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    • marco7
      una foto storica da immortalare: https://www.huffingtonpost.it/esteri/2025/07/13/news/trump_difende_pam_bondi_e_se_stesso_egoisti_minano_il_mondo_maga_per_un_tizio_che_non_muore_mai_jeffrey_epstein-19637788/?ref=HHTP-BH-I19628169-P8-S3-T1
    • Gastida
      Chi era Mario Mieli? Nato a Milano nel 1952 da una famiglia ebraica estremamente borghese e benestante, lo scontro con questa caratterizza tutta la sua vita. Mieli arriva addirittura – così racconta – a cercare di uccidere il padre, ricco industriale, avvelenandolo, più volte. Carismatico studente al liceo Parini, a diciotto anni frequenta la nota Fossa dei Leoni, luogo deputato al cruising e alla prostituzione maschile milanese, sotto il ponte delle Ferrovie Nord, adiacente al Parco Sempione. Ma è a Londra, dove va come da tradizione familiare per studiare la lingua, che tra feste, happening, sesso e droghe, incontra il "Gay Liberation Front", e tornato a Milano a diciannove anni è tra i fondatori del "Fuori!", prima associazione del movimento omosessuale italiano degli anni '70 (Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano). Il "Fuori!" pubblica anche un’omonima rivista, della quale Mieli è uno dei principali autori, e già a partire dal secondo numero la casa dove vive con i suoi genitori in via Marco de Marchi è indicata come indirizzo milanese per chi volesse entrare in contatto con l’associazione. Mieli comincia a teorizzare il ruolo rivoluzionario degli omosessuali nella costruzione di un mondo liberato e comunista, che per concretizzarsi deve affiancare alla critica al capitale anche quella al "fallocentrismo". Durante il soggiorno londinese cominciano anche a manifestarsi alcuni segni di squilibrio, come l’approdo alla coprofagia (legata a letture psicanalitiche). L’abuso di droghe porta a un arresto e a un successivo ricovero quando viene trovato nudo e in condizioni evidentemente alterate a vagare per l’aeroporto di Heathrow cercando di sedurre un poliziotto. Nel 1974 guida una scissione dal Fuori! perché questo si era ormai ufficialmente affiliato al Partito Radicale, concessione borghese inaccettabile per la radicalità di Mieli che come abbiamo già visto legava indissolubilmente la questione omosessuale alla lotta per il comunismo (“gaio comunismo”, come ebbe a definirlo). Ai “riformisti” che guardano a una via “parlamentare” della lotta, Mieli contrappone una "via transessuale e schizofrenica" alla rivoluzione, rivendicando la sua esperienza psichiatrica e teorizzando nessi tra la condizione di omosessuale e quella di malato psichico. Nel 1977 Einaudi pubblica, con alcune modifiche e ampliamenti, la sua tesi di laurea in filosofia morale. Alla base di quel testo, "Elementi di critica omosessuale", c’è il concetto di "ermafroditismo" originario di ogni individuo, da lui chiamato transessualità, che viene limitato sin dall’infanzia, indirizzandolo verso l’eterosessualità, attraverso quella che Mieli chiama "educastrazione": «in questo libro, io chiamerò transessualità la disposizione erotica polimorfa e ‘indifferenziata’ infantile, che la società reprime e che, nella vita adulta, ogni essere umano reca in sé allo stato di latenza oppure confinata negli abissi dell’inconscio sotto il giogo della rimozione. Il termine ‘transessualità’ mi sembra il più adatto a esprimere, a un tempo, la pluralità delle tendenze dell’Eros e l’ermafroditismo originario e profondo di ogni individuo». Al fianco di queste teorie, più “poetiche” e psicanalitiche ( fondamentalmente è Freud chiamato in causa) che scientifiche, c’è anche una forte dimensione politica: Mieli sostiene che la rivoluzione sia possibile solo a partire anche da una rivoluzione dei costumi e dei ruoli nella società, che il comunismo deve essere anche e innanzitutto all’insegna di un eros libero, molteplice e polimorfo. Tra il 1976 e il 1977 avvengono anche due degli episodi più celebri nella sua rottura con il movimento. Alla fine di una manifestazione bolognese contro la repressione, sale sul palco sottraendo il microfono a Dario Fo e invitando i compagni a non stare lì ad ascoltare il solito monologo dell’attore, ma ad andare a contestare il vescovo in piazza Maggiore. Sommerso dai fischi di 50mila persone e vestito “come una contadinella inerme”, pensa bene di concludere allora il suo intervento girandosi di spalle, alzando la gonna e mostrando il sedere alla folla. All’ultimo “festival del proletariato giovanile” organizzato dalla rivista Re Nudo al Parco Lambro, in un clima crescente di tensione e violenza, i gruppi omosessuali e quelli femministi vengono presi particolarmente di mira. Ivan Cattaneo osa sfidare i 200mila presenti dichiarando sul palco il suo amore per un uomo a cui era dedicata una sua canzone (“Darling”, con testo proprio di Mieli). Il “popolo” non si fa molti scrupoli a fischiarlo e a urlargli insulti di ogni tipo. Mentre i giovani comunisti affermano che non ci doveva essere spazio sotto il sol dell’avvenire per questi degenerati, Mieli sale sul palco, dichiara "non ce ne andremo", rischiando il linciaggio. Mieli è un pensatore estremo e fortemente provocatorio, nonché uso a esperienze psichedeliche con l’LSD e qualsiasi tipo di sostanza: teorizza che gli uomini gay dovrebbero fare l’amore con le donne e gli eterosessuali con gli uomini, in un processo di liberazione che porti a relazioni davvero senza limiti, multiple e egualitarie, nel "gioco fantastico della distruzione dei ruoli". Arriva anche a sostenere filosoficamente le pratiche di necrofilia, coprofagia e pedofilia, forse per scandalizzare la morale perbene, da lui ritenuta borghese e bigotta. In seguito al suicidio a soli trent'anni, nel 1983, per una depressione molto lunga, avvenuta infilando la testa nel forno, la sua famiglia fa di tutto per condannarlo all’oblio. In primis bloccando l’uscita del suo secondo libro, "Il risveglio dei faraoni", già pronto per essere stampato ancora una volta da Einaudi, ritenendolo troppo autobiografico e lesivo dell'onore familiare.
    • busdriver
      a denti stretti concordo pure io. Non sempre i genitori fanno le scelte ottimali.
    • marco7
      quando puoi va ad abitare fuori dalla tua famiglia.
    • malandrino
      A dir la verità, ne ho parlato con l’unica persona che mi è rimasta, ma purtroppo ne ho ricavato ben poco. Ammetto che faccio sempre più fatica a fidarmi degli altri, soprattutto dopo le risposte superficiali e poco empatiche che ho ricevuto. Ho provato a parlarne più volte, ma non mi sono mai sentito davvero ascoltato. Con la mia famiglia, poi, non posso nemmeno accennare nulla, visto che non accettano il fatto che io sia gay. Questo rende tutto ancora più pesante da affrontare.
    • busdriver
      che poi è una delle piaghe di Milano in genere. Specialmente quando certi amministratri si inventano che c'è sempre tutto da rifare tutto da cambiare e c'è sempre tutto da rompere e ricostruire. Come in tutti i condominii di emme in genere
    • busdriver
      mia nonna....tra i tanti difetti il fatto che stabaccando in modo imbecille era stitica ed si farmacava tutti i momenti. Ma avrà avuto dei pregi quella vecchia?
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