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Idiozie - Racconti-


WistonSmith

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Inserisco anch'io qualche (a poco a poco, quando li ritrovo) mio elaborato, con tutti i loro errori, e le mie lacune.

Prima amavo parecchio esorcizzare le mie paure scrivendo, piccole scene, fantasie che mi nascevano sul momento e cogliendo la palla al balzo riproponevo nero su bianco.

 

La lettera

 

 

«E' arrivata... una lettera.»

E fu in quel momento che sprofondai nel più tetro degli abissi. La paura mi trascinò via con se, mentre fissavo attonita la busta che lui fra le mani tremanti mi porgeva. Che senso avrebbe avuto leggerla? Non "una" lettera qualsiasi, ma quella stessa lettera per cui pregavo giorno e notte affinché questa non giungesse mai a destinazione. E invece eccola qua.

Mi bastò solo posare lo sguardo sugl'occhi chiari di lui per capire che era giunto il momento. La prima cosa a cui pensai fu scioccamente che si trattasse solo di un ennesimo incubo, "sì" dissi fra me e me, nell'intimo silenzio dei miei pensieri, "adesso mi sveglio e della lettera non ci sarà alcuna traccia, come sempre.".

« Una settimana...» Interruppe il filo dei miei pensieri, infrangendo ogni mia speranza, la luce di una candela che vacilla per poi lasciare solo l'odore acre del fumo. « il treno partirà dalla stazione di marsiglia.» Proseguì lui, ed io feci altrettanto, mantenendo il silenzio, benché avessi tante cose da dire, se il terrore non avesse paralizzato ogni muscolo del mio corpo.

 

Non andare.

Gli avrei voluto dire.

Scappiamo, prima che sia troppo tardi.

Ma le mie labbra rimasero chiuse.

 

« Sulle Alpi, è lì che mi manderanno... nei pressi di Queyras.» E rise. Se non lo avessi conosciuto bene, avrei pensato che fosse pazzo, e invece capì subito che si trattava d'un sorriso nevrotico, e sapevo il perché; il destino è a volte ironico quanto maligno, come potè ordire una coincidenza così meschina? Sulle Alpi...

«Almeno potrò portare i fiori a mio padre.» Interruppe ancora una volta i miei pensieri, cercando di consolarsi. Una di quelle cose che avrei dovuto fare io, e invece, il silenzio continuò a dominarmi. Impietrita fissavo quell'uomo che promise di sposarmi in un freddo pomeriggio primaverile, sui prati in fiore su cui giacemmo per ore stretti in un caldo abbraccio.

Mentre le immagini di ciò che è stato si confondevano con i timori di ciò che sarà nella mia mente, fissai le sue mani febbrili mentre ripiegava con poca cura la lettera riponendola poi nella tasca della propria giacca a vento.

Dunque, è così che deve andare? Quasi come se m'avesse letto nella mente disse: « Per favore... ti prego, non pensare mai che io... » Cercò le mie mani, io annuii, mi attirò a se e mi strinse, e poi tacque. Restammo in silenzio per parecchi minuti, mi sentì incapace di intendere e di volere, e tutto ciò che desiderai fu solamente che il tempo si fermasse in quell'istante, per godere di quell'abbraccio per il resto dei miei giorni, e invece lui si dissolse fra le mie braccia, come se le mie lacrime deludendo la sua richiesta lo avessero sciolto a causa di una promessa infranta. Mi scivolò via fra le mani, non lasciò alcuna traccia che le mie dita potessero afferrare, rimasi sola, sul letto vuoto, e le serrande chiuse, nel buio della mia stanza, nel silenzio di un incubo concluso ma che ha lasciato una traccia indelebile al suo passaggio, una ferita al cuore, una ferita reale. Solo un incubo.

Con l'alternarsi delle stagioni, con il susseguirsi del giorno e della notte, un incubo che non cambia mai forma, non muta mai colori e sensazioni.

Mi alzai solo quando le fitte al petto si fecero più deboli, abbastanza da permettermi di muovermi a tastoni, lentamente, cercando con entrambe le mani le pareti della mia stanza spoglia, raggiunsi la finestra che con abituali quanto meccanici movimenti aprirono le persiane. La luce innondò la stanza, accecando i miei occhi abituati al buio della notte, come fuoco arse ogni mia paura, diradò le ombre degl'incubi, e respirai profondamente la gelida aria che mi liberò il petto da quel nodo che mi appesantiva. Quando riaprii gli occhi scorsi una figura, sul ciglio della strada sottostante, a testa bassa marciava a passo lento e titubante verso l'ingresso di casa mia, quasi incerto nel passo quell'uomo aveva fra le mani delicate una lettera.«N-no... ».

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WistonSmith

Altro sogno, altro racconto folle.

Sicuramente influenzato dalle letture di quel periodo; un misto fra ombrati (eredi di shannara -Terry Brooks),peter pan (Barrie) e racconti lovecraftiani.

 

 

Tra sogno e Realtà

 

Sono ombra tra le tenebre.

Sono alito nel vento.

Sono l'assordante silenzio della notte.

 

Come lente, e morbide, volute di fumo discendo dai tetti e dai comignoli sulla tua dormiente città, che infingarda attende il nuovo giorno, mentre la pioggia batte sulle vie spoglie e scure, lavando e portando con se il malessere di vivere, quella noia e disperazione, che tu devi dimenticare, e mai più incontrare.

 

E vengo a cercarti.

 

Trascinato da correnti d'aria mi lascio trasportare, rapido, in vellutate spire di frenesia, mentre lo sguardo spazia in un istante, scrutando attraverso tutte le finestre, alla ricerca di quella che mi attira verso se; sento il suo richiamo, avverto il suo bisogno del mio, e il mio bisogno del suo.

 

E' follia, è desiderio, è passione.

E' solo amore.

 

L'intera città dorme, mentre la notte asseconda i miei spostamenti, e il vento spinge la mia ombra sempre più veloce, ed accorcio la distanza fra noi, osservando impaziente i sogni della gente, che si avviluppano come edera nei miei pensieri, affollandosi di banalità e stupidità, e grido, quando il peso dell'idiozia di cui mi fanno fardello diviene a me insostenibile, grido impaziente, e grido di strazio per elargirti il mio richiamo. Ma è solo silenzio nella notte. E' solo alito nel vento. E poi d'improvviso, quando meno me l'aspetto, mentre me ne sto fermo e in ascolto dei tuoi sogni, la matassa si sbroglia, rivelandomi il paradiso, aprendosi, dinanzi a me, come le porte dell'Eden. E benché io sia l'ombra dei tuoi sogni, non temo la tua luce!

Ti sento. Sento l'odore dei tuoi sogni.

Vedo non indistintamente le tue debolezze.

In impicchiata, alla velocità di una folata di vento, sorvolo con in indifferenza i sogni dei Grandi, sorridendo a quelli dei fanciulli, e alla loro fantasia, e giungo a te in un attimo.

Scivolo attraverso la tua finestra, come se non esistesse muro che io non possa valicare - così è, finché la tua necessità di me permetterà l'impossibile d'essere possibile, e la fantasia di essere più reale, della realtà stessa.-.

Dentro la stanza il tuo profumo permea qualunque cosa, e qualunque cosa attira la mia attenzione, fin tanto che poso lo sguardo su ogni angolo e oggetto finché non incrocio il tuo sonno; ed è solo allora che comprendo il cantico dei poeti, le parole dei romanzieri, e i ritornelli dei cantori, innamorati!

Dunque, è questo, ciò di cui farneticano?!

Intimorito, dall'insolito tambureggiare, di qualcosa all'interno di me, con una costanza ritmica a me prima d'ora sconosciuta, cammino piano, i passi provocano fruscii inaspettati, il mio respiro nasce e cresce in una maniera a cui non so dare spiegazione. Mi accosto al tuo capezzale col terrore d'essere sentito. -Ma sono ombra! Com'è possibile? -

Le domande non trovano posto in me, soverchiate dal bisogno di vegliare il tuo sonno indifeso, i tuoi sogni deboli di donna. S'alzano i miei tentacoli su di te, e quand'appena sfiorano i tuoi capelli mutano, prendono forma di arti e di mani, e possono, così, avvertire al tatto il tuo calore, la pelle madida di sudore all'altezza della tua fronte, delle tue guance arrossate, per via di sogni che provocano nel tuo incoscio imbarazzo, ma che io non comprendo, come non mi spiego il motivo per cui la mia anima prende forma, poi colore, e ancora assume una sembianza comune e come tante altre consapevole e debole, indifesa e impaurita.

I sogni si dissolvono attorno a me, e non vedo altro che te, non sento altro che il tuo respiro crescere in petto, mentre la mia mano scivola lievemente sulla tua pelle, umida e vellutata, non avverto più debolezze, non sento più nulla se non umani sentimenti. Devo stare in silenzio per non interrompere il tuo sonno, fatto di sogni segreti, che ormai solo tu puoi conoscere. Non percepisco più nulla. Non temo ciò che sono diventato ma avverto il bisogno di restare lì, a guardare, a vegliare sul tuo corpo mentre dormi, in attesa di una nuova alba, in attesa di incrociare il tuo sguardo alla luce del sole, da cui da tanto mi sono tenuto lontano.

Solo per te, sopporto il peso dei sentimenti, del sonno, e delle debolezze, della noia e della disperazione, in attesa che ti desti, presentandomi a te; Reale e vero, come non lo sono mai stato.

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Il primo mi è molto piaciuto,

il secondo è solo un divertissement onirico.

 

Se mi vuoi bene, evita le locuzioni logore

e sostituiscile con qualcosa di più esotico.

 

Sogno un mondo in cui la luce di una candela non vacilli,

l'odore del fumo non sia acre, in cui le tracce non siano indelebili,

la pelle non sia vellutata o le stanze non siano spoglie.

 

Nel complesso comunque la maggior parte delle immagini sono ricercate

e in operette di questo genere le immagini sono tutto (è evidente):

alcune peraltro sono piuttosto efficaci.

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WistonSmith

:bah: Grazie Alm.

 

Di lacune ne ho parecchie, lo so bene.

Ritoccare qualcosa che ho scritto mesi fa è una cosa che proprio non mi riesce. Quasi come se non l'avessi scritto io.

O, comunque, quell'immagine, non l'ho più nella testa.

Ma seguirò i tuoi consigli la prossima volta che mi vien qualcosa in mente!

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  • 2 weeks later...

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