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Il matrimonio gay in Italia: prossimo passo


Loup-garou

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Loup-garou

ATTENZIONE: Quello che segue è un post estremamente lungo. Se non avete il tempo o la voglia di leggerlo, vi conviene fermarvi subito.

 

Ok, parliamo di matrimonio gay in Italia. Purtroppo il tentativo di rivolgersi alla Corte costituzionale è stato un buco nell’acqua, che ci lascia con la domanda “Che fare ora?”. Ebbene, esistono tre modi tramite cui il matrimonio gay potrebbe finalmente esistere anche in Italia:

- Approvazione di una legge. Direi che, visto l’andazzo di questi ultimi anni, si può a ragione dire “aspetta e spera”. Si tratta ad ogni modo di qualcosa che è oltre il nostro controllo, l’unica cosa che possiamo fare è fare pressione sui nostri politici (e votare bene!).

- Dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale del divieto implicito al matrimonio gay. Purtroppo questa strada non ha funzionato. Non che non si possa tentare nuovamente in futuro, ma direi che per gli anni immediatamente a venire è una strada preclusa. Inoltre, già qui sul Gay-forum, si è notato un atteggiamento di diffidenza dilagante verso questa strada, in parte perché sarebbe non democratica, in parte per la mancanza di fiducia nella capacità del Governo di adattarsi alle decisioni della Corte (non del tutto a torto).

- Referendum. Di questa strada vorrei parlare in questo topic. Stranamente, non ho trovato da nessuna parte qualcuno che contemplasse quest’eventualità. Si tratta di una strada estremamente difficoltosa, ma penso che valga la pena se non altro parlarne.

 

Nel topic che segue illustrerò i vari passaggi di un referendum e i problemi connessi con ogni fase.

 

FASE 1: IL QUESITO

 

Può sembrare una fase scontata, ma già qui si presentano i primi problemi. In Italia, il referendum a proposta popolare può essere esclusivamente abrogativo. Questo vuol dire che non sarebbe possibile indire un referendum in cui, direttamente, si chiede se si vuole estendere l’istituto del matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso, o equivalenti.

Esiste, tuttavia, un espediente per risolvere questo problema. Oltre che intere leggi, con il referendum abrogativo è possibile abrogare singole parti di una legge e, in particolare, singole frasi o parole di una legge. In questo modo, eliminando parti di frase del testo di una legge è possibile manipolare, con un minimo di accortezza, il testo normativo.

Ho provato a cercare e modificare le norme, e ne è venuto fuori un quesito referendario di questo tipo:

 

Volete voi che siano abrogate le seguenti leggi:

art. 87 c.c., comma 1, n. 3, limitatamente alle parole “e la nipote, la zia”;

art. 89 c.c., comma 2, limitatamente alle parole “in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio siano stati pronunciati in base all'art. 3, n. 2, lett. :ok: ed f), della L. 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo” e alle parole “di uno”;

art. 107 c.c., comma 1, limitatamente alle parole “rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite”;

art. 108 c.c., comma 1, limitatamente alle parole “di prendersi rispettivamente in marito e in moglie”;

art. 143 c.c., comma 1, limitatamente alle parole “il marito e la moglie”;

art. 143 bis c.c.;

art. 156 bis c.c.;

art. 4 legge 164/1982, limitatamente alle parole “Essa provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso. Si applicano le disposizioni del codice civile e della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni.”;

art. 3 legge 898/1970, n. 2, lettera f.

 

Vediamo le singole norme più nel dettaglio:

 

art. 87 – Questo articolo riguarda i casi in cui il matrimonio è vietato per il rapporto di parentela che lega i due coniugi. Trattasi del divieto di matrimonio incestuoso. L’unico caso che ci interessa è il caso n. 3, ovvero:

 

Non possono contrarre matrimonio fra loro:

(…)

3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote;

Nel suo riferirsi alle coppie zio-nipote femmina e zia-nipote maschio, l’articolo avvalla l’interpretazione che il matrimonio è solo tra uomo e donna. La mia proposta consiste quindi nel fare la seguente modifica:

 

Non possono contrarre matrimonio fra loro:

(…)

3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote;

In questo modo, i termini “zio” e “nipote” vengono usati in modo neutro e si possono riferire indifferentemente a donne e uomini (sì, la nostra lingua è maschilista, ma questo è un altro discorso).

 

art. 89 – Questo articolo riguarda la cosiddetta commixtio sanguinis. Alla donna è di regola vietato risposarsi prima che siano passati 300 giorni dallo scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. In questo modo si evita un “cortocircuito” nella presunzione di paternità tra i due mariti, la commixtio sanguinis appunto. L’articolo attualmente recita:

 

Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio siano stati pronunciati in base all'art. 3, n. 2, lett. :D ed f), della L. 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi.

Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio quando è inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta da sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie, nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'art. 84 e del comma quinto dell'art. 87.

Il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata.

 

Nel suo riferirsi alla “donna” e al di lei “marito”, l’art. 89 fa parte di quegli articoli che possono suggerire il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso. La mia proposta sta nel fare la seguente modifica al primo comma:

 

Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio siano stati pronunciati in base all'art. 3, n. 2, lett. :ok: ed f), della L. 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi.

In tal modo il tempus lugendi (cioè il periodo di attesa della donna) non si applica quando la coppia, considerata nel suo complesso, non è in grado di generare. In questo modo il caso della donna in una coppia lesbica risulta contemplato, e il successivo riferimento al “marito” diventa innocuo.

Mi rendo conto che è una modifica molto poco ortodossa, sia perché la frase risultante è sgrammaticata, sia perché l’impotenza della legge è normalmente riferita alla disfunzione fisica. Ma non sapevo che altro inventarmi.

 

art. 107 – Veniamo ora a uno degli articoli clou: la celebrazione del matrimonio.

 

Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla presenza di due testimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi degli artt. 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio.

L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione.

 

Come si vede, la formula fa chiaramente riferimento al fatto che gli sposi si prendono rispettivamente in marito e in moglie. L’ideale, ovviamente, sarebbe stato trasformare la frase in “la dichiarazione che esse si vogliono prendere in marito o in moglie”. Ma, come detto sopra, il referendum può essere solo abrogativo, e non è possibile nemmeno cambiare una semplice “e” in una “o”. Ecco quindi l’alternativa del primo comma:

 

Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla presenza di due testimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi degli artt. 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio.

In questo modo il problema del “marito e moglie” è risolto e la frase finale ha un senso compiuto. L’effetto collaterale è un’ulteriore modifica della forma di celebrazione: mentre prima il matrimonio era concluso solo dopo che l’ufficiale dichiarava le parti unite in matrimonio, ora di questa dichiarazione non c’è più bisogno. Poco male: vorrà dire che se l’ufficiale schiatta prima di poter rispondere alla vostra dichiarazione sarete comunque sposati.

 

Art. 108 – Viene qui ripresa la dichiarazione dell’articolo precedente:

 

La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e in moglie non può essere sottoposta né a termine né a condizione.

Se le parti aggiungono un termine o una condizione, l'ufficiale dello stato civile non può procedere alla celebrazione del matrimonio. Se ciò nonostante il matrimonio è celebrato, il termine e la condizione si hanno per non apposti.

 

In questo caso la modifica è più semplice e indolore. Basta eliminare l’inciso del primo comma in questo modo:

 

La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e in moglie non può essere sottoposta né a termine né a condizione.

 

Art. 143 – Altro articolo clou, visto che si tratta del cuore stesso dell’istituto matrimoniale.

 

Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.

Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione.

Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.

 

Anche qui si fa riferimento, al primo comma, a marito e moglie. La frase non è di facile modifica. È impossibile eliminare completamente il primo comma, non solo perché metterebbe in discussione la parità dei coniugi, ma anche perché questo rischierebbe di far dichiarare il referendum incostituzionale per contrasto all’art. 29 Cost. (vedi fase 3).

La mia proposta, anche qui poco ortodossa, è di sfruttare il titolo dell’articolo e la capacità della lingua italiana di sottintendere il soggetto:

 

Art. 143 Diritti e doveri reciproci dei coniugi

Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.

Visto che nel titolo si parla di “diritti e doveri dei coniugi”, non dovrebbe essere arduo immaginare quale possa essere il soggetto della frase.

 

Art. 143 bis/art. 156 bis – Questi due articoli si riferiscono al fatto che la moglie aggiunge il cognome del marito al proprio.

Qui non è possibile effettuare parziali modifiche: l’unica soluzione, tenuto anche conto del maschilismo delle norme, è di eliminarli tout court. (Notare che questo modifica solo l’aggiunta del cognome del marito a quello della moglie; le norme sui cognomi dei figli rimangono invariate).

 

Altre leggi

 

Le ultime due leggi speciali riguardano il matrimonio nullo per avvenuto cambio di sesso di uno dei due coniugi.

Dal referendum ho tenuto fuori due categorie di articoli.

La prima è quella degli articoli riferiti alla filiazione, a cui Corte costituzionale, nella sua recente pronuncia, ha pure fatto riferimento nella sua argomentazione. Qui non ci sono molte modifiche possibili da fare. Eliminata però ogni altra fonte di discriminazione, si potrebbe facilmente concludere che questi articoli disciplinano solo la coppia eterosessuale perché è l’unica che può avere figli naturali. Dopotutto, lo scopo primario del referendum è consentire al popolo di esprimersi su una domanda equivalente a “Volete voi che il matrimonio tra persone dello stesso sesso sia consentito?”. Il significato del referendum è indubbiamente quello, quindi non credo che ci si arrampicherebbe troppo sugli specchi, nel caso in cui il voto popolare puntasse in una certa direzione (su questo argomento, vedi fase 4).

Il secondo problema riguarda l’adozione. Anche qui, la legge fa riferimento alla diversità di sesso dei coniugi (ad esempio, art. 299 c.c., comma 3). Il problema è che i sostenitori dell’adozione da parte di coppie gay sono sensibilmente inferiori rispetto ai sostenitori del matrimonio gay. Se vogliamo sperare di avere perlomeno una chance, quindi, ci conviene soprassedere sulla questione adozione, almeno per il momento.

 

Oltre a questo, bisognerebbe cercare se esistono altre leggi speciali che fanno riferimento al sesso dei coniugi. La mia ricerca è stata piuttosto grossolana e superficiale.

 

FASE 2: PROMOTORI E RACCOLTA FIRME

 

Il referendum a richiesta popolare deve partire da un gruppo di almeno dieci cittadini iscritti nelle liste elettorali (cosiddetti promotori), i quali devono depositare presso la cancelleria della Corte di cassazione il quesito del referendum. Tale richiesta va depositata tra il 1º gennaio e il 30 settembre di qualsiasi anno, ad eccezione dell’anno precedente alla scadenza ordinaria della legislatura e dei sei mesi successivi alla convocazione dei comizi elettorali. La notizia verrà quindi pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Entro i tre mesi successivi vanno raccolte 500.000 firme autenticate e depositate presso la cancelleria della Cassazione.

I problemi relativi a questa fase sono quindi:

- Trovare i dieci promotori;

- Trovare qualche associazione, partito o altro canale che renda possibile la raccolta delle firme.

 

FASE 3: LEGITTIMITÀ

 

A questo punto la proposta del referendum subisce il seguente iter:

- L’Ufficio centrale per il referendum della Cassazione valuta la conformità alla legge delle richieste. Entro il 31 ottobre può rilevare le eventuali irregolarità, che possono essere sanate. Entro il 15 dicembre emette la decisione definitiva sulla legittimità dei quesiti.

- A questo punto, la palla passa alla Corte costituzionale per il giudizio di ammissibilità (conformità alla Costituzione). La Corte decide entro il 10 febbraio dell’anno successivo.

- Una volta passato il doppio scoglio di legittimità, il Presidente della Repubblica fissa il giorno della votazione tra il 15 aprile e il 15 giugno.

Il più grande pericolo di questa fase non viene tanto dai giudici, quanto dal Parlamento. Due cose possono accadere:

- In caso di scioglimento anticipato delle Camere (crisi del governo Berlusconi), il procedimento è sospeso e riprendere un anno dopo le elezioni. Eventualità non tanto grave: il referendum viene solo spostato nel tempo. Se il governo Berlusconi crolla, io certo non mi lamento.

- Nel caso in cui le leggi oggetto del referendum vengano modificate. Il Parlamento potrebbe bloccare quindi il procedimento modificando, anche di poco, gli articoli sopracitati del codice civile. Tuttavia, esiste una via di fuga a questo espediente. La Corte costituzionale ha deciso, nella sentenza 69 del 1978, che i promotori del referendum possono sollevare conflitto di attribuzione contro l’Ufficio centrale della Cassazione quando questi blocchi il procedimento a seguito dell’emanazione di una legge che non modifichi “né i principi ispiratori della complessiva disciplina precedente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti”. Anche in questo caso, quindi, il massimo che potrebbero fare è far perdere tempo.

 

FASE 4: VOTO

 

Veniamo qui alla parte più delicata e importante. Due sono le questioni principali: il quorum e i voti.

 

Un referendum abrogativo è valido solo se alla votazione prendono parte il 50%+1 degli aventi diritto al voto. Come per dire: non bastano i SI, occorrono anche i NO per vincere i referendum. Questo pone due problematiche importantissime:

- Quanti sono gli aventi diritto? Può sembrare una domanda banale, ma nei casi in cui si raggiunga la “fascia quorum” diventa indispensabile. E sappiamo che giocare con i numeri viene molto facile ai nostri governanti (ricordate il milione di persone sceso in piazza per dare sostegno a Berlusconi?).

- Poiché questo è un tema su cui la Chiesa starà tutt’altro che zitta, possiamo stare sicuri che la risposta che darà sarà la solita: “Non andate a votare”. E se la gente l’ascolterà in massa, purtroppo la strategia funzionerà, come ha già funzionato in passato.

Anche ipotizzando di poter raggiungere il quorum, comunque, il risultato è tutt’altro che scontato.

Nell’ipotesi in cui il quorum venga superato di strettissimo margine (ipotesi a noi più favorevole) e in cui nessuna scheda sia nulla, però, ci occorrerebbe il 25%+1 degli aventi diritto che vota SI. Ora, è vero che l’Italia è un Paese omofobo, e non vorrei essere troppo ottimista, però credo che una persona su quattro favorevole al matrimonio gay la si possa trovare.

 

Tracciando una valutazione finale e detto con estrema franchezza: è estremamente difficile vincere un simile referendum. E allora perché provarci. Per quattro motivi:

- Perché esiste comunque una possibilità. Se si riesce a superare il quorum, la partita è tutta aperta (tenuto anche conto del fatto che l’astensionismo, quorum o non quorum, sarà comunque rilevante). E avere anche solo una possibilità, al modico costo di sbattersi un po’ per la raccolta firme, mi sembra un gioco che vale la candela.

- Per contarci. In un Paese cattolico di default come il nostro, credo che far prendere coscienza del nostro numero (e non parlo solo degli omosessuali, ma anche dei gay-friendly), anche se non maggioritario, possa solo portare beneficio. E magari incentivare qualche partito a volersi accattivare questa parte degli elettori.

- Per non allentare la pressione, mediatica e non, sul matrimonio gay. L’idea sarebbe quella di andare avanti a martellare sull’argomento, finché finalmente qualcosa non verrà concesso.

- Per fare qualcosa. Non so voi, ma io non mi sento tranquillo standomene tranquillo e fiducioso ad aspettare che qualcuno faccia qualcosa per noi. Non lo trovo moralmente corretto. Il matrimonio gay è una cosa che riguarda noi, e dobbiamo essere noi i primi a darci da fare. Vorrei che nel futuro, quando sarà una realtà, la conquista del matrimonio gay venga ricordata come una strenua battaglia combattuta dagli omosessuali. Non una gentile concessione del politico di turno.

 

È da molto tempo che rifletto su questa idea, e dopo il flop del ricorso alla Corte costituzionale, sento che il arrivato il momento di confrontarmi.

Quindi, in conclusione, cosa vi chiedo in questo topic? Principalmente tre serie di opinioni:

- A chi è in grado (ciao Hinzelmann! :ok:), una valutazione di tipo tecnico.

- Sapete dirmi se esistono associazioni, partiti o altro che potrebbero consentire la realizzazione di tutto questo (promotori e raccolta firme)?

- Che cosa ne pensate? Forse c’era un motivo valido per cui non ho trovato proposte di questo genere? Pensate valga la pena provare o quest’idea è solo il frutto di un idealismo ingenuo?

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Frattaglia

Pensavo che i referendum potessero essere anche propositivi. Non ci sono anche le proposte di leggi popolari?

 

Ad ogni modo hai fatto un lavorone studiandoti le leggi e... beh, io sono dell'idea del perchè non provare?

Riguardo alle associazioni, si potrebbe sentire Certi Diritti (ma poi insomma, di associazioni gay ce n'è una pletora, quindi...).

Si, neanche a me piace stare qui con le mani in mano in attesa che succeda qualcosa, dopo la bocciatura della proposta di legge... se fosse veramente possibile, anche solo per dare uno scossone politico, io ci sto :ok:

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Hai contemplato il rischio

che il probabile non raggiungimento del quorum

diventi un'arma contro di noi?

 

Chi finanzierebbe la campagna?

Certi Diritti? ArciGay? Il Mieli?

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Hinzelmann

Lodevole l'impegno...onestamente sono stanco e passare in rassegna

ogni norma per verificare se l'abrogazione manipolativa produce risultati

inequivoci, è cosa che eventualmente rimando in un secondo momento.

 

Diamo per scontato che il referendum sia ammissibile e che si riesca a presentarlo.

 

Resta il fatto che tutti gli ultimi referendum hanno fallito il quorum ed in un caso

come questo si potrebbe sperare solo in un appoggio del Partito Radicale, temo

( ma diciamo temo a ragion veduta...) che la Chiesa costituirebbe un comitato

del NO finalizzato a promuovere l'astensione ( l'han già fatto con la fecondazione

assistita )

 

Se su un problema che interessava tutte le donne e con un tiepido appoggio, ma

pur sempre con un appoggio, dei DS e della sinistra  "radicale" si è fatto il 25,6%, qui

senza il PD e al più coi Radicali e forse i Socialisti e Sin&Libertà si rischia il 5%

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Loup-garou

Pensavo che i referendum potessero essere anche propositivi. Non ci sono anche le proposte di leggi popolari?

 

Il popolo può fare proposte di legge al Parlamento tramite iniziativa legislativa, ma sono appunto solo proposte: il Parlamento non è nemmeno obbligato a discuterle, può semplicemente ignorarle.

Completamente diverso da un referendum propositivo, che in Italia non esiste.

 

Hai contemplato il rischio

che il probabile non raggiungimento del quorum

diventi un'arma contro di noi?

 

Valutazioni finali, secondo trattino.

 

Chi finanzierebbe la campagna?

Certi Diritti? ArciGay? Il Mieli?

 

A parte le trasmissioni televisive vicino alla data dell'ipotetico referendum, si affiderebbe più che altro alla buona volontà di ognuno. D'altronde, sono scettico sul fatto che una campagna possa far cambiare idea alla gente su questo argomento. Infatti, uno degli obiettivi del referendum sarebbe appunto vedere quanti pensano cosa.

 

Resta il fatto che tutti gli ultimi referendum hanno fallito il quorum ed in un caso

come questo si potrebbe sperare solo in un appoggio del Partito Radicale, temo

( ma diciamo temo a ragion veduta...) che la Chiesa costituirebbe un comitato

del NO finalizzato a promuovere l'astensione ( l'han già fatto con la fecondazione

assistita )

 

Se su un problema che interessava tutte le donne e con un tiepido appoggio, ma

pur sempre con un appoggio, dei DS e della sinistra  "radicale" si è fatto il 25,6%, qui

senza il PD e al più coi Radicali e forse i Socialisti e Sin&Libertà si rischia il 5%

 

Sul fatto del quorum e dell'opposizione della Chiesa, sono cosciente del problema. Probabilmente il referendum non passerà, ma credo che sia importante almeno provarci.

 

Sui partiti... Credo che quelli che ci appoggerebbero sono quelli di estrema sinistra, Sinistra&Libertà e Italia dei Valori (visto che sono stati quelli che l'hanno fatto alla manifestazione Uguali dell'anno scorso).

Però, forse sono ingenuo io, credo che sopravvaluti l'importanza dei partiti. Che partiti vota la gente dà indicazioni su come la pensa, non viceversa. Il tuo esempio mi fa pensare esattamente questo: nonostante l'appoggio di tutti quei partiti, la gente ha votato di testa sua. E visto che la gente, più si parla di bambini, più diventa conservatrice, penso che l'appoggio al matrimonio gay possa essere superiore.

In sintesi, si tratta di temi etici: non credo che la gente si affidi ai partiti per lezioni di etica. Per questioni "astruse e complicate" sì, ma per questo no. E il referendum sulla fecondazione per me ha dimostrato esattamente questo.

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Caspita, hai fatto veramente un lavorone di ricerca encomiabile!  :ok:

Ho letto tutto e credo che l'impostazione abrogativa del referendum sia purtroppo "castrante", nel senso che, come hai avuto modo di evidenziare anche te, certi articoli devono essere stravolti sul filo del rasoio o stralciati tout court a causa dell'impossibilità di modificarli in maniera più articolata.

Ammettendo pure che tali rimaneggiamenti siano accettati e il quesito sia ammissibile dal punto di vista tecnico, adesso come adesso vedo purtroppo abbastanza complicato soddisfare le altre esigenze fondamentali: raggiungere il quorum e la maggioranza dei votanti.  :ok:

Tale campagna potrebbe essere sostenuta da chi?!? Arcigay??? Uhm... il panorama delle associazioni omosessuali italiane lo vedo ora come ora troppo frammentato: o si riesce a coalizzare tutti attorno al progetto, finendola con personalismi senza capo nè coda (vedi Pride di Roma di prossima venuta), o la raccolta firme sarà lunga e difficile.

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giovane12345

il primo passo è legge anti omofobia che poi è una legge anche antieterofobia... infatti tanti nn sanno (per tanti intendo quelli della lega che nn pensano prima di parlare) che la legge che nn è passata aggrava le aggressioni a causa dell'orientamento sessuale nn solo quelle contro l'omosessualità.... se io uccido uno dicendogli eterosessuale di m....... è la stessa cosa.... ma questo tanti (e per tanti intendo sempre quelli della lega) nn lo capiscono....

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  • 2 weeks later...
Fabio Castorino

Mi pare che tutte e tre le vie siano precluse, almeno per i prossimi anni:

1) per la legge non c'è nemmeno lontanamente una maggioranza in Parlamento, e non ci sarà nemmeno se alle prossime elezioni vincesse il centro-sinistra (che al massimo proporrà di nuovo PACS o DICO);

2)perchè la Corte maturi un cambio di giurisprudenza ci vuole tempo;

3)per il referendum neanche a parlarne, non si raggiungerebbe mai il quorum e cmq la campagna referndaria verrebbe usata per fomentare un tale clima di odio contro i gay che le conseguenze potrebbero essere disastrose e mettere in serio pericolo la nosta incolumità fisica.

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  • 1 year later...
Icoldibarin

Una proposta decisamente ambiziosa degna dei migliori complotti!

Anche se purtroppo credo che necessiti di un referendum trainante, gli italiani sono pigri, questo è un enorme problema, non solo per i diritti GLBT*

 

Il vero problema è che se è vero che il 60% degli italiani sarebbe favorevole ai matrimoni gay, c'è un 80% di questi che dorme benissimo la notte anche senza e non si fa problemi a votare un partito che non ha come obiettivo il miglioramento dei diritti LGBT* o peggio li ostacolano.

Quando i partiti capiranno che a loro sarà più favorevole essere a favore piuttosto che contro allora saranno tutti incredibilmente amici degli omosessuali, è quindi degli opportunistici partiti che dovremmo disfarci, per cercare di cambiare in meglio quel che resta dell'Italia a partire dai nostri diritti.

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Non sono sicuro che il 60% degli italiani sia favorevole ai matrimoni gay, mi sembra una cifra un po' troppo ottimista.

Sarei già soddisfatto di sapere il 60% degli italiani è favorevole a una qualche forma di unione per i gay, che mi sembra un dato già più realistico. Accettare che le unioni gay rientrino nell'istituto del matrimonio è proprio una delle ultime e più impervie barriere, subito prima dell'adozione per le coppie gay.

 

Poi è anche vero che l'assenteismo gioca a nostro sfavore come può giocare a nostro favore. Ho idea che tranne chi fa della battaglia contro i diritti dei gay una questione di principio, molti di quelli che sarebbero contrari non andrebbero a votare.

Secondo me è più probabile che in questo ipotetico referendum non si raggiunga il quorum, piuttosto si venga sconfitti. Ma mi posso sbagliare.

 

C'è da dire che il momento è ora meno propizio di quanto non lo fosse una volta. Probabilmente la crisi economica sarebbe un'altra bandiera del movimento per il NO.

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Icoldibarin

Hai ragione quel 60% è riferito alle persone favorevoli alle unioni ed estenderlo al matrimonio sarebbe forse troppo ottimistico.

Gli scorsi referendum sono stati un successo perché la paura del nucleare aveva scottato il culetto a tutti, altrimenti avrebbero fatto forse il 40% di affluenza.

 

In realtà sarebbe utile anche spingere per un istituto più leggero del matrimonio all'inizio, la cosa sarebbe utile per tutti non solo per i diversamente sessuali e la crisi in questo caso è un punto a suo favore visto quanto costa sposarsi oggigiorno.

In compenso il Vaticano sarà ancora meno felice, credo preferisca i matrimoni gay in comune piuttosto che vedere tante belle coppie etero evitare il passaggio in chiesa perché hanno deciso di non sposarsi a favore di altri tipi di unione.

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Indipendentemente dalla disquisizione se sia meglio puntare prima ai PACS o al matrimonio, il punto è che non si possono ottenere i PACS per referendum. Perché i PACS non esistono al momento, sarebbe un istituto completamente nuovo, impossibile da ottenere con un referendum abrogativo.

 

Mentre ottenere il matrimonio gay tramite referendum è tecnicamente possibile, visto che il matrimonio già esiste, basta "abrogare" il requisito implicito della diversità dei sessi dei coniugi.

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Icoldibarin

Questo è chiaro, il fatto è che se il 12% va a votare al referendum probabilmente peggioriamo solo le cose.

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Chi finanzierebbe la campagna?

Certi Diritti? ArciGay? Il Mieli?

 

Qualcuno lo sta facendo, credo il Mieli ma non ci metterei la mano sul fuoco. Alla Gay Street a Roma

c'era un banchetto per la raccolta firme qualche settimana fa, un ragazzo che conosco che fa

l'attivista al Mieli prendeva le firme, ma non so se sia proprio il circolo ad esserne promotore.

 

Ad ogni modo Loup, la tua analisi giuridica va bene, ma politicamente è inattuabile se non controproducente.

 

Il referendum abrogativo con la manipolazione degli articoli che hai citato è un'impresa troppo macchinosa

che non si prenderebbe mai in considerazione e che sopratutto non garantisce che il vuoto normativo sui

matrimony gay sia colmato, tutt'altro. Inoltre se il quorum non venisse raggiunto per noi sarebbe ancora peggio.

 

Su Vanity Fair recentemente è stato fatto un sondaggio in merito: circa il 62% era favorevole genericamente ad

una forma di unione omosessuale, ma bisogna tenere conto che non tutti gli italiani leggono Vanity Fair, ci sono

anche quelli che amano Capitan Padania (http://www.sommobuta...la-padania.html).

 

La proposta di iniziativa popolare presenta invece due problemi: primo, il quorum difficilmente verrebbe raggiunto; secondo,

il parlamento se ne potrà tranquillamente infischiare come ha fatto per le decine di proposte che sono arrivate negli ultimi

anni.

 

Dobbiamo considerare che il popolo italiano non è realmente pronto per questo tipo di cambiamento, per cui una spinta dal basso

non potrà mai avere un esito positivo. Bisogna passare dall'alto.

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Icoldibarin

Stamo bene allora, perché non vedo nessuno là in alto volenteroso di fare un passo serio, per lo meno non vedo nessuno che ha i numeri per farlo.

Servirebbe un grande gay pride dove la partecipazione degli etero sia decisamente più massiccia e pubblicizzata, non ho mai visto in RAI dire che in quelli odierni circa un manifestante su quattro è etero.

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Ribadisco che un'iniziativa referendaria che porti all'apertura del matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso è tecnicamente fattibile.

La mia proposta all'inizio del topic non è perfetta, sono stato forse un po' brutale con le modifiche, ma il punto è che è fattibile. Non c'è alcun rischio di vuoto normativo.

 

Poi se mi dite che è troppo rischioso ed è meglio non fare niente, o che non è una cosa che dobbiamo fare noi ma una cosa che deve fare qualcun altro, che vi devo dire? Aspettiamo e famose una partita a Warcraft. :elf:

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Allora, in primis è sbagliato affidare la discussione di diritti legati a una minoranza al voto della maggioranza. Cioè è proprio sbagliato da un punto di vista di teoria politica.

 

Poi sarebbe quasi certamente un referendum estremamente controproducente. Pensa infatti a due casi di esito negativo:

1. Vince l'opposizione alla manipolazione delle suddette leggi -> il mondo politico utilizzerà per x decine di anni la scusa del "il popolo si è opposto" per evitare una qualsiasi interrogazione parlamentare in materia (figuriamoci per approvare una legge).

2. Non si raggiunge il quorum -> il mondo politico etichetta la questione del matrimonio gay come "di non interesse per il popolo italiano". Le conseguenze sarebbero molto simili a quelle del caso 1.

 

Se si vuole un referendum, si dovrebbe pensare ad un qualcosa che leghi di più la responsabilità politica al popolo, invece che al partito come ora accade. In un caso simile si potrebbe sperare che:

1. Il PD e gli altri partiti di sinistra smettano di fare i democristiani, per paura di perdere voti.

2. Il PDL smetta di fare un'opposizione così forte al tema, per timore di polarizzare troppo l'elettorato e spostare gli elettori moderati verso sinistra.

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Esattamente in che modo sperare è più utile di fare una partita a Warcraft? :elf:

 

 

La teoria del mondo perfetto la conosco anch'io, ma questa è l'unica cosa che possiamo fare. O questo o nulla, non è che abbiamo altre scelte per ottenere una legge in modo democratico.

 

Sinceramente non capisco di cosa abbiate paura. Se non si superasse il quorum e si scoprisse che solo (mettiamo) il 15% degli italiani hanno alzato il culo per andare a votare SI, sarebbe comunque un grande risultato, più efficace di qualsiasi gay pride.

Tenete presente che il 35-40% degli italiani manco va a votare. Non serve ottenere un successo referendario (anche se ovviamente è a questa possibilità che si punta), basta ottenere un risultato significativo per poter avere un'influenza sulla politica più incisiva.

 

E se anche, nel peggiore dei casi, un insuccesso referendario non portasse al matrimonio per i prossimi 10 anni, potremo sempre ripiegare sui PACS. Intanto potremo dire che i gay italiani hanno fatto qualcosa.

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Uhm...bè mi sembrava di aver spiegato perché il referendum non sia esattamente il modo migliore di agire (ovviamente a patto di non avere la certezza assoluta di raggiungere il quorum E farlo approvare).

 

Sicuramente è vero che i gay italiani debbano fare qualcosa, ma non tirarsi la zappa sui piedi! Dovrebbero far capire che sono in grado di votare in maniera compatta e che la questione dei diritti gay è una priorità! E magari anche che chi vuole fare il crociato cattolico può tranquillamente confluire nell'UDC, ma NON stare nel PD!

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mi sembrava di aver spiegato perché il referendum non sia esattamente il modo migliore di agire

Al che io ti ho risposto che è l'unico. A meno che tu non mi dimostri che sia effettivamente dannoso, si qualifica automaticamente come modo migliore, perché tra nulla e qualcosa, qualcosa è meglio.

D'altronde non mi sembra che tu mi abbia proposto alternative concrete (e quando dico concrete intendo dove io posso fare qualcosa per ottenere una legge come questa, non sperare che qualcun altro lo faccia per me). Quindi mi confermi che la scelta è tra qualcosa e nulla.

 

Poi, ho anche spiegato perché per me una sconfitta referendaria non sarebbe una cosa tanto negativa ma potrebbe essere persino una cosa positiva. Piuttosto che sentirmi ripetere per l'ennesima volta che se perdessimo il referendum sarebbe la fine del mondo come se fosse un dato di fatto, mi piacerebbe avere una discussione su questo punto.

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Icoldibarin
Loup-garou[/color]' timestamp='1332877451' post='551008']

Poi se mi dite che è troppo rischioso ed è meglio non fare niente, o che non è una cosa che dobbiamo fare noi ma una cosa che deve fare qualcun altro

Aspettare che qualcuno faccia quello che non facciamo noi non è un mio punto di vista, però ripeto secondo me avrebbe un senso solo laddove si trovino altri quesiti referendari per i quali la gente si schiodi dalla sedia in modo massiccio. Il 15% sarebbe una riprova per i partiti di sinistra che non porta loro grave perdita fregarsene dei diritti mentre porta vantaggio ingraziarsi i cattolici dell'area di centro.

Il punto critico dove inizierebbe a diventare vantaggioso è superato il 25%, cioè più o meno la meta dei votanti a sinistra.

Forse vale la pena scommettere, più propriamente bisognerebbe confidare nel senso di responsabilità degli italiani, ma al momento sono sfiduciato in tal senso.

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Loup-garou[/color]' timestamp='1332880455' post='551037']

non sperare che qualcun altro lo faccia per me

 

Questo è quello che accade in una qualsiasi democrazia rappresentativa. La cosa ha i suoi limiti, ma è inevitabile che qualcuno (un parlamento) faccia le leggi per te, per me e per tutti gli altri italiani.

 

Loup-garou[/color]' timestamp='1332880455' post='551037']

A meno che tu non mi dimostri che sia effettivamente dannoso

 

Come ho scritto, sarebbe una possibilità se ci fosse la certezza di raggiungere il quorum e ottenere la desiderata manipolazione delle suddette leggi (per quanto rimarrebbe sbagliato da un punto di vista politologico, ma eventualmente amen). Dato che personalmente non ritengo vi sia questa certezza, è mia idea che sarebbe molto dannoso. Questo perché annullerebbe per un lungo periodo di tempo ogni vaga possibilità di ottenere una qualsiasi legge da parte del parlamento (non solo per il matrimonio, ma anche per altre forme di riconoscimento delle unioni omosessuali).

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Il 15% sarebbe una riprova per i partiti di sinistra che non porta loro grave perdita fregarsene dei diritti mentre porta vantaggio ingraziarsi i cattolici dell'area di centro.

Il punto critico dove inizierebbe a diventare vantaggioso è superato il 25%, cioè più o meno la meta dei votanti a sinistra.

Il 15% non sarebbe una riprova che i partiti possono fregarsene di noi. Sarebbe una forza schiacciante in termini politici, capace di cambiare le sorti del paese.

Nelle ultime elezioni, il centrosinistra ha ricevuto il 37,6% dei voti. I votanti sono stati l'80,5% degli elettori. Questo vuol dire che circa il 30,3% di tutti gli italiani hanno votato il centrosinistra.

Per fare un esempio ancora più chiaro, Berlusconi (i.e. tutta la sua coalizione, non solo il PdL) è stato eletto e ha governato con il 37,7% dei voti degli elettori.

 

(Dati relativi ai voti per la Camera dei Deputati)

 

Questi sono i numeri che muovono la politica. Non dovete mica ragionare a percentuali come se si trattasse di un'assemblea dove tutti votano.

 

Se avessimo una confema ufficiale che il 15% degli italiani vuole il matrimonio gay e ci tiene abbastanza per alzare il culo e votare (e di conseguenza, quelli che farebbero la stessa cosa per i PACS sarebbero ancora maggiori) sarebbe per me una grande dichiarazione pubblica.

Altro che diritti della minoranza. Finché non si ottiene una conferma di questo genere, al matrimonio gay è interessato ufficialmente una parte di un 5% di popolazione probabilmente sovrastimato.

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Loup ma non puoi mettere a confronto la percentuale delle politiche con quelle del referendum :)

 

Il 15% di voto fra 3 o 4 candidati non ha ovviamento lo stesso peso specifico in un referendum

con due sole scelte, senza contare l'astensionismo. Inoltre come noi possiamo leggere a nostro

favore il 15%, in maniera ancora più convincente i nostri avversari possono leggere il restante

75% contrario.

 

Come ti ha spiegato giustamente Dreamer, non si lascia MAI il destino di una minoranza nelle

mani della maggioranza, è una strategia politica del tutto sbagliata.

 

Fra fare qualcosa di controproducente e non fare nulla è molto meglio non fare nulla.

 

In alternativa si passa "dall'alto", bisogna fare pressione (politica) presso le istituzioni europee, le organizzazioni

di diritti umani di cui l'Italia è membro, le più alte istituzioni nazionali. Solo così si può sperare di ottenere qualcosa.

 

Guarda la risonanza che ha avuto la dichiarazione della Commissione Europea, o la sentenza della Corte o ancora

quella della Cassazione.

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A parte che il restante rispetto al 15% è l'85%, non il 75%. Cosa che comunque non ha senso dire, perché chi non vota non ha detto NO.

Più importante comunque, a me sembra che non sappiate vedere più di un pezzo alla volta dello schema. Quest'ipotetico 15% (ho sparato un numero a caso) ha un peso ancora maggiore in un'elezione politica. Se io, candidato, so che posso spostare il 15% dei voti dimostrandomi favorevole alle unioni gay, state sicuri che qualcuno lo farà. Perché il 15% di voti sono un'enormità in un'elezione politica.

 

Non ha alcuna importanza come si decida di vendere i risultati del referendum. Tanto si sa che dopo una votazione, tutti sono soddisfatti e diranno di aver ottenuto un grande risultato. Indipendentemente dalla verità.

Quello che importa è cosa si è ottenuto veramente. Anche nella peggiore delle ipotesi, si è ottenuto di rendere palese l'influenza delle questioni LGBT alle elezioni. E cosa si è perso? Sempre nella peggiore delle ipotesi, non si parlerà più di matrimonio per qualche anno, ma ripiegherà a parlare di PACS incentivati dal fatto che l'argomento è tornato sotto i riflettori pubblici.

 

In realtà né Dreamer né tu mi state spiegando un bel niente. Mi state semplicemente ripetendo i vostri assiomi, ma non li state per niente spiegando.

La cosa inizia a diventare abbastanza irritante. Considerato che io ho buttato ore per ragionare e scrivere questi post, pensate davvero che dirmi un semplice "È una strategia sbagliata. Il referendum sarebbe dannoso" e basta serva a convincermi di qualcosa?

 

La questione, senza troppi fronzoli è la seguente.

Abbiamo sperato nella politica. Non ha condotto a niente, se non a una serie di proposte sempre più imbarazzanti respinte.

Abbiamo portato il nostro caso fino alla Corte costituzionale. Non ha portato risultati, il divieto del matrimonio gay non è incostituzionale.

Abbiamo portato il nostro caso davanti alla Corte europea per i diritti dell'uomo. Nulla neanche lì, il divieto del matrimonio gay non è contrario alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo.

Qualche settimana fa, nonostante una sentenza favorevole, un giudice ci ha ricordato se ce ne fosse bisogno che il diritto familiare non rientra tra le competenze dell'Unione europea. Nessun regolamento comunitario che possa salvarci.

 

Controproducente rispetto a cosa, ora mi dovete spiegare. Nelle mani di chi altri volete affidare il vostro destino?

Sono solo due i modi in cui i gay possono ottenere quello che vogliono in maniera diretta. La prima è rivolgersi a un giudice, la seconda è indire un referendum.

La prima è stata tentata, è fallita, sono immancabilmente piovute le opinioni secondo cui è stata una cattiva idea tentare questa strada, che le sentenze avrebbero reso il tutto ancora più difficile. Eppure adesso sembrate già pronti a sperare in un radioso futuro, quindi deduco che non abbia fatto tutto 'sto danno.

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Vi informo che a partire dall'estate ArciGay raccoglierà le firme

per una legge di inziativa popolare sui matrimoni gay.

 

Come si può facilmente immaginare l'idea non è quella di farsela approvare,

ma - appunto - quella di mostrare ai partiti quante persone sono sensibili al tema.

 

L'effetto quindi non sarebbe dissimile da quanto detto da Loup-Garou,

senza però il rischio che la bocciatura del quorum sia "controproducente".

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Icoldibarin
Loup-garou[/color]' timestamp='1332890775' post='551111']

Se io, candidato, so che posso spostare il 15% dei voti dimostrandomi favorevole alle unioni gay, state sicuri che qualcuno lo farà. Perché il 15% di voti sono un'enormità in un'elezione politica.

Ma basterebbe anche il 2% di voti in più per fargli cambiare idea, non è questo il punto. Il 15% di preferenze sono un enormità, ma un ipotetico 20% di voti persi dai cattolici del PD lo sono ancora di più.

Ora io probabilmente non ho abbastanza competenze politologiche per fare ipotesi credibili, in effetti non sono mai nemmeno stato uno stratega in tal ambito, ho sempre votato partiti che non superavano il 4%.

 

Forse è meglio provare rischiando di sbagliare, è bene ragionarci sopra per bene però.

Tu a prescindere hai fatto un ottimo lavoro solo a studiare per bene come sfoltire una legge per renderla meno discriminatoria, era una possibilità che non contemplavo prima.

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L'effetto quindi non sarebbe dissimile da quanto detto da Loup-Garou,

senza però il rischio che la bocciatura del quorum sia "controproducente".

 

Esatto, questa è una cosa che mi piace molto e appoggio assolutamente!!! La proposta di legge da chi verrebbe delineata?

 

Tu a prescindere hai fatto un ottimo lavoro solo a studiare per bene come sfoltire una legge per renderla meno discriminatoria, era una possibilità che non contemplavo prima.

 

Assolutamente vero: @@Loup-garou hai fatto un ottimo lavoro, anche se come ho già detto non sono un fan dell'ipotesi referendaria!

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Mi associo a chi ha scritto che per il momento il referendum è inopportuno, sia per motivi di costi e difficoltà organizzative, sia perchè un suo esito non positivo farebbe rallentare il dibattito sul tema.

 

Aggiungo che per quanto ho potuto constatare, è anche difficile fare un discorso come questo:

Loup-garou[/color]' timestamp='1332890775' post='551111']

Quest'ipotetico 15% (ho sparato un numero a caso) ha un peso ancora maggiore in un'elezione politica. Se io, candidato, so che posso spostare il 15% dei voti dimostrandomi favorevole alle unioni gay, state sicuri che qualcuno lo farà. Perché il 15% di voti sono un'enormità in un'elezione politica.

 

In parte già avviene, nel senso che ci sono già dei candidati e dei partiti (anche se un po' di nicchia, come radicali, socialisti, poi SEL, verdi e la parte laica del PD) che cavalcano questi temi proprio per prendersi i voti delle persone gay o a cui stanno a cuore i diritti dei gay.

 

Poi, per quanto ho constatato in Italia l'elettorato "gay-friendly" non è organizzato come un blocco unico, che riesce ad incidere nell'elezione o nella sconfitta di candidati o interi partiti. Forse perchè c'è frammentazione tra l'associazionismo per i diritti LGBT, forse perchè la politica è tradizionalmente basata su grandi partiti e non su singoli candidati come negli Stati Uniti, forse perchè anche i gay si interessano anche di altre tematiche dimenticando a volte i diritti civili...

Magari mi sbaglio, ma credo che un referendum non sia sufficiente a convincere che quell'ipotetico 15 % di votanti agiranno in modo univoco alle elezioni successive.

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scusate se mi intrometto...il problema è che si creerebbe una vacatio legis per cui la corte costituzionale dichiarerebbe illegittimo lo stesso referendum anzi non permetterebbe neppure che si andasse al voto in quanto alla corte costituzionale e all'ufficio centrale del referendum compete un giudizio di legittimità dell'istituto referendario...quindi è una strada che è bocciata in partenza

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