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Non si parla di lavoro


Beppe_89

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1 hour ago, marco7 said:

anche se non parli mai del tuo lavoro con gente che non lo fa potresti almeno dirci di che si tratta.

Potrei, in effetti.

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6 hours ago, LocoEmotivo said:

per raccontarti qualcosa dovrei infarcire la storia di premesse e specificazioni e cose simili che romperebbero le palle più di quanto potrebbero dilettare.

non scorgo differenze da ciò che fai ogni volta che apri bocca, tesorino caro...

6 hours ago, LocoEmotivo said:

avere a che fare con giovani e giovanissimi che vengono buttati di peso in una realtà che non conoscono è stimolante, quasi eccitante. Perché puoi mostrare loro tutte le criticità e le difficoltà del mestiere e poi, due secondi dopo, confidargli che questo è il lavoro più bello del mondo e che non ti faresti mettere in ufficio nemmeno se ti sparassero.

niente, ormai sei nella fase "mamma chioccia" e non te se stana più da lì

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Io non parlo quasi mai di lavoro. Il motivo però è legato ad esperienze di quando avevo tra i 18 e i 22 anni, esperienze in qualche modo opposte a quelle di Beppe... infatti per motivi diversi mi capitava di uscire, il venerdì o il sabato sera tardi, con due diverse comitive composte da camerieri e baristi, ogni comitiva era legata ad un diverso ristorante... in cui io però ai tempi non lavoravo, ero solo amico di questi ragazzi.

Premettendo che sono un buon ascoltatore, mi ritrovavo però immerso in discorsi molto lunghi e, devo dire, per la maggior parte noiosi, su dinamiche lavorative a me ignote, e continui riferimenti a persone che non conoscevo.

Ora a parte la pazienza che ci vuole... ad un certo punto mi sono anche reso conto della mancanza di consapevolezza di questi ragazzi, che pur sapendo che io non lavoravo con loro, non si sono mai chiesti se io potessi non capire le dinamiche, se potessi essere annoiato o poco interessato. 

Di conseguenza per reazione ho sviluppato atteggiamenti quasi opposti, racconto poco o nulla, anche quando qualcosa di interessante ci sarebbe.

Devo però anche aggiungere che, lavorando nel sociale dal 2005, ho iniziato a non portarmi il lavoro a casa, a staccare completamente e non pensarci più fino al turno successivo. Anche perché spesso poi a casa uno si porterebbe più i problemi che altro... i primi tempi mi veniva spontaneo, dopo mi è stato detto che è anche un atteggiamento sano e positivo nel nostro lavoro, sia dai miei superiori che dai colleghi. In effetti poi mi è anche successo che non riuscivo a staccare, tornavo a casa e non riuscivo a pensare a nient’altro che alle situazioni del lavoro (erano casi piuttosto difficili, ma anche lì evitavo di raccontare per non appesantire gli altri) e l’ho considerato un bel campanello d’allarme, che mi ha portato ad abbandonare quel posto dopo un mese.

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