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Ecco la nota della CEI sui Di.Co.


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anziché postare un riassunto tratto da un giornale, vi riporto integralmente il testo della nota della Conferenza Episcopale Italiana... così non andiamo contro a nessun copyright:da http://www.chiesacattolica.it/cci_new/news_images/2007-03/28/Nota.doc

Conferenza Episcopale ItalianaNota del Consiglio Episcopale Permanentea riguardo della famiglia fondata sul matrimonioe di iniziative legislative in materia di unioni di fatto

L’ampio dibattito che si è aperto intorno ai temi fondamentali della vita e della famiglia ci chiama in causa come custodi di una verità e di una sapienza che traggono la loro origine dal Vangelo e che continuano a produrre frutti preziosi di amore, di fedeltà e di servizio agli altri, come testimoniano ogni giorno tante famiglie. Ci sentiamo responsabili di illuminare la coscienza dei credenti, perché trovino il modo migliore di incarnare la visione cristiana dell’uomo e della società nell’impegno quotidiano, personale e sociale, e di offrire ragioni valide e condivisibili da tutti a vantaggio del bene comune.La Chiesa da sempre ha a cuore la famiglia e la sostiene con le sue cure e da sempre chiede che il legislatore la promuova e la difenda. Per questo, la presentazione di alcuni disegni di legge che intendono legalizzare le unioni di fatto ancora una volta è stata oggetto di riflessione nel corso dei nostri lavori, raccogliendo la voce di numerosi Vescovi che si sono già pubblicamente espressi in proposito. È compito infatti del Consiglio Episcopale Permanente «approvare dichiarazioni o documenti concernenti problemi di speciale rilievo per la Chiesa o per la società in Italia, che meritano un’autorevole considerazione e valutazione anche per favorire l’azione convergente dei Vescovi» (Statuto C.E.I., art. 23, :gh:.Non abbiamo interessi politici da affermare; solo sentiamo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune, sollecitati oltretutto dalle richieste di tanti cittadini che si rivolgono a noi. Siamo convinti, insieme con moltissimi altri, anche non credenti, del valore rappresentato dalla famiglia per la crescita delle persone e della società intera. Ogni persona, prima di altre esperienze, è figlio, e ogni figlio proviene da una coppia formata da un uomo e una donna. Poter avere la sicurezza dell’affetto dei genitori, essere introdotti da loro nel mondo complesso della società, è un patrimonio incalcolabile di sicurezza e di fiducia nella vita. E questo patrimonio è garantito dalla famiglia fondata sul matrimonio, proprio per l’impegno che essa porta con sé: impegno di fedeltà stabile tra i coniugi e impegno di amore ed educazione dei figli.Anche per la società l’esistenza della famiglia è una risorsa insostituibile, tutelata dalla stessa Costituzione italiana (cfr artt. 29 e 31). Anzitutto per il bene della procreazione dei figli: solo la famiglia aperta alla vita può essere considerata vera cellula della società perché garantisce la continuità e la cura delle generazioni. È quindi interesse della società e dello Stato che la famiglia sia solida e cresca nel modo più equilibrato possibile.A partire da queste considerazioni, riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo. Quale che sia l’intenzione di chi propone questa scelta, l’effetto sarebbe inevitabilmente deleterio per la famiglia. Si toglierebbe, infatti, al patto matrimoniale la sua unicità, che sola giustifica i diritti che sono propri dei coniugi e che appartengono soltanto a loro. Del resto, la storia insegna che ogni legge crea mentalità e costume.Un problema ancor più grave sarebbe rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perché, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile.Queste riflessioni non pregiudicano il riconoscimento della dignità di ogni persona; a tutti confermiamo il nostro rispetto e la nostra sollecitudine pastorale. Vogliamo però ricordare che il diritto non esiste allo scopo di dare forma giuridica a qualsiasi tipo di convivenza o di fornire riconoscimenti ideologici: ha invece il fine di garantire risposte pubbliche a esigenze sociali che vanno al di là della dimensione privata dell’esistenza.Siamo consapevoli che ci sono situazioni concrete nelle quali possono essere utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive. A questa attenzione non siamo per principio contrari. Siamo però convinti che questo obiettivo sia perseguibile nell’ambito dei diritti individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica che sarebbe alternativa al matrimonio e alla famiglia e produrrebbe più guasti di quelli che vorrebbe sanare.Una parola impegnativa ci sentiamo di rivolgere specialmente ai cattolici che operano in ambito politico. Lo facciamo con l’insegnamento del Papa nella sua recente Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis: «i politici e i legislatori cattolici, consapevoli della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana», tra i quali rientra «la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna» (n. 83). «I Vescovi – continua il Santo Padre – sono tenuti a richiamare costantemente tali valori; ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del gregge loro affidato» (ivi). Sarebbe quindi incoerente quel cristiano che sostenesse la legalizzazione delle unioni di fatto.In particolare ricordiamo l’affermazione precisa della Congregazione per la Dottrina della Fede, secondo cui, nel caso di «un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge» (Considerazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003, n. 10).Il fedele cristiano è tenuto a formare la propria coscienza confrontandosi seriamente con l’insegnamento del Magistero e pertanto non «può appellarsi al principio del pluralismo e dell’autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società» (Nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002, n. 5).Comprendiamo la fatica e le tensioni sperimentate dai cattolici impegnati in politica in un contesto culturale come quello attuale, nel quale la visione autenticamente umana della persona è contestata in modo radicale. Ma è anche per questo che i cristiani sono chiamati a impegnarsi in politica.Affidiamo queste riflessioni alla coscienza di tutti e in particolare a quanti hanno la responsabilità di fare le leggi, affinché si interroghino sulle scelte coerenti da compiere e sulle conseguenze future delle loro decisioni. Questa Nota rientra nella sollecitudine pastorale che l’intera comunità cristiana è chiamata quotidianamente ad esprimere verso le persone e le famiglie e che nasce dall’amore di Cristo per tutti i nostri fratelli in umanità.Roma, 28 marzo 2007I Vescovi del Consiglio Permanente della C.E.I.

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edit: ho sbagliato thread. :gha:In questo volevo scriverci semplicemente che testi simili sprizzano malafede da tutti i pori. Mi ricordano Goebbels.Divertente poi come citino la costituzione, pur esercitando impunemente la loro influenza funesta sulla politica di uno Stato che non è il loro.

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Io,cristiano,e libero pensatore, respingo il diktat della Cei e ritengo che il dovere dei politici e dei cittadini sia soprattutto verso il popolo del proprio Statio, e non verso i rappresentanti di uno stato estero. Io se fossi parlamentare voterei per i DI.CO, perchè ritengo giusto non discriminare le coppie omosessuali, il cui Amore è buono e giusto come l'amore etero. Se ci sarà il referendum, voterò NO all'abolizione della legge eventualmente approvata. La Cei non ha cittadinanza nella mia coscienza, e tantomeno ce l'ha il pastore tedesco. A differenza di Gesù.

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I vescovi dicono semplicemente "Le regole della chiesa cattolica le stabiliamo noi. Se vuoi definirti cattolico devi seguirle alla lettera, non importa il mestiere che fai. Punto"Bisognerebbe che i politici in massa iniziassero a tirar fuori i denti e a dire "cari vescovi, voi non ne sapete più di noi, quindi scendete dal pulpito e venite a discutere". Ovvio che i dottrinomani non verebbero a discutere proprio nulla, ma almeno così facendo ufficializzerebbero la loro chiusura e la non fondatezza delle loro posizioni.Perchè poi alla fine a suon di encicliche e note e tutto il resto qua si continua a millantare oscure minacce per la famiglia e per il futuro senza mai dire nero su bianco quale dovrebbero essere in concreto.Ad esempio scrivono: "Riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo"Tante grazie ma perchè dovrebbe essere pericolosa? Quali sarebbero le nefande conseguenze sulla società? Quali meccanismi e comportamenti dannosi verrebbero a crearsi?Sarebbe difficile anche per un sociologo secondo me dirlo, figuriamoci se lo sa la CEI.Tanto più che non bisogna mica star qua a fare speculazioni, basta osservare ciò che accade nei paesi in cui i pacs sono già una realtà.Non mi pare sia scoppiata nesuna guerra civile.Tutte le prediche scritte e parlate che le alte sfere cattoliche vomitano fuori non fano che affermare il possesso di presunte verità che comunque non si vuole condividere per paura che vengano confutate.@sonneritter: non ho mica capito il tuo intervento eh <______

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Più che altrove, la "nota pastorale" ha una carica eversiva senza precedenti e anche senza paragoni nelle moderne democrazie occidentali là dove afferma che il politico cattolico "non può appellarsi al principio del pluralismo e dell’autonomia dei laici in politica". Il politico anche se cattolico deve fare riferimento alla Costituzione su cui ha giurato, non ai diktat di un Monarca assoluto (il papa) di uno Stato totalitario (il Vaticano). Il politico cattolico che dovesse trovarsi di fronte a un dilemma del genere dovrebbe semplicemente dimettersi in quanto (Art. 67) "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione [e non il Vaticano] ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato [e non con il vincolo del magistero della Chiesa]".

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Questo testo cuce in modo inequivocabile la condanna del relativismo di Ratzingeralla condanna del pluralismo...Se ogni infingimento di diritto cade, vuol dire che si detiene la leva della forza.Sento sui TG che si parla a vario titolo di ingerenza,qui siamo ad una interpretazione del principio democraticoin senso integralista, siamo ben oltre...

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La Chiesa con questa nota ha superato ogni limite. E' una Chiesa semplicemente disperata che cerca d'imporre in tutti i modi la propria morale come regola di vita.

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Repubblica.it ha aperto un forum di discussione sulla nota della CEI. Consiglio di andare a dare un'occhiata... Ovviamente, siamo il principale bersaglio degli integralisti cattolici.http://forum.repubblica.it/viewtopic.php?t=73

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La rivista Micromega lancia due appelli contro "la crociata" della ChiesaTra i sottoscrittori laici Umberto Eco, Vasco Rossi e Simone CristicchiDico, laici e cattolici uniti contro il diktat"Diamo l'otto per mille ai valdesi"Dieci sacerdoti, da Don Mazzi a Vitaliano Della Sala, prendono posizioneROMA - Un doppio appello per i Dico e contro le ingerenze ecclesiastiche. Proprio mentre la Chiesa continua a far sentire forze la sua voce contro il provvedimento che regolarizza le coppie di fatto, la rivista Micromega lancia due raccolte di firme "contro la crociate clericali della Conferenza episcopale italiana" e contro "l'acquiescenza di gran parte del Parlamento" (il testo può essere firmato sul sito di Micromega). Un doppio appello "ai cittadini democratici", perché al momento della denuncia dei redditi diano l'otto per mille non alla Chiesa cattolica ma a quella valdese. (...)http://www.repubblica.it/2007/03/sezioni/politica/coppie-di-fatto-6/dico-appello/dico-appello.html

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Guest equalmarriage

LA RISPOSTA DI CECCANTI: CON LA NOTA DELLA CEI I DICO NON C'ENTRANOIl disegno di legge sui Dico non rientra obiettivamente nelle tipologie criticate dalla nota Cei1. La Nota della Conferenza Episcopale non si riferisce in alcun punto a un preciso disegno di legge, né a quello sui Dico né ad altri di origine parlamentare. Pertanto si può ritenere che siano criticati i Dico solo se, al di là delle intenzioni, si dimostra che essi rientrino obiettivamente nelle tipologie criticate nella Nota.Va peraltro rilevato in modo estremamente positivo che la Nota intervenga a discussione del tutto aperta in Parlamento e nel Paese e non rispetto a un voto finale imminente del Parlamento.2. La Nota riconosce positivamente che “ci sono situazioni concrete nelle quali possono essere utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive” e invita a perseguire tale obiettivo “nell’ambito dei diritti individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica che sarebbe alternativa al matrimonio e alla famiglia”.Rispetto a tale costruttiva indicazione, che delimita la possibile accettazione di interventi, a) vale la pena di ricordare che il disegno di legge sui Dico si intitola per l’appunto “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”; diritti e doveri si riferiscono alle persone e non alle convivenze; :gh: né si può sostenere che un intervento legislativo di per sé configuri un riconoscimento diretto delle unioni (una “legalizzazione”) giacché il documento che indice il family day, oggetto di positivo apprezzamento da parte della Cei, apre ad “eventuali interventi sul Codice Civile”, che si possono realizzare solo con legge, dal momento che il Codice Civile è per l’appunto una legge, anzi intervenire emendando tale Codice anziché con una legge a parte sarebbe simbolicamente ancor più rilevante, trattandosi della legge che costituisce il perno dell’intero diritto privato; c) anche tali interventi sul Codice civile non potrebbero peraltro esimersi dall’individuare la platea dei beneficiari e dall’escludere i non beneficiari; a tali fini di accertamento della “persona che convive” il metodo che il Ddl sui Dico propone, il ricorso alla normativa vigente sull’anagrafe che già consente l’iscrizione delle persone conviventi, appare come il meno innovativo e il più oggettivo tra i vari che si possono legittimamente proporre. 3. Il fatto che il Ddl sui Dico, così come la normativa anagrafica vigente, non discrimini i conviventi sulla base del sesso e consenta quindi di riconoscere diritti a persone conviventi dello stesso sesso non configura neanche una “legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso” e ancor meno una legalizzazione delle “unioni omosessuali”. Il Ddl non si occupa degli orientamenti sessuali, ma solo delle persone senza discriminazioni.Stefano Ceccanti -costituzionalista- Roma, 28 marzo 2007( tratto da http://www.pariopportunita.gov.it/DefaultDesktop.aspx?doc=1115 )

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http://www.oecumene.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=125680Il vescovo Anfossi si arrampica sugli specchi per giustificare il diktat CEI sui DICO"E questa è anche indirettamente una difesa dei semplici: (??? Che parli di Calderoli? Ma dove crede di essere, nel Medioevo?) si tratta di difenderli da pressioni ideologiche, da lobby vere e proprie, (AGGIUNGI PURE: COME LA NOSTRA)a cominciare da quella che è legata al mondo dell’omosessualità (e dalli con la favola della "Lobby Gay!").Al limite, noi rispondiamo che il nostro modo di intervenire difende unaparte di popolazione da ingerenze che sono altrettanto violente e nondemocratiche. "(Violente? Non democratiche?? RIPETO: AGGIUNGI PURE: COME LE NOSTRE)Ma forse l'ha detto...implicitamente. Gli è scappato un "altrettanto" di troppo.CHE FACCIA TOSTA!
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La famosissima Lobby Gay, chi non la conosce? È un gruppo d'estrema rilevanza nell'ambiente pluto-gay-giudaico-massonico... eccone il terribile logo:gayotoju3.jpgScusate, ma non mi riesce di stare serio quando leggo certe cose.

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