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Elezioni presidenziali in Francia del 2017


Rotwang

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Le elezioni presidenziali in Francia si tengono il primo turno il 23 aprile e il secondo turno il 7 maggio 2017.

Immigrazione, laicità, identità francese: Nicolas Sarkozy riprende la campagna per l'Eliseo là dove l'aveva lasciata nel 2012, quando fu sconfitto dal socialista François Hollande. I grandi temi della destra più radicale e del Front National, sono stati infatti i temi del primo comizio del presidente, ridisceso ufficialmente in campo con la pubblicazione di un libro, "Tutto per la Francia". Per il suo primo comizio, Sarkozy ha scelto Chateaurenard, nel sud (regione di Marsiglia), dove circa 2.000 militanti entusiasti lo hanno acclamato. La regione è tradizionalmente feudo del Front National e quando il candidato all'Eliseo ha affermato che "il popolo di Francia non è xenofobo perché pensa ci sia un problema di immigrazione" è stato premiato da un'ovazione. Molti gli applausi anche quando, appoggiando il premier socialista Manuel Valls, ha dichiarato il suo no "al burkini sulle spiagge e le piscine di Francia", chiedendo anche una legge che lo vieti.

Campione della destra del suo partito, l'ex Unione per un Movimento Popolare che dal 2015 ha cambiato nome ne I Repubblicani, Sarkozy ha come principale avversario interno l'ex primo ministro Alain Juppé, attuale sindaco di Bordeaux, di destra moderata dal "volto umano", rivolto agli elettori centristi e per ora favorito. I nomi in campo sono anche quelli dell'ex primo ministro François Fillon, sostenitore di una dura politica di rigore economico, dell'ex ministro Bruno Le Maire e della combattiva Nathalie Kosciusko-Morizet, ex portavoce di Sarkozy in rotta con lui.

Per Hollande, la cui popolarità è storicamente bassa, la missione è ritrovare consenso ma anche serrare i ranghi del Partito Socialista sempre più spaccato, in cui l'ala sinistra è in aperto conflitto col governo. Spuntano anche qui le prime candidature, di due ex ministri più polemici sulla svolta liberal: Benoît HamonArnaud Montebourg conosciuto per la sua lotta alla corruzione e dell'ex leader verde Cécile Duflot.

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Polisblog

 

I sondaggi non lo premiano (l'88% dei francesi non è soddisfatto del suo operato), un pezzo importante del Partito Socialista vorrebbe scaricarlo, la base sociale dell'elettorato di sinistra, dopo la riforma del mercato del lavoro, lo detesta. Eppure il presidente François Hollande appare più determinato che mai a candidarsi per la corsa all'Eliseo del prossimo anno. Non lo dice direttamente (lo farà probabilmente a dicembre), ma il discorso che ha pronunciato lascia pochi dubbi in merito.

 

"La democrazia contro il terrorismo", questo è il concetto che Hollande ha voluto ribadire in conferenza stampa. Tracciando un bilancio delle iniziative intraprese finora in Francia nella lotta al jihadismo, il presidente in carica si è voluto presentare come l'unico leader capace di affrontare il problema. E non ha risparmiato a bordate ai suoi detrattori.

 

Presentandosi come il difensore dello stato di diritto, ha criticato la destra che pretende un inasprimento della legislazione di emergenza. Tra i sostenitori di norme speciali c'è Nicolas Sarkozy (che a novembre, nelle primarie dei Répubblicains, sfiderà l'ex premier Alain Juppé). E all'ex presidente, Hollande, tra le righe, ha replicato polemicamente: "la libertà d'espressione è forse un'arguzia giuridica? O la libertà di culto? O la presunzione di innocenza, che pure viene invocata quando si tratta di difendere il proprio campo?".

 

Sulla presunta incompatibilità tra islam e laicità, che spesso viene cavalcata dal Front di Marine Le Pen, Hollande ha aggiunto: "la laicità non è una mistica, non è la religione di Stato contro le religioni, è un insieme di diritti e di regole sulle cui fondamenta è organizzata la vita della Repubblica".

 

Infine, a chi tra i conservatori continua a dichiarare che le elezioni vere saranno le primarie di novembre, l'inquilino dell'Eliseo ha detto: "In democrazia ci sono le elezioni, che non sono facili. Bisogna prepararle, bisogna meritarle, e bisogna rispettare i cittadini e il loro voto".

 

La strada per Hollande si presenta tutta in salita. Numerosi esponenti socialisti, tra cui l'ex ministro dell'Economia, Emmanuel Macron, sembrano intenzionati a partecipare alle presidenziali. Al momento il presidente, secondo i sondaggi, può contare solo sul 13% dei consensi.

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Il Post

 

Hollande e i socialisti
A sinistra la situazione è molto confusa. I giornali francesi scrivono che ci sono state delle lentezze nello stabilire tempi e modalità delle primarie che si svolgeranno comunque tra il 22 e il 29 gennaio. Le candidature andranno presentate entro metà dicembre. La principale ragione di questa confusione è che a differenza di molti altri presidenti del passato (Giscard d’Estaing nel 1981, Mitterrand nel 1988, Chirac nel 2002 e Sarkozy nel 2012) il presidente uscente François Hollande non è riuscito a imporsi come “candidato naturale” della sua area politica di riferimento per un secondo mandato.

Hollande era molto impopolare già poche settimane dopo l’elezione del 2012. La disoccupazione e il fatto che la crescita economica della Francia in questi anni sia stata costantemente inferiore a quella dei maggiori paesi europei hanno peggiorato le cose; lo stesso vale per i molti attentati terroristici che hanno colpito la Francia. I sondaggi dimostrano che gli elettori francesi, socialisti compresi, semplicemente non hanno più fiducia nella capacità di Hollande di guidare il paese. In un libro pubblicato il mese scorso, Hollande aveva detto di avere “il desiderio” di candidarsi per un secondo mandato, ma che non avrebbe messo il suo nome davanti a quello di altri se fossero arrivati segnali contrari a una sua possibilità di vittoria. Non sembra che le cose andranno così.

Giovedì 8 settembre Hollande ha pronunciato un discorso piuttosto atteso su democrazia e terrorismo: ha parlato per quasi un’ora e il suo discorso ha ampiamente superato quei temi. Secondo molti osservatori è stata l’occasione per mettere in evidenza i temi della sua futura campagna presidenziale e per rispondere alle critiche da parte dell’opposizione: in alcune recenti dichiarazioni Nicolas Sarkozy si è detto pronto a sacrificare un po’ di democrazia per una maggiore sicurezza, se venisse eletto, e Hollande gli ha fatto notare che i principi costituzionali e la presunzione di innocenza non sono dei cavilli di legge. Le Monde ha scritto che quello di Hollande è stato un discorso da candidato.

Alle primarie del centrosinistra – ma a sinistra di Hollande e con il sostegno di alcuni “frondeur” e cioè di alcuni deputati interni al partito critici con il governo di Valls e del presidente uscente – si sono candidati Arnaud Montebourg, ex ministro dell’Economia, e Benoît Hamon, ex ministro dell’Istruzione, che ha 49 anni. Tra gli scontenti dell’attuale governo si sono candidati anche la senatrice Marie-Noëlle Lienemann, il sindacalista Gérard Filoche, il deputato François de Rugy e Jean-Luc Bennahmias, presidente del partito Front démocrate. Nei prossimi mesi gli anti-Hollande, così li definisce Le Monde, dovranno organizzarsi tra loro per decidere chi è nella posizione migliore per rappresentare un’alternativa al presidente uscente con il rischio, altrimenti, di promuoverne la candidatura.

 

La destra dei Repubblicani
A destra, i Repubblicani faranno le primarie nel mese di novembre (primo turno il 20, secondo turno il 27) e ci sarà molto probabilmente uno scontro tra l’ex presidente Nicolas Sarkozy e l’ex premier Alain Juppé. La lista dei candidati alle primarie della destra è comunque per ora piuttosto affollata: quella definitiva sarà pubblicata il 21 settembre. Ma il 9 settembre sono scaduti i termini per la presentazione dei documenti con le firme necessarie alla candidatura e li hanno depositati otto candidati sui tredici che inizialmente avevano detto di voler partecipare. Si tratta comunque di una situazione piuttosto insolita per la destra francese, abituata a concentrare il proprio sostegno intorno a due o tre candidati al massimo.

I documenti per partecipare alle primarie sono stati depositati da sette uomini e una donna. I candidati sono: Alain Juppé, Nicolas Sarkozy, François Fillon, primo ministro dal 2007 al 2012, Bruno Le Maire, ex ministro dell’Agricoltura nel governo di Sarkozy, Jean-François Copé, ex presidente dell’UMP (il vecchio nome del partito Les Républicains), Jean-Frédéric Poisson, presidente del Partito Cristiano Democratico e Hervé Mariton, deputato e sostenitore di una linea piuttosto conservatrice. Infine c’è la deputata Nathalie Kosciusko-Morizet, unica donna candidata.

Nicolas Sarkozy sta attraversando diversi guai giudiziari, di cui si è ricominciato a parlare con insistenza ieri quando la procura di Parigi ha detto che farà richiesta di processarlo per presunte irregolarità nei finanziamenti alla sua campagna elettorale presidenziale del 2012 (si tratta del cosiddetto “affaire Bygmalion” che avevamo spiegato qui). Il principale avversario di Sarkozy sembra essere Juppé, sindaco di Bordeaux, che è stato primo ministro della Francia tra il 1995 e il 1997 e che viene ricordato soprattutto per aver causato il penultimo grande sciopero generale nel paese dopo aver tentato di portare avanti una riforma delle pensioni (l’ultimo grande sciopero ha invece a che fare con la contestata riforma del lavoro del governo Valls, poi approvata). Juppé è dall’agosto del 2014 che dice di voler partecipare alle primarie della destra e se le vincesse e se venisse eletto, sarebbe presidente a quasi 72 anni: non è malvisto dall’elettorato socialista deluso e moderato, e nemmeno dai repubblicani meno intransigenti.

Venerdì 9 settembre ha annunciato la sua candidatura anche Henri Guaino, ex consigliere di Nicolas Sarkozy. Guaino ha detto di essere riuscito a raccogliere il sostegno e le firme necessarie per partecipare alle primarie della destra, ma che non vi prenderà comunque parte perché sono, secondo lui, solo «il teatro di manovre e calcoli politici»: Guaino si presenterà dunque direttamente e da indipendente dal partito Les Républicains.

 

Gli altri
Anche al centro ci sono diversi candidati: su tutti c’è François Bayrou, presidente del partito Mouvement démocrate (MoDe) e già candidato nel 2002, 2007 e 2012. Bayrou ha detto che potrebbe candidarsi se le primarie di destra venissero vinte da Sarkozy e che invece si farà da parte se dovesse vincere Juppè, più moderato, a cui darebbe il proprio appoggio. Il Fronte Nazionale, nel frattempo, sarà rappresentato da Marine Le Pen, già candidata alla presidenza nel 2012 e dalla quale ci si aspetta un grande risultato almeno al primo turno.

Tra gli altri ci sono Nathalie Arthaud e Philippe Poutou, entrambi già candidati nel 2012 per l’estrema sinistra, Jean-Luc Mélenchon per il Front de Gauche, Nicolas Dupont-Aignan, presidente di Debout la France (partito gaullista e nazionalista) e Cécile Duflot, la principale candidata delle primarie degli ecologisti (che saranno tra il 19 ottobre e il 4 novembre) di cui si parla nelle ultime ore perché avrà come responsabile della propria campagna la cofondatrice di Osez le féminisme!, importante e influente gruppo femminista francese.

 

E infine c’è Emmanuel Macron
Il fatto politico più rilevante delle ultime settimane sono state le dimissioni di Emmanuel Macron da ministro dell’Economia del governo Valls. Macron, che ha 39 anni, ha fondato un suo partito di centro che si chiama En Marche! (In marcia): si parla in modo sempre più insistente di una sua possibile candidatura alle presidenziali.

Macron era diventato ministro dell’Economia nel 2014 dopo una crisi di governo abbastanza complessa, causata principalmente dalle divergenze di opinioni in materia economica tra i ministri dell’ala più moderata del partito socialista con quelli dell’ala più di sinistra: in quei mesi di forte crisi il governo del socialista Manuel Valls si era dimesso, il presidente Hollande aveva nominato un nuovo governo, Manuel Valls era stato confermato primo ministro mentre Arnaud Montebourg, fino ad allora ministro dell’Economia, era stato sostituito da Macron. Macron era stato definito da diversi giornali francesi «il più liberale della squadra di governo» e la sua prima proposta di legge sulle liberalizzazioni aveva da subito fatto molto discutere. Macron non ha né confermato né smentito le voci su una sua possibile candidatura, ma dimettendosi da ministro dell’Economia ha detto di voler lavorare a dei progetti che possano «trasformare la Francia».

 

I sondaggi
In questa situazione molto incerta e molto affollata, il quotidiano francese Le Figaro ha pubblicato un sondaggio condotto tra il 2 e il 5 settembre. Dice quattro cose importanti:

1. Macron è un pericolo per i candidati di sinistra. A una settimana dalle sue dimissioni dal governo, e senza nemmeno essersi candidato, è al terzo posto nelle intenzioni di voto al primo turno delle elezioni presidenziali del 2017, dietro a Marine Le Pen e al candidato dei Repubblicani (Nicolas Sarkozy o Alain Juppé). Macron è invece davanti rispetto ai potenziali candidati di sinistra ed estrema sinistra, ed è dato tra il 15 e il ​​20 per cento delle intenzioni di voto a seconda delle varie combinazioni. Secondo l’indagine, se Macron si candidasse farebbe perdere otto punti a Juppé e cinque a Sarkozy, mentre i dati degli altri possibili candidati di sinistra resterebbero piuttosto invariati se lui ci fosse oppure no.

2. I risultati sarebbero in ogni combinazione possibile disastrosi per François Hollande. Il presidente uscente è in quarta o quinta posizione nelle intenzioni di voto, ed è costantemente dietro a Macron se quest’ultimo si candidasse. Hollande otterrebbe tra l’11 e il 15 per cento dei voti in base a nove possibili combinazioni. E in ogni caso non passerebbe al secondo turno.

3. Nelle varie combinazioni considerate, Marine Le Pen passerebbe sempre il primo turno: a seconda delle combinazioni è data tra il 26 per cento delle intenzioni di voto e il 29: il risultato più basso lo otterrebbe con Sarkozy come candidato della destra e Macron della sinistra; i risultati più alti li raggiungerebbe se si candidasse Hollande e non Macron. Tenendo ferma quest’ultima ipotesi: se il candidato dei Repubblicani fosse Sarkozy, Marine Le Pen vincerebbe il primo turno per 29 a 27, se invece il candidato dei Repubblicani fosse Juppé, Le Pen perderebbe 29 a 33.

4. In ogni caso, uno tra Alain Juppé e Nicolas Sarkozy si qualificherebbe per il secondo turno delle elezioni presidenziali. Juppé però ha un vantaggio su Nicolas Sarkozy e, come risulta dal punto precedente, oggi sembrerebbe l’unico che riuscirebbe a battere Marine Le Pen al primo turno: questo nell’ipotesi però che François Hollande fosse il candidato della sinistra e senza la presenza di Emmanuel Macron.

Edited by Rotwang
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  • 2 weeks later...

A naso credo di avrà un ballottaggio tra Sarkò e la Le Pen nel quale prevarrà il primo, in quanto gli elettori di sinistra si tureranno il naso e voteranno il meno peggio.

 

Holland è troppo impopolare farebbe bene a non candidarsi, almeno si risparmierà una figuraccia.

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  • 1 month later...

La Repubblica

 

Se si votasse oggi, Alain Juppé avrebbe davanti un'autostrada per l'Eliseo. L'ex premier, 71 anni, è il favorito all'elezione presidenziale di maggio e secondo i sondaggi dovrebbe vincere tra un mese le primarie per la candidatura del centrodestra. "Nulla è scontato" avverte Juppé togliendosi subito la giacca per rispondere alle domande nel suo quartier generale di boulevard Raspail. Sindaco di Bordeaux, incarna una destra moderata, ha una lunga esperienza di governo, a capo di un esecutivo durante la presidenza di Jacques Chirac, più volte ministro. Nel 2004 era stato costretto a fare una parentesi dalla politica dopo una condanna per alcuni incarichi fittizi al partito. Poi è tornato, e quasi fuori tempo massimo ora punta al vertice dello Stato con uno slogan diametralmente opposto alla visione del suo principale rivale, Nicolas Sarkozy.

 

Lei vuole promuovere in Francia un'"identità felice". È un obiettivo più che una constatazione?

"Ovviamente non ho l'ingenuità di pensare che la Francia navighi nella felicità. Oggi è un Paese in grave difficoltà economica, la disoccupazione resta a livelli troppo alti. C'è una crisi politica, il potere non è più credibile, le ultime dichiarazioni di François Hollande in un libro dal titolo eloquente ("Un Presidente non dovrebbe dire queste cose") hanno sminuito ancora di più la funzione presidenziale. L'immagine internazionale del nostro Paese è profondamente degradata".

 

La Francia va male?

"È così, ma il ruolo di un responsabile politico non è trasmettere un messaggio di pessimismo, di declinismo. Voglio esprimere fiducia, ottimismo. Mi sono prefissato questo obiettivo creando un dibattito, e ora persino i vescovi francesi hanno espresso una visione simile alla mia".

 

I programmi dei candidati alle primarie si assomigliano in molti punti. Cosa la differenzia davvero da Sarkozy?

"Credo che le differenze non sfuggano a nessuno. L'elezione si giocherà molto sulla personalità, peserà la fiducia nel candidato, si valuterà la sua stoffa da uomo di Stato".

 

Si considera il candidato con più chance di battere Marine Le Pen?

"Sì, oggi sarei davanti a Le Pen al primo turno e potrei batterla con un largo vantaggio al secondo turno. Forse è un argomento che può far riflettere gli elettori che temono l'arrivo al potere del Front National".

 

La accusano di non essere sufficientemente duro con l'islamismo radicale, tollerando ad esempio il velo.

"Il velo non è l'islamismo radicale! Guardate sui marciapiedi quante donne lo portano. Non si possono varare leggi che non potranno essere applicate. Sono contro tutto ciò che sminuisce la donna, come il burkini che considero umiliante. Ma sono temi che devono essere affrontati in modo globale, senza brandire ogni volta una nuova legge".

 

Crede al rischio di una guerra civile in Francia?

"Sento parlare di scontro di civiltà. Bisogna fare attenzione, non cadiamo nell'isteria. Ci vuole sangue freddo. Tutti gli studi mostrano che la maggioranza dei musulmani francesi è pronta a rispettare le leggi della République".

 

Dopo il Brexit, qual è il suo messaggio ai britannici?

"Avete fatto una scelta, e noi la rispetteremo. Non è possibile essere fuori e dentro l'Europa. Non si tratta di punire la Gran Bretagna, solo di essere coerenti. La Francia manterrà una cooperazione bilaterale molto stretta con Londra, in particolare sul piano militare. Per il resto, bisogna procedere spediti".

 

Sulla difesa comune europea è possibile avanzare?

"I britannici sono sempre stati ostili all'idea di un maggior coordinamento e di un quartier generale comune. Adesso le cose si stanno finalmente muovendo. I Paesi interessati a una cooperazione rafforzata sul piano militare li conosciamo: Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia, Svezia".

 

L'Ue attraversa una grave crisi. Come pensa di superarla?

"Immaginare che ogni Paese possa fare da sé è disastroso. Rischiamo di diventare Stati vassalli della Russia, della Cina e di altri ancora. Dobbiamo ritrovare la consapevolezza del nostro destino comune".

 

Da Berlino a Budapest non è più la stessa Europa?

"Se qualche Paese non vuole condividere gli stessi valori, è libero di farlo. Non possiamo costringerlo. L'Europa a più velocità è già una realtà, ad esempio con lo spazio Schengen e l'eurozona".

 

Cosa pensa del triumvirato tra Angela Merkel, Hollande e Matteo Renzi?

"La voce della Francia oggi non pesa più, su molti negoziati siamo stati lasciati ai margini. Dobbiamo ritrovare la nostra forza e credibilità, facendo riforme serie come quella delle pensioni e del mercato del lavoro. Solo quando saremo tornati alla pari con la Germania potremmo allargare la leadership europea ad altri".

 

Sull'immigrazione Renzi accusa l'Ue di non aiutare abbastanza l'Italia. Se fosse all'Eliseo, quale solidarietà sarebbe pronto a dare?

"Sono favorevole a una maggiore solidarietà con l'Italia ma solo se verranno rafforzati i controlli alle frontiere e se ci saranno accordi per poter rimandare i migranti illegali nei Paesi africani. Da mesi cerchiamo di ottenere una risoluzione dell'Onu per intervenire direttamente sulle coste libiche. Occorre insistere".

 

Il piano per la redistribuzione dei rifugiati nell'Ue è un fallimento. Che cosa ne pensa?

"Se non riusciremo a controllare davvero le frontiere europee non potremo mai convincere gli altri Paesi ad aprire i propri confini".

 

Come risolvere il problema di Calais?

"È una situazione che non è più tollerabile. La prima cosa da fare è rompere gli accordi del Touquet (che mettono i controlli doganali britannici sulla costa francese). La selezione delle persone che la Gran Bretagna vuole o non vuole non dev'essere fatta sul nostro territorio".

 

Lei era ministro degli Esteri quando la Francia guidò l'intervento in Libia. Fu un errore?
"È facile dirlo oggi. Se non fossimo intervenuti in Libia avremmo avuto a Tripoli un altro Bashar al Assad con magari 400mila vittime. Gheddafi era pronto a massacrare civili a Bengasi. L'errore semmai è non aver accompagnato la transizione, con una vera missione dell'Onu".

Edited by Rotwang
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  • 3 weeks later...
Ancora prima della proclamazione ufficiale della vittoria, la leader del partito di estrema destra francese Front National, Marine Le Pen, si è congratulata con un tweet con Donald Trump per la conquista della Casa Bianca. Un segnale importante da quell’Europa che guarda con simpatia al rappresentante repubblicano. Un sostegno a cui ha fatto seguito sempre da Parigi quello del vicepresidente del partito, Florian Philippot: «Il loro mondo si sta sgretolando. Il nostro sta per essere creato».

 

Si augura di essere la prima donna presidente sull'altra sponda atlantica.

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Non è vero gli han fatto l'outing nel 2014 e lo hanno candidato

in Alsazia Lorena nel 2015 alle regionali

 

Certo esiste il problema della incompatibilità fra Philippot

e Marion, Marine Le Pen per ora non ha mai fatto una

scelta precisa, sta nel mezzo e li tiene insieme grazie ai

comuni nemici

 

Marion alle regionali ha preso più voti di lui ( 45% vs 36% ) ma

era candidata in Provenza, si è detto che era una sua vittoria etc

 

Marine Le Pen sa però che Philippot significa ENA, significa

contatti in certi ambienti del gaullismo francese e significa accreditamento

verso fasce di elettorato decisive per poter ottenere la maggioranza assoluta

( che Marion non ha ottenuto da sola neanche in Provenza )

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  • 2 weeks later...

ANSA

 

"La speranza si è espressa con forza ovunque in Francia": Francois Fillon, 62 anni, sbanca a sorpresa il primo turno delle primarie aperte del centro e della destra, staccando di oltre dieci punti il secondo classificato, l'ormai ex campione dei sondaggi Alain Juppé e doppiando Nicolas Sarkozy, l'ex presidente di cui per cinque anni fu il fedele primo ministro. Per lui, che sognava di prendersi la rivincita su François Hollande dopo la sconfitta nelle presidenziali del 2012 sembra davvero finita.

 

SARKOZY LASCIA - "Non sono riuscito a convincere una maggioranza di elettori. Rispetto questa scelta. Mi congratulo con Fillon e Juppé che sono qualificati per il secondo turno, due personalità di grande spessore che fanno onore alla Francia", ha detto commosso Sarkozy, prima di annunciare il suo endorsement a favore di colui che per lunghi anni fu il suo vice a Matignon."Fillon è colui che ha capito meglio di tutti le sfide che si presentano alla Francia. Voterò per lui al secondo turno". Il leone ferito dei neogollisti ha poi ringraziato i militanti, poi la moglie Carla Bruni e i figli. "E' tempo per me di cominciare una vita con più passioni private e meno passioni pubbliche". E ancora: "Francese sono e francese resto, tutto quello che riguarda la Francia mi toccherà sempre nel profondo del cuore. Nessuna amarezza, nessuna tristezza".

 

BOOM DI VOTANTI - Secondo una stima Elabe per BFM-TV hanno partecipato tra i 3,9 e i 4,3 milioni di votanti. Su radio, tv e quotidiani on-line si parla di "mobilitazione record". Nel 2011 le primarie della sinistra richiamarono 2,8 milioni di elettori. "Siamo sommersi", esultano gli organizzatori della destra. Inizialmente il voto era previsto dalle 8 alle 19 ma alcuni seggi, come quello del sedicesimo arrondissement di Parigi, sono rimasti aperti anche oltre per consentire a tutti di esprimere la loro preferenze. In alcuni casi sono addirittura andate esaurite le schede elettorali.

 

I DATI - Per Fillon è stata una rimonta spettacolare. Quando mancava ormai un soffio alla fine dello scrutinio degli oltre 10.000 seggi, guidava il voto con il 44,1% delle preferenze. Al ballottaggio di domenica 27 novembre se la vedrà con Juppé, lontano dietro al 28,4%. Negli abissi Sarkozy con appena il 20,7% dei consensi. Anche i suoi più acerrimi nemici hanno riconosciuto l'eleganza e il tatto della sua uscita di scena.

Edited by Rotwang
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La prima buona notizia e' che non vedremo sarkosy. La seconda buona notizia e' che non vedremo sua moglie.

 

Sembra che i socialisti hanno partecipato al voto per estrometterlo.

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I candidati alle primarie erano sette: Nathalie Kosciusko-Morizet, deputata e unica donna, è arrivata quarta con il 2,6 per cento dei voti e ha detto che al secondo turno sosterrà Juppé. Bruno Le Maire, ex ministro dell’Agricoltura nel governo di Sarkozy, ha ottenuto il 2,4 per cento e ha invitato, come Sarkozy, a votare al secondo turno per François Fillon. Jean-Frédéric Poisson, presidente del Partito Cristiano Democratico si è fermato all’1,5 per cento e in ultima posizione è arrivato Jean-François Copé, ex presidente dell’UMP, con lo 0,3 per cento. Entrambi non hanno ancora detto chi appoggeranno al secondo turno.

 

Il vincitore del ballottaggio di domenica 20 novembre sfiderà probabilmente (secondo diversi sondaggi) Marine Le Pen del Front National alle presidenziali del 2017, salvo il centrosinistra attualmente al governo non riesca a fare una rimonta che gli consenta di superare il primo turno delle elezioni.

 

Sposato alla gallese Penelope, con la quale ha avuto cinque figli, Fillon rappresenta la destra cattolica conservatrice, radicata nelle campagne e nella Francia profonda.

Ha un approccio duro su temi come l'immigrazione e terrorismo, ha pubblicato un libro dal titolo non equivoco: Contro il totalitarismo islamico. Reazionario su temi sociali: è contro l'aborto (“per ragioni di fede”), anche se ha promesso di non cambiare la legge se sarà eletto. È contro il matrimonio gay: non vuole cancellare la riforma socialista ma limitare al massimo le possibilità di adozione per coppie omosessuali. Durante i comizi, per convincere i suoi sostenitori a smentire sondaggi e previsioni, ha usato spesso la frase di Papa Wojtyla: “Non abbiate paura!”

Rispetto ad Alain Juppé, che ha distaccato di ben 16 punti, è anche molto più liberale sull'economia, forse l'unico vero thatcheriano tra i candidati della destra. Promette una terapia choc per il paese: 110 miliardi di euro in tagli sulla spesa pubblica, oltre 500mila funzionari pubblici da mandare a casa, aumento dell’Iva di 2 punti per finanziare sgravi alle imprese, abolizione delle 35 ore e libertà di accordi aziendali. In politica estera è un europeista prudente (sogna un ritorno alle sovranità con “L'Europa delle nazioni”), è dichiaratamente filo-russo, amico di Vladimir Putin da quando era premier. Si avvicina a una tradizione gollista antagonista rispetto agli Stati Uniti.

Dal punto di vista dell'esperienza politica, ha governato la Francia per cinque anni dal 2007 al 2012, in una convivenza non sempre facile con il presidente Nicolas Sarkozy che lo chiamava con disprezzo “il mio collaboratore” e lo soprannominava “Mr. Nobody”. Nel 2012, dopo la sconfitta alle presidenziali di Sarkozy, Fillon aveva annunciato la candidatura ufficiale alle elezioni per la presidenza dell'UMP (il Partito da cui è nato l'attuale Républicains) fissate a novembre. Mentre era ospite a Capri di Luca di Montezemolo, cadde in motorino rimanendo ferito. Le cure, e un successivo intervento anche ai reni, lo costrinsero a ridurre la sua campagna elettorale per la presidenza del partito. E, nonostante i pronostici lo dessero in largo vantaggio sul concorrente Jean-François Copé, venne battuto.

Discreto, sobrio, Fillon è umanamente l'opposto di Sarkozy. Mai una frase provocatoria, mai una gaffe anche se ha usato formule forti in passato, come quando ha dichiarato che la Francia è virtualmente “uno Stato fallito”. Ha fatto campagna lontano dai riflettori, convinto che gli elettori non volevano del ritorno di Sarkozy ma neppure di Juppé, considerato troppo morbido su temi come Islam e immigrazione. E alla fine ha avuto ragione lui.

Edited by Rotwang
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Internazionale

 

Bernard Guetta

 

Difficile dire di chi sia la colpa, e forse non è importante, ma resta il fatto che in quest’ultimo dibattito tra i due finalisti delle primarie francesi del centrodestra, tra due uomini che hanno buone possibilità di governare presto il paese, di politica estera si è parlato per sette minuti, orologio alla mano.

 

È penoso, scioccante e aberrante, perché nulla è più importante dei rapporti internazionali in un’epoca in cui il mondo assiste all’emergere di nuove potenze, al risveglio di imperi decaduti, al ritiro della superpotenza americana, alla crisi dell’Unione europea e all’implosione del Medio Oriente. La diminuzione del numero di oftalmologi è sicuramente un problema, ma la Russia e la crisi siriana sono sicuramente argomenti più importanti. E sette minuti non bastano, tanto più che le posizioni di Alain Juppé e François Fillon sono molto lontane su questi temi.

 

Allora forse è il caso di riaprire il dibattito. Gli occidentali hanno commesso diversi errori in Russia. Hanno avuto il torto di negare il loro aiuto a Michail Gorbačëv, l’uomo che voleva instaurare la democrazia nel suo paese e trasformare l’Unione Sovietica in un mercato comune di stati indipendenti. In seguito hanno sbagliato ad applaudire Boris Eltsin, perché la sua terapia d’urto si è accompagnata alla barbarie sociale e allo sfruttamento delle ricchezze nazionali, tanto da spingere molti russi a provare disgusto per la democrazia e l’economia di mercato.

 

Indulgenza vietata
Gli occidentali sono enormemente responsabili per l’attuale ritorno di una Russia dittatoriale, aggressiva, assetata di vendetta. Tuttavia, a prescindere dal passato, il presente ci dice che la Russia di Vladimir Putin si permette di annettere territori in Europa, di invaderne altri e di aiutare, in Siria, un regime abominevole con l’unico obiettivo di rimettere piede in Medio Oriente.

 

Oggi dobbiamo continuare a parlare della Russia e nessuno ha smesso di farlo, ma in questo dialogo indispensabile l’indulgenza è vietata e la fermezza s’impone, sanzioni economiche comprese.

 

Non possiamo ridurre le barbarie dei bombardamenti russi e siriani su Aleppo all’inevitabile violenza di una guerra civile. Questi bombardamenti sono inammissibili, tanto più che il conflitto non è affatto uno scontro tra il regime di Assad e il gruppo Stato islamico, che non è presente ad Aleppo e sta perdendo terreno (troppo lentamente ma inesorabilmente) sotto i colpi non dei russi ma della coalizione araboccidentale guidata dagli Stati Uniti. In Siria il problema non è tanto l’Is ma la capacità delle potenze regionali e internazionali di creare un nuovo equilibrio internazionale e ridefinire l’equilibrio regionale tra sunniti e sciiti. Il sostegno incondizionato accordato dalla Russia a Bashar al Assad non fa per niente bene a questa causa.

Edited by Rotwang
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Corriere della Sera

 

François Fillon ha vinto anche il ballottaggio delle primarie della destra e del centro con il grande entusiasmo alla Maison de la Chimie dove si sono radunati i sostenitori di François Fillon e l’atmosfera di rassegnazione al quartier generale di Alain Juppé in Boulevard Raspail.

 

«La Francia della verità e dell’azione»

«Ho sentito gradualmente l’onda che ha travolto tutte le previsioni. Ha vinto la Francia della verità e dell’azione». Sono state le prime parole del neo-candidato alle presidenziali francesi Fillon. Ha iniziato esprimendo «un pensiero speciale per Nicolas Sarkozy». «Difenderò i valori francesi - ha continuato -, nessuno dovrà sentirsi escluso nella società francese e i bambini francesi torneranno ad essere orgogliosi di esserlo». Su François Hollande: «La sua presidenza è stata patetica».

 

Le congratulazioni degli avversari

Alain Juppé, poco dopo l’annuncio dei primi risultati, ha riconosciuto la sconfitta e ha augurato “buona fortuna” al rivale, Francois Fillon: «Sono con lui», ha aggiunto. Analoga telefonata è giunta a Fillon dall’ex presidente francese, Nicolas Sarkozy, escluso a sorpresa nel primo turno.

 

La vittoria dell’outsider

Dopo la grande affermazione a sorpresa nel primo turno del 20 novembre, François Fillon sembrava destinato a raccogliere la vittoria finale, anche se nel corso della domenica la forte partecipazione (oltre quattro milioni di elettori) è sembrata indicare una mobilitazione di elettori di sinistra, pronti a votare alle primarie della destra pur di aiutare il candidato più moderato e centrista Alain Juppé rispetto al conservatore Fillon. I pesi invece sono rimasti più o meno immutati e la vittoria finale va a François Fillon, che ha trascorso gli ultimi due anni da candidato pressoché ignorato: i sondaggi e gli analisti prima del 20 novembre indicavano un duello tra il favorito Alain Juppé e Nicolas Sarkozy. Fillon non era neppure considerato un possibile terzo uomo, ruolo a lungo attribuito a Bruno Le Maire. L’ex premier di Nicolas Sarkozy si afferma invece con un successo dalle grande proporzioni.

 

Il profilo di Fillon

François Fillon ha preparato il programma più preciso, concreto e coerente tra i vari candidati. Il programma di un liberale in economia e conservatore nei temi di società, che gli è valso di essere paragonato a Margareth Thatcher. Fillon ha vinto proponendo la soppressione di 500 mila posti di dipendenti pubblici, la riduzione di 100 miliardi di spesa pubblica, un aumento di due punti dell’Iva, l’abolizione delle 35 ore settimanali come durata legale del lavoro, la revisione della legge che consente il matrimonio omosessuale (e l'adozione gay), e in politica estera la fine delle sanzioni nei confronti della Russia e un riavvicinamento con il presidente Vladimir Putin.

 

Le prossime tappe

A gennaio si svolgeranno le primarie della sinistra, alle quali potrebbero partecipare sia il presidente François Hollande sia il primo ministro Manuel Valls. In primavera i due turni finali dell’elezione presidenziale, con i sondaggi che indicano una probabile qualificazione di Marine Le Pen al secondo turno. François Fillon è considerato in grado di sconfiggerla ed è considerato, per ora, il favorito nella corsa all’Eliseo. 

Edited by Rotwang
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Il Post

 

François Fillon ha vinto le primarie del centrodestra francese e sarà il candidato del partito dei Repubblicani alle elezioni presidenziali che si terranno il 23 aprile 2017. Secondo i risultati provvisori del secondo turno, Fillon ha ottenuto il 66,5 per cento dei voti. Alain Juppé, con il 33,5 per cento, ha riconosciuto la sconfitta: ha detto che le primarie si sono svolte in modo corretto e ha dichiarato il proprio sostegno a Fillon augurandosi che diventi presidente.

 

Fillon era stato il candidato più votato al primo turno la settimana scorsa, e aveva ottenuto il 44 per cento dei voti; Alain Juppé, dato per favorito prima dell’inizio delle primarie dai sondaggi, era seguito dall’ex presidente Nicolas Sarkozy, che si era fermato al 28 per cento. Al secondo turno l’affluenza ha superato quella del primo. Alain Juppé ha vinto solo in tre dipartimenti (Gironde, Corrèze e Guyana) e ne ha persi sette rispetto al primo turno.

 

Nel suo discorso Fillon ha detto che la sua vittoria è andata contro ogni previsione: «Da tre anni traccio la mia strada ascoltando i francesi, con il mio progetto, i miei valori, e a poco a poco ho sentito questa onda che ha rotto tutti gli scenari che erano stati scritti in anticipo. Il mio approccio è stato compreso: (…) la Francia vuole verità e vuole azione». Fillon ha citato il suo partito, Nicolas Sarkozy e anche Juppé al quale ha detto di essere legato da amicizia, stima e rispetto («Alain è un uomo di stato e lo rimane»). Ha spiegato che nessun elettore deve sentirsi sconfitto o escluso: «Ciò che ci unisce è più importante di ciò che ci separa». Poi ha criticato il governo socialista di Manuel Valls e la presidenza di Hollande dicendo che gli ultimi cinque anni sono stati «patetici».

 

Famiglia, identità, liberismo
Fillon ha 62 anni, è cattolico, ha cinque figli ed è stato primo ministro dal 2007 al 2012. Prima, in altri governi, era stato ministro dell’Istruzione, degli Affari sociali, delle Telecomunicazioni, delle Tecnologie dell’informazione e delle Poste, e anche dell’Istruzione superiore e della Ricerca, negli anni Novanta. Fillon ha sostenuto durante la campagna elettorale di avere l’unico programma “realistico” per la Francia e l’unico in grado di far ripartire l’economia francese. Se eletto presidente avvierà un programma di riduzione della spesa pubblica pari a 100 miliardi di euro: ha promesso di aumentare la TVA, l’imposta equivalente all’IVA italiana, attualmente al 20 per cento, di eliminare 500 mila posti di lavoro pubblici, di posticipare l’età pensionabile a 65 anni nel 2022, di armonizzare le pensioni.

 

In politica estera Fillon è favorevole a un riavvicinamento strategico con la Russia, a cui vorrebbe togliere l’embargo imposto per via dell’annessione della Crimea. Fillon, come il presidente eletto degli Stati Uniti Donal Trump, ha anche parlato in favore di un’alleanza con il dittatore siriano Bashar al Assad allo scopo di combattere lo Stato Islamico.

 

Fillon è stato sostenuto esplicitamente dagli ambienti cattolici conservatori come quelli di La Manif pour tous, collettivo composto da diverse personalità e movimenti contrari all’estensione del matrimonio civile alle coppie omosessuali, all’aborto e alla cosiddetta “teoria del gender”. Ha una visione estremamente tradizionalista sul ruolo delle donne, sulla famiglia e sul matrimonio. In particolare, ha detto che vorrebbe fosse riesaminata la legge Taubira che tre anni fa ha introdotto la possibilità di adottare bambini per le coppie omosessuali. Riguardo l’aborto Fillon ha detto di essere personalmente contrario («per ragioni di fede») ma di non voler cambiare niente della legge approvata in Francia nel 1975. Ha scritto due libri: il primo si intitola “Fare”, il secondo “Contro il totalitarismo islamico”. Fillon ha anche proposto di stabilire un limite all’immigrazione attraverso un referendum.

 

Cosa si dice
Per François Bayrou, presidente del partito di centro Mouvement démocrate (MoDe) che sosteneva Alain Juppé, il programma di François Fillon «pone numerose questioni ai cittadini e alla nostra società» e diversi aspetti non sono stati considerati: «il futuro dell’Unione Europea, la salvaguardia dell’ambizione sociale, l’ambiente e la sostenibilità, le nuove condizioni del lavoro, la situazione dei giovani e il loro futuro». Marine Le Pen ha invece detto che François Fillon «sarà un ottimo candidato». La sinistra ha denunciato «l’inedita violenza» del programma di Fillon.

 

Alcuni giornali francesi tradizionalmente conservatori, come Le Figaro, parlano di Fillon come di un «liberale moderato» e come di un «dichiarato conservatore» augurandosi anche che la radicalità del suo progetto non si perda. Diversi quotidiani locali lo descrivono poi come un outsider che è riuscito a conquistare l’elettorato della destra. Libération, quotidiano di sinistra, dice invece che François Fillon dovrà rinunciare a parte del suo radicalismo se alle presidenziali vorrà ottenere consensi anche al di fuori del suo partito.

 

Le primarie della destra francese sono state molto seguite e raccontate dalla stampa internazionaleEl País, quotidiano spagnolo, ha pubblicato sul suo sito una foto di François Fillon con la mano sul cuore soffermandosi soprattutto sulla sua fede. El País parla di «un cattolico tradizionalista per condurre una Francia laica» ricordando che «il conservatorismo è l’ideologia che ha guidato la sua vita». Il tedesco Das Bildsottolinea il percorso di François Fillon, da «collaboratore di Sarkozy a vincitore» (Nicolas Sarkozy chiamava Fillon «il mio collaboratore» e «Mister Nobody»: molti giornali hanno dunque usato nei titoli queste due formule).

 

L’agenzia di stampa statunitense Associated Press insiste sulla sua sobrietà e autorevolezza dicendo che l’esperienza bilancia la sua mancanza di carisma. Reuters scrive che questo «amante delle auto da corsa che vive in un castello nella Valle della Loira promette riforme radicali». CNN e alcuni giornali inglesi parlano di Fillon come di una «Thatcher alla francese», mentre il New York Times dice che Fillon «con le sue promesse di restaurare l’identità della Francia e la sua grandezza nazionale e con il suo linguaggio duro sull’immigrazione e l’Islam ha chiaramente fatto un appello alla base degli elettori di Le Pen». Il Wall Street Journal vede infine nella scelta di François Fillon l’inizio di un cambiamento: «La Francia flirta con una rivoluzione nell’economia di mercato, il che sarebbe una rottura decisiva con il passato (…) Molti diranno che era arrivato il tempo. Sono trent’anni che la Francia opponeva resistenza».

 

E ora?
Secondo alcuni sondaggi alle presidenziali del 2017 Fillon se la giocherà con Marine Le Pen del Front National, il partito euroscettico di estrema destra sempre più popolare in Francia. Sempre secondo due sondaggi diffusi Fillon sarebbe davanti a Marine Le Pen al primo turno delle presidenziali e vincerebbe nettamente al secondo turno. Nella prima indagine Fillon otterrebbe il 26 per cento dei voti al primo turno, due punti in più rispetto a Marine Le Pen (24 per cento). Emmanuel Macron arriverebbe terzo (14 per cento) e Jean-Luc Mélenchon, candidato per la sinistra del Front de Gauche, quarto (13 per cento). Se François Hollande si candidasse e vincesse le primarie del suo partito sarebbe al 9 per cento. I risultati sarebbero praticamente identici nell’ipotesi che a sinistra si presentasse Manuel Valls al posto di François Hollande. Al secondo turno François Fillon vincerebbe la presidenza con il 67 per cento dei voti: Le Pen otterrebbe il 33 per cento.

 

Nell’altro sondaggio condotto da Odoxa per France 2, François Fillon raggiungerebbe il 32 per cento al primo turno e Marine Le Pen si fermerebbe al 22. Emmanuel Macron otterrebbe il 13, Jean-Luc Mélenchon il 12 e François Hollande l’8. Anche da questa seconda indagine risulta che Fillon vincerebbe al secondo turno e diventerebbe presidente.

 

Le cose potrebbero ancora cambiare, ma ci vorrebbe una gran rimonta del Partito Socialista, attualmente al governo, che gli consenta di superare il primo turno delle elezioni. Per ora non si sa chi sarà il candidato del Partito Socialista: il presidente in carica François Hollande, il cui consenso al momento è molto basso, non ha ancora detto se si ricandiderà.

Edited by Rotwang
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Per questo hollande ha mollato.

 

Perche' la francia non avrebbe di sicuro un presidente di sinistra se hollande si ripresentasse.

 

La le pen per me con fillon non viene eletta.

 

I socialisti proporranno forse valls che e' pure un po' ticinese.

 

http://www.rsi.ch/news/mondo/cronaca/Valls-il-ticinese-possibile-premier-398315.html

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Non credo sia un cambiamento sufficiente la

candidatura di Valls, perchè essendo primo

ministro con Hollande inevitabilmente la sua

immagine risente del giudizio negativo dei Francesi

sull'operato del governo nel suo complesso.

 

Il suo profilo personale, metà ticinese-metà spagnolo

cittadinanza ottenuta nel 1982 etc ne farebbero anche

l'esponente tipico dell'uomo cosmopolita

 

Però è un moderato, un centrista ed un massone

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Beh ma non credo che il Burkini, basti  qualificarlo politicamente

 

Il 25 agosto dello stesso anno, annuncia le sue dimissioni da Primo Ministro. La decisione di Valls nasce da un durissimo scontro in seno al Governo che vede protagonista il Ministro dell'Economia Arnaud Montebourg che critica la linea del rigore e dell'austerity imposta in Europa dalla Germania su cui a suo parere l'Esecutivo Valls è schiacciato.[1] Alcune ore dopo Hollande lo incarica però di formare un nuovo governo.

Il 26 agosto viene presentato il Governo Valls II che apporta un forte cambiamento alla compagine governativa determinando l'esclusione dell'ala sinistra del PS in un Governo politicamente più spostato verso destra per intercettare il voto del centro moderato e liberale: fuori Montebourg che viene sostituto dall'ex banchiere e socialista liberale Emmanuel Macron all'Economia, Najat Vallaud-Belkacem, già Ministro per le Pari Opportunità nel Governo Valls I, diventa Ministro dell'Educazione e Istruzione (prima donna nella storia) al posto di Benoit Hamon e Fleur Pellerin, già Sottosegretaria al Commercio Estero nel Valls I, va al Ministero della Cultura al posto di Aurélie Filippetti. Confermati ai dicasteri chiave : Laurent Fabius agli Esteri, Bernard Cazeneuve all'Interno, Michel Sapin alle Finanze, Christiane Taubira alla Giustizia, Jean-Yves Le Drian alla Difesa, Francois Rebsamen al Lavoro, Ségolène Royal all'Ambiente e Stephane Le Foll all'Agricoltura e Portavoce del Governo.

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Per vincere con un presidente socialista i socialisti devono trovare qualcuno di non troppo vecchio, simpatico se possibile, non troppo di sinistra e famoso a sufficienza.

 

Non hanno tutta sta gente credo.

 

Hollande e' stato un bluff come presidente, la royal era moglie di hollande e dunque non va bene, prima volevano candidare strauss che per i suoi scandali sessuali e' stato pure improponibile.

 

Chi resta ?

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Il Post

 

A parte quella di qualche partito minore, la situazione più confusa resta a sinistra e all’interno del Partito Socialista attualmente al governo: soprattutto dopo che il presidente in carica François Hollande ha deciso di non candidarsi per un secondo mandato, come non succedeva da tempo in Francia, e visto che i sondaggi in questo momento lo indicano come il quinto partito del paese.

 

Le primarie
Lo scorso 18 giugno il Consiglio nazionale del Partito Socialista (PS) ha deciso che le primarie saranno il 22 e il 29 gennaio. Saranno primarie aperte alla “sinistra di governo”: oltre al Partito Socialista, i partiti che collaboreranno all’organizzazione e che potranno partecipare saranno l’Unione dei democratici e degli ambientalisti, il Fronte Democratico e il Partito dei Verdi.

 

Le candidature andranno presentate dal primo al 15 dicembre e per poter partecipare i candidati dovranno raccogliere il sostegno del 5 per cento di uno dei seguenti gruppi: membri del Consiglio nazionale; parlamentari socialisti; consiglieri regionali e di dipartimento del PS rappresentanti di almeno quattro regioni e dieci dipartimenti; sindaci socialisti di città con più di 10 mila abitanti e che rappresentino almeno quattro regioni e dieci dipartimenti. I futuri candidati dovranno anche firmare un “codice etico” che stabilisce le regole di comportamento durante la campagna elettorale. Il Partito Socialista verserà a ciascun partecipante 50 mila euro.

 

Alle primarie potranno votare tutti i cittadini e le cittadine francesi iscritti nelle liste elettorali, dovranno versare un euro al seggio e firmare un foglio in cui si dice che «si identificano nei valori della sinistra». Domenica 22 e 29 gennaio saranno aperti dalle 9 del mattino alle 7 di sera tra i 7 mila e gli 8 mila seggi in tutta la Francia. Le richieste di candidatura saranno esaminate e approvate ufficialmente il 17 dicembre e quello sarà anche il giorno dell’inizio della campagna elettorale.

 

I candidati delle primarie e quelli fuori dalle primarie
Nonostante la decisione di François Hollande e l’incertezza su cosa farà il primo ministro Manuel Valls, la situazione è già piuttosto affollata. La principale ragione è che a differenza di molti altri presidenti del passato (Giscard d’Estaing nel 1981, Mitterrand nel 1988, Chirac nel 2002 e Sarkozy nel 2012) il presidente uscente François Hollande non è riuscito a imporsi come “candidato naturale” della sua area politica di riferimento per un secondo mandato, creando di fatto negli ultimi mesi una situazione di incertezza politica che ha favorito la crescita di altri candidati. Per ora sono sei i candidati che hanno dichiarato l’intenzione di partecipare alle primarie: Arnaud Montebourg, Benoît Hamon, Marie-Noëlle Lienemann, Gérard Filoche, Jean-Luc Bennahmias e François de Rugy.

 

I candidati più conosciuti anche al di fuori della Francia sono Arnaud Montebourg, ex ministro dell’Economia che dopo la crisi di governo del 2014 era stato sostituito, e Benoît Hamon, ex ministro dell’Istruzione che ha 49 anni: entrambi rappresentano l’ala più a sinistra del partito e sono considerati dei “frondeur”, cioè interni al partito ma critici con il governo di Valls e di Hollande. Marie-Noëlle Lienemann è per ora l’unica donna ad aver detto di volersi presentare, è una senatrice di Parigi e anche lei viene considerata tra i “frondeurs”; Gérard Filoche, sindacalista, è un dirigente del PS, non ha mai avuto un incarico elettivo e si è candidato «per battere Hollande con tutti i mezzi possibili» (già fatto, diciamo); Jean-Luc Bennahmias rappresenta l’Union des démocrates et des écologistes, e François de Rugy è vicepresidente dell’Assemblea nazionale e presidente di un piccolo partito ecologista. Fino a ieri, sembrava che prima della presentazione delle candidature ufficiali gli anti-Hollande avrebbero dovuto cercare di organizzarsi tra loro per decidere chi fosse nella posizione migliore per rappresentare un’alternativa al presidente uscente, ma la decisione di Hollande ha ulteriormente sparigliato le carte e al momento non è facile prevedere cosa succederà, anche se è possibile che si formi un’alleanza contro Valls, nel caso decida di candidarsi.

 

Nell’area politica della sinistra (e dell’estrema sinistra) si sono candidate altre sei persone che però hanno dichiarato che non parteciperanno alle primarie. E sono: Nathalie Arthaud e Philippe Poutou, entrambi già candidati nel 2012 per l’estrema sinistra (avevano ottenuto rispettivamente al primo turno lo 0,56 per cento e l’1,15); Yannick Jadot è un deputato europeo e ha vinto le primarie degli ecologisti battendo a sorpresa Cécile Duflot; Sylvia Pinel è stata ministra nei governi Ayrault e Valls tra il 2012 e il 2016 ed è presidente del Parti radical de gauche. E poi c’è il candidato più popolare: Jean-Luc Mélenchon, ex ministro e deputato europeo da due mandati, che alle precedenti presidenziali aveva ottenuto l’11,1 per cento dei voti.

 

Cosa resta di Hollande
La decisione di Hollande di non ricandidarsi non è stata del tutto sorprendente, considerando che ha un tasso di popolarità intorno al 4 per cento, che ne ha fatto il presidente francese più impopolare dalla Seconda guerra mondiale. Hollande era molto impopolare già poche settimane dopo l’elezione del 2012 e le cose non sono mai migliorate durante il suo mandato. La disoccupazione e il fatto che la crescita economica della Francia in questi anni sia stata costantemente inferiore a quella dei maggiori paesi europei hanno peggiorato le cose; poi ci sono stati gli attentati terroristici che hanno colpito la Francia. I sondaggi dimostrano che gli elettori francesi, socialisti compresi, semplicemente non hanno più fiducia nella capacità di Hollande di guidare il paese. In un libro pubblicato qualche mese fa, Hollande aveva detto di avere “il desiderio” di candidarsi per un secondo mandato, ma che non avrebbe messo il suo nome davanti a quello di altri se fossero arrivati segnali contrari a una sua possibilità di vittoria. Diversi giornali francesi avevano scritto che all’interno del Partito Socialista erano sempre più forti le posizioni di quelli che volevano proporre una candidatura ufficiale del partito alternativa a quella di François Hollande. La stessa cosa indicano i sondaggi.

 

A questo punto, è probabile che a candidarsi sarà il primo ministro Manuel Valls, che avrebbe potuto presentarsi anche in concorrenza con Hollande, ma da una posizione più debole. In un’intervista del 27 novembre al Journal du dimanche Valls aveva detto di «voler spezzare il meccanismo» che porterebbe il suo partito alla sconfitta «vista la confusione, il dubbio, la delusione e l’idea diffusa che la sinistra non abbia alcuna possibilità». Quando gli è stato chiesto se si sarebbe candidato anche contro Hollande, lui ha risposto: «Ciascuno dovrà fare le proprie riflessioni con responsabilità. Prenderò le mie decisioni con coscienza. Qualunque cosa accada, mi muoverà sempre il senso dello Stato».

 

I sondaggi

Secondo un sondaggio del 15 novembre di BVA, se François Hollande si fosse candidato alle primarie sarebbe stato battuto da Arnaud Montebourg al secondo turno, a differenza di Manuel Valls che sempre secondo i sondaggi risulterebbe il candidato vincente indipendentemente dall’avversario.

 

Se Hollande si fosse candidato avrebbe vinto il primo turno delle primarie contro Montebourg con il 40 per cento dei voti, na avrebbe perso al secondo turno con il 48 per cento contro il 52 di Montebourg, sul quale sarebbero arrivati i voti di tutta la sinistra scontenta del presidente uscente. Manuel Valls, invece, avrebbe possibilità di farcela: otterrebbe il 44 per cento al primo turno contro il 32 di Montebourg e il 13 di Benoît Hamon e al ballottaggio vincerebbe con un ampio margine contro Arnaud Montebourg, 57 contro 43 per cento.

 

Un altro sondaggio (condotto da Odoxa a fine ottobre) mostra come i francesi intervistati preferiscano Valls a Hollande come candidato dei socialisti. Il 62 per cento pensa poi che Valls dovrebbe candidarsi.

 

Comunque andranno le primarie, per la sinistra i sondaggi non sono buoni. L’indagine più recente (27 novembre) dice che se Manuel Valls si candidasse non andrebbe comunque molto meglio di Hollande al primo turno delle presidenziali. Il presidente così come il primo ministro sono al 9 per cento delle intenzioni di voto, molto indietro rispetto al candidato di centrodestra François Fillon (26 per cento) e rispetto a Marine Le Pen (24 per cento). Jean-Luc Mélenchon otterrebbe il 15 per cento con Valls candidato e avrebbe preso il 13 con Hollande; Emmanuel Macron raggiungerebbe il 13 per cento con Valls e il 14 con Hollande. Il vincitore delle primarie della sinistra otterrebbe insomma solo il quinto posto al primo turno delle presidenziali.

 

Il programma

Nel frattempo, il 29 novembre, il Partito Socialista ha presentato il settimo e ultimo «cahier de la présidentielle», una serie di pubblicazioni avviate a settembre che contengono le linee guida per il futuro candidato alle presidenziali. Si dice che uno dei principali problemi del paese sia l’eccessiva centralizzazione della politica pubblica e per rimediare si propone una «maggiore regionalizzazione» della politica industriale, dei servizi e della formazione professionale.

 

Un altro campo di intervento riguarda la lotta contro «le caste» e contro «il precariato» attraverso la creazione di un «reddito minimo dignitoso». Senza entrare nei dettagli e per una «Francia più sicura» si propone il ripristino del servizio militare obbligatorio che era stato abolito durante la presidenza di Jacques Chirac nel 1997. Nel programma ci si occupa anche di ambiente: si parla di lavori di ammodernamento delle infrastrutture e dell’obiettivo di «portare al 40 per cento la quota di energie rinnovabili nella produzione di energia elettrica entro il 2030». Infine, «per restituire potere all’Europa» il PS propone una riforma di Schengen e un patto sulla sicurezza contro il terrorismo.

Edited by Rotwang
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Per vincere con un presidente socialista i socialisti devono trovare qualcuno di non troppo vecchio, simpatico se possibile, non troppo di sinistra e famoso a sufficienza.

 

Non conosco a sufficienza le alternative a Valls per esprimere

una opinione precisa

 

Credo però che la crisi del Partito Socialista francese sia più

profonda della mera scelta del candidato più presentabile, si

tratta anche di capire se esiste la possibilità di un programma

politico che riesca a intercettare la crisi sociale francese, o se

invece si finisce ( come temo ) per lasciare il campo libero alle

Destre, essendo incapaci di farlo

 

Ecco, per dire, se nel programma del Partito Socialista c'è il

ritorno alla leva militare obbligatoria....chiunque sia il candidato

dubito lo si possa ritenere "troppo di sinistra"

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