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Il valore e il senso dell'amicizia


Isher

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@Ariel: bellissimo intervento, mi ci ritrovo molto

 

@Isher: il discorso sulla lontananza che non intacca l'amicizia lo vedo soprattutto in contrapposizione a quello che accade nella relazione amorosa, che ha bisogno della vicinanza fisica dell'altro.

Sono d'accordo che questo discorso non si può portare alle estreme conseguenze: anche l'amicizia se non coltivata si spegne, ma questo coltivare non è molto esigente e nella mia esperienza non ha bisogno di una vicinanza fisica costante e continua. Occorre trovare un equilibrio: ad esempio io incontro gli amici più cari almeno mensilmente o di più se si riesce, e questo ci basta.

 

Volevo riprendere un intervento precedente, quello di Lan, che proponeva il tema "come nasce una vera amicizia".

Anche qui posso solo proporre l'esperienza personale: le mie grandi amicizie sono spesso nate dall'aver condiviso un evento significativo della vita con quello/quelli che poi sarebbero diventati miei amici. Può essere stata l'università, un viaggio, il servizio militare, un'esperienza di lavoro, o anche una manifestazione politica, un gruppo sportivo, etc. Insomma la molla esterna è stata in genere la necessità di fare branco (esigenza tipicamente maschile) per meglio affrontare una minaccia o una sfida esterna. Questa è stata l'occasione per mettersi a nudo e per misurarsi con gli altri: non con tutti siamo diventati amici, ma solo con quelli che in questa prova si sono dimostrati speciali.

Ma c'è anche un'altra modalità di costruzione di un'amicizia, più misteriosa e intrigante. Ci sono periodi della nostra vita in cui siamo misteriosamente aperti da un punto di vista psicologico a nuove persone e nuove esperienze. Questo ad esempio nel mio caso è accaduto tra i trenta e i quarant'anni, e mi ha portato ad avvicinarmi al pensiero di Jung. A volte è proprio in questi momenti che incrociamo qualcosa (un libro, un film) o qualcuno con cui proviamo subito un'affinità e un'intimità inusuale. In questo caso non esiste l'epopea dell"episodio fondativo", magari ci si incontra per la prima volta ad una serata da amici, o anche per caso, e nasce un'amicizia. Insomma secondo me anche nell'amicizia può capitare questa specie di "colpo di fulmine".

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@Isher: Sono assolutamente d'accordo, anche per me l'amicizia è un modo di vivere la mia femminilità, quindi la questione è speculare. Avere una migliore amica è un'esperienza insostituibile e fondamentale nella formazione di una ragazza, lo sto rivivendo adesso con mia sorella, appena tredicenne.

 

Infatti quel che ho detto è che il livello - il piano - d'intimità è un'altra cosa, non superiore, mi trovi d'accordo.

 

Sto cercando di spiegare con parole sensate come percepisco in modi diversi i due tipi d'intimità ma è quarto d'ora che provo e non riesco esattamente a formare una teoria totalmente coerente, quindi perdonami se suono confusa. Questi sono i miei pensieri sparsi sull'argomento: i rapporti d'amore e d'amicizia secondo me si basano su principi completamente diversi.

 

Nell'intimità con un'amante, anche non sessuale, si dà all'altro un potere quasi infinito su di noi (mi viene da pensare alla Ginzburg che scrisse, parafraso, "L'amore è sapere che una persona può farci tutto il bene e il male di questo modo, ed essere infinitamente tranquilli"), nell'amore c'è sempre vulnerabilità.

 

Nell'amicizia al contrario c'è sicurezza, onestà totale e conforto. Si è intimi perché si condivide sé stessi senza paura.

 

E' anche per questo, penso, che per me come per altre persone è molto più facile innamorarsi di persone amiche: è più facile avere quella tranquillità nell'esporsi ed essere fragili quando si è già stabilito un rapporto basato sull'onestà. Non penso che in questo caso il rapporto cambi piano totalmente, penso che coesista sia sul piano amicizia che su quello amore, o perlomeno che esista sul piano amore ma in maniera diversa.

Al contrario le 'amicizie' che da una parte sono amori non corrisposti, non avendo più alla base la sicurezza e l'onestà, non sono affatto amicizie.

 

@Conrad65: Ti ringrazio, e a mia volta io mi ritrovo molto nel tuo post :sisi: Anche se per me gli eventi esterni che spesso mi hanno unito in amicizia sono state quasi sempre situazioni di sofferenza, quindi sempre ostacoli da superare ma ti natura più introversa: anche questo mi dà da pensare sulla differenza tra amicizie femminili e maschili.

 

Un'ulteriore riflessione: penso che le amicizie con l'altro sesso, soprattutto per noi omosessuali, siano molto importanti, perché permettono un confronto con una sensibilità diversa che altrimenti non tenderemmo a ricercare, e che ci arricchisce. Detto questo, però, il mio migliore amico maschio è più o meno quanto femminile un uomo può essere (nonostante non sia gay)!  :awk:

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@Conrad65: Ti ringrazio, e a mia volta io mi ritrovo molto nel tuo post :sisi: Anche se per me gli eventi esterni che spesso mi hanno unito in amicizia sono state quasi sempre situazioni di sofferenza, quindi sempre ostacoli da superare ma ti natura più introversa: anche questo mi dà da pensare sulla differenza tra amicizie femminili e maschili.

 

E questo quanto incide?

 

Il condividere con un uomo o donna, omosessuale o etero uno stesso dolore e grazie a questo diventare amici?

 

Quando dunque l'amicizia si sostituisce al bisogno di trovare qualcuno con cui condividere qualcosa di negativo affinchè anche a te risulti meno negativo?

 

E questo tipo di rapporto è sempre positivo o sempre negativo?

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La situazione da te descritta è più 'mal comune mezzo gaudio', mentre io mi riferisco a casi in cui le situazioni negative a volte erano differenti per me e le persone che ho conosciuto, ma che per affrontarle ci si è spronati o aperti o consolati e da lì si è fatto il passo da conoscenti ad amici, o da amici in modo superficiale ad amici autentici.

 

Inoltre, quando parlo di amicizia femminile parlo più di amicizia vissuta da una donna che di amicizia tra due donne e stop. Un'amicizia tra un uomo e una donna avrà sicuramente elementi di entrambi fortemente radicati. Non che le donne stiano solo a fare pigiama party ed intrecciarsi i capelli, ma penso che le loro amicizie siano improntate in maniera leggermente diversa, tutto qui.

 

E nessun tipo di rapporto è sempre negativo o sempre positivo. Vedere caso per caso  :sisi: Ho avuto rapporti morbosi e apparentemente negativi rivelarsi molto positivi in seguito, e viceversa. C'è un'evoluzione del rapporto spesso che fa sì che la sua origine non sia più importante quanto il presente.

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perché insomma, non si può essere amico di un ragazzo solo perché è gay come te, no?

 

Però vale anche la reciproca, almeno per me: di una persona gay, sono portato a domandarmi se possa essere amico,

oppure, comunque, che cosa possiamo fare o essere insieme, se no è un'occasione mancata. Perché alla base un

incontro tra due gay credo debba essere considerato una positività. Può non esserlo, nel senso che mi imbatto in una

persona con cui non ho niente da spartire, dalla quale sono separato da troppe cose, con la quale non scatta niente,

o alla quale io sono antipatico. Questo è sempre possibile.

 

Certo, ma questo è sempre possibile tanto con un etero o una ragazza quanto con un gay.

Voglio dire, con un ragazzo gay se mi piace, mi chiedo se potremmo avere una storia, una frequentazione, ecc...

Con una ragazza o con un maschio etero mi chiedo se andremo a pattinare insieme o al cinema...

 

Ecco, però per me non esiste questa valorizzazione dell'incontro col ragazzo gay.

Sì certo, abbiamo qualcosa in comune, siamo entrambi gay...

ma come non sono amico di tutti i cinefili, sebbene sia una mia grande passione il cinema,

così non posso mica diventare amico di tutti i gay, no...?

 

Non è che se un ragazzo è gay allora mi sta già

"un po' più simpatico di qualsiasi altro essere umano",

se ci son dei gay che invece la pensano così

probabilmente son persone che sentono di più uno spirito d'identità

nella comunanza dell'orientamento sessuale...

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Se è gay e mi piace penso ad una storia

 

Il problema mi pare il salto da questa possibilità

molto circostanziata, all'indifferenziato dovere di

simpatia per tutti i gay in quanto tali, che in ogni

caso non sarebbe ascrivibile alla amicizia. Non ne

avrebbe lo stesso valore, nè lo stesso senso...

 

Io i miei amici gay li ho scelti, in qualche modo

ci siamo scelti. Secondo me alla base della amicizia

c'è una scelta, il fatto di contrapporre alla storia

un qualcosa di indifferenziato, fa pensare al fatto

che in realtà non si abbiano amici gay, ma ci dice

poco sull'amicizia in quanto tale.

 

Ad esempio con un amico gay si può condividere un

modo di vedere l'omosessualità, un modo di viverla,

qualcosa che ci distingue dai gay in generale, ma ci

unisce in quanto due gay. A me è capitato così...

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La situazione da te descritta è più 'mal comune mezzo gaudio', mentre io mi riferisco a casi in cui le situazioni negative a volte erano differenti per me e le persone che ho conosciuto, ma che per affrontarle ci si è spronati o aperti o consolati e da lì si è fatto il passo da conoscenti ad amici, o da amici in modo superficiale ad amici autentici.

 

Inoltre, quando parlo di amicizia femminile parlo più di amicizia vissuta da una donna che di amicizia tra due donne e stop. Un'amicizia tra un uomo e una donna avrà sicuramente elementi di entrambi fortemente radicati. Non che le donne stiano solo a fare pigiama party ed intrecciarsi i capelli, ma penso che le loro amicizie siano improntate in maniera leggermente diversa, tutto qui.

 

E nessun tipo di rapporto è sempre negativo o sempre positivo. Vedere caso per caso  :awk: Ho avuto rapporti morbosi e apparentemente negativi rivelarsi molto positivi in seguito, e viceversa. C'è un'evoluzione del rapporto spesso che fa sì che la sua origine non sia più importante quanto il presente.

 

 

Ovviamente nessun rapporto risulta sempre positivo e sempre negativo, ed è altrettanto ovvio che dipenda da caso a caso :sisi:

 

Infatti la mia domanda sorgeva non totalmente in riferimento da quello che hai detto tu, ma più che altro dal fatto che quello che hai detto tu mi ha fatto pensare a questo.

 

Ecco che la domanda non era un capire cosa tu avessi detto ma un chiedermi :

 

In caso di questo tipo di rapporto ( sostegno reciproco e condivisione di un dolore)

il rapporto stesso diviene un rapporto " malvagio" o diventa un qualcosa di costruttivo?

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l'amicizia vera non finisce mai... peccato che gli amici veri siano quasi un utopia... :sisi:

 

eheh ma ci sei anche tu e ci sto ovviamente pure io in mezzo a questa utopia... . Siamo tutti, infondo, uguali...  :awk:

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Niente da eccepire sul modo in cui ciascuno vede l'amicizia, per carità,

siamo qui per dire tutti la nostra!

 

Però dagli interventi che leggo emerge un po' un'idea dell'amicizia gay

come sublimazione di una "storia che non c'è stata"..

forse è perchè son giovane io, o perchè nn ho molti amici gay,

ma tutta questa idealizzazione...

Per me l'amicizia è un rapporto molto più concreto/divertente!

No all'amico-stampella!

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....

 

Ecco che la domanda non era un capire cosa tu avessi detto ma un chiedermi :

 

In caso di questo tipo di rapporto ( sostegno reciproco e condivisione di un dolore)

il rapporto stesso diviene un rapporto " malvagio" o diventa un qualcosa di costruttivo?

 

credo che non sia questione di positivo o negativo

Ariel, se interpreto bene, voleva solo sottolineare nel dolore una sua personale occasione di amicizia

nata da un'esigenza "introversa"

così come io sottolineavo che tutte le mie occasioni di amicizia

sono nate da esigenze "estroverse"

mi è sembrata molto acuta l'osservazione di Ariel che questo possa costituire

un'ipotesi di differenza tra il modo "maschile" e il modo "femminile" di costruire le amicizie

ora, correndo il rischio di generalizzare e quindi di sollevare nuvole di eccezioni,

l'uomo in genere non è capace a condividere un dolore o una sofferenza

mentre è sempre pronto a condividere una sfida

per le donne accade il contrario

le sfide si portano avanti in solitudine (spesso con coraggio da leonesse)

mentre tutto quanto attiene all'interiorità si può condividere e vivere insieme

sono consapevole di essere caduto nella trappola della generalizzazione

non è sempre così, però mi ci ritrovo abbastanza

 

che una differenza grande tra amicizie maschili e femminili esista è indubitabile

la differenza è talmente grande che conosco molti uomini che "negano" addirittura l'esistenza dell'amicizia tra donne

mi viene in mente un grande scrittore, Dino Buzzati (che per inciso aveva un pessimo rapporto con il femminile, ma questo è un altro discorso)

che ha scritto addirittura una riflessione sul fatto che per lui le amicizie femminili non esistono, o sono perlomeno molto rare

per chi fosse interessato si trova nella raccolta "Siamo spiacenti di..." e si intitola "Un uomo domanda"

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ora, correndo il rischio di generalizzare e quindi di sollevare nuvole di eccezioni,

l'uomo in genere non è capace a condividere un dolore o una sofferenza

mentre è sempre pronto a condividere una sfida

per le donne accade il contrario

le sfide si portano avanti in solitudine (spesso con coraggio da leonesse)

mentre tutto quanto attiene all'interiorità si può condividere e vivere insieme

sono consapevole di essere caduto nella trappola della generalizzazione

non è sempre così, però mi ci ritrovo abbastanza

 

 

Hai inquadrato bene il discorso..l'uomo in genere è proiprio come lo hai descritto tu, tende a non esternare il dolore quasi quasi nemmeno a se stesso, facendo come se nulla fosse quasi dimenticandolo comese fosse questo il modo per combatterlo, ma è sempre pronto ad una sfida, er dimostrare di essere forte, di potercela fare da solo, di essere autosufficiente.

La donna invece porta avanti le sue battaglie nel segreto dell'intimità amicale oppure anche con fiera  solitudine.

 

Hai centrato per quanto ti spaventassi di cadere nel generale e dunque di sollevare obiezioni sull'esistenza di un rapporto tra maschio e femmina che va oltre il sesso o la relazione amorosa.

 

Comunque forse vengo frainteso...

Non voglio sollevare questioni su ciò che Ariel ha scritto..per nulla anzi mi trovo d'accordo sulla differenza tra mondo maschile e femminile

Ma la mia domanda, riferita al tipo di rapporto che può nascere da una condivisione di dolore, era mirata a centrare un'altro tema.

 

Quando un rapporto diventa negativo ed esiste solo perchè alimentato dalla voglia di condividere dolore?

E se esiste un momento preciso...allora è bene continuare ad essere amici nonostante in comune si abbia solo questa triste esperienza? Oppure da questo può poi nascere davvero un amicizia forte?

So che dipende da caso a caso...ma voi cosa fareste nel momento in cui capie che l'amicizia si tiene in piedi solo per ciò?

 

Forse ora mi sono espresso meglio  :sisi::awk:

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Che l'uomo tenda a non esternare il dolore e a tenersi tutto dentro di sé, io ho i miei dubbi.

Forse non avete abbastanza distanza dal vostro sesso, ragazzi, o forse mi sbaglio io, ma a me pare quasi il contrario:

parlerei addirittura di protagonismo maschile, dato per scontato, da parte di tanti uomini. Ben diversa è l'immagine

che gli uomini hanno o amano dare di sè. Viceversa sono le donne che vanno avanti e spesso tirano avanti la vita

di tanti altri (figli, mariti) parlando poco di sè. Ma non insisto su questo perché ogni affermazione in proposito si

basa su esperienze che essendo personali sono molto diverse.

 

Conrad, hai detto due cose diverse: prima hai parlato di un'apertura forte verso certe persone dai 30 anni

in poi, hai collegato questo allo junghismo, ora ricapitoli essenzialmente in termini di branco e di sfida, come

occasioni dell'amicizia maschile? Semmai dal tuo stesso resoconto emergono entrambe le dimensioni, come, io

direi, sempre nella vita. Forse c'è una difficoltà a tenere in piedi il discorso sul rapporto singolare di amicizia

con un altro uomo, per un uomo o proprio per un gay? Mi sembra infatti, dagli interventi che leggo, che almeno alcuni

abbiano difficoltà su questo punto. Come se per un etero fosse molto più facile, essendo l'amicizia immune da

attrazione sessuale, e per un gay problematica.

 

Schopy, forse tu, essendo molto giovane, in un gay cerchi un ragazzo con cui metterti insieme o fare sesso, e questo

varrà per molti altri. Per me non è mai stato solo così. Certo, nei 20 e nei 30 la spinta primaria era anche per me

sessuale/amorosa, tuttavia è sempre esistita parallelamente anche quella puramente amicale.

 

Il discorso sulla valorizzazione dell'esser gay ci farebbe aprire una vasta parentesi. Come anche quello della devalorizzazione

dell'esser gay nell'ambito del rapporto d'amicizia, che molti gay concepiscono quasi solo con etero o donne. E tuttavia sono

due discorsi intrinseci alle chiacchiere che stiamo facendo.

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Che l'uomo tenda a non esternare il dolore e a tenersi tutto dentro di sé, io ho i miei dubbi.

Forse non avete abbastanza distanza dal vostro sesso, ragazzi, o forse mi sbaglio io, ma a me pare quasi il contrario:

parlerei addirittura di protagonismo maschile, dato per scontato, da parte di tanti uomini. Ben diversa è l'immagine

che gli uomini hanno o amano dare di sè. Viceversa sono le donne che vanno avanti e spesso tirano avanti la vita

di tanti altri (figli, mariti) parlando poco di sè. Ma non insisto su questo perché ogni affermazione in proposito si

basa su esperienze che essendo personali sono molto diverse.

 

 

Cosa intendi dicendo che non abbiamo molta distanza dal nostro sesso? :sisi:

 

L'uomo, a mio avviso, non tende a chiudersi a riccio...anzi! Io voglio dire un'altra cosa

che lui esterna il suo dolore in maniera particolare.

Almeno come hai dettio tu Isher io parlo per le esperienze che ho vissuto.

L'uomo non maschera il dolore agli altri, lo maschera a mio avviso a se stesso.

Nel senso,che se sta male,e molte volte per rimediare, esterna il dolore nel suo contrario, l'allegria, serenita etc..

dando agli altri e a se stesso l'impressione che tutto vada per il verso giust

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Cosa intendi dicendo che non abbiamo molta distanza dal nostro sesso? :lol:

 

Che ve la tirate, in quanto uomini  :awk:

Naturalmente è vero anche nell'altro senso!  :sisi:

 

A mio parere, il celare certe cose è comune ai due sessi. Forse, come tu stesso dici, l'uomo

le cela a se stesso, preferibilmente, mentre la donna, se cela, lo fa soprattutto perché è abituata a sopportare,

oppure perché è molto pratica e in contatto con la realtà e quindi disincantata sul senso di comunicare ad altri

certe cose, e infine perché la donna è più segreta (lo dice Marguerite Yourcenar in tutti i suoi libri)

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Ah, la discussione è scivolata parecchio eh!

E' sempre interessante, Conrad ha bene interpretato il mio pensiero! Ricordate che quando parlo di uomo mi baso più che altro sulle vostre stesse parole, e sul modello di mio padre, che ha sempre celato a sé stesso e agli altri i sentimenti negativi, nella sua vita.

 

Tornando un secondo alla domanda di Hook: un'amicizia forte nasce solo se c'è altro oltre all'evento scatenante, sia esso di natura introversa o esterno, quindi se la tristezza è tutto ciò che unisce, e il rapporto va avanti solo per volontà di condividerne altra, ovviamente la relazione è negativa e non vale la pena portarla avanti. Succede che non ci si renda contro che non c'è null'altro che negatività nel rapporto, purtroppo, ma l'unica soluzione è essere più coscienti del perché siamo amici di qualcuno.

 

Mi introduco un attimo anche nel discorso sull'amicizia tra gay:

io ho sempre cercato amiche lesbiche, anche quando ero single, più che ragazze con cui stare. Tutt'oggi sono più contenta se scopro che qualcuno con cui mi trovo in sintonia abbia qualche grado di queerness, in qualunque modo.

Da una parte trovo questo singolare, perché sembra che le persone 'fresche' come me non abbiano questo atteggiamento in genere, dall'altro penso che sia anche un piuttosto banale sintomo dell'essere ancora esaltata dall'appartenere alla comunità LGBTQA (così esaltata che sono per le sigle rimodernizzate/allungate, sì xD).

Io sento molto il senso di comunità, per questo rimango molto delusa, al punto di non vivere più molto bene l'amicizia, quando scopro che una persona gay con cui parlo bene non è in alcun modo attiva o anche solo informata sulla situazione della comunità nel mondo, in Italia.

E' un po' come quando frequentavo il Classico, cercavo di fare amicizia, ma avevo già scartato una persona se pure mi stava simpatica ma parlandoci capivo che non gli piaceva leggere (gente che esiste, vi assicuro).

 

Mi sfugge a livello emotivo, proprio per questo mio senso di comunità, come non si possa sentire la mancanza di amici omosessuali: per me sono sempre stati una necessità.

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Io ancora una volta mi sento molto in sintonia con te, Ariel. Potrei dire quasi le stesse tue cose.

E forse fai bene a parlare di grado di queerness. Recentemente, a una manifestazione, ho incontrato

una mia amica, con la quale mi proponevo da tempo di riprendere i rapporti, la quale a un certo momento

ha detto di essere contro il matrimonio come istituzione, ma con parole che rivelavano una tale povertà

di comprensione dell'omosessualità-oggi, che mi sono sentito proiettato talmente lontano da lei da

vedere vanificata la possibilità di un reincontro. Questo mi succede solo su temi riguardanti la «questione

gay» (perr usare uno stenogramma) oppure su cose che riguardano il «cuore», l'umanità di una persona;

oppure in politica, ma solo su questioni che considero principi di civiltà, spartiacque a priori. Non vale

per la cultura: mi può dispiacere di non condividere letture e passioni culturali con qualcuno, ma...non

dimentichiamo, tanto per rimanere in tema, che l'amicizia è anche un veicolo di comunicazione e

trasmissione di conoscenze. Quante cose mi sono state insegnate da amici, e quante ne ho insegnate io!

Uno dei miei desideri, per esempio, sarebbe di mettere in piedi un gruppo di lettura, o di ascolto, o

di studio, con tre o quattro persone che si riuniscono un pomeriggio al mese (per magari fare poi baldoria la sera).

Un impegno comune, un modo per incarnare in una cosa precisa un'amicizia, anche per reagire alla

crescente separatezza delle vite.  

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Conrad, hai detto due cose diverse: prima hai parlato di un'apertura forte verso certe persone dai 30 anni

in poi, hai collegato questo allo junghismo, ora ricapitoli essenzialmente in termini di branco e di sfida, come

occasioni dell'amicizia maschile? Semmai dal tuo stesso resoconto emergono entrambe le dimensioni, come, io

direi, sempre nella vita. Forse c'è una difficoltà a tenere in piedi il discorso sul rapporto singolare di amicizia

con un altro uomo, per un uomo o proprio per un gay?

 

non sbagli affatto, quindi ci azzecchi   :look:

qui scivolo sul personale

il discorso delle amicizie nate in un contesto di "branco", diciamo così, per quel che mi riguarda avviene in una fase giovanile e di prima maturità

che poi credo sia la fase che connota per tutti i maschi la conquista del proprio territorio di vita

andare a vivere da solo, costruire una competenza professionale, fare carriera, farsi una famiglia che sia "santificata-istituzionalizzata" (quando possibile e voluto) o non lo sia o non lo possa essere....

in questo contesto è stato normale e naturale per me costruire le amicizie con le persone più affini

senza connotazioni specifiche legate al contesto sessuale, quindi senza prediligere amicizie gay o etero

se vuoi per una questione puramente numerica questo ha significato per me creare una rete di amici in maggioranza etero

con molti dei quali sono in contatto ancora oggi a distanza a volte di molti anni

invece il discorso dell'apertura verso altre possibilità nasce in me dopo, direi alla fine dei trent'anni

l'attrazione per il pensiero di Jung ne è una conseguenza, o se vuoi per rimanere in ambito junghiano è un dato di sincronicità

e in questo si è espresso un mio forte cambiamento interiore

oggi senza dubbio ho un desiderio e una predilezione verso amicizie gay, probabilmente non del tutto soddisfatto

e questa credo sia stata anche la molla che mi ha spinto a partecipare a questo forum

 

Uno dei miei desideri, per esempio, sarebbe di mettere in piedi un gruppo di lettura, o di ascolto, o

di studio, con tre o quattro persone che si riuniscono un pomeriggio al mese (per magari fare poi baldoria la sera).

Un impegno comune, un modo per incarnare in una cosa precisa un'amicizia, anche per reagire alla

crescente separatezza delle vite.

 

mi sembra un'ottima idea  :asd:

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mi sembra un'ottima idea  :look:

 

 

Allora siamo già in due  :asd: Appena si manifesta un terzo possiamo pensare a concretizzare,

anche perché vedo che siamo entrambi di Roma.

 

Per il resto capisco perfettamente il discorso sulla sincronicità nell'apertura a nuove amicizie, emozioni

e interessi, che del resto Jung presenta come un carattere proprio della fase della vita nella quale sei

entrato, e più in generale rientra nei diversi compiti o diverse possibilità delle varie fasi del nostro cammino.

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[...] Questo mi succede solo su temi riguardanti la «questione

gay» (perr usare uno stenogramma) oppure su cose che riguardano il «cuore», l'umanità di una persona;

oppure in politica, ma solo su questioni che considero principi di civiltà, spartiacque a priori. Non vale

per la cultura [...]

 

Stessa identica cosa per me. Sostengo infatti che la ricetta per una buona relazione e/o amicizia sia avere simili valori, e diverse passioni. Tutte le persone che mi sono più care infatti hanno come me una passione primaria differente dalla mia: io disegno, e per esempio la mia ragazza suona (e non metterebbe piede in una mostra), il mio migliore amico scrive, eccetera. E' interessante perché nei casi che ho descritto questa passione è anche quasi vocazione di vita, e quindi il mondo viene codificato secondo le chiavi fornita da quella specifica passione: si crea un bellissimo confronto sull'intera visione del mondo, in pratica.

 

P.S. Anch'io sono di Roma, ma molto più giovane e donna, non so se mi vorreste lo stesso... :look:

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Sostengo infatti che la ricetta per una buona relazione e/o amicizia sia avere simili valori, e diverse passioni.

 

 

Interessante definizione. In effetti l'amicizia deve resistere alla tentazione fusionale. Una diversità

a priori di passioni e gusti aiuta, in questo.

 

Anch'io sono di Roma, ma molto più giovane e donna, non so se mi vorreste lo stesso... :asd:

 

 

Ovviamente sì  :look:

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P.S. Anch'io sono di Roma, ma molto più giovane e donna, non so se mi vorreste lo stesso... :look:

 

 

ma certo che sì, scherziamo?  :asd:

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Schopy, forse tu, essendo molto giovane, in un gay cerchi un ragazzo con cui metterti insieme o fare sesso, e questo

varrà per molti altri. Per me non è mai stato solo così. Certo, nei 20 e nei 30 la spinta primaria era anche per me

sessuale/amorosa, tuttavia è sempre esistita parallelamente anche quella puramente amicale.

 

Il discorso sulla valorizzazione dell'esser gay ci farebbe aprire una vasta parentesi. Come anche quello della devalorizzazione

dell'esser gay nell'ambito del rapporto d'amicizia, che molti gay concepiscono quasi solo con etero o donne. E tuttavia sono

due discorsi intrinseci alle chiacchiere che stiamo facendo.

 

M, no non direi. Io non frequento molti ambienti gay perciò non ho molti amici gay credo funzioni così.

Però credo sia più facile per me fare amicizia con un maschio etero della mia età che studia al mio corso, piuttosto che con un uomo gay di 50 anni che svolge una professione che non ha a che fare con me.

Per me non avrebbe senso cercare di diventare amico di un ragazzo gay solo perchè gay....cioè, mi sembra tutto forzato, ecco quel che cercavo di dire. E comunque ho qualche amico gay.

 

Riesco a diventare davvero amico di chi mi sta simpatico, indipendentemente dall'aspetto fisico, dal sesso e dall'orientamento sessuale.

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Ovviamente sì  :asd:

ma certo che sì, scherziamo?  :)

 

In questo caso, davvero una faccina esprime al meglio le mie emozioni:  :look:

 

Schopy, tu non senti mai l'esigenza di avere discussioni sul mondo omosessuale? Magari la sfoghi solo qui, e mi sembra una cosa sensata, però io personalmente a volte, nella vita di tutti i giorni, mi sento triste se non ho appigli forti quando esce qualcosa sul giornale che riguarda l'omofobia, per fare un esempio stupido. Tutti i miei amici e le mie amiche etero sono assolutamente gay-friendly, ma avere un contatto con qualcuno di omosessuale è diverso, e lo sento necessario quanto sento necessario avere amiche donne, perché sono parti centrali della mia identità ed è bello avere intorno qualcuno che le condivide.

 

Questo non implica assolutamente che essere gay è sufficiente a rendermi simpatico qualcuno, i miei standard rimangono sempre in piedi nel valutare ogni potenziale amicizia. Quindi, se non avessi amici gay, me ne andrei a cercare, ma diventeremmo davvero amici solo qualora la persona in questione fosse anche simpatica e un minimo stimolante :gh:

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Dico una cosa che forse è vera per Schopy

e sicuramente è vera per il mio ragazzo

(che ne ha parlato coi forumisti che ha conosciuto):

non tutti i gay credono che l'omosessualità sia un problema

tale per cui "mal comune mezzo gaudio"

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con un amico gay non "scopamico" puoi condividere cose che difficilmente potrai fare con un etero, come discutere di certe tematiche, di situazioni affettive con una persona che può capirti perchè sta nella stessa situazione.

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Dico una cosa che forse è vera per Schopy

e sicuramente è vera per il mio ragazzo

(che ne ha parlato coi forumisti che ha conosciuto):

non tutti i gay credono che l'omosessualità sia un problema

tale per cui "mal comune mezzo gaudio"

 

Ma è orribile quello che scrivi!

Te ne rendi conto?

Temo di no.

Eppure dovresti chiedere scusa per questa merda che hai lanciato in mezzo al forum.

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Io non faccio flame. Sei tu che offendi l'amicizia tra gay con un'osservazione

profondamente offensiva. Sei tu che dovresti scusarti, con tutti.  

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