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Brexit: risultati e conseguenze


Rotwang

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Conta poco. Alla fine sara' una brexit hard senza accordo con l'EU perche' gli inglesi non vogliono pagare i miliardi che l'EU vuol far pagare loro.

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L’unica certezza è che, partiti con un grande distacco dai conservatori e dati per sconfitti da tutti, i laburisti sono in rimonta e con uno scarto minimo, dunque hanno una possibilità concreta di vincere.

quando un articolo parte così,

vuol dire che i laburisti sanno già che sta arrivando la legnata brutta brutta (del tipo metà -o più- dei deputati persi).

 

accetto scommesse

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Hinzelmann

Non si capisce come i Laburisti possano vincere

se si prevede che l'UKIP crollerà al 3-4% e quindi

torneranno ai conservatori tutti i loro voti e se gli

scozzesi voteranno i nazionalisti

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Deve essere uno spasso parlare da membro al Parlamento inglese.

Sarà tutto intriso di british humour e frecciatine bastarde ma eleganti.

Edited by Layer
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Il Messaggero

 

Conservatori in testa ma senza la maggioranza assoluta in Parlamento. Queste le indicazioni dei primi exit poll sulle elezioni in Gran Bretagna. In base ai primi dati i conservatori di Theresa May avrebbero 313 seggi, 17 in meno rispetto al Parlamento uscente e meno della maggioranza assoluta di 326 seggi. I laburisti di Jeremy Corbyn, protagonista di una clamorosa rimonta nelle ultime settimane, crescono invece a 266 seggi (34 in più). I siti britannici titolano su «exit poll shock» per i Tory. Si avvicina l'«hung Parliament», scrive il Telegraph, ovvero il Parlamento senza una maggioranza.

 

Scommessa perduta dunque per Theresa May e risultato incerto alle elezioni anticipate britanniche: se gli exit poll verranno confermati - il risultato di tanti collegi è molto incerto - il Partito Conservatore non ha la maggioranza assoluta che la premier chiedeva per negoziare la Brexit da posizioni di forza, mentre il Labour del vecchio leader radicale Jeremy Corbyn, dato per spacciato solo un mese fa, si ritrova accreditato di un notevole recupero rispetto a due anni fa e un consistente incremento di seggi.

Il verdetto resta sospeso. Sarà il conteggio collegio per collegio a definire il risultato vero. Ma, in base ai primi dati, l'ombra che si proietta è quella dell'Hung Parliament, un parlamento "appeso" alla necessità di una qualche coalizione. In calo piuttosto netto anche gli indipendentisti scozzesi dell'Snp, indicati ancora come primo partito nella loro roccaforte del nord, ma con 34 seggi contro i 56 (su 59 totali della Scozia) di due anni fa. Mentre qualcosa recuperano i LibDem filo-Ue, con 14 seggi contro 9, e restano al palo come previsto (0 seggi) gli euroscettici dell'Ukip, ormai orfani di Nigel Farage e fagocitati dalla campagna pro Brexit di May.

Il Regno Unito si è pronunciato per la terza volta in tre anni. Dopo il voto del 2015 e il referendum che ha decretato il divorzio da Bruxelles nel 2016, i sudditi di Sua Maestà erano stati richiamati alle urne dalla signora primo ministro - in un clima di sorveglianza blindata, dopo i recenti attacchi di Manchester e di Londra - con un solo obiettivo: accrescere il suo peso in Parlamento per avere le mani libere al tavolo con l'Ue e su tutti i dossier che incombono, dalle incognite sull'economia all'allarme terrorismo. Ma la meta, che raffiche di sondaggi trionfali avevano dato per scontata per settimane, non sembra essere stata raggiunta.

Al contrario, se gli exit saranno confermati, lady Theresa arretra e rischia anche la poltrona. Non le sarebbero dunque serviti gli slogan esibiti negli ultimi giorni da donna forte: decisa a garantire «gli interessi nazionali» nell'ambito di una Brexit senza se e senza ma; e a rispondere al terrorismo con una guerra senza quartiere, anche al prezzo di abolire qualche tutela dei diritti umani.

Jeremy Corbyn, viceversa, ha motivo di esultare, sempre a patto che lo scrutinio reale confermi le proiezioni, per essere stato capace di condurre a 68 anni una campagna frizzante, con una versione rinnovata del suo programma da vecchio socialista. E di risvegliare entusiasmi sopiti fra giovani e meno fortunati che alle urne questa volta paiono essersi fatti sentire.

«No ad accordi o coalizioni». È quanto affermano fonti dei Libdem citate da Sky News dopo che sono usciti gli exit poll che danno il partito di Tim Farron a 14 seggi, con la possibilità che possa diventare determinante nel formare una coalizione di governo. Ma al momento i Libdem si rifiutano di ripetere l'esperienza fallimentare del 2010 quando si allearono coi Conservatori di David Cameron. 

«Dobbiamo aspettare i dati reali». È il primo commento non certo entusiasta del ministro della Difesa britannico Michael Fallon ai primi exit poll delle elezioni in Gran Bretagna. Fallon sminuisce la portata degli exit poll che danno il suo partito conservatore senza una maggioranza assoluta ai Comuni. «Si tratta solo di una previsione - ha detto - nel 2015 avevano sottostimato i nostri voti». Per il ministro è necessario aspettare i risultati che emergono dal conteggio delle schede.

Intanto si è verificato un crollo brusco per la sterlina. Sull'unico mercato aperto, quello delle valute, la moneta britannica è crollata del 2% a 1,28 sul dollaro e sotto all'1,14 sull'Euro. Lo riporta il Guardian.

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Lo SNP voleva un altro referendum per l'indipendenza ma mi sa che con questo risultato gli scozzesi abbiano fatto capire di voler restare britannici e quindi fuori dalla UE.

Edited by Fergus
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Si fergus.

 

Questo e' l'unico risultato positivo di questa votazione per il governo inglese attuale.

 

La may avrebbe fatto meglio a non indirre queste elezioni e a far votare subito gli scozzesi sulla loro uscita o non uscita dalla GB (cosa che la may invece non voleva far votare).

 

Tatticismo may totalmente errato.

 

Se la may dispone di cosi' poca lungimiranza politica come potra' trattare bene com l'europa ? Mah.

Edited by marco7
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Hinzelmann

La singolarità di questa elezione è che l'UKIP perde

l'11%, gli indipendentisti scozzesi pure perdono seggi

il voto si concentra quindi sui due maggiori partiti che

aumentano uno del 5% ( I Conservatori ) l'altro del 10%

( I Laburisti ) ma in termini politici e di seggi per la May è

e resta una sconfitta.

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Dunque.

La geniale Mayala si mette i bastoni tra le ruote, La penna ha preso 2 cefali in faccia, i sostenitori di Mr Parrucchino Trampolino sono spariti dalla circolazione.

Non male, ora manca solo il ritorno del mio amore Renzi.

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TPI

 

Il partito unionista democratico dell’Irlanda del Nord (Dup) è il quinto maggior partito a Westminster con 10 seggi. Ha due deputati in più di quelli necessari a Theresa May per restare in carica.

 

Guidato da una donna, Arlene Foster, prima ministra dell’Irlanda del Nord, il Dup fu fondato nel 1971 da Ian Pasley e ha storici legami con i gruppi paramilitari lealisti che combatterono a fianco dei soldati inglesi durante le rivolte avvenute tra gli anni Settanta e Ottanta a Belfast e con formazioni politiche di estrema destra.

 

In particolare, alcuni importanti politici del partito come l’ex primo ministro nord-irlandese Peter Robinson, appartenevano al gruppo terroristico Ulster Resistance.

 

A seguito degli accordi di pace in Irlanda del 1998, questo partito, largamente maggioritario all’interno della comunità protestante, ha assunto il governo a Belfast in coalizione con lo Sinn Feinn, partito repubblicano e favorevole alla riunificazione irlandese, rappresentativo della comunità cattolica dell’Ulster.

 

Il Dup, futuro possibile alleato dei conservatori britannici dopo le elezioni dell'8 giugno, propone politiche simili a quelle di Theresa May, assumendo i contorni di un vero e proprio partito conservatore irlandese ma con alcune importanti differenze.

 

La formazione politica della Foster è favorevole all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ma, a differenza della premier britannica, non vuole una hard Brexit perché teme il ritorno dei controlli al confine con la Repubblica d’Irlanda.

 

La riproposizione del confine tra i due stati irlandesi avrebbe non solo conseguenze economiche sulla piccola regione britannica, ma potrebbe precipitare di nuovo Belfast in un periodo di scontri settari, tra la fazione cattolica e quella protestante.

 

Il Dup, che nel 1998 fu l'unico partito a opporsi agli Accordi del Venerdì Santo che misero fine agli scontri in Irlanda del Nord, propone nel suo manifesto di negoziare con l’Unione Europea la creazione di un’area di circolazione comune tra Belfast e Dublino e il mantenimento di un’area di libero scambio con il resto d’Europa.

 

Considerando la particolare situazione della regione, il partito vuole anche rendere l’Irlanda del Nord la porta d’accesso per la Repubblica d’Irlanda al mercato interno del Regno Unito.

 

Gli unionisti probabilmente chiederanno maggiori fondi da Londra per l’Irlanda del Nord, anche per compensare i mancati fondi europei a causa della Brexit.

 

Il Dup si batte anche contro il diritto di scelta delle donne ad avere un aborto, rendendo questo partito la più grande forza politica antiabortista del Regno Unito.

 

Il partito si oppone anche al riconoscimento del matrimonio tra coppie dello stesso sesso e nega che il cambiamento climatico in corso sia causato dalle attività umane.

 

Theresa May ha confermato il 9 giugno che formerà un nuovo governo e che i conservatori lavoreranno insieme al Dup. Non è ancora chiaro se ci sarà un accordo per una coalzione o se il Dup fornirà un supporto esterno a un governo di minoranza. Sicuramente questa prospettiva avrà effetti non solo sui negoziati per la Brexit ma anche per la particolare situazione dell’Irlanda del Nord.

 

I negoziati per formare un governo a Belfast tra cattolici e protestanti, dopo le elezioni dello scorso marzo, sono stati lunghi e difficili. Il Dup al governo a Londra potrebbe avere conseguenze politiche anche a Belfast.

Edited by Rotwang
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Caos non direi, alla fine c'è una maggioranza Tories + Unionisti nordirlandesi (DUP). Maggioranza risicata di soli 3 seggi ma c'è. C'è poi anche da considerare che il Sinn Féin (che ha ottenuto 7 seggi) ha sempre portato avanti una politica di astensionismo al parlamento britannico, quindi è come se la soglia di maggioranza si abbassasse da 325 a 318 e quindi il governo avesse un margine di 10 seggi invece che di soli 3.

 

Il DUP comunque è veramente il peggio del peggio. È colpa loro se in Irlanda del Nord il matrimonio egualitario è bloccato da anni nonostante già in passato nel parlamento locale ci sia stata una maggioranza che si è espressa in favore. Sfruttano le clausole dell'accordo del Venerdì Santo per imporre un veto attraverso la petition of concern.

Per non parlare poi del resto...

Edited by Uncanny
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  • 1 month later...

Un sondaggio di YouGov rivela che il Labour guiderebbe le intenzioni di voto con il 46% dei consensi, seguiti dai Conservatori al 38% e i LibDem al 6%. In questo studio UKIP e Verdi vengono raggruppati con altre formazioni che in tutto raggiungono il 9%.

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  • 3 weeks later...

TPI

“La libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea nel Regno Unito finirà nel marzo del 2019”, a dichiararlo è stato il portavoce della premier britannica Theresa May.

Per quella data dunque una nuova normativa disciplinerà i movimenti dei cittadini europei nel paese britannico.

“Il governo di Londra ha già definito e presentato alcuni dettagli, incluse le proposte sui diritti dei cittadini dell’Ue dopo la Brexit. Sarebbe sbagliato pensare che il libero movimento continui come è stato finora”, ha detto ancora il portavoce della May.

Il ministro delle Finanze britannico, Philip Hammond, aveva detto che non ci sarebbero dovuti essere cambiamenti immediati alle regole sull’immigrazione all’uscita di Londra dal blocco.

Ma, dopo le forti critiche di un altro ministro, il titolare al Commercio internazionale Liam Fox, è arrivata la dichiarazione chiarificatrice di Downing Street.

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  • 4 months later...
  • 5 months later...

La parlamentare laburista Emma Dent Coad della coscrizione di Kensington (l'omonima residenza reale), dopo aver fatto alcune battute sui principi William e Harry, ha ricevuto 400 minacce di morte, tanto da farle portare con sé un GPS in caso possa svanire nel nulla, incontrare un comandante di polizia e rafforzare la sua sicurezza.

La parlamentare ha raccontato all'ultimo incontro repubblicano Not The Royal Wedding del Daily Mirror delle minacce fisiche e virtuali ricevute. Il suo staff era molto scosso e ha lamentato spaventata che i valori britannici di libertà d'espressione, equità, decenza e rispetto siano assolutamente minati dall'oltranzismo.

La coscrizione di Kensington è stata strappata clamorosamente ai Tories alle elezioni generali del 2017 e la Dent Coad ha rivelato di essere diventata repubblicana e membro del gruppo di pressione Republic più di dieci anni fa, dopo lo scandalo del principe Harry con l'uniforme nazista.

La parlamentare ha accusato inoltre l'erede al trono, il principe Carlo, di essere una persona irrispettosa e disonorevole per una battuta xenofobica ad Anita Sethi, scrittrice e giornalista britannica di madre guyanese, proprio sul colore della sua pelle. Ma è fiduciosa: Carlo come re aiuterà molto la causa repubblicana, nonostante il matrimonio tra Harry e Megan Markle.

Edited by Rotwang
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  • 2 months later...

TPI

La premier britannica Theresa May ha pubblicato una nota su Facebook in cui parla di ciò aspetta il Regno Unito dopo la Brexit.

“Non sarà più permesso alle persone arrivare qui da tutta Europa nella remota possibilità che possano trovare un lavoro”, si legge nel post, nel quale la premier sottolinea anche Londra tornerà ad avere una politica commerciale totalmente indipendente e non sarà più soggetta alla giurisdizione della Corte di Giustizia europea

La nota è stata pubblicata nella tarda mattinata di venerdì 12 luglio 2018, giorno in cui è prevista la presentazione del cosiddetto ‘libro bianco’, il piano che stabilisce dettagliatamente le condizioni che il governo britannico intende porre all’Unione europea per il periodo successivo all’uscita dall’Ue.

Le linee guida di questo piano erano state fissate in precedenza un documento di tre pagine proposto dalla premier May, che nei giorni scorsi ha ricevuto il sostegno della maggioranza.

Il documento ha provocato le dimissioni del segretario di stato britannico con delega alla Brexit, David Davis, e del ministro degli Esteri, Boris Johnson, che giudicano la linea di May troppo morbida.

Dopo queste due dimissioni la premier ha tenuto un discorso di fronte alla Camera dei Comuni.

“Se l’Ue continua nel suo corso attuale, ciò potrebbe portare a una Brexit senza accordo. Per questo il mio governo ha preso l’iniziativa e ha fatto una nuova proposta”, ha detto.

Nella nota pubblicata su Facebook la premier spiega di essersi posta tre domande in vista del post-Brexit.

La prima domanda riguarda la libera circolazione dei cittadini: l’uscita dall’Ue “significa la fine della libertà di movimento?”.

May risponde così: “Non sarà più permesso alle persone arrivare qui da tutta Europa nella remota possibilità che possano trovare un lavoro”.

“Accoglieremo sempre i professionisti qualificati che aiutano il nostro paese a prosperare, da medici e infermieri a ingegneri e imprenditori”, chiarisce. “Ma per la prima volta da decenni, avremo il pieno controllo delle nostre frontiere”.

“Sarà il Regno Unito, non Bruxelles, a decidere a chi dovrebbe essere permesso di vivere e lavorare qui”.

La seconda domanda che May afferma di essersi posta verte sulla politica commerciale: “Saremo in grado di firmare i nostri accordi commerciali?”.

“Avremo la nostra politica commerciale completamente indipendente, il nostro seggio all’Organizzazione mondiale del commercio e la possibilità di fissare tariffe e concludere accordi commerciali con chiunque ci piaccia”, risponde la premier.

Terza e ultima domanda: dopo l’uscita dall’Ue “il Regno Unito sarà fuori dalla giurisdizione della Corte europea?”.

Questa la risposta: “Non saremo più soggetti alla giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea, i giudici britannici regoleranno le nostre leggi”.

“Le norme comunitarie non saranno più automaticamente e direttamente applicabili nel Regno Unito, il parlamento avrà voce in capitolo”, sottolinea la premier.

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  • 4 weeks later...

Business Insider

A due anni dal referendum che ha deciso l’addio del Regno Unito all’Europa, i segnali ci sono tutti. Ormai è chiaro: gli inglesi stanno cambiando idea sulla Brexit. E si sono pentiti del voto di protesta. L’incapacità del governo, troppo diviso, di tracciare una strategia chiara e l’incertezza sull’economia futura del Paese sta facendo tremare le ginocchia anche i sostenitori più convinti del Leave.

Secondo un sondaggio commissionato da Sky il 78% degli interpellati pensa che il governo di Theresa May stia facendo un pessimo lavoro nel negoziare i termini della separazione da Bruxelles. E due terzi del pubblico, compresi gli eurofobici della prima ora, è convinto che dopo il 29 marzo 2019 (data di uscita dalla Ue) la Gran Bretagna starà messa peggio di oggi. Infine, il 50% vorrebbe poter votare in un secondo referendum per decidere se accettare o meno il futuro patto con la Ue o se cambiare idea e rimanere in Europa.

Il tema del referendum bis è sempre più presente dei dibattiti, in maniera direttamente proporzionale al crescere della probabilità di un “no deal”, di nessun accordo tra Londra e Bruxelles, che significherebbe un disastro per il business, come ha messo in guardia anche il governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney.

Con queste premesse non c’è da stupirsi che singoli cittadini prendano in mano la situazione. Come è successo a Totnes, nel Devon. Con una popolazione di poco superiore agli 8.000 abitanti, non dovrebbe impensierire Downing Street, ma questa è una cittadina particolare. E ha appena proclamato l’indipendenza, definendosi città-stato di Totnes, con tanto di dichiarazione ufficiale appesa in comune, giurando di restare fedele all’Unione Europea anche dopo Brexit.

A guidare la rivolta è l’avvocato visionario Jonathan Cooper che ha pensato quasi a tutto. Ha già stampato i nuovi passaporti per tutti gli abitanti, ha individuato il potenziale primo ministro (Sarah Wollaston, medico di base e consigliera conservatrice), anche se l’inno è ancora da comporre e la bandiera da inventare.

Una provocazione? Certamente. Ma fino a un certo punto.

Intanto, come si diceva, Totnes non è un posto qualunque. Ha la fama di essere la città più eccentrica del Paese, viene definita la capitale del new age chic, attira artisti e turisti da tutto il mondo. I suoi abitanti sono degli spiriti liberi. È per questo che il centro pullula di negozi indipendenti e pochissime catene sono riuscite a sbarcare sul territorio.

Nel 2012 Costa Coffee, gigante delle caffetterie inglesi, ha rinunciato al piano già avviato di aprire un coffee shop a causa della rivolta degli abitanti. Proprio qui ha invece aperto il primo supermercato zero waste (zero rifiuti e zero imballaggi) del Regno Unito.

Totnes, inoltre, è stata la prima transition town in Inghilterra, con l’ambizione di sbarazzarsi del petrolio, diventare auto sufficiente e oil free. Senza dimenticare che i totnesiani hanno persino coniato una loro moneta locale, il Totnes pound.

Ora si capisce perché un’iniziativa di questi abitanti battaglieri non passi mai inosservata. Un’altra città, Ulverston, in Cumbria, li ha già contattati per seguire l’esempio. Ed è solo questione di tempo prima che un londinese eccentrico faccia altrettanto. L’azione in sé è innocua e priva di fondamento legale, ma il movimento che può innescare è potenzialmente letale per Theresa May, già nei guai fino al collo.

Ormai anche alcuni rappresentanti del partito conservatore ammettono che un secondo referendum possa non solo essere possibile, ma anche sbrogliare la matassa di questi negoziati impantanati.

Il “no deal” non conviene a nessuno. E quando il ministro del Commercio Internazionale Liam Fox ha dichiarato che ormai ci sia il 60% di rischio di non portare a casa alcun accordo, la sterlina è precipitata e il mondo degli affari si è innervosito ulteriormente.

Un altro sondaggio, condotto da Icsa, interpellando rappresentanti dei consigli di amministrazione di tutte le compagnie del Ftse 350, ha concluso che il 55% degli intervistati predice un declino del business dopo Brexit. Mentre sei mesi fa i pessimisti erano solo il 24%.

E intanto un editoriale di Bloomberg scongiura l’Europa di aiutare il Regno Unito a cancellare la Brexit, permettendogli di ritirare l’articolo 50 e di interpellare nuovamente i cittadini.

L’iniziativa di Totnes avrà un ruolo in tutto questo? È presto per dirlo, ma i suoi abitanti sono più cocciuti del premier May e il vento è decisamente favorevole.

Brexit, dopo tutto, potrebbe non significare Brexit.

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  • 1 month later...

TPI

Il sindaco di Londra Sadiq Khan ha chiesto un secondo referendum, criticando la gestione da parte del governo dei negoziati sulla Brexit con l’UE.

Sadiq Khan vuole tornare al voto per tentare di rovesciare l’esito della consultazione del giugno 2016.

Secondo quanto scrive l’Observer, il politico laburista di origine pakistana ha dichiarato che il governo conservatore di Theresa May non ha “il mandato per giocare d’azzardo così smaccatamente con l’economia britannica e la vita della gente”.

Per il primo cittadino della capitale del Regno Unito “ormai c’è così poco tempo per negoziare con Bruxelles che ci sono solo due risultati possibili, un cattivo accordo per il Regno Unito o nessun accordo”, due prospettive “estremamente rischiose”.

Sadiq Khan ha sottolineato come siano emerse le “menzogne” del fronte del Leave in quanto i cittadini “non hanno votato per uscire dall’UE e diventare più poveri, vedere le loro aziende soffrire, avere i reparti dell’NHS (il servizio sanitario nazionale) a corto di personale…”.

Il sindaco di Londra ha così deciso di sottoporre a un “voto pubblico” qualsiasi accordo con l’UE oppure il mancato accordo, offrendo in alternativa “l’opzione di restare nell’UE”.

La premier britannica Theresa May ha affermato che un secondo voto rappresenterebbe un “tradimento della nostra democrazia”.

Edited by Rotwang
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  • 11 months later...

Va anche detto, come riconosce lo stesso articolo citato, che :

Il parlamento non riesce da un anno a trovare un’intesa su una proposta positiva (Theresa May ne ha fatto le spese) ma si è sempre opposto energicamente a tutto ciò che gli è stato sottoposto

Un Parlamento che si oppone a tutto, senza indicare in positivo niente è un Parlamento che forse andrebbe sciolto piuttosto che chiuso, fermo restando il fatto che LiberalDemocratici Nazionalisti Scozzesi e Laburisti hanno avuto tre anni di tempo per far fronte comune

 

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Gb, sì del Parlamento a una legge per fermare la Brexit senza accordo. Johnson battuto, chiederà elezioni anticipate

L'opposizione e 21 ribelli Tory votano per chiedere un nuovo rinvio a fine gennaio 2020 e scongiurare il No Deal. Bagarre a Westminster

Alla fine, quel che è giusto è giusto e mi par di capire si vada allo scioglimento anticipato ed al voto con il partito conservatore dilaniato e 21 ribelli ( scissionisti? )

Meglio il voto anticipato della chiusura del parlamento

Anche se resto dell'idea che la cosa andava gestita meglio e gli Inglesi avrebbero potuto votare alle Politiche fin dall'inizio, invece che a delle inutili elezioni europee

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  • 1 month later...

Oggi a Londra è il giorno del giudizio. I deputati di Westminster votano sull’accordo per la Brexit appena concluso da Boris Johnson a Bruxelles: l’approvazione è sul filo del rasoio, perché gli unionisti protestanti nordirlandesi sono contrari e il governo da solo non ha la maggioranza. Il premier ha passato le ultime, frenetiche ore a tentare di convincere i deputati recalcitranti: lui spera che vada in suo soccorso una pattuglia di laburisti pro-Brexit, che potrebbe consentirgli di tagliare il traguardo. Uno scenario, secondo le indiscrezioni delle ultime ore, che pare possa materializzarsi. «È il tempo di decidere. Un altro rinvio sarebbe insensato, questo accordo ci consente di riprendere il controllo», ha detto il premier al Parlamento.

https://www.corriere.it/esteri/19_ottobre_19/brexit-johnson-avverte-un-altro-rinvio-sarebbe-insensato-c87e7b88-f24f-11e9-a8b5-b5f95b99eb6a.shtml
 

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L'emendamento per chiedere un rinvio è passato... 

 

Gb, Westminster rinvia la Brexit: approvato l'emendamento Letwin. Johnson: "Non chiederò rinvio a Ue"

La maggioranza ha votato a favore dell'emendamento che obbliga il Parlamento a discutere e votare le leggi attuative dell'accordo raggiunto prima del voto finale. Il premier britannico: "Non negozierò e la legge non mi obbliga a farlo"

 

LONDRA - È un clamoroso colpo di scena. L'emendamento del parlamentare conservatore moderato Sir Oliver Letwin, è passato. Piombando come un macigno su quello che sarebbe dovuto essere il giorno dell'ufficialitá dell'uscita Ue e della consacrazione politica per Boris Johnson, dopo il controverso accordo Brexit con l'Ue e dopo 24 ore di pressioni enormi sugli indecisi tory e laburisti che, in numero sufficiente per Boris, avevano ceduto per il voto di oggi.

Westminster ha quindi fermato il premier britannico: con il sostegno trasversale di altri 'ribelli' conservatori, degli unionisti nordirlandesi del Dup (che sono stati decisivi) e della gran parte dei deputati dei partiti di opposizione, l'emendamento ha ottenuto 322 sì contro 306 no.
 

 
"Non negozierò un rinvio con l'Ue e la legge non mi obbliga a farlo", ha spiegato il premier Boris Johnson prendendo la parola subito dopo il voto, "la cosa migliore per il Regno Unito e la Ue" è l'uscita in base ai termini dell'accordo negoziato tra Londra e Bruxelles. "La prossima settimana", ha annunciato, il governo presenterà ai Comuni la legislazione per l'uscita dalla Ue il 31 ottobre".

Cosa provoca l'emendamento Letwin

L'emendamento mira a imporre una nuova proroga della Brexit: suggerendo la sospensione della ratifica del deal fino all'approvazione di tutta la legislazione connessa, se necessario anche oltre la scadenza del 31 ottobre, contro il volere di Johnson.

 

La marcia per un nuovo referendum

L'emedamento sposta il voto decisivo sull'accordo Brexit a dopo l'approvazione di tutta la legislazione allegata e non prima, cioè oggi come è previsto, in una giornata ad alta tensione con centinaia di migliaia di manifestanti anti-Brexit attesi fuori dal Parlamento. Gli organizzatori della marcia in corso a Londra in favore di un secondo referendum sulla Brexit affermano di aver portato in piazza "un milione di persone". La stima non ha conferme di fonte indipendente e rispecchia il numero che i promotori avevano rivendicato anche in una precedente occasione.

 

Le possibilità di Johnson

Ora Johnson è costretto a chiedere preventivamente un rinvio alla Ue, anche se lui ha detto che non lo farà mai ("meglio morto in un fosso"), aprendo così uno scontro costituzionale senza precedenti. Johnson non può tecnicamente ritirare la mozione ma molto probabilmente farà uscire i deputati conservatori favorevoli alla Brexit e la farà dunque cadere.

Lo scontro costituzionale

Letwin sostiene che il suo è un emendamento per scongiurare ogni possibilità di No Deal e legare le mani ai brexiter estremisti e a loro eventuali follie. A Downing St invece credono che sia solo una mossa per far ritardare la Brexit, se non deragliarla. In ogni caso, sembra - ma lo vedremo - che Johnson si sia convinto a inviare comunque all'Ue la lettera di rinvio, per evitare anche uno scontro costituzionale senza precedenti e magari rischiare il carcere. Quindi perdono, al momento, significato le parole molto diplomatiche pronunciate dal premier nel discorso stamani che ha esortato a votare il piano per "portare a termine la Brexit dopo tanti anni di divisione: una vera Brexit, con cui riprenderemo il controllo dei confini, delle leggi, del commercio, agricoltura e pesca". Insomma, il super-sabato che doveva timbrare l'uscita del Regno Unito dalla Ue è diventato un altro incredibile rinvio della Brexit, oramai diventata un thriller imprevedibile e una lunghissima, estenuante, forse infinita partita a scacchi.

 

https://www.repubblica.it/esteri/2019/10/19/news/gran_bretagna_la_camera_dei_comuni_vota_sulla_brexit_un_emendamento_puo_far_rinviare_ancora_tutto-238951503/

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