma propone: "Gay is beautiful", scandiva lo scrittore Edmund White con l'amico Lou nel 1969 a New York mentre gli scontri con la polizia allo Stonewall Inn segnavano la fine del ghetto culturale dei diversi [...] Se poi i diritti civili sono arrivati, è da questo linguaggio che hanno attinto la forza per essere ascoltati. Una forza che, purtroppo, s'è smorzata nel tempo. E che oggi non esiste più. Soppiantata dalla cultura post-gay, l'illusione dell'uguaglianza spesso confusa con l'indifferenza [...] Ultimo atto della rivoluzione copernicana che porta al centro del nuovo linguaggio ciò che per decenni era orbita lontana e misteriosa. Così l'obiettivo non è più cambiare il sistema, bensì farne parte. Le rivendicazioni non vengono avanzate nel nome di un ideale culturale, ma sociale. Una vittoria che odora di fallimento.

 

Il testo completo è qui: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/per-caso-ha-visto-un-gay/2128720//0

 

Io l'ho trovato un articolo molto interessante e ben scritto. Voi cosa ne pensate? Personalmente non riesco a dispiacermi troppo per questa deriva verso l'omologazione e l'indifferenza, ma mi rendo conto che il mio sia un punto di vista ben diverso da quello di chi è cresciuto negli anni 60 e 70...

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articolo interessante

fotografa una situazione ma un poco cade nel vizio della nostalgia

io nel mio piccolo, da testimone cresciuto a cavallo tra i '70 e gli '80

tra la coda velenosa e violenta del terrorismo della seconda metà degli anni '70

e la nascita del neo-liberalismo anglosassone (Thatcher in UK e Reagan in USA)

posso solo dire questo

la situazione odierna per i gay, in termini di visibilità, di possibilità e in prospettiva (speriamo) di diritti civili anche in Italia

è nettamente superiore a quanto si poteva vivere negli anni '70 o nei primi anni '80

è imparagonabilmente superiore

mi è perfino difficile rendere in pieno la differenza

per i numerosi ventenni di questo forum: pensate a un mondo senza cellulari e senza web

un mondo analogico, non digitale

ci riuscite? io faccio fatica anche se in quel mondo ci sono vissuto

ebbene come era possibile ritrovarsi tra gay o (incredibile) combinare un incontro gay in un mondo come quello?

la cosa resta un mistero e lascia stupefatti

era un mondo in cui l'amico ti poteva chiamare solo sul fisso di casa, assiduamente presidiato da mamma e papà

in cui per trovarsi non c'erano poi grandi possibilità

o in associazione, con il rischio concreto dell'essere sgamato e additato al pubblico disprezzo

o il battuage nei soliti posti, noti per un misterioso passa parola

i locali gay erano pochissimi

per avere un'idea della situazione leggete questo bellissimo post del blog di Larvotto

http://www.larvotto.com/2010/04/27/quella-sera-al-klandestine-la-mia-vita-e-cambiata/

 

ogni rivoluzione passa dal momento magico, fusionale

a quello di gestione burocratica dell'esistente e delle conquiste raggiunte

le orde di Gengis Khan lasciano il posto dopo qualche decennio alla burocrazia mongola

così è successo al movimento gay e all'associazionismo gay

il topic su quanto sta accadendo attorno al prossimo pride di Roma

http://www.gay-forum.it/forum/index.php/topic,20637.0.html

dice molte cose di come oggi l'associazionismo gay sia in difficili condizioni

 

che questo accada all'estero, passi

nel senso che almeno lì hanno ottenuto dei diritti concreti

ma certo che accada in Italia è un po' una beffa

 

comunque, tornando in topic

c'è solo una cosa per cui io un poco rimpiango quei tempi

ed è questa: a mio avviso il periodo tra fine anni '70 e inizio anni '80

è quello in cui siamo andati più vicini, anche in Italia,

ad una effettiva integrazione della cultura gay nel corpo sociale

non omologazione, ma integrazione vera, accettazione

la cultura gay si stava rendendo visibile, era una cultura diversa

ed emergeva con tutta la forza rivoluzionaria della sua gioventù

era in qualche modo entrata nell'immaginario di tutti

raggiungendo una forma di accettazione e di rispetto che a mio avviso non ha più avuto, almeno in Italia

in quel periodo nasce l'alta moda italiana

che è anzitutto moda gay

anche a livello culturale l'esperienza di un Pasolini e poi di un Tondelli è importante

Tondelli non è un semplice scrittore gay, ma colui che fonda una nuova letteratura

dando appoggio e visibilità a una miriade di giovani scrittori

in campo musicale bisogna guardare soprattutto all'estero

ma certo la cultura trasgressiva dell'epoca rende al confronto anche i più assatanati rockettari odierni come delle innocue signorine di mezza età

 

quand'è che tutto questo finisce?

a mio avviso l'inizio della fine è attorno al 1984-85 con l'avvento del HIV

che coincide, a livello politico, con il progressivo scivolamento a destra di gran parte dei governi dell'occidente,

con l'affermarsi di idelogie e pratiche neo-liberiste in campo economico,

con il risveglio dei fondamentalismi religiosi (non solo per l'Islam ma anche per la Chiesa cattolica),

ed infine con il crollo del comunismo e del mondo bipolare nel 1989

ecco questi eventi chiudono il ciclo ventennale che si era aperto nei '60, esploso nel '68

e di cui a mio avviso il movimento femminista e quello gay sono state tra le principali e feconde conseguenze

 

ma attenzione, siamo in un nuovo momento di crisi e di rottura, perchè a sua volta il ciclo ventennale neo-liberista è in fase calante

cosa lo sostituirà?

speriamo non un nuovo medioevo...  :rotfl:

 

http://www.youtube.com/watch?v=mAnLSaKHJKo

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Io tutti questi rivoluzionari eterosessuali in giro non li vedo...

ed allora mi chiedo perchè ai gay dovrebbe essere affidato

un compito o un dovere specifico, di essere i portatori di una

memoria, che la società eterosessuale nel suo complesso ha

lasciato spengere. A parte il fatto che in politica di memorie

non si campa...al più ci si scrive sopra un libro.

 

Fatta questa premessa non posso che concordare sul fatto

che in Italia i diritti non sono stati ottenuti. Manca il presupposto

del discorso: diritti=omologazione

 

Discorso però che per il solo fatto di essere posto in questi termini

esclude l'alternativa: diritti=assimilazione.

 

Il primo discorso sembra presupporre che l'omosessualità sia una

diversità di un gruppo di individui per la cambiare la Società Tutta

al servizio di una idea indifferenziata.

 

Questo gruppo di persone potrebbero quindi essere molto più

assimilati di quanto non appaia dal loro essere Rivoluzionari ( oltre

al fatto che poi concretamente bisognerebbe vedere per 1rivoluzionario

ricordato, quanti gay disperati sono stati cancellati non avendo neanche

il diritto ad essere ricordati )

 

Che la nostra idea di vittoria odori di Fallimento perchè noi in quanto

gruppo sociale saremmo obbligati a ragionare in vista di ideali culturali

( diciamola la parola vera: ideali POLITICI ) non lo posso accettare

 

E' un discorso esterno alle nostre vite, ai nostri lividi, al nostro desiderio

di felicità, cinico e doppiamente cinico in quanto fatto in un Paese che

non ci ha dato niente

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Eheh, quoto Hinzelmann.

Ho letto un articolo di Lidia Ravera sull'Unità

(al Pronto Soccorso le attese sono così lunghe

che avrei letto anche "Il Foglio"...),

la quale diceva che oramai fa "sogni modesti":

non sogna più la rivoluzione, ma una democrazia meno illiberale;

non più il Che al governo, ma qualche onesto professionista.

Se il '68 è finito per lei che lo ha vissuto,

perché dovrebbe essere ancora vivo

nei ventenni che non lo hanno visto mai?

E perché i gay devono essere rivoluzionari per forza

mentre gli etero possono farne a meno?

 

E - soprattutto - perché andare avanti

dovrebbe somigliare a essere come una volta?

Non si potrebbe essere rivoluzionari ancora

senza appiattirsi nella nostalgia?

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  • 3 weeks later...

L'articolo di partenza è da buttare nel cestino.

E Lidia Ravera è la persona più blasé che esista: dio ci scampi.

Una che siccome ha avuto una identità 40 anni fa, ci campa sopra

di rendita per tutta la vita: se la sogna, se la carezza, se la palpa, aggiungendo

«ora invece...». Mai avuto la curiosità di pensare un'altra cosa: una sola.

 

La parola rivoluzione, come la sua omologa speculare: omologazione, è una parola-tomba

per un'omosessualità moderna, per i diritti gay.

Era la parola insignificante per eccellenza, una parola che non significava niente: ma era

magica, una parola-feticcio. Era morta o morente, nel quadro politico e culturale in cui era nata,

quando per la prima volta se ne appropriarono anche gli omosessuali, per ultimi.

 

La sua funzione storica per noi gay, quella parola l'ha avuta, in questo senso: che negli anni

settanta un gay che si diceva rivoluzionario, una serie di Collettivi omosessuali che si dicevano

rivoluzionari, erano bene accetti, prendevano la parola. Brutto punto di partenza, in cui si

nasconde l'equivoco.

 

Bisogna essere rivoluzionari per essere accettati; il che significa che l'essere gay, in quanto

gay, non basta: che di richieste specificamente gay, a nessuno gliene viene in mente nemmeno una.

Se ci fossero, sarebbero "omologanti".

 

Di qui un'enorme fatica e un'enorme retorica per elaborare frasi, discorsi, chiacchiere

che dovevano mostrare che l'omosessualità è una condizione rivoluzionaria, anzi no, potenzialmente

rivoluzionaria, ma comunque tutto ciò che segnava la nostra marginalità si trasformava magicamente in vanto e

meraviglia: la Croce diventava la Salvezza. Invece di chiedere diritti, diritti civili e costituzionali,

parole in Italia sempre di strettissima minoranza, invece di chiedere che so locali al Comune (andai a chiederli

ovviamente con altri al Sindaco Vetere agli inizi degli anni 80: non ebbimo nulla) per avere un centro studi, una sede;

invece di pensare di dovere e volere avere esattamente le stesse opportunità,

le stesse condizioni di vita di tutti gli altri, i cervelli di molti sono stati indirizzati a pensare che loro compito

era redimere se stessi e la Società (altra parola usata come puro Significante).

 

L'inizio dell'articolo dell'Espresso, soprattutto, è la cosa più reazionaria, più sconcia, più negazionista,

e più pericolosa per i gay, che abbia letto da mesi a questa parte: il solito inganno (la Storia si ripete:

ma «Quando la Storia si ripete, è farsa»), in cui i più ingenui potrebbero ancora scivolare.

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Rileggetevi bene le parole di Isher.

Perché qui ancora non si è fatto di meglio.

Quando è sfiorita la "Rivoluzione"

non si è più saputo cosa seminare.

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