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USA: dietrofront nella scuola, più conoscenze e meno competenze


Rotwang

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Corriere della Sera

Orsola Riva

Perché gli studenti americani non riescono a migliorare le loro capacità di lettura nonostante tutti gli investimenti fatti negli ultimi due decenni proprio per rafforzare questa competenza strategica? Per tentare di rispondere a questa domanda il Naep, l’Invalsi americano, ha convocato un gruppo di esperti a Washington. E la risposta finale è stata: perché leggere non è come andare in bicicletta. Non basta saper pedalare: per capire un testo bisogna poter contare su un solido bagaglio di conoscenze, mentre il sistema scolastico americano da vent’anni a questa parte ha puntato tutto e solo sulle competenze, a scapito della ricchezza del curriculum. Era il 2001 - presidente George W. Bush - quando il Congresso americano approvò con un voto bipartisan la legge chiamata No child left behind che, almeno nelle intenzioni, doveva servire a dare a tutti i ragazzi - ricchi o poveri - delle solide competenze in lettura e matematica grazie a un sistema di test diventato negli anni sempre più pervasivo. Dai risultati di queste prove standardizzate, infatti, dipendeva una buona parte dei fondi federali, cosicché le scuole pian piano finirono per appiattire i programmi sui test (il cosiddetto «teaching to the test») impoverendo la qualità della didattica. Risultato: i livelli dei ragazzi sono rimasti gli stessi mentre la forbice fra ricchi e poveri si è ulteriormente allargata tanto che nel 2015 - presidente Barack Obama - la vecchia legge è stata sostituita dal nuovo Every Student Succeeds Act, che ha modificato (delegandoli ai singoli Stati) ma non eliminato il sistema di test standardizzati obbligatori in tutte le scuole dal terzo all’ottavo grado (cioè dalla quarta elementare alla terza media).

La storia di questo fallimento educativo è stata ricostruita da The Atlantic in un lungo e documentato articolo in cui si rimarca come il meccanismo perverso dei test abbia agito negativamente soprattutto sulle scuole dei distretti più poveri, quelle che avevano più difficoltà a raggiungere i traguardi prefissati dal governo e che dunque erano più facilmente esposte al rischio di tagliare materie come la storia e la letteratura, l’arte o la scienza che, non essendo misurate dai test governativi, venivano considerate dei rami secchi, per concentrarsi solo sui test. Col risultato paradossale che così finivano per moltiplicare lo svantaggio di chi non aveva alle spalle una famiglia con un patrimonio culturale da trasmettergli. Perché la lettura è un’abilità complessa che richiede non solo la capacità di decodificare un testo ma quella assai più articolata di comprenderlo. E nelle comprensione di un brano scritto conta più il nostro bagaglio di conoscenze che le cosiddette abilità di lettura - le reading skills misurate dalle prove standardizzate. Come ha spiegato uno degli esperti che hanno partecipato alla riunione, lo psicologo cognitivo Daniel Willingham, il fatto che i lettori capiscano o meno un testo dipende molto di più dalle loro conoscenze e dalla ricchezza del loro vocabolario che da quanto si sono esercitati con domande del tipo «Qual è l’argomento principale del testo?» o «Che conclusioni trai dalla lettura di questo brano?». Se un ragazzo arriva alle superiori senza sapere nulla della Guerra civile americana perché non l’ha mai studiata a scuola, non importa quanti test ha fatto: farà molta più fatica a rispondere a qualsiasi domanda relativa a quell’argomento di un suo collega più colto anche se magari meno allenato di lui nei quiz.

Ma non basta. Come osservato da Timothy Shanahan, professore emerito all’Università dell’Illinois e autore di oltre 200 pubblicazioni sulla «reading education», il sistema dei test commette un altro errore gravissimo: quello di misurare le capacità dei ragazzi usando dei brani considerati alla loro altezza. Mentre al contrario diverse ricerche dimostrano che gli studenti imparano molto di più quando leggono testi che sono al di sopra del loro livello di competenze e che proprio per questa ragione li portano a sforzarsi arricchendo il loro vocabolario e le loro capacità di comprensione. Perciò se vogliamo davvero migliorare le capacità di lettura degli alunni piantiamola di farli esercitare con i bugiardini dei farmaci o le istruzioni degli elettrodomestici. E semmai puntiamo su un curriculum ricco in storia scienze letteratura e arte che fornisca ai ragazzi una cassetta degli attrezzi - intesa come un sistema di nozioni e un vocabolario articolato - servibile per ogni occasione.

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AndrejMolov89

https://www.theatlantic.com/education/archive/2018/04/-american-students-reading/557915/

MegIio prendere la fonte originale, perché il riassunto/plagio/traduzione dell'articolo non rende bene, e il titolo non rispecchia il contenuto. 

l problema non è "competenza vs conoscenza", ma l'idea di insegnante come personal trainer per i test. Perché è vero che serve una dose di bagaglio culturale per comprendere un testo, ma senza le "competenze" di strutturazione e trattamento del testo, si va dall'estremo all'altro, ovvero quello italiano in cui abbiamo un bagaglio culturale che non sappiamo usare. Visto che abbiamo un problema di analfabetismo funzionale trasversale in tutte le fasce educative (vedasi i test PISA, i nostri laureati hanno le capacità poco al di sotto della media degli studenti delle SUPERIORI europei). Il problema degli anglossassoni è di essere "pratici" se i test sono il mezzo tramite il quale lo studente può accedere alle università, allora il compito della scuola non è quello di formare, bensì preparare ai test. Questo è un po' il nocciolo della questione, ed è stato ribadito più volte nell'articolo: 

"What is tested, some educators say, gets taught—and what isn’t doesn’t. Since 2001, the curriculum in many elementary schools has narrowed to little more than a steady diet of reading and math. And when test scores fail to rise after third grade—as they often do, especially in high-poverty schools—subjects like history and science may continue to be relegated to the far back burner through middle school."

Poi,  c'è un ulteriore problema: come si fa ad espandere il vocabolario? Non è semplicemente conseguenza di leggere la definizione della parola quando la si incontra, tant'è che una delle parti più difficili di imparare una lingua e costruirsi un vocabolario decente che comporta anche la capacità di usare la parola. A questa domanda ha risposto gentilmente Sabatini, affermando che la scrittura di riassunti modulati per numero di parole costringe ad essere non solo succinti, ma usare una varietà di parole che permettano di esprimere i concetti con meno parole, e meno panegirici. Quindi, bisognerebbe essere in grado di mediare tra "competenze" e conoscenze, ed essere consci che sapere senza sapere usare è come piantare grano nel deserto.

Quel che mi pare evidente che l'articolo del corrirere abbia cercato di affermare che il sistema americano vuole ritornare ad una scuola simile a quella italiana. E' un messaggio velato che non è derivabile dal testo, semmai si è ribadito che formare lo studente non implica prepararlo per i test, ma dargli un educazione trasversale che va dalle competenze alle conoscenze. Del resto senza le competenze di lettura e scrittura, non è detto che acquisisci la conoscenza, soprattutto se non sei in grado di leggere le fonti primarie da cui è derivata . 

http://www.giuntiscuola.it/lavitascolastica/magazine/news/italiano-insegnato-male-e-scrittura-sottovalutata/
 

http://www.lastampa.it/2018/03/31/cultura/italiano-a-scuola-si-cambia-pi-riassunti-e-articoli-di-giornale-7iOPFuniLHtwPEVWWW3XpO/pagina.html 
 

Edited by AndrejMolov89
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Pensare che l'articolo dica che la scuola italiana sia perfetta è un'interpretazione in malafede, di chi approva una scuola povera di contenuti e per robottini ignoranti come quella statunitense.

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AndrejMolov89

Dove derivi che io abbia detto che l'articolo sostenga che il sistema italiano sia perfetto? Poi chi ti ha detto che io preferirei quello americano. Riconosco i difetti della scuola italiana, e il dibattito è spostato sul mantenere un impianto Gentiliano, ovvero prettamente nozionistico. I docenti italiani rifiutano il concetto di competenza in toto, e la didattica e i programmi sono fatti per creare dei robottini che producono oracoli cinesi: un po' come i tuoi post, meno le offese, naturalmente.

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