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compassione o ribrezzo?


kuppolotto

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nel '62 pasolini andava in giro per le balere di milano o i treni del meridione  a chiedere

"cosa prova nei confronti delle devianze sessuali, ribrezzo o compassione?"

e gli uomini rispondevano che le lesbiche al loro cospetto si scioglievano, ovvio no,

ma che in fondo Hitler aveva le sue ragioni a fare quello che aveva fatto.

ancora nel '62 l'omosessualità era una specie di crimine,anche se ora non ricordo esattamente le leggi O_O certamente era un peccato indiscusso, e dei più gravi,ovviamente.

dagli anni sessanta abbiamo innegabilmente fatto dei passi enormi,

anche in questo provinciale paese che si chiama italia.

 

stavo pensando però che il dilemma del '62 resiste,

anche se oggi sono i margini si sono spostati,

certamente sono di meno le esse esse che ci sono in giro,

il ribrezzo persiste ma ha cambiato forma,

la chiesa è un po' divisa come dice lo stesso ratzy,

e da un lato ci sono questi che ripetono l'eterno argomento di adamo e andrea,

gli altri che distinguono l'omosessualità dagli atti omosessuali,negando così l'omosessualità

in natura (e io negherei loro).

 

ho scritto questo post per una motivazione personale:

mi sono accorto che quello che mi stronca è la visione compassionevole dell'omosessualità.

tempo fa scrissi un confuso post in cui condannavo la tolleranza. il tema è connesso, in fondo.

mi sembra lampante che non c'è proprio nulla da tollerare nell'omosessualità,

e così nemmeno nulla da compatire.

mentre ad un prete africano che mi dica che la piaga moderna sono aborto e omosessualità,

posso arringare conm il dito puntato,con la certezza luminosa di essere dalla parte giusta,

di fronte a chi mi compatisce,opggi ,non so bene cosa fare, mi viene da cedere,

da accontentarmi.

 

(perchè comunque è tutto più complesso, non è lo stesso,

la diversità è diversità, e non so, il problema delle adozioni da parte di genitori gay

sarebbe l'intolleranza sociale,che io non sottovaluterei, è sbagliato,ovvio, son sbagliati anche gli omidici.)

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ForbiddenLove

non ci vuole compassione ma semplice accettazione di questa realtà.

in fin dei conti che danno possono arrecare gli omosessuali alla società?

il mondo è bello perchè è vario. le differenze costituiscono una ricchezza perchè gli esseri umani non sono prodotti in serie con lo stampino. ognuno ha le sue peculiarità.

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Kuppolotto, capisco quel che vuoi dire, ma è assolutamente necessario

che tu comprenda bene il significato della parola «tolleranza»

e non la confonda con il significato comune del verbo «tollerare».

Questa confusione, bada bene, è molto diffusa, anche tra persone di una

certa cultura, ma non è meno falsa e ingannevole.

 

«Tolleranza» (storicamente e teoricamente) è l'opposto di «intolleranza».

E' un concetto che appartiene alla politica e cultura Liberale in lotta (4/3 secoli fa) con l'Assolutismo

regio delle monarchie assolute.

E cosa significa? garantire l'espressione anche di ciò che non si condivida.

 

La compassione è tutt'un'altra cosa, evidentemente.

 

Per questo «tolleranza» è un concetto ineliminabile e direi eterno,

come eterno è il suo opposto: intolleranza. Non a caso il fondamentalismo, che

ne è il principale ma non unico rappresentante, vige in Paesi dove l'Assolutismo

non è mai decaduto (e non si può non notare che il Vaticano, che si allea con i Paesi arabi nel

sostenere la non depenalizzazione - cioè la criminalizzazione - dell'omosessualità, è

esso stesso una monarchia assoluta).

 

Se ci rifletti bene, garantire l'espressione anche di ciò che non si condivida,

è il massimo di Rispetto che si possa avere, dato che la differenza (degli orientamenti

sessuali come delle idee) esiste e va presupposta.

 

Nulla è più falso e peloso di chi ti rispetta perché hai le sue stesse idee (ad esempio

politiche): ma se non le avessi? E' lì che si mostra il valore della Tolleranza,

che è la vera espressione della garanzia e del rispetto di Sé e dell'Altro.

E ognuno di noi può essere, è, di volta in volta, Sé e Altro.

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nel '62 pasolini andava in giro per le balere di milano o i treni del meridione  a chiedere «cosa prova nei confronti delle devianze sessuali, ribrezzo o compassione?»

e gli uomini rispondevano che le lesbiche al loro cospetto si scioglievano, ovvio no, ma che in fondo Hitler aveva le sue ragioni a fare quello che aveva fatto.

ancora nel '62 l'omosessualità era una specie di crimine,anche se ora non ricordo esattamente le leggi O_O certamente era un peccato indiscusso, e dei più gravi, ovviamente.

dagli anni sessanta abbiamo innegabilmente fatto dei passi enormi, anche in questo provinciale paese che si chiama Italia.

 

stavo pensando però che il dilemma del '62 resiste, anche se oggi sono i margini si sono spostati, certamente sono di meno le esse esse che ci sono in giro, il ribrezzo persiste ma ha cambiato forma, la chiesa è un po' divisa come dice lo stesso ratzy, e da un lato ci sono questi che ripetono l'eterno argomento di adamo e andrea, gli altri che distinguono l'omosessualità dagli atti omosessuali, negando così l'omosessualità in natura (e io negherei loro).

 

Ho scritto questo post per una motivazione personale:

Mi sono accorto che quello che mi stronca è la visione compassionevole dell'omosessualità.

Tempo fa scrissi un confuso post in cui condannavo la tolleranza. il tema è connesso, in fondo.

Mi sembra lampante che non c'è proprio nulla da tollerare nell'omosessualità, e così nemmeno nulla da compatire.

Mentre ad un prete africano che mi dica che la piaga moderna sono aborto e omosessualità, posso arringare con il dito puntato,con la certezza luminosa di essere dalla parte giusta, di fronte a chi mi compatisce, oggi, non so bene cosa fare, mi viene da cedere, da accontentarmi.

 

(perché comunque è tutto più complesso, non è lo stesso, la diversità è diversità, e non so, il problema delle adozioni da parte di genitori gay sarebbe l'intolleranza sociale, che io non sottovaluterei, è sbagliato,ovvio, son sbagliati anche gli omicidi)

 

Ti dirò che io (e immagino di poter estendere l'affermazione alla prima persona plurale) non voglio essere tollerato. Quello che pretendo è il rispetto, lo stesso rispetto che io porto a coloro che sono totalmente diversi da me. Il rispetto che è alla base di ogni convivenza civile, e che si deve a chiunque, dal cittadino comune al pedofilo, al neofascista (quello non violento però, che ovviamente non esiste, quindi questa categoria si autoesclude per mancanza di prerequisiti) come alle più alte cariche politiche.

Se qualcuno mi dicesse «sei gay, mi dispiace» o «poverino» potrei saltargli addosso e tirargli un paio di unghiate su quella faccia di bronzo che si ritrova.

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Io vivo benissimo con me stesso, con la mia omosessualità e con chiunque non me la stia continuamente a rimarcare come un elemento distintivo: tutte le persone a me care, sanno benissimo che sono uno di loro, come loro, né più né meno di loro.

 

Compatisco chi ha compassione di me, e provo disgusto verso chi ha ribrezzo di me... direi che riesco perfettamente a controbilanciare le posizioni, no?

 

L'importante è non soccombere MAI alla compassione o al ribrezzo altrui, perchè solo così ci si mostra vulnerabili e quindi attaccabili, ma al tempo stesso non si deve neppure reagire in modo eccessivo e sproporzionato.

Funziona esattamente come con le persone permalose: è tanto più divertente sfotterle quanto più s'incazzano ad ogni provocazione... se non s'incazzassero, il divertimento si esaurirebbe in men che non si dica.

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Harley Quinn

Non voglio essere compatita da nessuno e allo stesso modo mi offenderei se qualcuno mi trovasse ripugnante per la mia natura sessuale. Ma l'accettazione è così improponibile? :salut:

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sebastian83

Improponibile no, semmai complicato...  :asd:

 

Il problema della tolleranza è di carattere culturale: l'ostilità verso il "diverso" è la naturale conseguenza della paura verso ciò che non si conosce.

La compassione intesa come sopra è irritante, ma è un primo passo: con un'opera seria di educazione e sensibilizzazione si riesce a condividere il proprio punto di vista e ad arrivare, in una società matura, alla piena accettazione del diverso.

Questo discorso vale per l'omosessualità, ma può essere riciclato per qualunque minoranza...  :D

 

Inutile dire che la classe politica di questo paese ha tutto l'interesse a lasciare il popolo bue, becero e ignorante, in modo da poterlo controllare meglio...  :asd::aha:

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Cosa rispondere a chi ci compatisce?

Questa è la domanda di Kuppolotto.

 

Rispondere con l'ironia.

 

"E' vero sono malato, dovrei avere la pensione di invalidità"

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voltaire non ha mai detto -sono disposto a dare la vita per farti parlare-

e non la pensava proprio così.

 

isher,la tua visione della tolleranza è quella più comune,è quella che avevo a sei anni.

e invece credo che in concreto sia poco diffusa:

è una cosa bella,meriterebbe un altro nome,forse.

 

l'ostilità verso il "diverso" è la naturale conseguenza della paura verso ciò che non si conosce.

questo è quello  che  pensiamo tutti,ma secondo me non finisce qui.

 

La compassione intesa come sopra è irritante, ma è un primo passo: con un'opera seria di educazione e sensibilizzazione si riesce a condividere il proprio punto di vista e ad arrivare, in una società matura, alla piena accettazione del diverso.

anche io la pensavo un po' così.

e in realtà stamattina ho sentito che il 55%degli italiani vorrebbe i pacs.

è la nostra classe politica ad essere rimasta indietro,in fondo.

e quel 10% di leghisti,povera minoranza, questa volta sì da compatire.

 

Cosa rispondere a chi ci compatisce?

Questa è la domanda di Kuppolotto.

Rispondere con l'ironia.

"E' vero sono malato, dovrei avere la pensione di invalidità"

io sono ironico quando sono debole,

quando sono già stato toccato sul vivo.

è interessante ma non mi sembra una soluzione che io possa utilizzare,

in concreto. magari qualcun altro meglio di me.

 

Ma l'accettazione è così improponibile?

se la realtà non è così, cosa fare?

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quello che mi stronca è la visione compassionevole dell'omosessualità.

Quoto. Non credo sia neanche tanto un passo avanti rispetto all'intolleranza (come invece ha scritto qualuno), è semplicemente una reazione diversa da parte di persone diverse. Ovvio che d'istinto viene da dire che è sempre meglio dell'intolleranza, ma ragionandoci un po' non ne sarei così convinto, effettivamente. Essere oggetto di compassione può significare essere considerati proprio inferiori... anche se da uno che prova compassione c'è da aspettarsi che lo faccia con tutta la buona volontà, magari non rendendosi conto dell'effetto che la cosa provoca. Forse è questa l'unica cosa che rende la compassione migliore dell'intolleranza  :asd:

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sebastian83

Essere oggetto di compassione può significare essere considerati proprio inferiori... anche se da uno che prova compassione c'è da aspettarsi che lo faccia con tutta la buona volontà, magari non rendendosi conto dell'effetto che la cosa provoca.

 

Per come la vedo io è proprio questo il punto cruciale: un tizio "xenofobo" (dove per "xeno" intendo "il diverso" in senso lato) tramuta la sua paura in odio/disprezzo, mentre un tizio "compassionevole" ha una visione per cui pensa che il tuo essere parte di una minoranza sia fonte di tristezza e dolore, ma non è pregiudizialmente ostile.

 

Quindi con una buona opera di educazione, potrebbe capire che il suo "dispiacere" verso di te è ingiustificato...

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  • 3 weeks later...

ho trovato la risposta quasi per caso:

la compassione è un sentimento narcisistico,

a dispetto del nome,

un borghesuccio davanti ad uno storpio

prova compassione perchè dice "tu non sei sano come me".

e così può compatire un omosessuale

solo qualcuno che si senta superiore,

e quindi anche che sappia nel suo intimo di non avere su di se quella macchia.

 

il ribrezzo,quindi, sarebbe come dire: tu incarni e manifesti

i vizi che io tento di reprimere.

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Kuppolotto,

non credo che la tua interpretazione sia del tutto corretta. Tu ne fai una questione personale, mentre spesso invece non lo è. Quando io provo compassione per un mendicante per strada non credo di essere superiore a lui, ma penso semplicemente che la mia situazione sia migliore della sua, e mi spiace di non poterlo aiutare. La compassione deriva da:

1) indottrinamento religioso del tipo "l'omosessualità è peccato, e i peccatori sono infelici";

2) genuina convinzione incoraggiata dal vittimismo di molti omosessuali e dalle canzoni di Anna Tatangelo.

Nel primo caso c'è poco da controbattere, nel secondo invece possiamo tentare di educare il compassionevole mantenendo un atteggiamento positivo.

 

il ribrezzo,quindi, sarebbe come dire: tu incarni e manifesti

i vizi che io tento di reprimere.

 

Attento, non tutti gli omofobi sono omosessuali repressi!  :bua:

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Kuppolotto,

non credo che la tua interpretazione sia del tutto corretta. Tu ne fai una questione personale, mentre spesso invece non lo è. Quando io provo compassione per un mendicante per strada non credo di essere superiore a lui, ma penso semplicemente che la mia situazione sia migliore della sua, e mi spiace di non poterlo aiutare. La compassione deriva da:

1) indottrinamento religioso del tipo "l'omosessualità è peccato, e i peccatori sono infelici";

2) genuina convinzione incoraggiata dal vittimismo di molti omosessuali e dalle canzoni di Anna Tatangelo.

Nel primo caso c'è poco da controbattere, nel secondo invece possiamo tentare di educare il compassionevole mantenendo un atteggiamento positivo.

 

Attento, non tutti gli omofobi sono omosessuali repressi!  :bua:

 

sarebbe tutto molto più carino se fosse così,ma io non ci credo.

secondo me gli omofobi seri e agenti e feroci sono omosessuali repressi,

mentre può esserci,e anzi credo sia così per la maggioranza dei casi,

l'eventualità in cui l'omosessualità viene vista come generica diversità,

e si odia nella diversità dell'altro la propria diversità poi omologata e nascosta.

 

io la vedo così.

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Non so, secondo me tagliate un po' troppo la cosa con l'accetta ....

 

Intanto, volendo fare un po' di etimologia, compassione viene dal greco, e letteralmente vuol dire "provare sentimenti insieme"; come attitudine, è legata a doppio filo con l'empatia, che è caratteristica di coloro i quali sanno mettersi nei tuoi panni e a cui viene automatico cercare di provare quello che provi tu, nelle diverse situazioni.

 

Ora, c'è poco da fare, nel 2009 non è ancora semplice per un omosessuale essere felice e completamente realizzato: il rapporto di coppia è malvisto in parecchi stati e non riconosciuto in altri, l'adozione è ancora lontana anni luce dell'essere persino considerata, eccetera eccetera.

 

Di conseguenza, una persona che abbia un po' di senso pratico e di apertura mentale, non può non pensare a quanto sia difficile per noi realizzarci come persone. Se quella persona è eterosessuale, è chiaro come il sole (e nessuno, qui, credo possa negarlo) che avrà la vita più facile, per quanto riguarda l'accettazione sociale del proprio rapporto di coppia. Se da questo dislivello, oggettivo e percepito, nasce in quella persona un sentimento di compassione, è una cosa che comunque apprezzo. Starà a me, se ci tengo a questa persona, trovare un posto per la sua compassione in un più ampio schema di sentimenti reciproci.

 

E' così fuori dai binari questi ragionamento?

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Ci sono tre possibilità, no?

Il disprezzo, la compassione e l'indifferenza.

 

Kuppolotto vuole l'indifferenza nei confronti dei gay

e non ha proprio tutti i torti.

Qualunque "minoranza matura" vuole che gli altri

siano indifferenti alle loro vicende.

Un ebreo o un disabile pensano questo...

 

Ma di fronte ai problemi della comunità GLBT

un eterosessuale come dovrebbe reagire?

La questione è puramente politica, intendiamoci.

Io il massimo di "compassione" che chiedo

è di non votare per partiti omofobi o di non essere cattolici....

 

P.S: "Compassione" è in latino;

se la traduciamo in greco viene fuori "simpatia" :bua:

(il "cum" latino è il "sym" greco; "patiri" è "pathein")

Il parallelismo sembra un po' demenziale, lo so...

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Puoi provare compassione per un gay se sei convinto che l'omosessualità sia alla stregua di ogni altra malattia. Non la consideri neanche una perversione, ma solo una patologia.  Le persone che compatiscono non saranno poi così ostili come gli amici di New Strong, ma portano con se una grande insidia: le malattie vanno curate non assecondate, tradotto si allo psichiatra pagato dalla mutua, col cazzo ai diritti etc etc... Fra l'altro i compassionevoli sono gli stessi che temono fortemente la corruzione della società che il male gay porta con se: perchè se la ferita al piede si trascura va in cancrena l'intera gamba...

 

insomma forse forse meglio Fuorza Nola.

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P.S: "Compassione" è in latino;

se la traduciamo in greco viene fuori "simpatia" :bua:

(il "cum" latino è il "sym" greco; "patiri" è "pathein")

 

E tra l'altro patiri/pathein vogliono dire "soffrire", quindi il significato etimologico di compassione/simpatia è "soffrire insieme", non "provare sentimenti insieme".

Si potrebbe anche segnalare, a sostegno dalla tesi di kuppolotto, che compassione e compatire derivano entrambi dal verbo latino compati.

 

Però, sebbene sia un campo affascinante, l'etimologia non spiega alcun significato recondito delle parole, studia solo la loro origine. Quindi evitiamo di abusarne. La tolleranza è un'ottima cosa, non fossilizziamoci sul fatto che deriva dalla stessa radice di tollerare.

 

isher,la tua visione della tolleranza è quella più comune,è quella che avevo a sei anni.

e invece credo che in concreto sia poco diffusa:

è una cosa bella,meriterebbe un altro nome,forse.

 

Ad alcuni non piace la parola "omosessualità", perché contenendo solo la parola "sesso" farebbe pensare non esista l'amore gay. Altri pensano che "matrimonio" sia un termine inapplicabile a una coppia di uomini, perché contiene la parola "madre". Se dovessimo cambiare le parole ogni volta che l'etimo non ci aggrada non la smetteremmo più. Molto meglio cambiare il significato delle parole.

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Ci sono tre possibilità, no?

Il disprezzo, la compassione e l'indifferenza.

 

Kuppolotto vuole l'indifferenza nei confronti dei gay

e non ha proprio tutti i torti.

Qualunque "minoranza matura" vuole che gli altri

siano indifferenti alle loro vicende.

Un ebreo o un disabile pensano questo...

 

Ma di fronte ai problemi della comunità GLBT

un eterosessuale come dovrebbe reagire?

La questione è puramente politica, intendiamoci.

Io il massimo di "compassione" che chiedo

è di non votare per partiti omofobi o di non essere cattolici....

 

P.S: "Compassione" è in latino;

se la traduciamo in greco viene fuori "simpatia" :bua:

(il "cum" latino è il "sym" greco; "patiri" è "pathein")

Il parallelismo sembra un po' demenziale, lo so...

 

sì,infanti, gay friendly! le parole cambiano,anche molto, nel tempo.

 

mmm io delle etimologie mi fido un sacco

 

ok,io mi sono un po' chiarito le idee :D

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La compassione oggigiorno è una delle cose più ambigue che esistano... non a caso,

com'era accennato tra le righe di Almadel, esprime atteggiamenti e sensibilità che in passato erano considerati positivi, mentre oggi sono considerati negativi:

aggettivi come pietoso, penoso, patetico, derivano da pietà, pena, pathos, tutte cose nobilissime un tempo, ma oggi invece nobili soltanto in sede di disquisizione letteraria, perché nessuno le desidera almeno per sé. La causa è probabilmente nell'etica dell'autosufficienza, cosicché scoprirsi compatiti o patetici è come scoprirsi minorati, impediti, invalidi,

una condizione non a caso simile a quella vissuta tuttora da molti che si scoprono omosessuali o genitori di omosessuali ecc. (l'omosessualità è considerata una disabilità, un incidente con cui si può convivere benissimo e felicemente, ma pur sempre un incidente, a priori quasi nessuno la desidererebbe al posto dell'eterosessualità).

 

Di conseguenza, la compassione diventa spesso un'arma, di quelle passive, insomma aggressività mascherata nelle uniche forme accettabili in una società che impone la tolleranza. Come l'ironia, come il sarcasmo.

Quante volte, noi stessi, litigando con qualcuno e scoprendoci in forte disaccordo, concludiamo esprimendogli la nostra palese compassione, ma chiaramente nel tentativo di farlo sentire umiliato, ridicolizzato? quando però, credo, spesso non corrisponde a verità dentro di noi, cioè il sentimento principale che proviamo è la rabbia e la contrarietà, a cui cerchiamo di sovrapporre la compassione soltanto per tentare di accettare serenamente l'esistenza di un "nemico" con cui scopriamo di non poter interagire (cerchiamo allora di convincerci che non può capire, che può scegliere cosa pensare soltanto fino a un certo punto ecc.).

 

La migliore strategia di risposta, dal mio punto di vista, di fronte alla compassione, vera o finta che sia (anche perché, spesso non possiamo saperlo con certezza), è ignorare... perché anche soltanto rispondere per le rime, rinviare la compassione, o fare ironia, io direi che impiega energie mentali che sarebbero impiegate molto meglio in qualsiasi altra attività della vita :bua:

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