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Fujimoto

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Cammino appena fuori di casa con passo felpato, ho un appuntamento al buio e come sempre sono in disastroso ritardo, ho una meta tanto fisica quanto psicologica, uno scoglio da superare per non rischiare di affondare miseramente. L'appuntamento rischia di essere un disastroso flop ma non c'è più tempo per dubbi, rinvii o cambi di direzione... non mi resta che correre per i portici nella mia amata città.

 

Passo tutti i posti che frequento quotidianamente, ma sembra che sia cambiato qualcosa dal giorno prima: prendo il tram come tutti i giorni, ma è come se fosse la prima volta, ma cosa è successo a questa città? il tram non mi coinvolge nel suo consueto microcosmo calmo e silenzioso. Scorre per le vie del centro, ma sembra un fulmine che si propaga a fatica tra nuvole di persone amalgamate: che quell'ammasso di ferraglia abbia un'anima, sta veramente partecipando alla mia condizione? No, non posso permettermi il lusso di partire per la tangente e pensare all'amore futurista per la velocità, c'è altro da fare.

 

Esco dal tram più stanco di prima, come fosse stato un giro sulle montagne russe, e vedo con i miei occhi demistificatori l'ambiente che mi circonda: nessuno studente, pochi lavoratori, tanta gente abbigliata a festa, luccicante, e chiassosa, premurosa di essere riconosciuta in mezzo ad un gregge che sembra muoversi a comando di un pastore invisibile, cosa c'è di nuovo dalla solita routine? Nulla, come sempre straniero in terra straniera, anche se vivo qui da sempre. Ma l'attimo di normalità dura poco, almeno per questa volta decido di non pensare agli altri, di non ascoltare i discorsi degli sconosciuti, di non analizzare i gruppi sociali che mi trovo di fronte, il sociologo disperato oggi deve andare in ferie come tutte le persone che mi vedo attorno.

 

Ho stranamente bisogno di silenzio, di calma interiore, nonostante il mio corpo sembri comunicare l'esatto contrario, perché corro, corro nonostante i miei soliti acciacchi. Ormai ho lasciato il completo controllo all'instintivo ragazzino, timido e insicuro, quello delle famose gaffe che trovi solitamente nei libri di galateo alla voce 'cose da non fare assolutamente'. Non ho più tempo nemmeno per rendermene conto, per rincuorarmi penso di dover solamente arrivare alla meta e poi tutto si risolverà automaticamente. Finalmente arrivo, lo vedo davanti alla fontana, seduto per terra a bere una birra, non sono sicuro che sia lui, non lo riconosco dalle foto che ho visto, comunque in qualche modo me lo fa capire, tenta di mettermi a mio agio, ma io ormai non penso, non so cosa sto dicendo, sono arrivato al traguardo nonostante tutti gli ostacoli psicologici... è il mio inconscio che detta legge e gli lascio fare, è a ruota libera e non riesco a controllarlo, perché sono perso totalmente in un mondo di insicurezza senza la possibilità di trovare un'uscita.

 

Poi mi presenta L., un suo amico, così il ragazzino impacciato che aveva il completo controllo delle mie capacità si arrende clamorosamente, mi siedo per terra quasi come se stessi crollando dopo una maratona interminabile e, disteso a terra, lascio liberi i miei occhi di vedere, quasi fossero stati bendati per tutto il viaggio o forse per tutta la vita... finalmente del giudizio degli altri posso tranquillamente fregarmene.

 

Osservo quest'uomo sicuro di sè che tracanna birra come se quello dovesse essere il suo ultimo sorso: non mi importa che usi le bestemmie come intercalare, non mi importa che viva alla giornata senza scopi precisi, non mi importa che non abbiamo niente in comune, non mi importa che sia probabilmente etero e fidanzato... che si fottano le sovrastrutture sociali, in quel momento volevo lasciare che i miei occhi vedessero ma non guardassero, inebriati dalla perfetta esecuzione che Madre Natura aveva messo in atto.

 

Immagino che quelle tre disgraziate delle Parche si siano divertite un mondo a giocarmi uno scherzetto del genere, ed io sono completamente caduto nel tranello. Il mio canone estetico di bellezza si era appena materializzato, e anche se di lì a poco il raziocinio sarebbe intervenuto rovinandomi la pace interiore che raramente riesco ad avere, io dovevo godermi appieno quel momento per il quale vale la pena vivere in attesa che avvenga ancora. Per un attimo mi sono sentito a casa.

 

NB: spero di essere nella sezione giusta, dipende dal mod se lo vuole considerare una sorta di diario, o una storia di co, per me è un racconto, come vuoi :)

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