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Del significato della cura


D.

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Discutendo sul topic Diventereste etero?, è venuto a crearsi un inatteso e gradito ot, per il quale non ho trovato altri thread in toto attinenti. In "Guarire l'omossesualità" viene largamente discussa la natura della sessualità tra congeneri, se sia patologica o meno; in Quanto l'omosessualità influenza la vostra vita? si indaga l'incidenza dell'orientamento sessuale nell'esistenza; in Omosessuali si nasce o si diventa?, infine, si discorre intorno alla sessualità se sia congenita od acquisita.

Sono thread tutti strettamente correlati tra loro, al punto di formare quasi un lungo e ininterrotto discorso, continuo nelle sue diramazioni, pur con gli splendidi spin off offerti; tuttavia, avendo visto ampiamente sciorinati e vagliati i punti caldi tra malattia e no, innatismo e no, utile e no, apriamo un altro quesito:

 

Che senso ha, per voi, la cura?

 

Poniamo immaginosamente una esista, non importa la somministrazione, non è rilevante se vi sottoporreste al trattamento o no; chiediamo solo, quale sarebbe la vostra opinione sulla cura in sé presa? Cosa significherebbe per voi, in tutti gli aspetti dati? Sarebbe deleterio o salvifico, giusto o sbagliato, utile o superfluo, bello o turpe? Morale, economia, estetica: tutto entra nel gran calderone del nostro discorso.

Insomma: esistesse una cura, quale sarebbe il vostro pensiero in merito?

 

Cito, ad integrandum, gli scambi che hanno prodotto questa discussione.

 

Uno degli errori [tali sono' date= nel migliore dei casi] più spesso riscontrabili intorno alla questione omosessualità (sempre che una questione si dia), è il metodo procedurale scaturito da improbabili inferenze deduttive poggianti su assiomi offertici dalle scienze naturali. Si crede fermamente che l'unico modus razionale quando non giustificativo utile alla trattazione della sessualità tra congeneri sia quello biologistico; viene sistematicamente ignorata ogni circostanza ed ogni componente del singolo individuo, per ricondurre la radice del problema alla sua forma biologico-fisiologica. Insomma, tutta un poderoso studio di biochimica dovrebbe consentire la transizione da un'orientamento ritenuto deleterio ad un altro funzionale alla specie. E tutto sarebbe risolto.

Respinti come non attinenti o superflui i contorni esistenziali, divelta la sessualità come possibilità dell'esserci di essere-nel-mondo: l'uomo non è più uomo, ma semplice organismo, una macchina non dissimile dalle altre se non per la provenienza organica delle sue componenti. Non più un modo tutto proprio individuale di apertura all'essere, ma mera malattia. V'è qualcosa di terribile in tutto questo, l'oggettivazione di una possibilità a patologia dell'organismo. Ma se mutare l'orientamento sessuale nel paziente è semplice - chiederei ai signori ricercatori -, cosa ne viene della più intima individualità del paziente stesso? Come rispondere allo smembramento della sua individualità, al suo progetto di mondo definitivamente mutilato?

 

Replica dreamer

 

D. ' date=' è lecitissimo sostenere la tesi psicologica, però l'essere umano E' un mero organismo cellulare, al pari di un polpo o di uno scimpazé, la nostra psicologia è una complessa struttura chimica e quindi è del tutto errato sostenere che non ci sia una base genetica almeno parziale all'omosessualità.[/quote']

 

Chiarisce Conrad

 

sei molto sicuro di quello che dici

ma io ci andrei cauto

ad esempio dire che la nostra psicologia è una complessa struttura chimica è sicuramente errato

se proprio vuoi fare un paragone

puoi al limite (al limite) affermare che l'uomo è un complesso ecosistema

gli ecosistemi non si reggono sul principio causa-effetto ma sono controreazionati

dove c'è contro-reazione non esiste nè causa nè effetto

è come l'uovo e la gallina di San Tommaso

domandarsi cosa viene prima equivale a porre il quesito in termini di causa effetto

e in questi termini il quesito non si risolve' date=' è mal posto

l'insieme uovo-gallina è una mente, un ecosistema, o se vuoi un sistema controreazionato

 

insomma parlare della psicologia come se fosse una struttura chimica equivale in ultima istanza a ricondurla alla banalità del causa-effetto

(che a noi uomini piace molto perché la nostra percezione si attiva solo nello spazio-tempo

e causa-effetto non è altro che ordine spazio-temporale tra un prima-lì e un adesso-qui)

vuol dire ridurre arbitrariamente la complessità propria di un ecosistema

per portarla ad un livello facilmente comprensibile dalla nostra percezione delle cose

insomma stai compiendo un atto di fede...  [/quote']

 

 

A voi la palla.  :)

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A parte che adoro la tua citazione,

che mi pare sia da "I teologi";

sarò felicemente IT.

 

Sarei felice esistesse una cura.

Mi risparmierei centinaia o forse migliaia

di omosesessuali cattolici o destrorsi

che accorrerebbero a "curarsi".

 

Vivrei finalmente nel mondo che chiedo.

In un mondo di omosessuali felici e orgogliosi,

che si relazionano esclusivamente con loro pari.

 

Sfortunatamente la Cura non esiste.

E le frotte di egodistonici inquinano

le mie conversazioni virtuali...

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gianduiotto

Allora, sono approdato a questo forum dopo una vita da sommerso, da autocastrato da Totò Merumeni ( G. Gozzano). Mi sono colpevolizzato per cose che piano piano mi paiono sempre più inconsistenti e tu parli di Cura ?!

NO, non ci sto.  :)  La cura non esiste semplicemente perché non esiste la malattia. Si curano i malati ; io  sono gay non malato, ergo io non ho bisogno di cure. Mi pare che il mio sia un sillogismo semplice semplice, ma che sta bene in piedi.

Ciò forse di cui ho bisogno è tanto aiuto per imparare ad amarmi, ma non certo di una cura.  :)

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Guest camaleontico

quoto almadel...  :)    basta però con questi topic su una cura che non esiste. ce ne sono pure troppi per i miei gusti. e non mi riferisco a chi lo ha aperto...  :)

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A parte che adoro la tua citazione,

che mi pare sia da "I teologi"

 

In realtà è Tlön, Uqbar, Orbis Tertius, primo racconto in Finzioni.

Un genio immenso, Borges. :)

 

Sarei felice esistesse una cura.

Mi risparmierei centinaia o forse migliaia

di omosesessuali cattolici o destrorsi

che accorrerebbero a "curarsi".

 

Per quanto ci provi, non riesco a non pensare da fenomenologo, e pertanto anche il linguaggio va in quella direzione. Che significato avrebbe una cura per omosessuali? Ci si cura perché credenti, perché si verrebbe meglio accettati, o perché si è, in qualche modo astruso, in regola con la natura. Ma se il genio labirintico di Heidegger qualcosa ci ha insegnato, è proprio l'inconsistenza del , la vacuità (termine mio :)) dell'esistenza inautentica: si pensa, si fa, si crede: ma io? Chi sono io? La cura è recisione della possibilità, è olocausto del proprio essere-nel-mondo, del proprio progetto come apertura all'essere, in nome.. di che cosa? Una delle cose a me incomprensibili.

Oddio, dimmi che non è troppo oscuro..  :roll:

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Sì, sei troppo oscuro.

Cerca di fissare il tuo pensiero,

fingendo che non abbisogni di parole

e queste ti seguiranno per esprimerlo.

 

Immagina che la Cura esista

e immagina le sue conseguenze.

Queste conseguenze coincidono col tuo giudizio.

 

Allo stesso modo io amerei la guerra

se fosse priva di vittime collaterali:

un massacro di marines e talebani?

Sarebbe la mia festa,

 

Anche la Cura farebbe vittime collaterali, però.

Adolescenti spinti - da madri ansiose,

da amici ignoranti, da padri orgogliosi - a curarsi.

Per loro condanno la Cura:

per le vittime collaterali.

 

Tu dici che mancherebbe l'Io:

che non si è più senza omosessualità;

quasi che - divorato il proprio Destino -

venisse digerita la propria Coscienza.

Hai ragione: ma è un gioco.

 

Lascia che la Provocazione

porti all'estrema conseguenza ogni pensiero.

In fondo è Maieutica e una noce di Socrate

vale una foresta di Heidegger :)

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Tu dici che mancherebbe l'Io:

che non si è più senza omosessualità;

quasi che - divorato il proprio Destino -

venisse digerita la propria Coscienza.

 

Esatto, in ogni virgola; in virtù di questo, mancherebbe un senso.

 

Anche la Cura farebbe vittime collaterali, però.

Adolescenti spinti - da madri ansiose,

da amici ignoranti, da padri orgogliosi - a curarsi.

Per loro condanno la Cura:

per le vittime collaterali.

 

Certo, ammettere la curabilità dell'omosessualità sarebbe una catastrofe per le vittime collaterali;

ma lo sarebbe anche per l'omosessualità in sé presa, in quanto esautorata del proprio statuto di possibilità.

 

(Ci provo :))

Un omosessuale può benissimo progettare un mondo, può costruire un'esistenza (autentica) sulla propria omosessualità; [poeticamente] può schiudersi alla vita e forgiane un senso nella propria condizione, può progettare di se stesso proprio in quanto omosessuale.

Il mio timore, alla fine, è proprio questo. Non uno spreco di vittime, per così dire, innocenti, quanto l'eliminazione della sessualità tra persone dello stesso sesso dalle possibilità di chiunque di mettere in piedi una vita; la riduzione a patologia. L'esistenza di una cura determinata, ci renderebbe definitivamente malati.

 

Lascia che la Provocazione

porti all'estrema conseguenza ogni pensiero.

In fondo è Maieutica e una noce di Socrate

vale una foresta di Heidegger :)

 

Sono diffidente, ma chissà.. :roll:

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La Cura non fa la Malattia :)

Altrimenti sarebbe un morbo anche l'Anima

dopo la scoperta della lobotomia;

la Sessualità dopo il bromuro

e la Fertilità dopo la pillola :)

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La Cura non fa la Malattia :)

 

No, certo, ma il processo formale è quello.

Esiste una cura per una malattia a monte, inevitabilmente.

 

Sottoporsi alla chimica significa riconoscersi malati, dunque mancherebbe l'Io, in abdicazione al si.

E la cura non avrebbe alcun senso. :)

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Certo, si riconoscono malati;

ma se Tu non ti riconosci tale

dove sarebbe il problema?

 

Basaglia si fermò al suo campo e la spuntò; per l'omosessuale potrebbe non essere.

Inautentici non avranno accesso alla mia autenticità, ma hanno influsso sulla totalità di progetti che io sono.

Omosessuali guariti mi farebbero molta paura.

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Hinzelmann

Ammettiamo in ipotesi che la cura non faccia malattia,

e che io, non sarei coinvolto dalla sua esistenza ( ed anzi

con un po' di cinismo possa fregarmene dei distonici e dei

repressi che sceglierebbero di curarsi ) : io, ora ed oggi.

 

Resterebbe il fatto che molti di noi vengono dalla malattia

nascono, scoprendosi omosessuali, dall'idea di avere qualcosa

di sbagliato da accettare o dal sentimento di diversità, prima

della scoperta colle proprie pulsioni, della propria omosessualità

( l'infanzia non-eterosessuale ) Io ricordo, certo vagamente,

il senso di sicurezza che mi diede verso i 13 anni l'idea che

l'omosessualità fosse incurabile. Non che l'idea della malattia

mi convincesse, certo però l'incurabilità rendeva inutile la stessa

idea di malattia, l'omosessualità restava un Fatto.

 

L'omosessualità è un orientamento, ma con questo orientamento

si confrontano le identità.

 

Vi sarebbe infine da considerare il fatto che il concetto di cura ad

un livello generale oramai si orienta verso l'idea, vaga ma al contempo

inquietante, di benessere della persona. L'inquietudine nasce dal fatto

che spesso noi non sappiamo in cosa consista il malessere, certamente

non in una malattia in senso stretto ma spesso in quello di efficienza

performativa ( vedi chirurgia estetica--malessere "estetico" etc. etc. )

 

Non è detto neanche che l'esistenza di una cura, svincolata da una

idea rigorosa di malattia, sia poi più tranquillizzante

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una discussione rigogliosa di spunti

che forse rischia di soffocare per il troppo rigoglio

ma non posso esimermi dall'annaffiarla

così diventa una jungla e ci perdiamo tutti  :)

 

il punto di partenza è la presunta cura dell'omosessualità

ma il tema è in realtà assai più ampio

e attiene al senso della "cura"

 

a mio avviso scindere il significato di cura

dal dualismo salute-malattia non ha senso

la cura è ciò che facilita il passaggio da uno stato di malattia (negativo)

ad uno stato di salute (positivo)

è il veicolo che ristabilisce le cose come devono essere, che risana un equilibrio malato

quindi contiene in sè le categorie del bene/male, giusto/sbagliato

e come tale "cura" attiene in un certo senso alla sfera del morale

ed è un concetto intrinsecamente duale

 

ora qui le cose sono in realtà rovesciabili

nel senso che vale anche il viceversa: ciò che non è "curabile" non è malato

ed è questo il motivo per cui, tornando al nostro caso,

il capisaldo dell'omofobo è dire che l'omosessualità è curabile

perché lui (l'omofobo), per quanto ignorante, sà benissimo che se non dimostra la curabilità dell'omosessualità

fallisce anche nell'asserirne la condizione di malattia

 

quello che dici Almadel è rischioso

perché nel momento in cui ammetti l'esistenza della cura

per quanto i suoi effetti possano essere per te piacevoli (liberarti dagli omosessuali egodistonici)

e per quanto tu decida liberamente di non farne uso

devi tuttavia necessariamente cambiare la percezione della tua condizione

ovvero considerarla come "duale" (bene-male, non ha importanza qui se tu consideri l'omosessualità curabile come "bene" o "male")

e per quanto tu possa essere felice di permanere in un polo della dualità

è come se avessi mangiato dell'albero della conoscenza

e quindi immediatamente Dio ti caccia dal paradiso terrestre in cui vivevi prima di conoscere la dualità

e non sapevi neanche di viverci (solo chi vive nella dualità può avere nostalgia del paradiso, del "prima"...)

 

detto per inciso dire per un etero omofobo che l'omosessualità è "curabile"

è rischioso anche per lui per gli stessi motivi di cui sopra

ed anzi se fosse consapevole del rischio

dovrebbe pregare il cielo che non lo sia

 

ci sarebbero infiniti altri spunti

cos'è questo "Dio-che-ti-caccia-dal-paradiso" di cui ho parlato poco fa (no, non è l'uomo barbuto dall'occhio tirangolare)

cosa sia la salute, cosa sia la malattia

di come il concetto di salute-malattia non sia altro che un riflesso della concezione di noi stessi come organismo vivente,

con la contrapposizione tra la concezione meccanicistica (causa/effetto) e quella ecosistemica ("mente" ed evoluzione)

del dualismo e delle modalità percettive del pensiero umano

del dualismo in rapposto al causa-effetto

di come lo spazio/tempo sia il basilare costrutto dualistico della rappresentazione mentale

e viceversa di come il percepire l'esistenza aprioristica dello spazio/tempo sia la base del dualismo

...

come si vede si và molto lontano, forse troppo  :)

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a mio avviso scindere il significato di cura

dal dualismo salute-malattia non ha senso

la cura è ciò che facilita il passaggio da uno stato di malattia (negativo)

ad uno stato di salute (positivo)

è il veicolo che ristabilisce le cose come devono essere, che risana un equilibrio malato

quindi contiene in sè le categorie del bene/male, giusto/sbagliato

e come tale "cura" attiene in un certo senso alla sfera del morale

ed è un concetto intrinsecamente duale

 

Ma non necessariamente o non solo; non v'è una sola prospettiva, l'ambito morale: vi può essere qualcosa di molto più schiettamente pratico, ovvero il dualismo economico utile/inutile, o, un po' forzando, anche quello estetico bello/turpe. La sfera morale è forse la più intaccata (in caso di omosessualità), quella cui più spesso si attinge, ma il dualismo è molto più esteso.

 

il capisaldo dell'omofobo è dire che l'omosessualità è curabile

perché lui (l'omofobo), per quanto ignorante, sà benissimo che se non dimostra la curabilità dell'omosessualità

fallisce anche nell'asserirne la condizione di malattia

 

Esatto; una della ragioni per cui l'accidia non è quasi più nel novero dei Peccati: oggi la chiamiamo depressione.

L'omosessualità, però, ha uno statuto molto diverso dalla comune malattia, in quanto non corrisponde alla definizione data; rientra nell'ordine dei disturbs, almeno secondo alcuni. La curabilità significherebbe trasportarla nel dominio delle scienze naturali, diverrebbe spiegabile e, in seguito, persino guaribile. Insomma, oggettivare l'omosessualità sarebbe ridurla da possibilità a patologia.

 

quello che dici Almadel è rischioso

perché nel momento in cui ammetti l'esistenza della cura

per quanto i suoi effetti possano essere per te piacevoli (liberarti dagli omosessuali egodistonici)

e per quanto tu decida liberamente di non farne uso

devi tuttavia necessariamente cambiare la percezione della tua condizione

ovvero considerarla come "duale" (bene-male, non ha importanza qui se tu consideri l'omosessualità curabile come "bene" o "male")

e per quanto tu possa essere felice di permanere in un polo della dualità

è come se avessi mangiato dell'albero della conoscenza

e quindi immediatamente Dio ti caccia dal paradiso terrestre in cui vivevi prima di conoscere la dualità

e non sapevi neanche di viverci (solo chi vive nella dualità può avere nostalgia del paradiso, del "prima"...)

 

E come dirlo meglio?  :)

 

ci sarebbero infiniti altri spunti

cos'è questo "Dio-che-ti-caccia-dal-paradiso" di cui ho parlato poco fa (no, non è l'uomo barbuto dall'occhio tirangolare)

cosa sia la salute, cosa sia la malattia

di come il concetto di salute-malattia non sia altro che un riflesso della concezione di noi stessi come organismo vivente,

con la contrapposizione tra la concezione meccanicistica (causa/effetto) e quella ecosistemica ("mente" ed evoluzione)

del dualismo e delle modalità percettive del pensiero umano

del dualismo in rapposto al causa-effetto

di come lo spazio/tempo sia il basilare costrutto dualistico della rappresentazione mentale

e viceversa di come il percepire l'esistenza aprioristica dello spazio/tempo sia la base del dualismo

...

come si vede si và molto lontano, forse troppo  :roll:

 

Allora andiamoci; cosa importa? :)

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aggiungo un chiarimento sul discorso della cacciata dal Paradiso terrestre cui accennavo

discorso complicato, non da forum ma insomma ci proviamo

 

la "cura" dell'omosessualità, qualora esistesse, esilierebbe questa condizione nel mondo della dualità

a prescindere da quale sia il binomio che ci piace utilizzare

che sia salute/malattia, bene/male, morale/immorale, etc.

 

il mondo della dualità è il mondo della razionalità, del sillogismo, del principio di non contraddizione, del causa-effetto

ed è ben diverso dal mondo dell'inconscio, che lavora per simboli ed antinomie

riportare la sessualità nel mondo della dualità, ovvero del razionale,

equivale a sottrarle l'aspetto numinoso che è poi quello che noi avvertiamo come "vitale"

e, visto il legame inscindibile tra sessualità ed esperienza amorosa (sia tale legame effettivo/concreto oppure traslato)

il risultato finale sarebbe il traslare l'affettività nel campo del razionale, della coscienza, di ciò che si può "scegliere"

verrebbe inevitabilmente perso l'aspetto fusionale, inclusivo, totalizzante dell'esperienza amorosa

che è ciò che le dà significato

e la rende "fondativa" si tutta l'esistenza in quanto recante "senso"

 

detto molto più semplicemente, verrebbe meno la percezione "religiosa" dell'esperienza amorosa

che accomuna tutti noi e ci fa dire che l'amore è la cosa più importante

nessuno si fà neanche la domanda del perché sia così: è così e basta

l'amore non è definibile in termini razionali, ma è la cosa più importante, quello che dà senso alla vita

di fronte all'amore il perché impallidisce: omnia vincit amor

 

quindi in ultima analisi pretendere di curare l'omosessualità

equivale a sottrarre l'amore dal dominio dell'inconscio

equivale a renderlo un'esperienza "neutra" rispetto ad una possibile scelta "razionale e consapevole"

è l'accettare come acquisita la perdita di senso che ne consegue

è in termini mitici essere cacciati dal Paradiso terrestre

ed è una minaccia per tutti, per gli omosessuali come per gli eterosessuali

 

la contraddizione insita nella condizione umana è questa:

il motivo per cui l'uomo è tale (la razionalità)

è lo stesso motivo della sua più profonda angoscia esistenziale (l'aver perso il "senso")

questa angoscia è superabile solo nell'amore (e questo è quello che dice la nostra comune esperienza ma anche tutte le religioni, che sono da questo punto di vista "terapia")

se trovassimo il modo di ricacciare l'amore nel mondo della razionalità

perderemmo per sempre la possibilità di trovare il senso, di essere "redenti" e di poter accedere di nuovo al "Paradiso"

 

perdersi nella ragionevolezza e nella razionalità, ovvero nel dualismo

equivale in termini psicologici ad una dissociazione tra conscio e inconscio

che è un altro modo per dire di essere esiliati dal Paradiso

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Almadel ahahahhahaha oddio si voglio la cura per i gay repressi!!!! XD

 

Comunque ho avuto un caso per le mani di un prete che distribuiva pippole per curare dall'omosessualità, erano semplici ormoni.....-.-

 

AlX

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Per me, se esistesse una simile "cura", saremmo di fronte a un qualcosa di estremamente importante. Non di buono, ma sicuramente di importante. Un qualcosa il cui peso sulle nostre vite e sulla nostra cultura travalicherebbe l'effetto ovvio sugli sviluppi della questione gay.

Essere omosessuali o eterosessuali è come essere calmi o irascibili, stupidi o intelligenti, superbi o umili; è un tratto del carattere, e fa parte del nucleo fondamentale della persona, probabilmente più ancora dell'essere irascibili o intelligenti. Se spuntasse la possibilità di mutare a piacimento il proprio orientamento sessuale, vorrebbe dire che è diventato possibile mutare a piacimento il proprio carattere, dunque mutare a piacimento ciò che si È.

Se posso diventare etero, allora perché non posso diventare calmo, o modesto, o appassionato di calcio, o privo di ironia e via dicendo? Tutto diventa possibile, l'uomo diventa come nella visione di Orwell, infinitamente malleabile. Malleabile da chi? Dalla sua stessa volontà personale, che però non sempre è saggia e si trova a possedere un potere potenzialmente molto pericoloso; e poi da coloro che possiedono il potere, dunque governi, mass media, chiesa e via dicendo.

Personalmente trovo una simile prospettiva inquietante...

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Se spuntasse la possibilità di mutare a piacimento il proprio orientamento sessuale, vorrebbe dire che è diventato possibile mutare a piacimento il proprio carattere, dunque mutare a piacimento ciò che si È.

 

esatto, il che vuol dire sostanzialmente

ricondurre l'essere sotto l'imperio e l'arbitrio della volontà, della razionalità o del dualismo come dicevo prima

e quindi in ultima analisi NON essere

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Essere omosessuali o eterosessuali è come essere calmi o irascibili, stupidi o intelligenti, superbi o umili; è un tratto del carattere, e fa parte del nucleo fondamentale della persona, probabilmente più ancora dell'essere irascibili o intelligenti. Se spuntasse la possibilità di mutare a piacimento il proprio orientamento sessuale, vorrebbe dire che è diventato possibile mutare a piacimento il proprio carattere, dunque mutare a piacimento ciò che si È.

 

Come già sottolineato, la questione esonda da una cura per omosessuali. Si tratterebbe di negare l'io dietro al fenomeno, una omologazioneinautentica verso ciò che è previsto da qualcuno o qualcosa di non meglio specificato. Un tratto qualunque di ciò che si è, verrebbe destituito da perno di un mondo, per essere reso oggetto: quantità misurabile, manipolabile. Cosa scatenerebbe un intervento di natura chimica, però, nessuno si chiede.

 

All'interno della dualità riportata da Conrad, vi sono le inquietudini più preoccupanti: vi passa tutta la differenza tra uomo e automa. Immaginiamo un essere umano aggiustabile, programmabile chimicamente per fini prestabiliti in anticipo. Diverrebbe una macchina di raffinata fattezza, un robot ad elevate prestazioni. Sarebbe e opererebbe (essere-->operare) un'esistenza costruita, progettata, da altri.

 

Verrebbe meno la componente millenaria dell'irrazionalità, il nucleo autentico e mai attingibile se non mediatamente, il centro non ricusabile, solo recentemente battezzato con inconscio. E con essa il senso. Ma riguardo a questo rimando al concetto di Parasiso perduto, descritto da Conrad prima e meglio di quanto a me sia dato.

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Verrebbe meno la componente millenaria dell'irrazionalità, il nucleo autentico e mai attingibile se non mediatamente, il centro non ricusabile, solo recentemente battezzato con inconscio. E con essa il senso. Ma riguardo a questo rimando al concetto di Parasiso perduto, descritto da Conrad prima e meglio di quanto a me sia dato.

 

ti ringrazio

per chi volesse approfondire questi temi consiglio la lettura di "Risposta a Giobbe" di Jung

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Guest JackSkellington

Non è facile rispondere, perché come ha detto Conrad ci sarebbero troppe cose da esaminare...

Secondo me, venisse scoperta una "cura" per l'omosessualità, anzi per la sessualità in genere (la comunità LGBT è molto ampia), credo sarebbe una cosa spaventosa, una scoperta scientifica importante, senza dubbio, ma spaventosa.

Come avete già detto significherebbe mutare la propria natura, porre un freno ai propri istinti, diventare mere macchine riproduttrici...

Dalla scoperta della "cura", alla sua obbligatorietà il passo è breve, sarò io pessimista o apocalittico, ma provate a immaginare per un attimo cosa significherebbe non sottoporsi alla cura. Si verrebbe considerati dei "malati", sovversivi, magari perseguitati da squadriglie di guaritori; si porrebbe fine a ogni libertà.

Si deve poi considerare che, trovata la cura, in breve si troverebbe anche un vaccino, e così ai neonati, assieme all'antipolio, si inietterebbe anche l'antidevianza...

E poi per poter curare l'omosessualità la si dovrebbe considerare come malattia, ma l'omosessualità non è una malattia, è un tratto con cui si nasce, sarebbe come cercare di curare tutti quelli con gli occhi verdi, o tutti quelli biondi, in base a cosa? Chi decide cosa è giusto e cosa è sbagliato? Perché, allora, non curare l'eterosessualità, perché non curare l'omofobia?

 

Non so se quello che ho scritto ha un senso, e molto probabilmente non ne ha, forse ho detto cose banali e chiedo scusa...

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Dalla scoperta della "cura", alla sua obbligatorietà il passo è breve, sarò io pessimista o apocalittico, ma provate a immaginare per un attimo cosa significherebbe non sottoporsi alla cura. Si verrebbe considerati dei "malati", sovversivi, magari perseguitati da squadriglie di guaritori; si porrebbe fine a ogni libertà.

 

sia tu che D. avete posto l'accento soprattutto sulla possibilità del controllo sociale

e dell'imposizione di questa eventuale cura mediante una violenza esterna

eventualità effettivamente spaventosa

ma contro la quale si può combattere, se mai prendesse corpo

 

io però temo molto di più i mostri che generiamo noi stessi

e ho molta più paura delle scelte autoimposte

di coloro che si farebbero tentare dal "diventare etero" per trovare in tal modo una scorciatoia

(o, tornando nella realtà, di coloro che rincorrono i vari Prof. Nicolosi e le fasulle "cure riparative":

infatti non ha qui molta importanza che la cura sia efficace o meno,

perché è già il volerla perseguire un atto di spaventosa violenza verso sé stessi

un negare la radice della propria affettività, un voler in qualche misura "annullarsi")

 

alla fine, per quanto difficile sia la condizione omosessuale e anche dolorosa (a volte)

è la nostra affettività, la nostra pulsione vitale, e negli anni diventa anche la nostra storia

per noi, come per tutti gli uomini, non c'è "salvezza" al di fuori di quello che siamo

l'unica stretta strada verso la felicità è sviluppare se stessi per quello che si è

e questo solo è portatore di "senso"

 

Non so se quello che ho scritto ha un senso, e molto probabilmente non ne ha, forse ho detto cose banali e chiedo scusa...

 

ma no, tranquillo  :P

anzi mi scuso io se a volte uso argomenti troppo "astratti"

che possono inibire il dialogo  :salut:

ragazzi, non facciamoci inibire  :salut:

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Guest JackSkellington

Anche quello che dici tu conrad è giusto... Certamente chi ha problemi ad accettarsi, si rivolgerebbe senza indugio nei "centri di cura", anche questa è una cosa sbagliata: fare leva sulle debolezze delle persone dicendogli "non ti piace essere omosessuale? Bene noi ti guariamo" è pur sempre violenza... Anche perché a tutti può capitare, anche solo per un attimo, di avere delle difficoltà con quello che si è... Spero veramente non trovino mai una "cura"

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A questo non avevo pensato :salut:

Da un lato la Cura risolverebbe i problemi

dei gay repressi, cattolici e destrorsi;

ma - d'altra parte - mia madre

potrebbe sempre mettermi la Pillola nel caffè!

 

A questo punto cosa fare? Non saprei:

mi cercherei una ragazza, probabilmente.

Il mio ragazzo ci rimarrebbe inizialmente male,

ma poi prenderebbe credo anche lui la Pillola

e ci inviteremo ai rispettivi matrimoni.

 

Visto che non credo che l'omosessualità

sia una "malattia" e che la "normalità" sia etero;

suppongo che - a fianco di questa Cura -

ci sarebbe anche la possibilità

di una cura per l'eterosessualità, suppongo.

 

Anche quest'ultima Cura sarebbe un toccasana.

I maschi etero non potrebbero più dire:

"le donne sono tutte puttane"

né le femmine direbbero più "i maschi sono tutti stronzi".

 

Come diceva Epitteto: "Ricordati che la porta è aperta"

Se una condizione non ti piace, sentiti libero di cambiarla.

 

A me un po' dispiace che gli orientamenti sessuali

esulino dal campo della Libertà

(del Libero Arbitrio, per tornare al tema di Conrad)

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sia tu che D. avete posto l'accento soprattutto sulla possibilità del controllo sociale

e dell'imposizione di questa eventuale cura mediante una violenza esterna

 

Una violenza esterna su uomini, i quali, assecondando tale violenza, diverrebbero

 

coloro che si farebbero tentare dal "diventare etero" per trovare in tal modo una scorciatoia

 

Perché quale altro mai sarebbe lo stupro delle identità, se non ammettere l'omologazione come scorciatoia?

La soluzione di tutti.. è anche la mia.

 

non c'è "salvezza" al di fuori di quello che siamo

 

E non v'è senso se non nel progetto sulle nostre possibilità. Il che - giustamente - è una maniera differente di dire quanto quotato: la felicità, se una sia data, risiede nel nutrimento costante e impegnato dei nostri predicati. Individuare chi o cosa siamo, e farne rigoglio. Se non sussistesse il mio senso, non vi sarebbe alcun senso.

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Guest korio

Non riesco a rispondere a tutto. Quindi aggiungo una visione mia.

 

Il termine "Cura" e "Malattia", impropri o meno, nascono nel senso di caratterizzare un genere.

Anche laddove si neghi la "Malattia" (e la Cura), si indica comunque una etichetta di genere.

 

Si è gay (totalmente, parzialmente, in maniera simpatizzante, omo, bi, tri, etc etc), si ha una etichetta.

E il fatto di accettare l'etichetta, in maniera vergognosa, negativa o orgogliosa e positiva, è in se l'accettare tutto quello che con l'etichetta ci si porta su come "Meme" della società umana, indipendentemente dal periodo storico o dalle caratteristiche locali e culturali:  dalla concezione di malattia, ovvero stato di minorazione (la mancanza di interazione sessuale con la controparte femminile geneticamente adatta all'accoppiamento), rispetto alla normalità (vedi stato di essere di maggioranza della razza in questo caso umana), alla cura, ovvero la rimozione del processo minorante.

E, nota di completezza, no, il dire che non c'è "cura" non implica affatto che non ci sia malattia, ma solo che non esiste un rimedio di risoluzione non letale per l'essere "malato", perché una cura c'è sempre, ad esempio l'eliminazione fisica del malato per contenere il contagio.

 

Tornando all'etichetta, credo che quella sia un po' la questione fondamentale. Fino a che ci si "staziona" un po' tutti su questa etichetta, chiaramente non c'è spazio per il cambiamento. I gay esistono fino a che esiste una distinzione fra diverse affettività ed atteggiamenti e gusti sessuali fra esseri umani.

 

Ma mi chiedo, dalla mia posizione forse privilegiata o forse sfortunata di bisessuale in erba, c'è realmente bisogno di questa etichetta?

 

Ecco, una volta tolta, secondo me sotto non rimane granchè spazio per discriminare o creare problemi di malattie e cure.

 

Certo, mi direte voi, è facile parlare, ma le etichette mica le mettiamo noi. Sono "loro" che ci additano per strada urlando "RECCHIONE!!" come un tempo si urlava "UNTORE!!!" (e chissà se si diceva " quel recchione di untore..")..

 

E' vero. Però mi chiedo se da qualche parte non si debba iniziare..: fino a che esiste nella stessa comunità gay questa forte voglia di posizionarsi, di etichettarsi (e di infilarsi in un ghetto dorato), fino a che sono gli stessi gay (o bisex o tri o etc etc) a limitarsi essi stessi come sottogenere della razza umana invece di lasciarsi liberi di essere quel che sono, in qualche caso ostentando oltre la giusta misura in una sorta di presuntuoso grugno proteso in avanti in sfida al resto del mondo, allora rimarrà dentro malattia e cura.

 

Boh, chissà se mi sono spiegato bene.. altrimenti non fateci caso, sono mezzo ubriaco e più confuso del solito.. ma questa è un'altra storia..

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Chissà perché quando un ragazzo si affaccia in questo mondo

si convince subito che l'etichetta provenga dall'interno della comunità gay.

 

Rifiuta pure di definirti gay:

ma dì a tua madre che hai un ragazzo, cammina con lui per strada;

vai ad abitare con lui e intraprendi un progetto di vita insieme.

Scoprirai che "rifiutare le etichette" non serve a nulla.

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Chissà perché quando un ragazzo si affaccia in questo mondo

si convince subito che l'etichetta provenga dall'interno della comunità gay.

 

 

 

introiezione-proiezione  :kiss:

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anche le cose totalmente inutili :kiss:

 

 

Si è gay (...), si ha una etichetta.

E il fatto di accettare l'etichetta, in maniera vergognosa, negativa o orgogliosa e positiva, è in se l'accettare tutto quello che con l'etichetta ci si porta su come "Meme" della società umana

 

hai detto una cosa totalmente sbagliata, le etichette sono definizioni e sono tali anche se non le accetti. sono dati di fatto ed è inutile farsi paranoie perché non lo si accetta. prima si inizia a smettere a cosa pensano gli altri prima si vive la propria sessualità tranquillamente.

 

Ah comunque, non essendo una malattia il concetto di cura nei confronti dell'omosessualità semplicemente non esiste.

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