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Quanto è importante per voi la vostra etichetta?


Divine

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Apro questo thread per parlare di tutto ciò che riguarda l'etichetta sull'orientamento sessuale: gay, lesbica, bisex... o anche persona in transizione che sta scoprendo se stessa e che quindi ancora non ha un'etichetta definita.

 

Mi è venuto lo spunto dopo aver modificato la mia firma scrivendo che non sono lesbica ma bisex.

 

Ho scritto ciò perchè ci ho messo vari anni per trovare la mia etichetta e ci tengo :wub: ; e poi credo sia giusto dare visibilità anche a noi bisex visto che spesso passiamo in secondo piano perchè si preferisce il detto "o sei carne o sei pesce". Ma sti cazzi, io sono sia carne che pesce.

 

Ma vorrei sapere più che altro COME vi siete dati la vostra etichetta, dopo quante esperienze e dopo quali esperienze. Vi chiedo questo perchè l'altro giorno parlavo con una ragazza che ora si definisce lesbica perchè ha avuto problemi con gli uomini e dopo i vari problemi ha deciso di non voler più stare con un uomo.

 

Ma francamente io non credo che ciò basti per definirsi lesbica.

 

Perciò mi chiedo: cosa c'è dietro la vostra etichetta? Quanto tempo avete impiegato per darvela? Un'etichetta data in modo superficiale secondo me è pericolosa perchè se poi scopri che non sei così come ti sei definita/o entri in crisi.

 

Inoltre credo che anche se un'etichetta è frutto di una lunga conoscenza di se stessi non bisognerebbe mai starci troppo aggrappati perchè in fondo la sessualità può cambiare.

 

Io da diversi anni ho capito di essere bisex (ho vissuto vari periodi prima) e mi definisco tale ma ciò non vuol dire che tra un anno non potrò scoprire di essere del tutto lesbica... o etero... ma pazienza, mica casca il mondo.

 

Voi cosa ne pensate? Quanto è importante per voi la vostra etichetta?

 

E cosa pensate di chi non vuole darsi un'etichetta?

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Per quanto mi riguarda, considero sullo stesso piano decidere di non darsi un'etichetta e darsi invece un'etichetta "temporanea", con i limiti che hai detto anche tu (cioè che si può sempre cambiare e se succede non è una tragedia). Mi pare che la sostanza sia simile, e cioè essere convinti che la sessualità è in divenire, e che si potranno accettare i cambiamenti senza entrare in crisi da "oddio, ma prima avevo capito questo... e adesso quest'altro.. allora forse avevo capito male.. ma quindi cosa sono...".

Insomma, per me il punto non è "decidere" se sono etero, bisex o lesbica, ma saper leggere bene le mie emozioni sul momento e vivere secondo ciò che sento.

 

Credo che le etichette diventino negative solo nel momento in cui impediscono questo - esattamente come succede agli etero: avendo un'etichetta da etero suffragata dalla società intera, è un bel casino scoprire di non essere tale! Darsi un'etichetta da gay con la stessa rigidità potrebbe portare gli stessi problemi di accettazione al momento di modificarla.

 

Io per il momento preferisco non darmi un'etichetta, perché

- sono sicura di essere attratta dalle donne, ma

- non sono sicura di non essere attratta dagli uomini. Ma nemmeno di esserlo. Insomma, questo resta un punto interrogativo; non so se sono lesbica o bisessuale.

Quando è necessario definirsi, eventualmente scelgo "bisessuale" perché lascia aperte più possibilità.

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Anche io credo ultimamente che l'etichetta sia una cosa importante quando si è sicuri delle emozioni che si prova per uno e l'altro sesso

nel caso contrario è meglio non definirsi, lasciarsi una porta aperta e pensarci sopra perchè i cambiamenti ci saranno e ho paura che determinate cose siano delle scelte detttate dall'abitudine.

In questo caso appunto l'etichetta potrebbe essere negativa.

 

@@penna, penna ho i tuoi stessi dubbi ma appunto come uomo

rimane il punto interrogativo ma nemmeno voglio definirmi bisessuale, insomma come ne stavo parlando con Ianthe, si è fatto tanto per fare C.O. e tirarmi indietro ora significherebbe ricominciare da capo, fors eè solo un periodo di confusione che passerà......insomma vorrei essere sicuro al 100%.

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In teoria sono bisessuale, mi piacciono sia gli uomini che le donne, ma per quanto riguarda gli uomini al di fuori dal letto non provo nessun interesse (escludendo l'amicizia), mentre per le donne provo un interesse più completo, sia fisico che emotivo, ma per quanto riguarda le relazioni con loro non ho mai superato le due settimane; sarà che ho un'attrazione per le psicopatiche.

In conclusione, non mi rivedo interamente in nessuna etichetta e non mi interessa averne una.

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E' importante a livello sociale. Mi piace che gli altri abbiano un'immagine chiara e definita di chi io sia.

Sotto la superficie non do troppo peso alla mia etichetta, lascio che siano le sensazioni a guidarmi.

Mi sono appioppato un'etichetta dopo circa 3 anni di desideri confusi e totale incomprensione di chi io fossi, anche a livello sessuale.

 

La mia etichetta è di omosessuale, perché alle persone piace avere davanti agli occhi qualcosa di definito che possono capire.

Io rientro nel 6° livello della scala Kinsey. Ma non escludo che, con una certa difficoltà, sarei disposto ad accettare un cambiamento.

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Per me è molto importante l'etichetta. Non mi piacciono l'indecisione, l'indeterminatezza, i dubbi che avrei su me stesso nel caso non avessi un'etichetta. Mi piace, ma soprattutto mi fa stare sicuro sottostare in una precisa e determinata categoria perchè non solo le persone possono, come dice "dreamer_", avere un'immagine chiara e definita di chi io sia, ma sono io ad averla in primis. Questo è il beneficio che mi dà l'avere un'etichetta.

 

La cosa negativa che invece mi dà è che se domani dovessi provare attrazione sessuale per una ragazza la mia mente sprofonderebbe nel caos. Penso che oramai quasi mi sforzerei di rifiutare tale sentimento, come fanno le persone che si ritengono etero prima di accettarsi/scoprirsi come gay o bisex. Mi sentirei quasi ipocrita se andassi dai miei amici e presentassi loro "la mia ragazza", dopo tutta la fatica per i CO, le discussioni, le battute, i discorsi profondi a proposito di me e della mia omosessualità che ho fatto con loro. D'altra parte, avendo cambiato da un'etichetta ad un'altra sò fin troppo bene che la sessualità è così mutevole e complicata, infatti quando mi chiedono "quanto sei gay?" rispondo "99.9%", e che spero che quel 0.01% non esca fuori mai.

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mmm interessante spunto di discussione e altrettanto interessanti risposte...

 

Dopo quali eventi ti sei dato un etichetta... beh sembra chiaro a tutti quelli che mi conoscono (sono la numero 40 votatemi ) che le etichette non mi piacciono, non mi inquadro in schemi o clichè ma non posso fare a meno di dire che sono un convintissimo RICCHIONE, o almeno se mi vedessi dall'esterno mi etichetteresti come tale... però in definitiva se voglio andare a far sesso con una persona, qualora questa mi prenda ci vado... sinceramente non vedo il mio futuro... non so con chi sarà se non sarà del tutto da solo...

 

Non so, ho la spilla su cui ci è scritto che sono frocio, frequento ambienti gay e vivo una vita abbastanza gay... non so.. forse l'etichetta la vivo senza assumerla come tale... ma in fondo questi non sono problemi che mi riguardano... io non bado alle marche... XD

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Insomma, per me il punto non è "decidere" se sono etero, bisex o lesbica, ma saper leggere bene le mie emozioni sul momento e vivere secondo ciò che sento.

 

ma infatti secondo me non c'è fretta di darsi l'etichetta cioè proprio perchè secondo me, almeno secondo me, si tratta di una cosa seria (l'etichetta racchiude una parte della tua personalità) è meglio metterci tempo, capire e poi scegliere. Tenendo comunque conto che poi la puoi cambiare se cambi tu. Il problema che viene fuori dalle vostre risposte è che il cambio di etichetta mette difficoltà soprattutto a livello sociale, come se si facesse "brutta figura" con gli amici:

 

si è fatto tanto per fare C.O. e tirarmi indietro ora significherebbe ricominciare da capo

 

oppure:

 

La mia etichetta è di omosessuale, perché alle persone piace avere davanti agli occhi qualcosa di definito che possono capire.

Io rientro nel 6° livello della scala Kinsey. Ma non escludo che, con una certa difficoltà, sarei disposto ad accettare un cambiamento.

 

ma come scritto meglio da gulp:

 

 

La cosa negativa che invece mi dà è che se domani dovessi provare attrazione sessuale per una ragazza la mia mente sprofonderebbe nel caos. Penso che oramai quasi mi sforzerei di rifiutare tale sentimento, come fanno le persone che si ritengono etero prima di accettarsi/scoprirsi come gay o bisex. Mi sentirei quasi ipocrita se andassi dai miei amici e presentassi loro "la mia ragazza", dopo tutta la fatica per i CO, le discussioni, le battute, i discorsi profondi a proposito di me e della mia omosessualità che ho fatto con loro. D'altra parte, avendo cambiato da un'etichetta ad un'altra sò fin troppo bene che la sessualità è così mutevole e complicata, infatti quando mi chiedono "quanto sei gay?" rispondo "99.9%", e che spero che quel 0.01% non esca fuori mai.

 

Secondo me dovreste spiegare già da ora ai vostri amici che la sessualità può mutare.

Io ad esempio conosco due ragazze che sono state fidanzate per 5 anni. Tutti dicevano che erano lesbiche. Ora una di loro sta da vari anni con un uomo, è sposata e ha un figlio. E tutti dicono "Ah ma non era lesbica?" Sembrava di sì agli occhi degli altri ma evidentemente non lo era fino in fondo o lo è stata solo per quel periodo. Dove sta il problema? Mica dobbiamo rendere conto sempre alla società delle nostre emozioni.

 

Parlate con i vostri amici, non solo per voi per un eventuale cambio futuro ma soprattutto per loro, per la loro mente.

 

Inoltre l'etichetta deve essere innanzitutto una cosa per noi, non per gli altri: io mi do questa etichetta perchè A ME fa bene identificarmici, perchè A ME dà chiarezza.

Non dobbiamo darci una definizione perchè GLI ALTRI hanno bisono di definire NOI. Nessuno ha il diritto di definire noi se noi in primis non ci siamo dati ancora una definizione. Darci una definizione per gli altri prima che per noi ci fa correre il rischio... di darci l'etichetta sbagliata, per via della fretta e delle aspettative altrui.

 

E poi vai con le crisi, le confusioni, i sensi di colpa, ecc....

 

A questo punto fa bene Hard candy che dice:

non mi rivedo interamente in nessuna etichetta e non mi interessa averne una.

 

scelta rispettabilissima. Sicuramente per ora, non etichettandosi, non correrà il rischio di darsi una definizione sbagliata o data a se stessa solo per le necessità DEGLI ALTRI.

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Io mi sono dato la mia bella etichetta di gay quando finalmente ho capito che non c'era nulla di male ad esserlo. Per me potermi definire in un certo modo è una cosa fondamentale, e non nego che entrerei in crisi se un giorno dovessi cambiare questa etichetta. Sul lato emotivo sono abbastanza insicuro, per cui mi serve poter dare una definizione precisa di quello che sono.

 

Non ho avuto bisogno di particolari esperienze, anzi sapevo già di essere gay ben prima di essere mai stato con un ragazzo. Il dover cambiare etichetta mi spaventerebbe più che altro perché mi troverei a dover fare una sorta di coming-out al contrario, dopo tutta la fatica che ho fatto e che sto ancora facendo per farmi conoscere dalle persone che mi stanno vicino.

 

Però so come mi sento adesso, quello che sono in grado di provare, e allo stato attuale penso che questo sia un "rischio" che posso permettermi (forse anche perché penso che le probabilità che questo succeda siano davvero molto molto basse).

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Io ho parlato (quasi involontariamente) di tutto ciò anche in Temi Lesbici, in un topic completamente diverso: questo è molto più appropriato allo scopo, ehe.

Il mio scopo, quando utilizzo un'etichetta, è presentarmi al mondo, quindi l'etichetta è legata non per forza alla sfera di definizione personale (cioè, che rientra a far parte del modo in cui vedo la mia identità), ma sicuramente alla sfera di definizione sociale.

Vado alle cene di lavoro con la mia ragazza, non passo il Natale in famiglia, lo faccio con lei, conviviamo quindi andiamo a fare la spesa insieme...questo è ciò che appare al mondo, e dato che la nostra relazione è per forza di cose lesbica, e io anche se finisse ne vorrei un'altra simile, rafforzo tutto questo dandomi l'etichetta di lesbica.

 

Nonostante questo io sono attratta da uomini, e occasionalmente ho avuto (o comunque potrei avere, essendo in coppia aperta) rapporti sessuali di natura non anaffettiva con loro. Però questo fa parte della mia identità sessuale, come il fatto che non sono vanilla, ma questo alla gente non deve interessare, e non chiedo diritti sulla base di ciò, quindi non glielo dico, non scegliendo un'etichetta più completa come 'bisessuale'.

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Io uso il termine "etichetta" solo per ciò che gli altri

ci appiccicano addosso, non per ciò che io decido

di mostrare, questo perchè mi pare che al di là di tutto

il termine conservi un significato negativo,che invece -

se sono io a decidere - non dovrebbe necessariamente

avere.

 

Questo passaggio lo si coglie immediatamente dopo una

esperienza stabile in coppia ( tema su cui esiste una specificità

bisex...per il fatto che la coppia o è gay-lesbo o è etero )

 

Il fatto che sia una scelta, non implica che sia una scelta

irrevocabile, mentre è chiaro che se si ritiene di dover

sperimentare si può tranquillamente decidere di non voler

scegliere per il periodo di tempo in cui effettivamente si sperimenti.

 

Se si hanno dei primi approcci o delle prime esperienze, che durano

per i motivi più svariati poco tempo, di fatto non ci si è ancora innamorati

di una persona che effettivamente ci abbia ricambiato. Inoltre non ci si

pone il problema dell'identità sociale, se il nostro partner non lo abbiamo

conosciuto veramente neanche noi...e così via.

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Io mi sono "etichettato" come gay quando ho cominciato a capire di provare attrazione esclusivamente per il sesso maschile, cosa avvenuta intorno agli 11-12 anni. La mia etichetta, tuttavia, non la vedo come un confine invalicabile, bensì come una condizione di orientamento sessuale che, al 24 dicembre 2011, mi caratterizza e mi ha sempre caratterizzato.

Questa mia etichetta, però, non deve condizionarmi e non devo automaticamente sbarrarmi dietro al fatto che le ragazze non potranno mai colpirmi, perché mai dire mai nella vita. Nulla vieta che domani, fra un mese, fra un anno, fra cinque anni io mi prenda una cotta per una ragazza, in modo assolutamente inaspettato e non previsto.

Quindi, io utilizzo la mia etichetta per identificare la mia condizione attuale, le mie esperienze attuali (che annoverano solo maschi) e tutto ciò che mi caratterizza ORA. E' sempre possibile che in futuro qualcosa cambi.

 

Come hai giustamente detto tu, molte persone emotivamente vulnerabili si proteggono dietro la loro etichetta e rischiano di entrare in crisi qualora qualcosa si manifesti al di fuori di essa. Proprio per questo io credo che non dobbiamo imporci troppi limiti vincolanti, e lasciarci la libertà di agire e di seguire le nostre emozioni senza troppi freni. Una sessualità molto libera, aperta (ovviamente nei limiti della legalità LOL) ci aiuta a comprendere meglio noi stessi e ad avere una visione molto più dinamica delle nostre esperienze. :D

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Ma davvero per voi le "etichette" sono dei limiti?

Avete paura che se vi dite "Italiani" non andrete mai a vivere a Londra?

O che se vi definite "idraulici" non aprirete mai una fioreria?

 

In generale direi che abbiate detto tutto, però.

Il problema della ragazza fidanzata che poi si mette con un uomo

e tutti dicono: "Ma non era lesbica?" Non è un problema.

Neanche per Toni il Fiorista di Londra è un problema se la gente

dice: "Ma non era un idraulico?" e "Ma non abitava a Chioggia?"

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Ma davvero per voi le "etichette" sono dei limiti?

Avete paura che se vi dite "Italiani" non andrete mai a vivere a Londra?

O che se vi definite "idraulici" non aprirete mai una fioreria?

 

Il tuo paragone non credo sia propriamente adatto, per il semplice motivo che l'orientamento sessuale e le correlate pulsioni sono un qualcosa che non si stabilisce con la ragione, non si "scelgono", mentre se un italiano va a Londra o un idraulico decide di fare il fiorista lo fa per scelta, razionalmente e da un momento all'altro.

Proprio per il fatto che le pulsioni sessuali provengono da dentro di noi e non sono facilmente gestibili, l'etichetta è qualcosa che pone un certo confine, se autoimposta severamente.

 

Molti tendono proprio a reprimere eventuali interessi che vanno oltre la propria etichetta autoimposta, facendosi solo del male.

Uno fa bene ad identificarsi per come è stato fino ad un determinato momento, ma dire "sono gay" non deve significare "le ragazze non mi piaceranno mai" (e viceversa), perché non si può mai sapere (sebbene, comunque, nella maggioranza dei casi un gay rimane gay sempre).

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Per me, zero.

In realtà, non so nemmeno quale sia la mia etichetta.

E' certo che mi piacciono le donne, e i maschi non mi attraggono minimamente a livello fisico, quindi sono omosessuale.

Però una donna per piacermi non deve avere un carattere "effemminato", la preferisco più maschile.

Fisicamente e come abbigliamento invece, preferisco la donna femminile.

Io stessa non mi sento una donna, o almeno non sempre. Ma non mi sento nemmeno un uomo... o almeno non sempre.

Mi sento tutt'e due o nessuno dei due a seconda dei momenti. E come carattere, sono entrambi.

Questo per dire che non so nemmeno che etichetta avrei XD

 

Non è importante per me perché trovo che la sessualità umana possa avere tante di quelle sfumature da non poter essere racchiusa in parole limitate (è vero che nel mondo transgender ci sono mille definizioni ma forse questo crea ancora più confusione). Appunto, oggi posso sentirmi un uomo, ma questo non fa di me un FtM, perché domani potrei sentirmi una donna (parlo di me nello specifico). La vita è mutevole e non posso dire "io sono così" perché sarebbe rigidità e potrebbe cambiare da un momento all'altro.

 

Dal punto di vista sociale, men che meno. Preferisco dire "Io sono Araas... mi piacciono le donne." e non "ehi ciao! A me piacciono le donne! Ah comunque mi chiamo Araas", non so se mi spiego. Le etichette possono causare anche un pregiudizio da parte di chi ci sta di fronte. Una persona deve conoscere me, e non conoscere me in base al mio orientamento sessuale. Quindi mi piace essere conosciuta come persona, e come tale con tutte le sue sfumature e i suoi cambiamenti, senza rientrare per forza in un modo di pensare troppo quadrato.

 

Come mio solito ho fatto un ragionamento piuttosto confuso XD spero si capisca ciò che intendo!

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Questa mia etichetta, però, non deve condizionarmi e non devo automaticamente sbarrarmi dietro al fatto che le ragazze non potranno mai colpirmi, perché mai dire mai nella vita. Nulla vieta che domani, fra un mese, fra un anno, fra cinque anni io mi prenda una cotta per una ragazza, in modo assolutamente inaspettato e non previsto.

Quindi, io utilizzo la mia etichetta per identificare la mia condizione attuale, le mie esperienze attuali (che annoverano solo maschi) e tutto ciò che mi caratterizza ORA. E' sempre possibile che in futuro qualcosa cambi.

 

 

Esatto. Io credo che la propria definizione la si debba usare così.

Più che il paragone del fioraio e dell'idraulico tirato fuori da @Almadel, secondo me è un po' come dire "sono cristiano" ma poi nel tempo inizio a cambiare, mi converto e dico "sono buddhista". Cambiare etichetta non è un po' come convertirsi? Infatti anche per gli omosessuali spesso si dice "si è convertito".

 

Io uso il termine "etichetta" solo per ciò che gli altri

ci appiccicano addosso, non per ciò che io decido

di mostrare, questo perchè mi pare che al di là di tutto

il termine conservi un significato negativo,che invece -

se sono io a decidere - non dovrebbe necessariamente

avere.

 

 

Anche a me sinceramente non piace il termine etichetta ma ho notato che almeno su questo forum è molto più usato il termine etichetta che definizione perciò ho scelto di usarlo anche io con lo stesso scopo ma senza alcuna accezione negativa.

 

 

 

Mi trovo molto d'accordo con @araas: le sfumature della vita e della sessualità sono tante. In realtà io credo che non bisognerebbe neanche aver bisogno di etichette. Voglio dire, in una società "perfetta", che però non esiste, dovrebbe esserci l'amore libero, l'Amore e basta, senza specificare se amo una donna o un uomo. L'amore incondizionato come lo prova un bambino che ama e basta. Ma poichè viviamo in questo tipo di società dobbiamo prima o poi prendere un posto, per noi e per gli altri. Ma quando prendiamo un posto dobbiamo sempre capire per chi e come lo stiamo facendo, e sapere i limiti che esso può darci.

 

Quindi ok, un'etichetta va bene, ma usiamola con la giusta consapevolezza.

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Maddai! Il problema sostanziale è che "gay" e "lesbica" sono parole che ci fanno paura

non perché poi siamo costretti a non poter essere bisessuali o etero;

ma perché ci infastidisce essere socialmente stigmatizzati.

A volte si ha paura persino di definirsi "bisessuali" e allora si opta per "non ho etichette"

E visto che i problemi sociali ci sono solo su queste definizioni e non su altre,

solo quando si parla di sessualità ci sono problemi di etichette.

 

Ci sono anche i casi in cui effettivamente c'è confusione.

Però bisognerebbe riuscire ad ammettere che il problema è la propria confusione

e che non ci si sente ancora pronti a rispondere a certe domande,

piuttosto che preoccuparsi di problemi inesistenti come:

"Oddio, se dico che sono così e poi sono colì; cosa dovrei fare?"

 

Dalla confusione si esce con le relazioni.

A volte le relazioni cambiano la nostra definizione,

a volte questo cambiamento - in prospettiva - ci sembra traumatico;

ma solo perché non sono le "etichette" che ci condizionano,

ma è la nostra "paura delle etichette" a farlo.

 

Se domani mi trovassi un'amante (con l'apostrofo)

non avrei paura a definirmi "bisessuale";

ma non per questo sbaglio a definirmi "gay" oggi,

né sbagliavo a definirmi "bisex" quando avevo il ragazzo e la ragazza.

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Dalla confusione si esce con le relazioni.

A volte le relazioni cambiano la nostra definizione,

a volte questo cambiamento - in prospettiva - ci sembra traumatico;

ma solo perché non sono le "etichette" che ci condizionano,

ma è la nostra "paura delle etichette" a farlo.

 

 

Su questo penso di essere d'accordo... Io mi sono scoperto diciamo tardi.. ma è stato improvviso.. indolore.. come dire mi sono addormentato e mi sono svegliato consapevole di essere gay. All'inizio non capivo cosa volesse dire l'attrazione fisica per un maschio.. qualcosa dentro di me mi frenava dal fissarmi un'etichetta più che altro perché non ne sentivo il bisogno. Prima dell'etichetta siamo comunque persone, un ammasso di cellule in continua evoluzione. L'etichetta serve solo per definire una condizione. Tutto qui. A me basta sapere che amo i ragazzi, che mi piacciono solo loro.. ma ciò non vuol dire che non potrò mai avere una sbandata per una ragazza un giorno.

Le etichette ce le hanno fissate gli altri (gli etero), prima con tono dispreggiativo per differenziarci da loro.. poi per fortuna c'è qualche persona civile. Quindi ho modo di dire che le etichette non mi piacciano molto.

Molti si definiscono bisex (questo non vuole essere un attacco ai bisex veri) per paura di un giudizio esterno: "Sai sono bisex quindi sono meno 'peggio' di un gay", "Agli occhi di un etero risulto più salvabile di un gay" e così via.. Ma serve a qualcosa tutto ciò?

Io non credo proprio. Le etichette non coincidono con l'identità sessuale.

Per il resto sono d'accordissimo che una relazione ripara le confusioni, fa capire cosa siamo. Prima di fidanzarmi avevo quella paura, timore che ufficialmente avessi il cartello "gay" sulla fronte, che potessero affibbiarmi quell'etichetta in modo da differenziarmi ancora di più nella popolazione in generale. Dopo fidanzato, dopo i primi tentennamenti sono arrivato alla soluzione "pensino quel che vogliono", io so chi sono. :)

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Esatto. Io credo che la propria definizione la si debba usare così.

Più che il paragone del fioraio e dell'idraulico tirato fuori da @Almadel, secondo me è un po' come dire "sono cristiano" ma poi nel tempo inizio a cambiare, mi converto e dico "sono buddhista". Cambiare etichetta non è un po' come convertirsi? Infatti anche per gli omosessuali spesso si dice "si è convertito"

 

Non è una conversione vera e propria, perché un omosessuale che inizia a gradire le ragazze non è che escluso che si possa prendere un ulteriore sbandata per un'altra persona del tuo stesso sesso.

Non è una cosa statica: da X divento Y,

E' una cosa dinamica: da X, prendo in considerazione Y, ma nulla esclude che io possa tornare X, insieme ad Y.

 

Proprio per questo tutto dev'essere libero, pieno di sfaccettature.

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Sono molto d'accordo con Almadel (e ultimamente succede troppo spesso per i miei gusti... ;) ).

 

Non sono assolutamente d'accordo con questa mutabilità della sessualità.

Ovviamente basi scientifiche non ce ne sono, quindi la mia è solo un'opinione, ma se una

ragazza prima è stata con una ragazza e poi ha deciso di passare tutto il resto della vita con

un uomo le possibilità sono 2:

 

- E' sempre stata etero ma era confusa

- E' sempre stata bisessuale e ha fatto una scelta

 

Per me la sessualità è qualcosa di dato, si nasce in un certo modo e si è così, il resto è solo confusione.

Se così non fosse allora dovremmo dare ragione a quanti dicono che l'omosessualità è "curabile" oppure

potremmo mutarla a nostro piacimento e, per quel che ne so, nessuna di queste due situazioni è mai accaduta.

 

Riguardo più propriamente l'etichetta, credo che la definizione data da dramer sia la migliore. In fondo non è altro

che un'immagine funzionale a come noi vogliamo che gli altri ci vedano. Una sorta di maschera pirandelliana, che

mostra una parte di noi stessi, ci incasella in una definizione che risulta chiara a tutti in quanto convenzionale, anche

se poi dentro di noi siamo magari degli ibridi o non rispecchiamo affatto quella maschera. Questo discorso però non credo

valga per la sessualità che, come la matematica, non è un'opinione.

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Maddai! Il problema sostanziale è che "gay" e "lesbica" sono parole che ci fanno paura

non perché poi siamo costretti a non poter essere bisessuali o etero;

ma perché ci infastidisce essere socialmente stigmatizzati.

 

Questa mi sembra solo una parte del problema.

Recentemente ho letto qualcosa su come ci formiamo un'immagine di noi stessi, e mi sembra un ragionamento applicabile a questo tema, per cui ve lo riporto.

 

In pratica, noi osserviamo noi stessi fare certe cose, e da lì deduciamo che siamo così. Quindi: mi trovo ad andare a letto con una donna e mi piace --> capisco che sono una a cui piacciono le donne.

Naturalmente, più il fatto si ripete, più questa autopercezione si conferma, e l'idea "a me piacciono le donne" entra a far parte della mia identità.

 

A questo punto, qualsiasi comportamento incoerente con quell'idea mi provoca un certo disagio. Non succede solo per le etichette stigmatizzanti, ma per tutte le incoerenze: se sono un attivista di destra e mi trovo d'accordo con un politico di sinistra, o se sono ateo ma mi piego alla preghierina di natale per far contenta la nonna, percepirò un'incoerenza fastidiosa, e cercherò dei modi per giustificarla.

I tipi di giustificazione sono sostanzialmente due:

- cambiare atteggiamento, "etichetta": ad es. "eh ma non sono proprio sempre d'accordo con la destra, io penso in modo indipendente"

- negare che ci sia stata reale incoerenza, ad es.: "beh ma prego solo per far contenta la nonna, quindi non vado davvero contro le mie idee".

 

E allora, chi teme che avrebbe difficoltà a cambiare la propria etichetta non ha tutti i torti: prevede proprio questo tipo di disagio (tecnicamente dissonanza cognitiva) e magari non si sente in grado di reagire con la prima strategia - ovvero modificando la propria etichetta - e ha paura di cadere nella negazione, ad es. "si ho avuto un sentimento etero ma è stato solo perché ero ubriaco".

 

Per alcuni può essere più semplice modificare le proprie etichette, per altri meno, e per questi ultimi allora credo sia meno distruttivo fare attenzione nel mettersele.

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Penna, dici esattamente quello che sostengo io, allora.

 

a volte questo cambiamento - in prospettiva - ci sembra traumatico;

ma solo perché non sono le "etichette" che ci condizionano,

ma è la nostra "paura delle etichette" a farlo.

 

E allora, chi teme che avrebbe difficoltà a cambiare la propria etichetta non ha tutti i torti: prevede proprio questo tipo di disagio (tecnicamente dissonanza cognitiva) e magari non si sente in grado di reagire con la prima strategia - ovvero modificando la propria etichetta - e ha paura di cadere nella negazione, ad es. "si ho avuto un sentimento etero ma è stato solo perché ero ubriaco".

 

Il problema non è che tu definisca "lesbica" o meno,

il problema è che tu hai paura che se ti definisci così

rimarrai condizionata da quella parola.

 

Se smetti di aver paura della parola "lesbica"

non ti preoccuperai più di cosa potrebbe accadere

se domani un misterioso biondo palestrato ti facesse sua.

 

Tu hai fatto l'esempio della Destra e della Sinistra, ma non funziona bene.

A meno che tu non conosca qualcuno che tema di definirsi di Sinistra,

per paura che un giorno le illuminate parole di Bossi lo facciano commuovere.

Questo non accade. Di solito si dice: "Sono di Sinistra, ma quando Bossi parla degli immigrati..."

Oppure: "Sono di Destra, ma se ci fosse uno Zapatero anche in Italia..."

"Sono Ateo, ma sostengo la Chiesa contro l'Islam"

"Sono Cattolico, ma non mi piacciono le gerarchie ecclesiastiche"

 

La gente normalmente reagisce bene alle proprie "etichette"

e non ha molti problemi a fare delle eccezioni.

Persino in campo sessuale potrai trovare

dei gay che dicono: "Sono gay, ma per Nicole Kidman..."

"Sono etero, ma per Totti...", "Sono etero, ma per Angelina Jolie..."

"Sono lesbica, ma per Massimo Boldi..."

 

Si tratta però sempre di persone ben sicure della loro sessualità

e quindi non spaventate di definirsi in un modo o nell'altro;

non impaurite dalle "etichette", non condizionate dai loro stessi timori.

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sì ma alla fine secondo me il problema fondamentale è sempre il giudizio degli altri.

Le etichette con la relativa messa in discussione fanno paura solo ed esclusivamente perchè abbiamo paura del giudizio altrui, di come le potremmo giustificare ecc.

 

immaginate un mondo in cui nessuno venga da voi col dito puntato a dirvi "oh ma tu non eri....???"!

 

come vi sentireste?? non vi sentireste liberi e sollevati di almeno 40 kili?

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Divine, prova per 5 minuti a pensare di essere lesbica.

Di affrontare il giudizio della famiglia e della cerchia di amici.

Pensi davvero che il tuo problema sarebbe: "Oddio e se domani fossi etero?"

 

Io di tutto mi preoccupo tranne della possibilità

di trovarmi una donna e di farmi una famiglia nel 2020.

E' possibile? Beh, ovvio. E' raro che qualcosa sia impossibile.

 

Di fronte a tutte le discriminazione che subisco oggi come gay,

dovrei preoccuparmi del fatto che domani forse non verrò più discriminato?

O dovrei aver paura che i miei amici gay mi voltino le spalle?

Che Lux mi tolga l'account dal gay-forum?

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scusami Almadel ma non capisco per quale motivo tu devi sempre complicare dei concetti che io espongo in modo molto chiaro, semplice e lineare.

 

io ho semplicemente messo in evidenza il fatto che ciò che crea inquietudine riguardo il cambio di etichetta è il doverlo dire agli altri, ovvero LA PAURA DI DELUDERE gli altri. Così come si fa CO da etero a gay/bisex, si tratterà di farne un altro, da gay a etero.

 

tu non ti preoccupi di tutto ciò ma magari a qualcuno potrà creare imbarazzo dire "Oh sai, ora ho la ragazza."

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Sì ma come fai a paragonare quell'imbarazzo con il coraggio che invece ci vuole ad affrontare un familiare che piange e soffre perché hai 'confessato' di essere omosessuale?

 

Al massimo a me roderebbe dare soddisfazione a tutti quelli che, inevitabilmente, ti dicono "Ma tu non sei così"; "Ma dai, è solo una fase!", e simili...

Ma non mi creerebbe mai inquietudine quanto lo ha fatto fare CO con mia mamma, e io comunque l'ho fatto a 12 anni e me l'ha praticamente chiesto lei, quindi posso solo immaginare come dev'essere per gente che ha famiglie veramente omofobe, o ha aspettato i 30 anni per dirlo, sconvolgendo davvero le persone.

 

Cioè, okay la paura di deludere, ma la vera delusione, il vero shock, è quando dici alle persone "Vado in Australia a fare l'istruttore di Bungee Jumping", non quando dici "Sono tornato in Italia e faccio il salumiere", è ovvio, no? Non so se rendo il concetto, ho dormito tre ore xD

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Cioè Gigi non dice a sua madre che è gay

perché poi ha paura di deluderla

se si trova una ragazza?

Ma chi è sua madre? La presidentessa di Agedo?

 

Ho come l'impressione che se Gigi non lo dice a sua madre

sia esattamente per il motivo opposto.

 

Ignoro precisamente cosa possa capitare a un gay e alle sue amicizie

se improvvisamente si trovasse attratto da una ragazza e ci si fidanzasse,

dopo aver avuto per lungo tempo questa "etichetta".

Non ho esperienze dirette, ho solo sentito la canzone di Povia...

 

Capitasse a me, non mi immagino i ragazzi di ArciGay che piangono

o il sito del gay-forum listato a lutto...

Certo, mi preoccuperebbe la reazione di mia madre,

ma non certo la sua delusione, quanto il suo odioso compiacimento.

 

Per questo - Divine - quello che a te sembra un fenomeno semplice

a me sembra un fenomeno assolutamente molto complesso, del tipo:

non mi dichiaro omosessuale, per paura che se poi ho una relazione etero

rischio che gli omofobi se ne compiacciano in modo meschino...

 

A me capita quando provo a smettere di fumare.

Non dico che ho smesso, per paura che gli altri - se ricomincio -

si compiacciano che io non ci sia riuscito.

Ma non mi è mai capito di non dire che sono un fumatore

per paura che se dico di smettere e poi non ci riesco...

Basta! E' troppo difficile! Mi scoppia la testa! :)

 

Non so se mi sono spiegato

o se proprio non ho capito quello che intendi.

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