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Anime Special 2: Che sportivi i giapponesi!


thomas80

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Anime Special 2: Che sportivi i giapponesi!

 

Lo sport è una tematica che ha sempre trovato ampio spazio nella produzione disegnata giapponese, sia che si tratti di manga sia che si tratti di anime. E' interessante notare come la maggior parte di tali opere di narrativa veda i protagonisti tesi con tutto il loro essere verso il raggiungimento di un obiettivo: vincere un incontro, diventare campioni di una determinata disciplina, etc.

Questa caratteristica raggiunge livelli decisamente incredibili, e talvolta poco comprensibili per un occidentale, in alcune serie, soprattutto degil anni Settanta, in cui i personaggi si sottopongono ad allenamenti durissimi e sono addirittura disposti a sfidare la morte pur di non arretrare, pur di vincere un confronto che è essenzialmente con sè stessi più che con gli avversari. Da dove derivi tutta questa competizione, questo desiderio di fare sempre di più e meglio è evidente: dalla società giapponese. Dal dopoguerra fino agli anni Novanta l'economia giapponese ha continuato a crescere in modo inesorabile. Il Giappone si è risollevato dalla sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, per diventare una potenza economica, grazie alla sua tenacia e alla capacità del suo popolo di dedicare tutto sè stesso alla crescita del paese. Il lavoratore nipponico mette il benessere dell'azienda davanti a tutto, l'orario di lavoro si allunga a oltranza e le ferie sono quasi bandite. Nessun cedimento.

Allo stesso modo viene affrontato il mondo dello sport: lavorare duro, lavorare sempre, per diventare buoni atleti, per vincere. Non è raro vedere atleti in lacrime nei telegiornali sportivi: la sconfitta è qualcosa di tremendo, a cui la società è restia a concedere il proprio perdono.

La fine degli anni Novanta e l'inizio del ventunesimo secolo hanno però portato con sè una ventata di crisi all'interno dell'economia, e quindi della società nipponica. Il "granitismo" che la caratterizzava mostra le prime crepe, e, forse anche per questo, manga e anime hanno reso i proprio sportivi un po' più umani, perdenti, credibili. Riporto qua di seguito una piccola guida ai manga e agli anime sportivi, suddividendoli, per pura comodita, per discipline.

 

 

Calcio

Nonostante il calcio sia entrato a far parte della vita dei giapponesi solamente in tempi recenti, manga e anime lo utilizzano da anni. Tra gli anime più popolari Akakichi no eleven ("Gli undici rosso sangue", 1970, 52 episodi, in Italia "Arrivano i Superboys", cui era stata dedicata una sigla alquanto bizzarra in cui si parlava di "goals made in Italy" e di "bevute di vino") e la serie Capitan Tsubasa (1983, 128 episodi, in Italia "Holly e Benji i due fuoriclasse").

Nel caso di Arrivano i Superboys, l'escalation di Shingo Tamai, ragazzotto giapponese appassionato di calcio, è tale che alla fine diventerà campione del mondo dopo una finalissima col Brasile. Ma per farlo dovrà veramente versare il sangue di cui parla il titolo originale, vista la durezza degli allenamenti. Ad esempio, sul finire della serie, il suo allenatore per rinforzargli i muscoli delle gambe gil passa sopra con una jeep!.

Capitan Tsubasa si concentra invece su Tsubasa Oozora (Oliver Hutton), ragazzino dalla grande passione per il football europeo. All'età di undici anni si trasferisce con tutta la famiglia in una nuova città, dove incontra Genzo Wakabayashi (Benjamin Price), abilissimo portiere destinato a diventare suo avversario e, in seguito, compagno di squadra. La serie è tratta dal manga di Yoichi Takahashi apparso nel 1981 sul settimanale Shonen Jump, antologia che nel corso degli anni ha mostrato un ottimo feeling con i titoli sportivi.

Sempre da un manga è tratta la serie televisiva Moero! Top Striker (1991, 49 episodi), in cui un ragazzino giapponese di undici anni, dopo aver imparato a giocare a calcio a Genova, torna in Giappone per insegnare ai coetanei questo fantastico sport.

Restando in ambito fumetto, meritano almeno una citazione Ashita e Free Kick ("Calcio piazzato verso il domani"), Whistle (anche questo pubblicato su Shonen Jump) e Viva Calcio!. Quest'ultimo è realizzato da Tsukasa Aihara e dedicato alle prodezze calcistiche del Milan e di un goleador giapponese che riesce a entrare nella squadra rossonera. Tra i personaggi si possono facilmente individuare Gullit, Baresi e company, mentre nelle vignette appaiono la Gazzetta dello Sport e articoli in italiano.

 

Pallavolo

La pallavolo è stato uno dei primissimi sport a diventare protagonista di anime, merito anche dei successi conseguiti dalla nazionale femminile nipponica. In Giappone, infatti, manga e anime sono molto attenti a quanto accade nel mondo reale, e pronti a sfruttare qualsiasi spunto. Vale quindi la pena di ricordare Attack Number One (1969, 104 episodi, in Italia "Quella magnifica dozzina"), capostipite del filone della pallavolo che darà poi vita al popolarissimo, in Italia, Ashita e Attack ("Attacco verso il domani", 1977, 23 episodi, in Italia "Mimì e le ragazze della pallavolo") e ad Attacker You! (1984, 58 episodi, in Italia "Mila e Shiro, due cuori nella pallavolo"). In questa serie cominciano a evidenziarsi le esagerazioni tipiche degli anime sportivi. La palla non viene solamente giocata, ma ogni giocatrice studia particolari colpi più o meno segreti che le conferiscono effetti stravaganti, potenza incredibile e ogni tipo di diavoleria in grado di darle la vittoria., in barba alle più comuni leggi della fisica. Grande comunque è la capacità degli animatori nel conferire un'impressione di grande movimento agli oggetti e di estrema drammaticità a ogni azione. E' importante sottolineare anche che già in queste serie si evidenzia lo stretto rapporto di interscambio destinato a instaurarsi tra manga e anime. Attacker Number Ine e Attacker You! sono infatti tratti da manga, rispettivamente di Chikako Urano e della coppia Jun Makimura e Shizuo Koizumi. Dovuta invece all'adattamento italiano la "parentela" tra le protagoniste delle due serie, You Azuki (Mila Azuki) e Mimì Ayuwara.

 

Tennis.

In Ace o nerae! ("Punta all'ace!", 1973, 26 episodi, in Italia "Jenny la tennista"), Hiromi/Jenny Oka si impegna nel club di tennis del proprio liceo e, seppur cominciando contro voglia, viene poi trascinata dal vortice sportivo e sacrifica tutta la propria vita privata (amore incluso) sull'altare della vittoria. Il desiderio di vincere è molto forte anche in chi sta attorno a Jenny, tanto che il suo allenatore gravemente malato comunque dedica gli ultimi suoi giorni al futuro sportivo della pupilla, evidentemente più importante della sua stessa vita. La serie ha dato vita anche a un film omonimo del 1979, che rinarra la storia in forma condensata e con nuove animazioni (di ottimo livello), e a una serie di OAV (del 1988) collocabile cronologicamente dopo la serie TV, che narrano la partenza di Hiromi e Madame Butterfly (sua ex rivale) per gli Stati Uniti. Indimenticabile è soprattutto la prima serie televisiva, che porta la firma di un ottimo regista come Osamu Dezaki e deve buona trama e ottimi personaggi a un manga di Sumika Yamamoto, che crea una sapiente miscela di sentimenti e sport, di vita scolastica e vicende personali, intriso di melanconia ma anche di un forte spirito di sacrificio tipico del genere. Il disegno, poi, è un tripudio di topoi shojo, occhioni luccicanti e decorazioni floreali incluse, usati però con grande sapienza e alternati a vicende e tavole dove il tennis prende il sopravvento, con spettacolari composizioni che vedono i personaggi esibirsi in servizi, dritti, rovesci, volée.

Per lungo tempo quello di Jenny è sembrato un exploit isolato del tennis. Negli ultimi tempi, però, nuovi manga si sono affacciati nelle librerie nipponiche. E' il caso di Shanimuni GO ("Metticela tutta") realizzato da Marimo Ragawa, e di Prince of Tennis, di Takeshi Konomi, che viene tuttora ospitato sulle pagine di Shonen Jump della Shueisha. La popolarità di questo titolo è tale che si è visto recentemente dedicare una serie televisiva, mentre nella realtà ha dato una formidabile spinta ai club di tennis, con migliaia di ragazzini corsi a praticare questo sport.

 

Baseball.

Il baseball è uno degli sport preferiti dai giapponesi, probabilmente secondo solo al sumo, e di conseguenza spesso rappresentato nei manga. Tra gli autori che maggiormente sono dedicati a questo filone vi è Tetsuya Chiba, che ha disegnato i manga Chikai no Makyui ("La palla del giuramento"), del 1961, su testi di Kazuya Fukumoto, Shonen Giants ("Giovani Giants"), del 1964, e Gambara! Shonen Giants ("Forza! Giovani Giants") del 1967. Dokaben, conosciuto anche col titolo Mr.Baseball, è invece un famoso manga di Shinji Mizushima, serializzato su Shonen Champion a partire dal 1972 e incentrato su un torneo di qeusto sport che si tiene ogni anno nei pressi di Osaka.

Ma il manga più famoso resta Kyojin no hoshi ("La stella dei Giants"), del 1966. Creato da Ikki Kajiwara (testi) e Noboru Kawasaki (disegni) per la rivista Shonen Magazine della casa editrice Kodansha, serializzato fino al 1971 e raccolto in diciannove volumi. Col titolo Shin Kyojin no hoshi ("La nuova stella dei Giants") è stato ripreso nel 1979 dagli stessi autori. Tra le sue tavole non è infrequente imbattersi in esagerazioni tipiche dei manga sportivi, come il lancio di palle infuoate e allenamenti portati all'esasperazione. Inoltre ha dato vita a un'omonima serie televisiva (1968, 182 episodi, in Italia "Tommy la stella dei Giants"), molto nota anche nel nostro paese. La storia racconta di Tommy e di suo padre, che è stato un fortissimo giocatore di baseball, militava infatti nella squadra dei Giants, una delle più famose del Giappone. La carriera di questo atleta è stata però interrotta dall'inizio della Seconda Guerra Mondiale. L'uomo non ha potuto così raggiungere tutti i traguardi cui ambiva. Ora però vuole coronare i suoi sogni tramite il figlio, il giovane Tommy, che intende far diventare la nuova stella dei Giants. Per Tommy quindi, fin da tenerissima età, gli allenamenti sono durissimi.

Questa serie televisiva è solo la prima dedicata alle fatiche sportive di Tommy. Nel 1979 ha visto infatti la luce Shin Kyojin no hoshi II ("La stella dei Giants 2, nuova serie"), mentre tra il 1969 e il 1982 ben cinque sono stati i film dedicati a questo sport e al suo eroe. E' inoltre interessante notare che nell'ultimo di questi lungometraggi nella squadra dei Giants appaiono giocatori realmente esistiti, che hanno militato tra le fila dell'importante team. Se si parla di baseball, però, non è possibile esimersi dal citare un mangaka che ha infarcito le sue opere di questo sport: Mitsuro Adachi. Le sue storie - in genere lunghissime e giocate su una sensibilità tutta giapponese, fatta di pause e tempi lunghi, personaggi credibili ed espressivi - sono love story adolescenziali vissute sui banchi di scuola e sui campi sportivi, non prive di una certa poesia. Tra le tante serie di questo autore trasposte in animazione vanno ricordate Touch (1985, 101 episodi, in Italia "Prendi il mondo e vai"), e H2 (1995, 39 episodi)

 

Basket.

Il basket si è fatto largo nel mondo dei manga soprattutto grazie alla serie Slam Dunk. Creata da Takehiko Inoue, racconta l'escalation dello scapestrato Hanamichi Sakuragi, matricola del liceo Shohoku, che dichiara il proprio amore a una coetanea, ma viene rifiutato raggiungendo così il record di cinquanta fallimenti amorosi! La delusione è cocente, ma il protagonista dai capelli rossi non demorde, e si innamora di una nuova ragazza: Haruko Akagi. Quando quest'ultima gli confessa di amare follemente il basket, Hanamichi mente spudoratamente e afferma che la pallacanestro è tutta la sua vita. Per fare colpo su Haruko ora deve correre a iscriversi al club di basket del liceo Shohoku e fare carriera al suo interno. Divertente e molto realistico dal punto di vista sportivo, come ogni manga di successo che si rispetti anche Slam Dunk ha avuto la propria versione animata (1996, 101 episodi), quattro film e tre speciali ottenuti assemblando spezzoni della serie TV. Da un punto di vista narrativo, sia la serie che i film ricalcano fedelmente quanto già visto nel manga, l'impegno degli sceneggiatori e dei registi è stato infatti quello di rispettare la palese volontà di Takehiko Inoue, e cioè che Slam Dunk fosse si una serie sportiva, ma anche una commedia umana, una storia sull'amicizia e sull'amore, arricchita da un insieme di gag divertenti. L'incredibile successo tributato a Slam Dunk ha spinto altri mangaka e case editrici a percorrere la via del basket-manga con risultati più o meno felici. Tanto per fare un esempio possiamo citare Dear Boys di Hiroki Yagami per la Kodansha o Buzzer Beater e Real dello stesso Inoue. Ma anche Harlem Beat di Yuriko Nishiyama e I'll (conosciuto in Italia col titolo Generation Basket) di Hiroyuki Asada, recentemente trasformato in anime. L'impressione è che questo sport verrà ancora a lungo sfruttato da disegnatori e registi.

 

Pugilato.

Se Slam Dunk è il faro che illumina il basket, Rocky Joe fa lo stesso con la boxe. In Ashita no joe ("Joe del domani", 1970, 79 episodi, in Italia, per sfruttare il successo agli Oscar del Rocky Balboa di Sylvester Stallone, ribattezzato "Rocky Joe"). Joe è un teppistello che vivacchia nella periferia di Tokyo, tra un furtarello e l'altro finisce anche in prigione e alla fine trova riscatto solo nella boxe, unico mezzo per uscire da una vita miserabile e disonesta. La risalita di Joe è durissima, e sulla sua strada il ragazzo incrocerà anche la morte, che porterà via il suo rivale, deceduto sul ring. Sconvolto, Joe ritornerà a combattere solo nella seconda serie - Ashita no Joe II ("Joe del domani II", 1981, in Italia "Rocky Joe il campione") - dove alla fine troverà a sua volta la morte in un tragico incontro. La parola fine sulla triste storia di Joe arriva però con il film (1981, in Italia "Rocky Joe, l'ultimo roud"). Ripartendo dalla morte dell'avversario Toru Rikiishi, accasciatosi sul ring, il film rinarra quanto visto nella seconda serie. Ciò che più colpisce in Rocky Joe, l'ultimo round è la carica autodistruttiva dei pugili e in particolare di Joe, disposto anche a perdere la propria vita pur di tornare sul ring e sconfiggere l'avversario. Alla fine di tutto, nonostante il verdetto dei giudici, per lo spettatore pare non esserci alcun vincitore ma solo molti sconfitti, per un tragico sport che troppo spesso trasforma i propri eroi in vittime. Joe ha avuto la sua vittoria, ma il prezzo non è forse stato troppo alto? Inoltre, non va scordato che anche questa volta a originare il tutto è stato un manga di Asao Takamori e Tetsuya Chiba.

La boxe fa capolino anche in alcuni manga del già citato Mitsuro Adachi. Per esempio nella serie Slow Step, trasformata anche in OAV, in cui la graziosa Minatsu è un'abile giocatrice di softball corteggiata sia dal proprio strambo allenatore sia dall'altrettanto originale, e un poco fifone, coetaneo Shu. Minatsu, che non è attratta da nessuno dei due, appare però un poco interessata a Naoto, un giovane e misterioso pugile che l'ha salvata da un gruppo di teppisti. La versione animata è estremamente scorrevole, e alterna momenti sentimentali con episodi divertenti e un pizzico di movimento, curando particolarmente proprio gli incontri di boxe.

 

Gli altri sport.

Cito brevemente alcuni altri manga e anime a tema sportivo. Partiamo col judo, che vanta la bellissima serie Yawara (sia manga che anime) partita dall'idea di Naoko Urasawa di adattare alla finzione le vere imprese sportive di una giovane campionessa giapponese. Ma il judo contava già un titolo importante datato 1952, Igaguri-kun ("Il giovane Igaguri"), di Eiichi Fukui. Oggi invece è Sarabureddo to yobanaide ("Non chiamatemi purosangue"), di Hisayo Hasegawa (storia) e Kouhei Fujino (disegni), ad allietare i lettori di Shonen Jump. Anche rugby e football americano vantano qualche spazio. Nel primo caso il manga No Side, di Fumiharu Ikeda. Nel secondo il classico (è datato 1978) Football Taka, di Noboru Kawasaki, e i recenti No Huddle e Eyeshild 21, rispettivamente di Yuriko Nishiyama e della coppia Riichiro Inagaki (storia) e Yusuke Murata (disegni). Infine, ci sarebbero ping pong, motociclismo, automobilismo, sumo e molto altro ancora, in una sorta di grande olimpiade del disegno in cui i veri vincitori sono lettori e spettatori.

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Anime Special 2: Che sportivi i giapponesi! (bonus)

 

Qua di seguito due piccoli "bonus" all'articolo precedente: un elenco in cui riporto i nomi originali di alcuni dei calciatori della serie Capitan Tsubasa accompagnati dal corrispettivo del cartone trasmesso in Italia, e una serie di dubbi che possono lasciare queste opere nel lettore/spettatore

 

1. La formazione della Nankatsu (New Team)

 

- Benjiamin "Benji" Price (portiere): Genzo Wakabayashi

- Charlie Custer (difensore): Takeshi Kishida

- Jill Taylor (difensore): Masao Nakayama

- Bruce Harper (difensore): Ryo Hisizaki

- Bob Denver (difensore): Shingo Takasugi

- Jack Morris (centrocampista): Hanji Urabe

- Paul Diamond (centrocampista): Mamoru Izawa

- Oliver "Holly" Hutton (centrocampista): Tsubasa Oozora

- Tom Becker (centrocampista): Taro Misaki

- Johnny Mason (attaccante): Teppei Kisugi

- Ted Carter (attaccante): Hajime Taki

- Peter Colby (attaccante): Tadashi Shiroyama

 

2. Ma come fanno? Dubbi lasciati irrisolti dai cartoon sportivi giapponesi:

 

- Perchè partite di un campionato praticamente under 10, in Holly&Benji, vengono trasmesse in TV con tanto di telecronaca?

- Quanto sono lunghi i campi da calcio negli anime, se da una porta non si riesce a vedere l'altra (ma in compenso si percepisce la sfericità della Terra)?

- Chi sospende il tempo per i secondi necessari al protagonista di turno per vivere il suo flashback, immediatamente prima di schiacciare la palla/calciare il pallone/respingere la pallina?

- In base a quale legge fisica il pallone/la palla/la pallina diventa ovale?

- Perchè i nomi dei personaggi di Holly&Benji (bambini, poi ragazzi, giapponesi) in Italia sono tutti anglofoni?

- Ma la "catapulta infernale", i gemelli Jason e James Derrik l'avevano imparata dal loro zio ispettore?

- Da dove venivano fuori gli sfondi (con rose, disegni astratti, tenebre varie) che incorniciavano l'azione di gioco nei momenti clou?

- A che velocità riusciva a calciare i palloni Shingo Tamai per riuscire a bucare la rete e a far piantare la sfera nel muro retrostante?

- Mark Lenders era mica un incrocio tra Stallone e Toto Cutugno?

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Rei_Kashino

Io ho comprato il manga di Ace wo Nerae, e finora è l'unico manga che mi sono pentito d'aver comprato. E' inconcludente, i disegni sono approssimati... in poche parole: brutto. Non prendetelo!

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:cool: credo che quest'accanimento di manga sportivi da parte dei giappi sia dovuto al fatto che di sport ne fanno poco e si rifanno sul piano cartaceo :rotfl:
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Che facciano poco sport non è assolutamente vero... Magari non ottengono grandi risultati alle competizioni internazionali, ma l'educazione fisica è un must in tutte le scuole, che sono sempre ben attrezzate. Per non parlare di tutti i club sportivo scolastici, ai cui campionati si dà molto risalto.

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