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L'Italia di Renzi


Rotwang

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Corriere della Sera

Il ministro per gli Affari Regionali, Enrico Costa lascia il governo. Il deputato di Alternativa Popolare ha presentato le proprie dimissioni al presidente del Consiglio dei ministri con una lettera dove spiega le ragioni della decisione. La notizia non è un fulmine a ciel sereno: anzi, la sua uscita dal governo e l'eventuale ritorno tra le fila di Silvio Berlusconi erano nell'aria.

I contrasti

Aveva già minacciato di lasciare il governo per protestare contro il provvedimento sullo Ius Soli. Infatti, le sue posizioni su alcuni argomenti avevano causato non pochi contrasti all'interno dell'esecutivo e delle forze che lo sostengono. «In questi mesi ho anche espresso il dissenso su alcuni provvedimenti (ius soli, processo penale), motivando dettagliatamente le mie posizioni» ha sottolineato nella lettera di dimissioni l'ormai ex ministro aggiungendo: «C'è chi ha ritenuto queste opinioni fonte di pregiudizio per il governo, ma anche chi le ha apprezzate perché hanno portato una interessante dialettica». Il presidente del Consiglio ha preso atto delle dimissioni assumendo l'interim degli Affari Regionali.

Le motivazioni

Apprezzamenti nei confronti del premier Paolo Gentiloni che, scrive Costa, ha «rispettato le mie idee» senza imporre «paraocchi». «Ma - aggiunge - non posso far finta di non vedere la schiera di coloro che scorgono un conflitto tra il mio ruolo ed il mio pensiero. E siccome non voglio creare problemi al governo rinuncio al ruolo e mi tengo il pensiero». Nella lettera di dimissioni c'è anche spazio per il futuro: è «il momento di lavorare ad un programma politico di ampio respiro che riunisca quelle forze liberali che per decenni hanno incarnato aspirazioni, ideali, valori, interessi di milioni di italiani che hanno sempre respinto soluzioni estremistiche e demagogiche».

Alfano: «Dimissioni inevitabili e tardive»

Secca la replica di Angelino Alfano: «Credevo lo facesse già un paio di giorni fa. Lo diciamo da tempo: noi vogliamo costruire un'area autonoma, una forza indipendente da destra e da sinistra», ha detto il leader di Ap definendo le dimissioni di Costa «inevitabili e tardive». Noi, aggiunge, «abbiamo idee, forza e coraggio per fare qualcosa di grande. Comprendiamo che chi non ce la fa, faccia scelte diverse, ma noi andiamo avanti per la nostra strada senza metterci in fila da nessuna parte».

Salvini: «Il governo perde voti, idee e pezzi»

Reazioni anche dal Partito democratico: «Le dimissioni del ministro Costa sono coerenti. Non si può stare al governo e al tempo stesso solidarizzare con opposizione». Lo ha scritto su Twitter il senatore Pd, Andrea Marcucci. Commenta con un tweet anche Matteo Salvini: «Il ministro Costa, a differenza del poltronaro Alfano, si è dimesso. Il governo perde voti, perde idee e perde pezzi. Cosa fare ora, per il bene degli italiani? #elezionisubito e si cambia».

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Corriere della Sera

Carlo Fatuzzo ha fondato il Partito pensionati trent’anni fa. A differenza di altre sigle di quell’epoca, il partito c’è ancora, Fatuzzo è ancora il leader e il gruzzolo di voti dei Pensionati — che in alcune elezioni si rivelò decisivo — può ancora servire.

Era a Piacenza ad ascoltare Salvini. È passato con la Lega?
«La direzione è giusta. Noi comunque siamo nel centrodestra da alcuni anni».

Perché proprio Salvini?
«Perché ha preso in mano la bandiera dei pensionati: vuole cancellare la legge Fornero. Mi pare affidabile».

E le altre idee della Lega?
«Vanno bene. L’Europa fa acqua da tutte le parti, è un circo Barnum. Eppure io sono europeista, a scuola avevo anche vinto un concorso sul tema».

L’immigrazione?
«Giusto l’alt. La gente è stanca. Non si sono mai viste tante persone di colore tutte insieme. È un fenomeno che è stato gestito male».

Una volta era in buoni rapporti con Berlusconi.
«Lo sono ancora. L’ultima volta che ci siamo visti è stato qualche anno fa, a quella manifestazione di Bologna con tutto il centrodestra. Fu molto cordiale».

Insomma l’ha perdonata per quella volta che nel 2006 passò con Prodi e i vostri voti risultarono determinanti.
«Noi allora volevamo correre con il centrodestra, ma non ci considerarono. Allora ci rivolgemmo all’Unione che vinse per 24 mila voti. Noi ne portammo oltre 200 mila. Qualche giorno dopo Berlusconi mi telefonò. Pensavo me ne avrebbe dette quattro».

Lo fece?
«No. Mi disse “ti rendi conto che hai consegnato l’Italia ai comunisti?”. Ma non fu aggressivo, anzi. Ammise di aver sbagliato».

E lei?
«Io gli spiegai la scelta. E poco dopo mi pentii. Eravamo stati decisivi, ma dalla sinistra non ottenemmo nemmeno un caffè».

Quindi siete tornati di là.
«Sì. E nel 2013, se nel centrodestra ci avessero dato una mano con la presentazione delle liste, a fare lo streaming con i Cinque Stelle ci sarebbe andato Berlusconi, e non Bersani».

Insomma, vi trovate meglio con il centrodestra.
«Senza dubbio. Ma siamo pragmatici, abbiamo degli obiettivi».

Il primo?
«Rendere facoltativa l’iscrizione all’INPS. Se uno non vuole, si tiene i soldi in busta paga».

Secondo lei alle Politiche chi vince?
«Sento un’aria buona per il centrodestra».

E voi sarete lì.
«O con loro o da soli. Il valzer mi piace, ma basta. Da qualche tempo prendo lezioni di ballo liscio. Lì ci vuole un partner più stabile».

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La Repubblica

Trenta colonnine per la ricarica elettrica fast proprio a ridosso delle uscite saranno pronte già a settembre. Prevalentemente lungo l'A1 Milano-Roma, ma anche l'A4 Torino-Venezia, tre saranno lungo il "Gra", un paio anche sulla Salerno-Reggio Calabria e in Sicilia. Ma questo è solo il primo passo. Nel 2018 il piano di Enel si sposta dentro le autostrade: non più nei motel o nei centri commerciali subito fuori dai caselli ma alle stazioni di servizio lungo la rete autostradale. E i numeri diventano più ambiziosi: 180 colonnine fast durante l'anno prossimo e così via, annuncia l'amministratore delegato di Enel Starace.

"A settembre partirà il piano nazionale dell'infrastruttura per il sistema di ricarica della mobilità elettrica. Abbiamo già definito il piano, lo abbiamo presentato al ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, e lo lanceremo per la fine dell'estate". Lo ha detto Francesco Starace, amministratore delegato di Enel, intervenendo a Firenze, in Palazzo Vecchio, per presentare un nuovo progetto europeo per il trasporto pubblico a zero emissioni nella città di Firenze.

"L'infrastruttura con il sistema di ricarica - ha spiegato Starace - coprirà l'intero territorio nazionale; poi faremo lo stesso anche all'estero dove siamo presenti. Per la parte che ci compete, quella dell'infrastruttura, siamo grandemente impegnati e saremo felici di collaborare a qualunque iniziativa parallela in questo settore".

Durante lo stesso incontro, Francesco Venturini, direttore della Divisione Global e-Solutions di Enel, ha precisato che il piano nazionale dell'infrastruttura per la mobilità elettrica prevede 10-12mila colonnine di ricarica da installare nell'arco di tre anni, per un investimento pari a circa 300 milioni di euro.

L'Ad di Enel Starace ha sottolineato i benefici che derivano dalla diffusione delle auto elettriche, sia in termini di abbattimento delle emissioni inquinanti che contribuiscono all'innalzamento del gas serra sia in termini di riduzione dell'inquinamento acustico.

La realizzazione del piano dell'infrastruttura consentirà, hanno sottolineato sia Venturini che Starace, anche "all'abbattimento dell'ansia da ricarica dovuta alla ricerca delle colonnine da parte degli automobilisti alla guida di vetture elettriche. Questo problema entro tre anni non ci sarà più".

"Ci sono dei segnali sottili che però si ripetono sempre. Quand'è che una tecnologia comincia a diventare ormai passata? Uno dei segnali classici è quando si cominciano aprire i musei di quella tecnologia - ha ricordato, tra l'altro, Starace - C'è un articolo che ho letto venendo in treno a Firenze: c'è un bellissimo museo della pompa di benzina a Tradate, un museo della pompa di benzina che ricorda il passato: quindi andatelo a vedere, e fatevi un viaggio nel passato".

Edited by Rotwang
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Il Post

Il Consiglio di Stato ha detto che si potrà istituire il parco archeologico del Colosseo e si è espresso favorevolmente alla nomina di direttori stranieri del parco stesso: ha quindi accolto il ricorso del ministero dei Beni culturali, avanzato contro le due sentenze del Tar del Lazio che avevano a loro volta accolto i ricorsi di Roma Capitale, cioè l’ente che amministra il territorio comunale della città di Roma.

Nei mesi scorsi si era parlato di uno scontro tra Virginia Raggi, sindaca di Roma (Movimento 5 Stelle), e Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali (PD). Lo scorso aprile Roma Capitale aveva presentato al Tar del Lazio un ricorso per chiedere l’annullamento del decreto che istituiva il parco archeologico del Colosseo, voluto dallo stesso Franceschini. Raggi aveva sostenuto che l’istituzione del parco era “lesiva degli interessi di Roma Capitale”: «Quello che mi preme sottolineare è che in pratica sembra che il governo voglia gestire in totale autonomia e senza alcuna concertazione il patrimonio culturale dell’amministrazione stessa. Per noi è inaccettabile. E ancora piu inaccettabile è quello che viene operato con i ricavi», aveva detto Raggi.

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La Stampa

Un coro da stadio si alza dai banchi del Movimento 5 stelle e accoglie l’approvazione alla Camera della proposta di legge del Pd che abolisce i vitalizi. Regge, dunque, l’asse tra Dem, Lega e Cinque stelle: 348 i deputati hanno votato a favore, 17 i contrari e 28 gli astenuti, tra cui i deputati di Mdp, mentre Forza Italia non ha partecipato al voto. E la palla, ora, passa al Senato. 

Primo giro di boa, dunque, per la legge presentata dal dem Matteo Richetti che taglia i vecchi vitalizi e riformula le pensioni di deputati, senatori e consiglieri regionali. Il conteggio degli emolumenti, che ad oggi segue un criterio «retributivo» (quindi più generoso) passerebbe a un sistema «contributivo». Il ricalcolo degli assegni riguarderebbe 2600 ex parlamentari per i quali vengono attualmente spesi 230 milioni di euro all’anno, mentre per le Regioni sono a bilancio 175 milioni di euro. Con l’approvazione finale di questa legge, lo Stato risparmierebbe ogni anno circa 76 milioni di euro per le pensioni degli ex inquilini di Montecitorio e Palazzo Madama, e altri 60 milioni per quelle regionali. 

La proposta di legge Richetti interviene poi sull’età in cui parlamentari e consiglieri regionali potranno ritirarsi a vita privata. Non più a 65 anni con una legislatura e a 60 con più di dieci anni di mandato alle spalle, ma livellata per tutti sui criteri della legge Fornero. Una misura, questa, destinata però a prendere corpo solo a partire dalla prossima legislatura e che non sarà valida, quindi, per gli attuali parlamentari. Un punto sul quale l’intesa con i Cinque stelle ha rischiato di rompersi. Il partito di Grillo, dopo una nottata di ripensamenti, ha mandato giù il boccone amaro. «Sull’equiparazione ai criteri della legge Fornero per gli attuali parlamentari, insisteremo in futuro», promette il pentastellato Danilo Toninelli. Rinsaldando così, a fine giornata, l’accordo. 

Il Pd esulta. I grillini brindano alla buvette della Camera. E nel clima di festa generale si accende lo scontro per intestarsi il merito della legge. È Luigi Di Maio, premier pentastellato in pectore, l’uomo chiamato a prendere la luce dei riflettori su un tema prezioso per la prossima campagna elettorale e che, già da oggi, viene rivendicato con forza: «È una nostra vittoria», dice in aula. «Ancora più nostra - aggiunge rivolgendosi ai banchi del Pd - perché non solo abbiamo portato la maggioranza di voi a votare per togliervi il privilegio, ma abbiamo addirittura portato il Pd a presentare questa legge». A distanza, dal palco della festa dell’Unità di Botticino, nel Bresciano, risponde Matteo Renzi: il Movimento «parla, parla, parla, poi non stringe mai». «Invece il Pd le cose le fa, la differenza è tutta qui», punge il segretario dem. Una differenza rimarcata anche dalla vice capogruppo del Pd a Montecitorio, Alessia Morani, che nella distanza che passa «tra il protestare e il fare», sottolinea come «uno ad uno stiamo sfilando gli slogan ai Cinquestelle». Strategia, questa, che all’interno del partito aveva creato qualche perplessità. 

Forza Italia, che non ha partecipato al voto, solleva invece il dubbio di essere di fronte a una «sceneggiata incostituzionale», come la definisce il capogruppo di Fi, Renato Brunetta. Perché il provvedimento affronterebbe situazioni già concluse nel passato, dei «diritti acquisiti». Destinato, inoltre, esclusivamente a una particolare categoria e non alla generalità dei pensionati.  

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“Accordi con i trafficanti di uomini”. Sequestrata nave dell’Ong tedesca

La Procura di Trapani: gravi indizi sugli equipaggi della Iuventa, possiamo provarlo. Migranti recuperati davanti alla costa africana e barconi riconsegnati ai libici

Lunedì pomeriggio l’Ong tedesca Jugend Rettet non ha firmato il Codice di condotta voluto dal Viminale in accordo con l’Unione europea, perché contraria alla presenza della polizia giudiziaria a bordo della Iuventa. Un rifiuto che ora pesa come un macigno di fronte all’inchiesta della procura di Trapani e della polizia che travolge l’Ong con la pesante accusa di «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». La nave Iuventa, battente bandiera olandese, ieri è stata sequestrata nel porto di Lampedusa su ordine del gip Emanuele Cersosimo.  

Al momento il fascicolo è ancora a carico di ignoti e riguarda almeno tre episodi, avvenuti il 18 e il 26 giugno scorsi e il 10 settembre 2016. Ma non sono esclusi nuovi sviluppi di indagine, anzi. «Sulla nave si sono alternati diversi equipaggi - precisa il procuratore di Trapani Ambrogio Cartosio - e al momento non pare abbiano percepito compensi».  

Per il resto, il quadro è davvero desolante. Con il team della Iuventa che interviene praticamente a ridosso delle coste libiche, arrivando persino ad una distanza minima di 1,3 miglia, per caricare i migranti trasportati dai trafficanti. Questi sono stati fotografati mentre scambiano i saluti con l’equipaggio dell’Ong e se ne tornano tranquillamente in Libia riprendendosi il motore del gommone. E in alcuni casi il viaggio di ritorno degli scafisti viene persino agevolato dall’Ong.  

Le indagini della squadra mobile di Trapani e dello Sco (il servizio centrale operativo della polizia) hanno scoperchiato un sistema di collusione tra i trafficanti di esseri umani e l’equipaggio della Iuventa. Ma non basta. Emerge anche uno spaccato inquietante, in termini più generali, con le Organizzazioni non governative interessate più che altro a raccogliere fondi e donazioni. Per non parlare di singolari «volontari» che in realtà arrivano a guadagnare fino a 10 mila euro al mese. 

L’intesa tra l’equipaggio della Iuventa e i trafficanti è stata certificata da intercettazioni, fotografie - grazie anche a un agente di polizia sotto copertura a bordo di una nave di un’altra Ong vicina - e testimonianze di due operatori della Vos Hestia, imbarcazione della Ong Save the Children. Ecco dunque emergere situazioni in cui i migranti spesso non vengono salvati, ma consegnati dagli scafisti agli attivisti della Iuventa. In particolare sono tre gli episodi specifici agli atti dell’inchiesta. Ma ve ne sono altri che secondo il procuratore Cartosio e il pm Andrea Tarondo configurano come «abituale» il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.  

Le indagini sono state avviate nell’ottobre del 2016, e hanno avuto ulteriori accelerazioni a giugno. Utili si sono rivelate le testimonianze dei due attivisti vicini a Save the Children. Ritenute peraltro genuine perché anche i due sono stati intercettati e le loro parole in privato rispecchiavano i loro racconti ufficiali forniti alla polizia e ai magistrati. «In un soccorso datato 10 settembre 2016 - ha spiegato uno dei due operatori ai pm - abbiamo notato che durante un trasbordo dalla Iuventa alla nostra nave di 140 migranti soccorsi da quella imbarcazione, si allontanava un gommone dirigendosi verso le coste libiche con a bordo solo due uomini di colore. Questa circostanza ci faceva ritenere che l’equipaggio della Iuventa avesse trasbordato i 140 migranti dal gommone che rientrava sulla costa con a bordo gli scafisti». Della circostanza venne informato l’Aise.  

Stessa cosa sarebbe accaduta il 14 febbraio 2017. Il secondo operatore della Ong ha raccontato ai pm che durante le operazioni di soccorso «un legno di sei metri, con due persone di colore a bordo, si sarebbe allontanato dalla Iuventa verso le coste libiche a forte velocità». 

http://www.lastampa.it/2017/08/03/italia/cronache/accordi-con-i-trafficanti-di-uomini-sequestrata-nave-dellong-tedesca-02549A8LajFwyjL51HfGBO/pagina.html

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La Repubblica

"Napolitano non dovrebbe essere intervistato, pagato e scortato, dovrebbe essere processato". Lo scrive il leader della Lega Nord Matteo Salvini commentando su Twitter l'intervista dell'ex capo dello Stato a "La Repubblica" sulla scelta del 2011 di appoggiare la missione militare francese contro Muammar Gheddafi.

Le parole del segretario del Carroccio hanno scatenato reazioni immediate.

"Da Salvini offese a ruota libera solo per far parlare di sè. Metodo insopportabile e spregevole. La mia solidarietà a Giorgio Napolitano". Lo scrive la presidente della Camera, Laura Boldrini, su Twitter.

Per il presidente del Pd a Palazzo Madama, Luigi Zanda, "c'è un momento in cui l'essere il campione degli antisistema diventa sabotaggio nei confronti dell'Italia" e "la dichiarazione di Salvini sul presidente Napolitano dice che questo limite è stato superato".

Anna Finocchiaro, ministra per i Rapporti con il Parlamento, affida il suo pensiero a Twitter: "Parole vergognose. La ricerca di visibilità non può superare il limite del rispetto delle istituzioni". Di "parole ignobili" parla il ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti.

Durissimo il commento del viceministro delle Politiche agricole Andrea Olivero: "Forse è proprio Salvini da sottoporre a un trattamento sanitario obbligatorio. Perché il sole fa male alle teste calde... Consiglio al segretario della Lega  un po' di riposo, durante il quale ripassare gli avvenimenti della storia recente per capire in che maniera efficace il presidente Napolitano abbia servito il Paese, anche a vantaggio di quelle forze politiche che oggi mostrano il loro disprezzo".

Non va per il sottile neppure Sergio Pizzolante, vicepresidente dei deputati di Alternativa popolare: "Salvini è una vergogna per un Paese che vuol essere civile e democratico. Esprimo verso il presidente Napolitano la mia solidarietà e un sentito, profondo senso di riconoscenza per il suo alto e imparziale ruolo svolto come presidente della Repubblica... È inconcepibile l'aggressione di Salvini ad un uomo che è stato Presidente degli italiani".

Dallo stesso gruppo, Fabrizio Cicchitto, sostiene che "alla luce di quello che minaccia Salvini sul presidente Napolitano mi auguro che un tipo del genere non arrivi mai al governo perché è evidente che sarebbe a rischio la libertà di chiunque ha una posizione diversa dalla sua". E conclude: "Francamente non so come Forza Italia possa realizzare un'alleanza per il governo nazionale con un tipo del genere".

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  • 4 weeks later...

La Stampa

Parte ufficialmente, dopo il secondo definitivo esame in Consiglio dei ministri, un nuovo strumento mirato a combattere la povertà delle famiglie: il Reddito d’inclusione (ReI). Il ReI - richiesto da tempo dalle Ong dell’Alleanza contro la Povertà - scatta dal primo gennaio del 2018, e consiste in un assegno mensile da 190 fino a 485 euro per un massimo di 18 mesi. Con gli 1,7 miliardi per adesso disponibili annualmente ne potranno beneficiare circa un terzo delle famiglie che oggi percepiscono redditi inferiori alla soglia di povertà. Su una platea complessiva di 1,8 milioni di famiglie povere (4,6 milioni di persone), il ReI secondo le stime del governo coinvolgerà circa 660mila nuclei familiari, di cui almeno 500mila con figli minori a carico. Per adesso, verranno avvantaggiati i nuclei con almeno un figlio minorenne, quelli con un figlio con disabilità (anche se maggiorenne), con una donna in stato di gravidanza, o con una persona di 55 anni o più in condizione di disoccupazione. 

Il nuovo strumento ha carattere permanente, e viene riconosciuto ai nuclei familiari che hanno un reddito Isee non superiore a 6.000 euro, un valore del patrimonio immobiliare - diverso dalla casa di abitazione - non superiore a 20.000 euro, e una ricchezza mobiliare (azioni o risparmi) che non vada oltre i 6mila euro (fino a 10mila a seconda del numero dei componenti del nucleo familiare). Il Rei è compatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa (fermi restando i requisiti economici), ma viene sospeso se il beneficiario percepisce la Naspi (che spetta ai precari che perdono il posto) o altri ammortizzatori sociali per la disoccupazione involontaria. Non potranno ottenere il ReI i proprietari di imbarcazioni, o auto e moto immatricolati nei 24 mesi precedenti la richiesta del sussidio. Per poter ricevere il ReI, oltre ai criteri economici, bisogna però aderire a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, o la frequenza scolastica dei figli. 

Il beneficio può arrivare al massimo a 190 euro se il nucleo è composta da una sola persona, fino a un massimo di 485 euro per un nucleo di 5 o più persone. Il ReI viene erogato per 12 mensilità e può durare al massimo 18 mesi. Sarà necessario che trascorrano almeno 6 mesi dall’ultima erogazione prima di poterlo richiedere di nuovo. Lo strumento di accesso sarà una carta prepagata, la Carta ReI, dove verrà materialmente caricato l’importo. Con la carta sarà possibile fare acquisti, ma è utilizzabile anche come Bancomat per prelevare fino alla metà dell’importo erogato mensilmente.  

Per poter chiedere il ReI verranno aperti dal primo dicembre 2017 in tutti i Comuni dei desk dedicati, che dovrebbero teoricamente decidere se dare il via libera al beneficio entro 20 giorni. Possono fare richiesta i cittadini italiani, i comunitari e gli extracomunitari con permesso di lungo soggiorno.  

«È un aiuto alla famiglie più deboli», spiega il premier Paolo Gentiloni. «Per la prima volta il Paese si dota di una misura permanente», sottolinea il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Critiche dalle opposizioni: M5S rilancia la propria proposta sul reddito di cittadinanza e definisce il Rei un provvedimento «sterile, fallimentare e frammentario». Il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta parla invece di strumento parziale e tardivo, «un pannicello caldo». Favorevoli - fatta salva la limitatezza delle risorse - le associazioni impegnate sul fronte della povertà, da Save the Children a Libera di Don Ciotti. E per la leader Cisl Annamaria Furlan «è un provvedimento importante, ma servono maggiori risorse e servizi sociali moderni per sostenere le famiglie ed i più deboli». 

Edited by Rotwang
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La Stampa

Luigi Di Maio era stato avvertito: non sarà come nei talk show, o nelle piazze, qui ogni argomento, ogni frase, ogni annuncio viene vivisezionato. È la dura regola della politica quando deve confrontarsi con l’impresa, le banche, la finanza. Per prepararsi alla diffidente platea di Cernobbio Di Maio ha riempito di domande lo staff della European House Ambrosetti che organizza il Forum. Poi ha seguito il consiglio di un amico: «Non presentarti come una forza antisistema, ma che vuole riformare il sistema». Così ha studiato il suo intervento, puntellandolo qua e là di titoli. Su tutti: «Smart nation», l’Italia che immagina, rifondata su innovazione e tecnologia. Una definizione che non avrebbe stonato in bocca a Matteo Renzi alla Leopolda. Così, Di Maio, ha anche liberato la sua immagine, meno aderente alla narrazione grillina classica e più alla sua indole. «È un gran moderatone –dice Ovidio Jacorossi di Fintermica - Lo vedo maturato, ha capito il valore del dialogo. Con la contrapposizione non si va da nessuna parte». Facile più a dirsi che a farsi nel M5S. Eppure, chi si aspettava di ritrovarsi un avatar di Beppe Grillo che urlava irridendo le assemblee degli azionisti di Telecom, è rimasto deluso. Nessun rigurgito anticapitalista, che pure alligna tra i grillini, dove si può trovare di tutto. Del Movimento Di Maio ha consegnato il volto più rassicurante, in sintonia con il pensiero dominante nel mondo dell’impresa. Moderatone, appunto. Governativo, nelle speranze. 

Diverso da Matteo Salvini, che non è parso così differente dai salotti tv e dai comizi. Il leghista ha parlato di culle, di demografia, invitando chi avesse almeno due figli ad alzare la mano (una decina in tutto). La competizione si giocava sullo stesso tavolo, entrambi obbligati a strapparsi di dosso le etichette. «Non siamo né antieuroepeisti, né estremisti, né populisti» dice dei grillini Di Maio. Lo aspettano sui fatti qui a Cernobbio. Sull’euro, sul referendum, prima sventolato come soluzione dei mali d’Italia, ora chiuso in un cassetto e definito «extrema ratio». Tocca al renzianissimo Davide Serra, ad di Algebris, chiedere lumi con una certa perfidia: «Il referendum ci servirà – è la risposta – per avere peso contrattuale se le richieste dei Paesi del Mediterraneo non verranno prese in considerazione dall’Ue». Quali? La possibilità di sforare il tetto del 3%. Per Di Maio il modello è «il governo di Mariano Rajoy» che ha fatto riforme strutturali e ha convinto l’Europa a cedere sulla flessibilità. Non Podemos e i ragazzacci indignati, dunque, ma un conservatore di destra è adesso il modello di Di Maio. La sfida all’euro sembra non interessare più nemmeno a Salvini che, sì, parla di «exit strategy da studiare» sulla moneta unica, ma lo subordina al tema dei migranti. Di Maio glielo lascia fare volentieri perché preferisce snocciolare un primo indice del programma economico-industriale. «Il web come incubatore di posti di lavoro, dove per ogni euro investito ne tornano tre». Non affronta il nodo del debito, ma parla di «tagli selettivi e non lineari», e, forse memore dell’utopia su cui Grillo ha fondato il Movimento, dice che non di solo Pil vive la crescita, ma anche di misuratori della felicità e della salute. 

Offrire più una visione che formule è servito a vincere lo scetticismo degli imprenditori? «Gli applausi sono stati di convenienza, come per Salvini» liquida la faccenda Serra, ma era scontato. Massimo Costa, country manager di Wpp Italia premia il leghista: «Ho trovato Di Maio più scolastico. Salvini, forse per motivi territoriali, se l’è giocata meglio. È stato più coinvolgente e con temi di più ampio respiro». Il punto è che la vecchia Cernobbio, covo di quel che resta dei poteri forti intimidisce anche il più scatenato dei capipopolo. «Tutti e due qui si sono presentati in una veste che non portano in pubblico. E nella sostanza nessuno ha impressionato», osserva Maurizio Traglio, imprenditore nell’industria dei gioielli. Gli imprenditori li stanno a sentire, questi due eretici nati incendiari e finiti (quasi) pompieri, e qualcuno entra nel merito nei ragionamenti. «La flat tax di Salvini al 15% mi lascia perplesso - commenta Giuseppe D’Urso, ad di Nuovenergie -, un abbattimento così radicale delle tasse è improponibile se non si taglia il debito pubblico di almeno il 50%. È un libro dei sogni. Di Maio? Ho apprezzato l’aplomb, ma non ha spiegato cos’è il reddito di cittadinanza. Se è legato alla disoccupazione o se è legato alla cittadinanza, strada che non vedo percorribile». L’altro protagonista a Cernobbio è Giovanni Toti, governatore della Liguria, grande sponsor dell’unità del centrodestra, che dice: «Qui si celebra la fine dell’era renziana». 

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  • 4 weeks later...

Altra importante riforma approvata definitivamente: il nuovo codice antimafia.

http://www.repubblica.it/politica/2017/09/27/news/codice_antimafia_e_legge_camera_da_ok_con_259_si_e_107_no-176681613/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P1-S1.4-T1

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Codice antimafia è legge, Camera dà ok con 259 sì e 107 no

ROMA - Il codice antimafia è legge. La Camera ha approvato il ddl di modifica al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione con 259 sì e 107 no.

La riforma punta a velocizzare le misure di prevenzione patrimoniale, rende più trasparente la scelta degli amministratori giudiziari, ridisegna l'Agenzia per i beni sequestrati e include corrotti, stalker e terroristi tra i possibili destinatari dei provvedimenti.Su quest'ultimo punto, che è stato molto contestato, è passato anche un ordine del giorno che impegna il governo a rivedere l'equiparazione mafioso-corrotto.

Ecco cosa prevede la nuova norma:

MISURE PER CORROTTI
Si allarga la cerchia dei possibili destinatari di misure di prevenzione: oltre a chi è indiziato per aver aiutato latitanti di associazioni a delinquere, la riforma inserisce anche chi commette reati contro la pubblica amministrazione, come peculato, corruzione (ma solo nel caso di reato associativo) - anche in atti giudiziari - e concussione.

SEQUESTRO-CONFISCA PIU' EFFICACI
L'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali è resa "più veloce e tempestiva" prevedendo una "trattazione prioritaria". Nei tribunali dei capoluogo sede di corte d'Appello si istituiranno sezioni o collegi specializzati per trattare in via esclusiva i procedimenti. Si estendono i casi di confisca allargata, quando viene accertato che il patrimonio dell'autore del reato è sproporzionato rispetto al reddito e il condannato non è in grado giustificare la provenienza dei beni. Quando non viene applicata la confisca si può avere l'amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario. Confisca allargata obbligatoria per alcuni ecoreati e per l'autoriciclaggio e si applica anche in caso di amnistia, prescrizione o morte di chi l'ha subita.

CONTROLLO GIUDIZIARIO AZIENDE SE RISCHIO INFILTRAZIONE
Introdotto l'istituto del controllo giudiziario delle aziende in caso di pericolo concreto di infiltrazioni mafiose. Il controllo è previsto per un periodo che va da uno a 3 anni e può anche essere chiesto volontariamente dalle imprese.

STOP INCARICHI A PARENTI
"Maggiore trasparenza nella scelta degli amministratori giudiziari, con garanzia di competenze idonee" e di "rotazione negli incarichi". Viene modificato il procedimento di nomina e revoca dell'amministratore giudiziario di beni confiscati: l'incarico non potrà essere dato a parenti né a "conviventi e commensali abituali" del magistrato che lo conferisce. È la cosiddetta "norma Saguto", dal nome dell'ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo sospesa e indagata per corruzione. Il governo è delegato a disciplinare un regime di incompatibilità da estendere ai curatori fallimentari: stop a chi ha parentela, affinità, convivenza o assidua frequentazione con uno qualunque dei magistrati dell'ufficio giudiziario che conferisce l'incarico.

SOSTEGNO AZIENDE SEQUESTRATE 
Per favorire la ripresa delle aziende sequestrate nasce un fondo da 10 milioni di euro l'anno e misure per aiutare la prosecuzione delle attività e la salvaguardia dei posti di lavoro. Gli imprenditori del settore matureranno, dopo un anno di collaborazione, un diritto di prelazione in caso di vendita o affitto dell'azienda e la possibilità di un supporto tecnico gratuito. Novità sulla segnalazione di banche colluse con la malavita.

AGENZIA RIDISEGNATA
Viene riorganizza l'Agenzia nazionale per i beni confiscati dotandola di un organico di 200 persone e che rimane sotto la vigilanza del ministero dell'Interno. La sede centrale sarà a Roma e avrà un direttore - non per forza un prefetto - che si occuperà dell'amministrazione dei beni dopo la confisca di secondo grado. Ridefiniti i compiti, potenziata l'attività di acquisizione dati e il ruolo in fase di sequestro con l'obiettivo di consentire un'assegnazione provvisoria di beni e aziende, che l'Agenzia può anche destinare beni e aziende direttamente a enti territoriali e associazioni.

 

 

Edited by Sbuffo
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Altra riforma approvata in via definitiva: la cosiddetta legge "salva borghi" per la salvaguardia dei piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti.

http://www.repubblica.it/cronaca/2017/09/28/news/tasse_ristrutturazioni_banda_ultralarga_cosa_prevede_la_legge_sui_piccoli_comuni-176734599/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P1-S1.6-T2

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Trasporti, banda ultralarga, servizio postale: così la legge punta ad aiutare i piccoli Comuni

ROMA - Approvata oggi in Senato con 205 sì, ecco cosa prevede la legge che tutela i piccoli Comuni, cioè i borghi che contano meno di 5mila abitanti. L'obiettivo è quello di ripopolare, o quanto meno di frenare l'abbandono dei paesi, soprattutto delle zone interne; paesi che, dal 1971, hanno visto ridursi il numero di residenti anche più del 20 per cento. I 5.591 Comuni interessati dal provvedimento occupano il 54 per cento del suolo italiano e rappresentano il 69 per cento del totale dei municipi. 

Il fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale. Sono stati stanziati 100 milioni di euro, 10 per il 2017 e 15 per ogni anno dal 2018 al 2023. Per l'utilizzo delle risorse saranno stilati un piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni e un elenco di interventi prioritari.

Il recupero dei centri storici. La nuova legge prevede la possibilità di individuare, all'interno dei centri storici, le zone di particolare pregio dal punto di vista dei beni architettonici e culturali. Si consente, inoltre, di acquisire e riqualificare immobili per contrastare l'abbandono di terreni e di edifici, di case cantoniere e di stazioni ferroviarie non più utilizzate. Si permettono anche forme di acquisto associate con le diocesi della chiesa cattolica e con le rappresentanze delle altre confessioni religiose.

Banda ultralarga. I Comuni in cui gli operatori non hanno interesse a realizzare reti di connessione veloce e ultraveloce possono ricevere risorse per l'attuazione del piano per la banda ultralarga del 2015.

Tasse e tributi. Nei piccoli Comuni è consentito il ricorso alla rete telematica gestita dai concessionari della Agenzia delle dogane e dei monopoli per favorire il pagamento di imposte e tributi. Si riconosce anche ai piccoli Comuni la facoltà di stipulare questi accordi, di intesa con le organizzazioni di categoria e con le Poste affinché i pagamenti di imposte comunali e vaglia postali possano essere effettuati negli esercizi commerciali dei paesi che non hanno un servizio postale.

Stampa. Un accordo tra Anci, Fieg e i rappresentanti delle agenzie di distribuzione della stampa quotidiana garantisce la vendita dei quotidiani anche nei comuni con meno di 5mila abitanti.

Prodotti a km zero. I piccoli Comuni potranno promuovere il consumo e la commercializzazione dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta o a chilometro utile. Questi ultimi sono quelli il cui luogo di produzione, di coltivazione o di allevamento della materia prima sia situato entro 70 chilometri da quello di vendita e per i quali è dimostrato un limitato apporto delle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto. Il testo prevede anche che i piccoli Comuni destinino specifiche aree per la realizzazione dei mercati agricoli per la vendita diretta.

Promozione cinematografica. Ogni anno il Ministero della Cultura, d'intesa con l'Anci, le Regioni e le Film Commissions regionali, si farà carico di promuovere iniziative cinematografiche e culturali.

Trasporti e istruzione nelle campagne e in montagna. Questa voce della legge riguarda il collegamento dei paesi alle scuole e l'informatizzazione e la digitalizzazione di queste ultime. Il piano generale dei trasporti e della logistica e dei documenti pluriennali di pianificazione prevede provvedimenti per agevolare i collegamenti con zone di campagna e di montagna.

Servizi. La legge favorisce l'istituzione, anche in forma associata, di centri multifunzionali per la fornitura di servizi ambientali, sociali, energetici, scolastici e postali.

 

 
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Il Post

La coalizione che sostiene il governo è in difficoltà dopo che Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista (MDP), il partito dei fuoriusciti dal PD,  ha annunciato di essere uscito dalla maggioranza, una decisione resa formale dalle dimissioni di Filippo Bubbico, sottosegretario all’Economia e unico membro di MDP che si trovava al governo. Da settimane MDP chiedeva al governo di inserire una serie di proposte molto “di sinistra” all’interno della legge di stabilità che dovrà essere approvata entro dicembre. Il segretario di MDP Roberto Speranza ha detto che il governo non sta facendo abbastanza e per questo il suo gruppo non ha votato la relazione sul DEF oggi pomeriggio al Senato, un documento in cui il governo anticipa alcuni elementi della futura legge di stabilità (ma ha votato lo sforamento del deficit che serve ad autorizzare il governo a fare nuovo debito).

Si tratta di una decisione importante perché i voti dei 16 senatori di MDP sono sufficienti a mettere in serio pericolo il governo al Senato: dopo l’astensione di MDP, la relazione è passata per soli tre voti. In cambio di un voto favorevole quando arriverà il momento di votare la legge di stabilità, MDP chiede che nella legge di stabilità vengano inseriti l’abolizione del cosiddetto “super ticket” che si paga in ospedale e maggiori finanziamenti sul diritto allo studio; chiede anche che non vengano approvate nuove “mance elettorali”, cioè i bonus fiscali utilizzati spesso nel corso dell’ultimo governo. La decisione di votare contro il governo è stata presa dal gruppo parlamentare di MDP dopo che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha illustrato alle camere il contenuto del DEF (e sembra aver già prodotto i primi effetti nel PD).

Ma ci sono anche altre ragioni che spiegano perché MDP vuole rendere difficile la vita al governo. In questo momento alla Camera si sta discutendo la nuova legge elettorale, il cosiddetto “Rosatellum bis”, che non piace a MDP perché la ritiene svantaggiosa. Attaccare sul DEF potrebbe avere l’effetto di rendere il PD più malleabile su eventuali richieste di modifica alla legge elettorale. Infine, se ogni trattativa dovesse fallire, il PD potrebbe essere costretto ad approvare la legge di stabilità usando i voti dei centristi, come il gruppo di Denis Verdini, o addirittura quelli di Forza Italia, esponendosi così alle critiche di MDP.

La decisione di mettere in imbarazzo il PD ha anche delle conseguenze nel campo della sinistra esterna al PD: forzare gli alleati riluttanti a prendere una posizione forte contro il PD e contro il governo. MDP si trova al momento in una complessa relazione con Campo Progressista, la formazione politica dell’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, con cui i rapporti non sono sempre sereni. MDP ha riconosciuto a Pisapia il ruolo di figura rappresentativa dell’alleanza, ma nel contempo lo accusa spesso di essere troppo titubante e di avere una relazione ambigua con il PD e con il suo segretario, Matteo Renzi.

Dopo la decisione di uscire dalla maggioranza e di votare contro la relazione sul DEF, Pisapia ha precisato in un comunicato di condividere la mossa di MDP. Però, i giornali scrivono che l’ex sindaco di Milano non è davvero del tutto convinto. A contribuire a questa sensazione sono stati un gruppo di senatori, ex SEL ed ex Movimento 5 Stelle, che si sono definiti “pisapiani” e hanno detto di non essere d’accordo con la decisione di MDP. Alessandro Capelli, portavoce di Pisapia, ha detto però che questi “pisapiani” non c’entrano nulla con l’ex sindaco di Milano: «Siamo costretti a ricordare che si tratta di posizioni personali che non rappresentano Campo Progressista né tanto meno Giuliano Pisapia». Uno di loro, però, ha smentito il portavoce di Pisapia: «Il signor Capelli – ha detto Luciano Uras, senatore ex SEL – interviene maleducatamente negli affari parlamentari. Sostiene che ci sarebbero senatori pisapiani che parlano a titolo personale: io parlo a nome di Campo Progressista Sardegna. Non so a che titolo parli lui».

Al di là delle dichiarazioni dei “falsi-pisapiani” è abbastanza chiaro che le relazioni tra MDP e Pisapia non sono molto serene. Ospite nella trasmissione di Massimo Giannini su Radio Capital, l’ex sindaco di Milano ha detto di “non essere sorpreso” dalla decisione di MDP (che è diverso da dire che la condivide), ma ha anche chiesto a Massimo D’Alema, uno dei principali leader di MDP, di fare un “passo di lato”. D’Alema aveva chiesto nuovamente a Pisapia di annunciare ufficialmente la sua candidatura alle prossime elezioni, che secondo i leader di MDP è l’unico modo che l’ex sindaco ha di dimostrare che fa sul serio nella sua decisione di capeggiare una coalizione di centrosinistra alternativa al PD. Nell’intervista, Pisapia ha ripetuto ancora una volta che non è ancora sicuro di volersi candidare alle prossime elezioni.

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ANSA

L'Italia è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo dei rifiuti (urbani, industriali e altri). Lo dicono i dati più recenti di Eurostat, usciti a settembre e citati in un comunicato dalla ong ambientalista Kyoto Club. Con il 76,9% di rifiuti avviati a riciclo, il nostro paese presenta una incidenza più che doppia rispetto alla media europea (37%) e ben superiore a tutti gli altri grandi paesi: la Francia è al 54%, il Regno Unito al 44%, la Germania al 43%.

La quantità riciclata netta dell'Italia (che include import-export di rifiuti e cascami) è pari a 56,4 milioni di tonnellate ed è inferiore solo a quella della Germania (72,4 milioni di tonnellate). I flussi più rilevanti per l'Italia sono rappresentati dai cosiddetti riciclabili tradizionali (carta, plastica, vetro, metalli, legno, tessili), che arrivano a 26 milioni di tonnellate. Seguono i rifiuti misti avviati a selezione (circa 14 milioni di tonnellate), i rifiuti organici e verdi (circa 6 milioni di tonnellate) e i rifiuti chimici (1,7 milioni).

L'Italia è anche il secondo Paese europeo, dopo la Germania, in termini di fatturato e di addetti nel settore della preparazione al riciclo.

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Altra riforma organica portata a casa con l'approvazione definitiva della legge delega di riforma del diritto fallimentare.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-10-11/legge-fallimentare-via-libera-definitivo-senato--130117.shtml?uuid=AEttY4jC

http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2017-10-11/l-allerta-133004.shtml?uuid=AEk829jC&nmll=2707

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È legge la riforma fallimentare, arriva la liquidazione giudiziale

Ok dall'Aula della Senato al Ddl sui fallimenti, la delega al governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza. Il testo, approvato a Palazzo Madama con 172 voti a favore, 34 contrari e zero astenuti, diventa così legge. «Non uso mai questi termini ma si tratta di riforma di portata epocale», è stato il commento del ministro della Giustizia Andrea Orlando a conclusione del percorso parlamentare. «L'impianto della normativa che riguarda il fallimento risale ancora al 1942 con un meccanismo distorto che ha macinato in questi anni molte risorse sia imprenditoriali che di beni materiali». Ma ora con questo provvedimento, secondo il Guardasigilli, si riesce «a rivedere lo stigma che spesso non è più giustificato nella fase di un'economia globalizzata, ma anche a non sprecare capacità imprenditoriale». Perché «uno può essere un buon imprenditore e aver avuto una prima esperienza imprenditoriale non felice».

«Non si parlerà più di fallito» 
Una legge che cambierà profondamente le dinamiche attraverso le quali si arriva alla gestione della crisi d'impresa, per Orlando. «Cambia la figura del fallito, infatti non si parla più di fallito e non è solo un cambiamento linguistico, non se ne parlerà più perché la persona che ha avrà avuto in qualche modo una sconfitta imprenditoriale potrà ritentare e non ci saranno più i vincoli che oggi impediscono a chi ha avuto un insuccesso imprenditoriale di carattere 

La liquidazione giudiziale 
Meccanismi di allerta per impedire alle crisi aziendali di diventare irreversibili e ampio spazio agli strumenti di composizione stragiudiziale per favorire le mediazioni fra debitori e creditori per gestire l'insolvenza. Questa è una delle previsioni innovative della riforma che, con un tweet, anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni saluta come «un contributo per un'economia più sana che aiuterà la crescita». Dominus nella liquidazione giudiziale sarà il curatore, con poteri decisamente rafforzati: accederà più facilmente alle banche dati della Pa, potrà promuovere le azioni giudiziali spettanti ai soci o ai creditori sociali, sarà affidata a lui (anziché al giudice delegato) la fase di riparto dell'attivo tra
i creditori. Ci sarà però una stretta sulle incompatibilità.

Azioni prima della crisi 
Per facilitare una composizione assistita, arriva una fase preventiva di allerta attivabile direttamente dal debitore o d'ufficio dal tribunale su segnalazione (obbligatoria per fisco e Inps) dei creditori pubblici. In caso di procedura su base volontaria, il debitore sarà assistito da un apposito organismo istituito presso le Camere di commercio e avrà 6 mesi di tempo per raggiungere una soluzione concordata con i creditori. Se la procedura è d'ufficio, il giudice convocherà immediatamente, in via riservata e confidenziale, il debitore e affiderà a un esperto l'incarico di risolvere la crisi trovando un accordo entro sei mesi con i creditori. L'esito negativo della fase di allerta è pubblicato nel registro delle imprese. L'imprenditore che attiva tempestivamente l'allerta o si avvale di altri istituti per la risoluzione concordata della crisi godrà di misure premiali (non
punibilità dei delitti fallimentari se il danno patrimoniale è di speciale tenuità, attenuanti per gli altri reati e riduzione di interessi e sanzioni per debiti fiscali). Dalla procedura d'allerta sono escluse le società quotate e le grandi imprese.

Regole processuali semplificate 
Nel trattare le proposte, priorità viene data a quelle che assicurano la continuità aziendale, purché funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori, considerando la liquidazione giudiziale come extrema ratio. Si punta poi a ridurre durata e costi delle procedure concorsuali (responsabilizzando gli organi di gestione e contenendo i crediti prededucibili). Il giudice competente sarà individuato in base alle dimensioni e alla tipologia delle procedure concorsuali, assegnando in particolare quelle relative alle grandi imprese al tribunale delle imprese a livello di distretto di corte d'appello.

Incentivi alla ristrutturazione del debito 
Il limite del 60% dei crediti per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti dovrà essere eliminato o quantomeno ridotto.

Il nuovo concordato preventivo 
Viene ridisegnato ammettendo, accanto a quello in continuità, anche il concordato che mira alla liquidazione dell'azienda se in grado di assicurare il
pagamento di almeno il 20 per cento dei crediti chirografari.

Insolvenza gruppi di imprese 
Arriva una procedura unitaria per la trattazione della crisi e dell'insolvenza delle società del gruppo e, anche in caso di procedure distinte, vi saranno comunque obblighi di collaborazione e reciproca informazione a carico degli organi procedenti.

Commercialisti: riconosciuta l’importanza dei controlli 
La riforma della legge fallimentare approvata oggi dal Parlamento «ha diversi aspetti positivi, a cominciare dal riconoscimento della centralità dei controlli societari, e altri sui quali speriamo si possa intervenire in futuro con modifiche migliorative, a cominciare dal tema dell'allerta. Ma è stato comunque utile e importante approvarla prima che questa legislatura si chiudesse». Per il presidente dei commercialisti italiani Massimo Miani «è estremamente apprezzabile» l'impegno profuso dal ministro della Giustizia «con il quale abbiamo proficuamente interloquito nella fase di redazione del testo, nel portare a casa questa riforma». Relativamente al procedimento di allerta Miani sostiene che «poteva essere migliorato». Ad esempio «non andava abbandonata la scelta operata dalla Commissione di studio Rordorf di valorizzare appieno il ruolo degli organismi di composizione della crisi di cui alla legge n. 3/2012 gestiti, oltre che dalle Camere di commercio, anche dagli ordini professionali dei commercialisti, degli avvocati e dei notai. Professioni che, per preparazione giuridica ed aziendalistica, sono quelle maggiormente indicate, sia per assistere il debitore nelle trattative finalizzate al raggiungimento di un accordo con i propri creditori, sia per valutare la fondatezza delle segnalazioni pervenute dagli organi di controllo e dai creditori pubblici qualificati delle imprese in crisi nello svolgimento delle funzioni di allerta». Positivo per i commercialisti è che comunque dalla riforma «esca decisamente rafforzato il ruolo di sindaci e revisori, sebbene con le opportune distinzioni».

Edited by Sbuffo
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La Repubblica

Senza maggioranza, è pronto l'addio alla politica. Silvio Berlusconi, parlando da Ischia, non lascia spazio a mezze misure: "Se non ho la maggioranza io mi ritiro, perché è colpa degli italiani se non sanno giudicare chi è capace da chi invece non ha mai fatto niente. Vuol dire che siamo un popolo che non merita nulla". Però non perde la speranza: "Penso che gli italiani avranno buon senso".

A proposito del Rosatellum, appena approvato alla Camera, l'ex premier dice: "Naturalmente preferivamo il proporzionale. Siamo andati sulla proposta che ha per i due terzi il proporzionale e per un terzo i collegi. Dovremmo dividerci i collegi con gli altri movimenti politici della coalizione, ma sono sicuro che non avremo nessuna difficoltà perché la divisione avverrà guardando alla qualità del candidato che ogni volta si metterà in campo e quindi dovrebbe prevalere il miglior candidato. Il numero dei collegi da assegnare sarà fatto sugli ultimi credibili sondaggi". E si dice certo che il centrodestra con la nuova legge elettorale il centrodestra vince.

Ma se le elezioni non consegneranno la vittoria a nessuno? Non c'è alcuna possibilità di un governo di 'larghe intese'. Berlusconi, infatti, è sicuro che non sia attuabile: "Lo escludo per storia e ideologia".

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  • 2 weeks later...

La Stampa

Tra Parma e Cremona hanno chiuso un ponte sul Po. Stessa cosa è accaduta sul Rio Bavera, fra Cuneo e Imperia. A Latina fra San Felice e Terracina il ponte non c’è più: demolito. Fra Cerveteri e Bracciano c’è stata una frana tre anni fa, e lì è rimasta. Dal 12 ottobre Salcito e Trivento sono isolate da Campobasso. A Catanzaro due strade sono parzialmente chiuse al traffico, nell’imperiese sono tre. Per via delle cattive condizioni del manto stradale sul trenta per cento delle provinciali italiane c’è il limite di velocità a 50 o 30 chilometri orari, in molte è vietato il transito ai mezzi pesanti. Karl Marx amava dire che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. L’idea di abolire le province e trasformarle in enti di coordinamento fra Comuni non era sbagliata. Le vecchie amministrazioni, un retaggio dell’Italia preunitaria, erano ormai schiacciate fra Comuni e Regioni. Una volta assegnati a queste ultime i centri per l’impiego e fatte salve le funzioni minori su caccia e agricoltura, alle vecchie province sono rimasti due compiti di spesa: la gestione delle sue strade e la manutenzione delle scuole superiori. Servivano ancora un presidente, un consiglio provinciale retribuito e quarantamila dipendenti? Non si tratta però di funzioni che possono essere abbandonate a se stesse o lasciate senza fondi: stiamo parlando di 130 mila chilometri di asfalto e 5100 edifici per due milioni e mezzo di studenti. 

Il nodo dei trasferimenti 
Non era semplice abolire le province. Il processo inizia con Monti, insiste Letta, il governo Renzi tenta di arrivare in fondo. La legge di Stabilità per il 2015 impone tagli per quasi un miliardo l’anno per tre anni, la gran parte dei 3,7 miliardi che le amministrazioni ricevevano grazie a due entrate proprie: l’imposta di trascrizione sulle auto e una quota della tassa sull’assicurazione. La legge Delrio abolisce gli enti elettivi e li trasforma in «area vasta». Oggi il presidente della provincia e il consiglio sono scelti fra sindaci e consiglieri dei Comuni, che per quella funzione non ricevono un euro. Quasi la metà dei quarantamila dipendenti - circa sedicimila - sono stati trasferiti altrove, alle Regioni e nei tribunali. Nel frattempo la riforma costituzionale avrebbe dovuto cancellare le province dalla Carta e consentire al governo di chiudere il cerchio, spostando ai Comuni anche la gestione delle scuole superiori. L’esito del referendum del 4 dicembre 2016 ha fermato l’enorme macchina in mezzo al guado, e lì ha iniziato ad affondare. Incassata la sberla elettorale, il governo Gentiloni è corso ai ripari facendo l’unica cosa possibile: retromarcia. Se si esclude il costo dei dipendenti trasferiti negli ultimi due anni, le 76 province e le 14 aree metropolitane hanno ricevuto fondi che coprono gran parte dei tagli. 

I fondi che mancano 
Secondo le cifre che circolano a Palazzo Chigi e al Tesoro all’appello mancano complessivamente 420 milioni di euro. La Finanziaria per il 2018 ne stanzierà altri 350, le province ne rivendicano il doppio. Oggetto del contendere sono i dipendenti: i sindaci lamentano il fatto che le Regioni li assumono senza restituire il costo del trasferimento. Fra le proteste Palazzo Chigi ora ha imposto una sanzione per le Regioni furbette con un taglio del venti per cento al fondo regionale per il trasporto locale. Come testimoniano i casi citati, il problema resta e il prossimo governo dovrà decidere che fare: se - nella migliore tradizione italiana - gestire l’esistente tamponando le falle, ritentare l’abolizione o ripensare il ruolo delle province. Non è, e non può essere solo un problema di risorse. Achille Variati è sindaco di Vicenza, presidente della sua provincia e dell’Unione nazionale: «Non siamo nemmeno buoni enti di gestione del territorio. Fra autorità di bacino, dei trasporti, consorzi di bonifica non ci si capisce nulla. Occorre rimettere in ordine quelle funzioni». 

Variati non lo ammette, ma fra questo e la ricostituzione delle province il passo è breve. Nei periodi di vacche magre capita però di fare scelte sagge: per far tornare i conti a Vicenza ha venduto agli spagnoli di Abertis per trenta milioni di euro il sei per cento nell’autostrada Brescia-Padova. Stessa cosa hanno fatto i colleghi di Verona e Brescia. Due piccioni con una fava: una poltrona in meno, più soldi per sistemare le provinciali. Dice Variati: «Nessuno nega ci fossero sprechi, ma il governo deve essere capace di valutare caso per caso. Qui di sprechi ne abbiamo fatti pochi». Detto dal presidente di una lobby nazionale, è un passo avanti. Alessio Pascucci è sindaco a Cerveteri con una lista civica di centrosinistra. Dottore di ricerca in ingegneria, 35 anni, guadagna duemila euro netti al mese per governare un Comune di quasi quarantamila abitanti. Poco prima di essere rieletto ha fatto approvare il primo piano regolatore della città, cosa che non deve essere piaciuta a chi ha lanciato una molotov davanti casa dei genitori. La riforma Delrio lo fa partecipare gratuitamente ai consigli della città metropolitana di Roma dove è presidente della commissione bilancio. Qui la faccenda ha del kafkiano. 

Il vuoto di potere a Roma 
La legge prevede che il presidente della ex provincia non sia eletto; su quella poltrona siede di diritto Virginia Raggi. C’è un però: poiché i consiglieri vengono invece eletti secondo un criterio che tiene conto dei cittadini rappresentati, la Raggi governa un ente in cui il suo partito (pardon, movimento) è in minoranza. Pascucci è convinto che questo caos sia un problema per tutti: «Ai consigli la Raggi non viene mai. E mi sento di dire che con i problemi che ha in Campidoglio la capisco pure. Capisco anche il clima di rassegnazione negli uffici: la gran parte dei dirigenti e dei funzionari è senza guida e non sa che fare». La storia delle città metropolitane meriterebbe una puntata a parte: immaginate negli Anni Novanta sul modello francese, avrebbero dovuto sostituire i Comuni delle grandi città come Roma, Milano, Torino e Napoli. Oggi ce ne sono quattordici, si sovrappongono inutilmente e non servono quasi a nulla. «Le basti sapere che il bilancio preventivo 2017 di Roma (quello che si vota prima, e non dopo un anno di amministrazione) lo abbiamo approvato pochi giorni fa». Pascucci ha votato no al referendum, vorrebbe la ricostituzione delle province e spiega perché: «Il problema è l’esondazione delle Regioni, nate per legiferare e invece oggi impegnate ad amministrare. Il livello intermedio è schiacciato. Mi spiega che senso ha rivolgersi alla Regione Lazio e partecipare a un bando per finanziare questa o quella iniziativa?». 

Pascucci racconta di strade smottate e scuole in difficoltà, spesso senza gli impianti a norma. «A Fiumicino la preside non ha spazio per le nuove sezioni. A Ladispoli c’è una scuola nuovissima, peccato non abbiano i soldi per costruire la palestra». A mettere una toppa sono i piani sulla «buona scuola» e «scuole sicure», ma anche in questo caso le province hanno fatto la parte dei parenti poveri. «Secondo i nostri calcoli gli istituti superiori hanno usufruito solo del 16 per cento di quei fondi», racconta la portavoce dell’Upi Barbara Perluigi. Le ragioni sarebbero molte, non ultimo il fatto che il primo bando dava la precedenza ai sindaci che chiedevano fondi attraverso un modulo da spedire a Palazzo Chigi. 

L'aiuto europeo
La situazione è poi migliorata grazie all’arrivo dei bandi della Banca europea degli investimenti dedicati all’edilizia scolastica (maledetta Europa). «Non c’è dubbio che le province abbiano fatto più sacrifici di chiunque altro», ammette Luigi Marattin, consigliere a Palazzo Chigi, professore a Bologna ed esperto di enti locali. «Per ritrovare un assetto stabile servono due cose: rimettere in equilibrio le risorse, e credo che questo sia stato fatto. La seconda è ripensare l’ente, le sue funzioni di coordinamento e regolamentazione dei servizi pubblici locali». L’importante - si potrebbe aggiungere - è evitare di tornare al punto di partenza. I siciliani, che in fatto di istinti gattopardeschi non conoscono rivali, hanno ripristinato le province tali e quali: l’Assemblea regionale l’ha fatto poco prima di Ferragosto a legislatura finita con un blitz degno di Arsenio Lupin. Le hanno chiamate «liberi consorzi» e l’ultima Finanziaria regionale gli assegna pure una ricca dotazione: ora il governo ha impugnato tutti gli atti di fronte alla Corte costituzionale. «Spero si possa parlare di tutto ciò già in campagna elettorale, magari concentrandosi sul merito dei problemi. Me lo auguro anzitutto da cittadino», aggiunge Marattin. Se lo augurano anche a Parma, Cremona, Cuneo, Imperia, Latina, Roma, Campobasso, Catanzaro e tutti gli italiani che percorrendo una provinciale si chiedono se sia normale pagare così tante tasse e trovare le strade in quelle condizioni.

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Corriere della Sera

La legge elettorale è stata approvata con una larga e trasversale maggioranza composta da Pd, FI, Lega e Ap, oltre a Scelta civica e Svp. Sappiamo quindi, dopo un lungo periodo di incertezza, con quali norme andremo a votare. È perciò utile tornare a valutare i possibili risultati che questa legge, alla luce dei sondaggi, potrebbe produrre. Vediamo intanto le stime di voto. Il panorama, rispetto agli ultimi dati pubblicati su questo giornale, che risalgono a fine luglio, segnala cambiamenti. Innanzitutto il Pd registra un calo importante dei consensi, con circa 5 punti in meno rispetto ai risultati migliori degli ultimi mesi. È il segnale delle difficoltà profonde che questo partito ha attraversato recentemente. Se infatti, grazie anche all’insediamento di Gentiloni e allo stile del premier, il Pd mantiene una certa stabilità nei consensi sino a giugno, successivamente alcuni elementi provocano un progressivo allontanamento degli elettori. Senza pretese di esaustività, possiamo ricordare lo slittamento dello ius soli, la questione del premierato, rivendicato da Renzi ma messo in dubbio da una parte del partito, le vicende della conferma di Visco a Banca d’Italia. Quest’ultimo episodio evidenzia uno scontro tra segretario e presidente del Consiglio, che non produce i risultati sperati da Renzi con lo schierarsi dalla parte dei risparmiatori. Per almeno due ragioni: perché gli elettori del Pd vedono davvero male gli scontri interni e perché permane tra questi elettori un atteggiamento «istituzionale» non irrilevante. È probabile che se si ripeterà questa sensazione di diarchia e un orientamento a cavalcare temi che potremmo definire «populisti», non sarà semplice risalire la china.

M5S in pesante contrazione
Il centrodestra gode di buona salute. Nonostante le differenze anche marcate — ad esempio di Fratelli d’Italia sulla legge elettorale, o la freddezza degli elettori di Forza Italia in occasione dei referendum autonomisti, oppure ancora le posizioni distanti sull’Europa — gli elettorati non solo tengono ma si ampliano. FI cresce di tre punti in pochi mesi, più o meno come la Lega, mentre tiene bene FdI. Come abbiamo più volte detto, si tratta di un elettorato capace di superare le divisioni e di compattarsi nella prospettiva di vincere, a differenza di quanto avviene nell’elettorato centrosinistra. Anche il M5S subisce una pesante contrazione, di cinque punti. Pure in questo caso ci sono elementi evidenti. Le difficoltà di Roma cui si sono aggiunte quelle torinesi, con la sindaca Appendino indagata per falso in bilancio. La nomina di Di Maio, ratificata dalle primarie (con qualche incidente di percorso), a capo politico, con conseguenti frizioni interne. Una certa distanza da parte di Grillo, nelle percezioni degli elettori, dalla separazione del blog avvenuta proprio in questi giorni. Tutto ciò dà conto dei malumori di un elettorato che si allontana .


Maggioranze difficili
Infine la sinistra, che si ferma, sommando tutte le aree, al di sotto del 7%. Il progetto federatore di Pisapia si è definitivamente arenato. La sinistra non riesce a intercettare il voto in uscita (rifugiatosi nell’astensione o nei pentastellati), proprio perché chi se ne è andato non riesce a individuare un progetto praticabile. La stima dei seggi non fa che confermare le tendenze, con il centrodestra che arriverebbe a quota 248, il Pd, in calo, a 162, la sinistra con 25 seggi complessivi, ammesso che i diversi elettorati riescano davvero a sommarsi, i Cinquestelle a 178. Anche in questo scenario le maggioranze sono davvero difficili. Se infine guardiamo ai collegi uninominali, stando alle prime stime basate su oltre 55.000 interviste distribuite sulle base dei collegi del Mattarellum per il Senato e in assenza delle candidature (due aspetti che potrebbero produrre cambiamenti), la parte del leone spetterebbe al centrodestra, con poco meno della metà dei seggi (109 su 231) che conquisterebbe in larga parte al Nord (non tutti, come qualcuno ha sostenuto nei giorni scorsi), seguito dal M5S con 71 scranni, concentrati al Sud, e da ultimo il Pd con 51 seggi, provenienti in gran parte dalle ex regioni rosse.


Larghe intese complesse
Molti ritengono che la nuova legge elettorale penalizzi i pentastellati sia per la loro indisponibilità a formare coalizioni sia per il profilo dei candidati nei collegi uninominali dove, presumibilmente, potrebbero esserci figure poco note o con limitata esperienza politica. In realtà il divieto di voto disgiunto potrebbe attenuare questo fenomeno. Dalle stime, quindi, emergono tre Italie, che esprimono esigenze diverse e sono rappresentate da forze politiche diverse, in un contesto nel quale stanno prendendo piede aspettative di autonomia regionale, e non solamente nel lombardo-veneto. I soggetti vincitori nelle tre aree, per mantenere il consenso potrebbero essere tentati di accentuare le distanze anziché di ridurle. Pertanto, individuare una maggioranza post elettorale, di larghe intese, tra forze avversarie, potrebbe rivelarsi estremamente complesso per almeno tre ragioni: innanzitutto gli elettori si sentiranno espropriati del loro diritto di decidere chi governerà; in secondo luogo è molto probabile che con una maggioranza trasversale l’azione dell’esecutivo possa assumere le caratteristiche di un «compromesso al ribasso» piuttosto che quelle di un governo di scopo; da ultimo, le divisioni presenti nel Paese e l’affievolimento del senso di identità nazionale potrebbero ostacolare la definizione di processi unitari.

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Intanto l'agenzia di rating S&P alza il rating dell'Italia, è la prima volta dal 2002 che una delle agenzie di rating internazionali ci promuove e in particolare è la prima volta dal 1988 he lo fa S&P.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-10-27/sp-migliora-rating-dell-italia-bbb-oulook-stabile--192446.shtml

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-10-28/sp-s-alza-rating-italiano-bbb-crescita-consolidata-114007.shtml

In particolare S&P ha giudicato come aspetti positivi:

- la crescita consolidata , oramai l'Italia cresce ininterrottamente da 10 trimestri consecutivi, nel secondo trimestre 2017 c'è stata una crescita del 1,5, la più alta dal 2011 e per l'anno 2017 il pil reale è dato all'1,4% ben al di sopra delle precedenti previsioni di S&P dello 0,9%.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-09-01/pil-istat-conferma-04percento-secondo-trimestre-traino-industria-e-servizi-100240.shtml

- positiva performance nell'export.

http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-08-17/l-italia-batte-germania-nell-export-145141.shtml

- riduzione del rapporto debito/pil verso il 126%.

- sistema bancario in via di risanamento.

- approvazione di riforme strutturali nel mercato del lavoro, nel settore bancario, dei servizi, giudiziario, e anche della pubblica amministrazione.

Edited by Sbuffo
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Non ci vuole molto per ricadere nel baratro.

Il primo giro di boa - salvo imprevisti - ce lo avremo quando la BCE chiuderà il programma di acquisti sul mercato.

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Il Presidente della Repubblica con un comunicato ha fatto sapere di avere chiesto alle Camere una nuova deliberazione in ordine alla legge per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine anti-persona e munizioni a grappolo.

Il Presidente ha agito secondo quanto previsto dall’articolo 74 della Costituzione. Mattarella denuncia alcuni profili di evidente illegittimità costituzionale, in particolare per una norma di esenzione dalla sanzione penale per soggetti che hanno responsabilità apicali rispetto alla punizione prevista per soggetti con minori ruoli in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione.

Mattarella sottolinea anche la violazione di Convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia e ribadisce l’inaccettabilità di una depenalizzazione di condotte oggi sanzionate penalmente.

Edited by Rotwang
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Approvata in via definitiva alla legge di riordino del settore dello spettacolo.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-11-08/camera-si-definitivo-legge-quadro-spettacolo--132734.shtml?uuid=AERMfo6C

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Camera: sì definitivo a legge quadro su spettacolo, ArtBonus esteso a tutti i settori

Arriva l’estensione dell’ArtBonus a tutti i settori dello spettacolo. La Camera ha infatti approvato in via definitiva la legge delega di riordino del settore dello spettacolo (“Ddl Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia”). A favore 265 voti, 13 i no. La nuova legge, ha sottolineato il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, «incrementa le risorse del Fondo Unico per lo Spettacolo, estende l’ArtBonus a tutti i teatri, rende permanente il tax credit musica, introduce maggiore trasparenza, porta sostanziali novità per il rilancio e la crescita del settore e prevede il graduale superamento della presenza degli animali nei circhi». «Un altro impegno mantenuto - ha aggiunto -: dopo la nuova legge sul cinema». Di seguito le principali novità della legge sullo spettacolo dal vivo.

Aumentano le risorse per lo spettacolo 
La riforma aumenta le risorse del Fondo Unico per lo Spettacolo con fondi pari a +9.5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e a +22.5 milioni di euro a decorrere dal 2020.

4 milioni di euro per spettacoli nelle zone del sisma 
La legge autorizza la spesa di 4 milioni di euro per attività culturali nei territori colpiti dal sisma del Centro Italia.

Estensione dell'ArtBonus a tutti i settori dello spettacolo 
La riforma estende l'Art Bonus a tutti i settori dello spettacolo: grazie al provvedimento anche le orchestre, i teatri nazionali, i teatri di rilevante interesse culturale, i festival, i centri di produzione teatrale e di danza, i circuiti di distribuzione potranno avvalersi del credito d'imposta del 65% per favorire le erogazioni liberali finora riservato esclusivamente alle fondazioni lirico-sinfoniche e ai teatri di tradizione.

Stabilizzazione del Tax credit musica 
La legge stabilizza il tax credit musica, beneficio riconosciuto alle imprese produttrici di fonogrammi e videogrammi musicali e produttrici di spettacoli di musica dal vivo per la promozione di artisti emergenti, con oneri pari a 4.5 milioni di euro a decorrere dal 2018.

Sostegno statale a nuovi settori dello spettacolo 
Grazie a questa riforma, il sostegno statale allo spettacolo dal vivo si estende alla musica popolare contemporanea, ai carnevali storici e alle rievocazioni storiche e verrà riconosciuto il valore di diverse forme di spettacolo, tra cui le pratiche artistiche amatoriali, le espressioni artistiche della canzone popolare d’autore, il teatro di figura, gli artisti di strada.

Aggiornamento delle norme sulle Fondazioni lirico sinfoniche 
Viene aggiornata la disciplina delle fondazioni
lirico-sinfoniche, che godranno di un fondo specifico governato da nuovi criteri di erogazione dei contributi statali, parametrati in base alle risorse ricevute da privati, Regioni e Enti Locali e alle capacità gestionali dimostrate.

Superamento degli animali nei circhi 
Le nuove norme prevedono il graduale superamento dell’utilizzo degli animali nello svolgimento delle attività circensi e dello spettacolo viaggiante.

Nasce il Consiglio superiore dello Spettacolo 
Nasce il Consiglio superiore dello spettacolo, organismo
consultivo del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo che sostituisce la Consulta per lo spettacolo. Il Consiglio avrà compiti di consulenza e supporto nell’elaborazione e attuazione delle politiche di settore, nonché nella predisposizione di indirizzi e criteri generali relativi alla destinazione delle risorse pubbliche per il
sostegno alle attività di spettacolo.

Approvata in via definitiva della cosiddetta legge europea (una legge contenitore che va a normare vari ambiti adempiendo ad obblighi derivanti dall'appartenenza all'Ue).

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-11-08/legge-europea-si-definitivo-camera-200322.shtml?uuid=AE74S46C

Quote

Legge europea, sì definitivo dalla Camera

L'Aula della Camera ha definitivamente approvato con voti 247 favorevoli e 72 contrari (44 gli astenuti) il disegno di legge con le «Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2017». Il Ddl contiene una serie di norme di carattere eterogeneo cha riguardano, tra l'altro, la libera circolazione delle merci, giustizia e sicurezza, fiscalità, lavoro, tutela della salute e dell'ambiente, le telecomunicazioni (roaming Ue). La legge europea di quest'anno consente, in particolare la definizione di tre procedure di infrazione, riducendole a 66 dalle 121 di inizio 2014, e una serie di casi Eu-Pilot (richieste di informazione agli Stati che possono prevenire possibili procedure d'infrazione). Il provvedimento è tornato alla Camera dove sono state confermate, in particolare, le correzioni apportate dal Senato a due articoli, riguardanti le informazioni in etichettature sui prodotti alimentari riguardanti le caseine e il monitoraggio dello stato delle acque.

Arriva riforma agevolazioni energivori 
La legge introduce, tra l'altro, la riforma delle agevolazioni sui costi elettrici per le industrie energivore. Il nuovo meccanismo, sul quale la Commissione Ue si è già espressa favorevolmente, entrerà in vigore dal 2018 a seguito dei criteri basati su valore aggiunto e internazionalizzazione che fisserà il ministero dello Sviluppo economico entro 30 giorni dall'approvazione definitiva della norma.
Le risorse derivanti dal riordino complessivo del sistema delle agevolazioni sugli energivori e degli oneri da rinnovabili, per gli anni 2018-2020 sono destinate, per un minimo del 50% alla riduzione diretta delle tariffe a carico delle famiglie e delle imprese non energivore. È inoltre previsto l'avvio di un negoziato con l'Ue per rivedere le norme sul trattamento fiscale relativo ai cosiddetti “gasivori”.

Paletti ai rimborsi delle imposte non dovute 
Le tre procedure di infrazione cui l'Italia dà una risposta attraverso la Legge europea 2017 riguardano l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, il recepimento della direttiva del 2015 relativa alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e i rimborsi Iva (è previsto dal 2018 un ristoro delle spese sostenute per il rilascio della eventuale garanzia richiesta a fronte delle somme erogate). Non è inoltre valida la domanda di restituzione di un'imposta non dovuta presentata a due anni dal versamento (o dal giorno in cui si verifica il presupposto per la restituzione). Il rimborso viene escluso anche in caso di versamenti effettuati in un ambito di frode fiscale.

Agcom potrà richiedere rimozione immediata dal web 
Il testo amplia, inoltre, i poteri dell'Agcom nel contrasto della pirateria sulla rete. In particolare l'Autorità potrà intervenire sulle piattaforme elettroniche per ordinare in via cautelare di porre fine immediatamente alle violazioni del diritto d'autore e di porre misure per impedire la reiterazione degli illeciti. In base alla nuova disciplina in Italia si sperimenta la “notice and stay down”, e le piattaforme dovranno rimuovere i contenuti illeciti e impedirne la riproposizione.

 

Edited by Sbuffo
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Approvata in via definitiva alla legge che introduce in Italia il whistleblowing, vale a dire la segnalazione di attività illecite nell'amministrazione pubblica o in aziende private, da parte del dipendente che ne sia venuto a conoscenza per ragioni di lavoro.

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Il «whistleblowing» è legge: tutelato il dipendente che segnala illeciti

Via libera definitivo della Camera dei deputati con 357 voti (contrari Fi e Di con 46 voti; 15 gli astenuti) alla legge che introduce in Italia il cosiddetto whistleblowing, vale a dire la segnalazione di attività illecite nell'amministrazione pubblica o in aziende private, da parte del dipendente che ne sia venuto a conoscenza per ragioni di lavoro. La norma che si compone di tre articoli mira soprattutto alla tutela dei lavoratori.

Pubblica amministrazione 
L'articolo 1 modifica l'articolo 54-bis del Testo unico del pubblico impiego (Dlgs n. 165 del 2001), introdotto dalla legge Severino che aveva già accordato un prima forma di tutela per il segnalante, prevedendo un vero e proprio sistema di garanzie per il dipendente. La nuova disciplina stabilisce, anzitutto, che colui il quale - nell'interesse dell'integrità della Pa - segnali al responsabile della prevenzione della corruzione dell'ente (di norma un dirigente amministrativo; negli enti locali il segretario) o all'Autorità nazionale anticorruzione o ancora all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto di lavoro, non possa essere - per motivi collegati alla segnalazione - soggetto a sanzioni, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto a altre misure organizzative che abbiano un effetto negativo sulle condizioni di lavoro.

L'eventuale adozione di misure discriminatorie va comunicata dall'interessato o dai sindacati all'Anac che a sua volta ne dà comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica e agli altri organismi di garanzia. In questi casi l’Anac può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del responsabile da 5.000 a 30.000 euro, fermi restando gli altri profili di responsabilità. Inoltre, l’Anac applica la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro a carico del responsabile che non svolga le attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute. La misura della sanzione tiene conto delle dimensioni dell'amministrazione.

Spetta poi all'amministrazione l’onere di provare che le misure discriminatorie o ritorsive adottate nei confronti del segnalante sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione. Gli atti discriminatori o ritorsivi adottati dall'amministrazione o dall'ente comunque sono nulli. Il segnalante licenziato ha diritto alla reintegra nel posto di lavoro e al risarcimento del danno. Le tutele invece non sono garantite nel caso in cui, anche con sentenza di primo grado, sia stata accertata la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque reati commessi con la denuncia del medesimo segnalante ovvero la sua responsabilità civile, nei casi di dolo o colpa grave.

Il settore privato 
L'articolo 2 estende al settore privato la tutela del dipendente o collaboratore che segnali illeciti o violazioni relative al modello di organizzazione e gestione dell'ente di cui sia venuto a conoscenza per ragioni del suo ufficio. La disposizione dunque modifica l'articolo 6 del Dlgs 231 del 2001 sulla “Responsabilità amministrativa degli enti”, con riguardo ai modelli di organizzazione e di gestione dell'ente idonei a prevenire reati. In particolare, sono aggiunti all'articolo 6 tre nuovi commi. Il comma 2-bis, relativo ai requisiti dei modelli di organizzazione e gestione dell'ente prevede uno o più canali che, a tutela dell'integrità dell'ente, consentano a coloro che a qualsiasi titolo rappresentino o dirigano l'ente, segnalazioni circostanziate di condotte costituenti reati o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Tali canali debbono garantire la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione, e la modalità informatica è uno strumento necessario, e non eventuale, del canale a tutela della riservatezza dell'identità del segnalante.
Inoltre si chiarisce che le segnalazioni devono fondarsi su elementi di fatto che siano “precisi e concordanti”.
I modelli di organizzazione devono prevedere sanzioni disciplinari nei confronti di chi violi le misure di tutela del segnalante. Mentre si è previsto l'obbligo di sanzionare chi effettua, con dolo o colpa grave, segnalazioni che si rivelino infondate. Il comma 2-ter prevede che l'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti segnalanti possa essere oggetto di denuncia all'ispettorato Nazionale del Lavoro. Il comma 2-quater sancisce la nullità del licenziamento ritorsivo o discriminatorio del segnalante. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni o qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. Come nel settore pubblico è onere del datore di lavoro dimostrare che l'adozione di tali misure siano estranee alla segnalazione mossa dal dipendente.

La rivelazione del segreto 
L'articolo 3, introdotto nel corso dell'esame al Senato, con riguardo alle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nel settore pubblico o privato, introduce come giusta causa di rivelazione del segreto d'ufficio, professionale (art. 622 c.p.), scientifico e industriale, nonché di violazione dell'obbligo di fedeltà all'imprenditore, il perseguimento, da parte del dipendente pubblico o privato che segnali illeciti, dell'interesse all'integrità delle amministrazioni (sia pubbliche che private) nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni. La giusta causa opera dunque come scriminante, nel presupposto che vi sia un interesse preminente (in tal caso l'interesse all'integrità delle amministrazioni) che impone o consente tale rivelazione.
Costituisce invece violazione dell'obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell'eliminazione dell'illecito. In questi casi non trova dunque più applicazione la giusta causa e sussiste la fattispecie di reato a tutela del segreto.

 

Edited by Sbuffo
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  • 2 weeks later...
6 minutes ago, marco7 said:

Ricordati rot che berlusconi promette 1000 euro di pensione minima a tutti da quel che ho capito.

Ma questa non è una promessa del PD, il reddito d'inclusione è realtà.

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Sono due interventi diversi.

Quello approvato dal governo Renzi che è entrato in vigore in questi giorni è un assegno mensile contro la povertà indirizzato appunto a chi si trova in una situazione di difficoltà economica.

Quello di Berlusconi invece è un intervento sui pensionati che cmq già oggi percepiscono la pensione sociale di 448€ al mese per 13 mensilità e che Berlusconi propone di portare a 1.000€.

Poi un conto è dire e promettere, un conto è farle le cose, l'intervento di Renzi è legge dello stato, è già operativo e ha le sue coperture finanziarie, quella di Berlusconi è una promessa elettorale, ma dove prende le risorse? le casse dell'Inps sono già oggi in difficoltà e lui vorrebbe aggravare ulteriormente la situazione con un intervento che presumibilmente costerà parecchi miliardi di euro.

Edited by Sbuffo
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E' chiaro che promettere e mantenere sono due cose diverse. Anche renzi credo aveva dapprima promesso gli 80 euro e poi mantenuti. Non credo che berlusconi possa permettersi di promettere e non mantenere se vince le elezioni.

in passato credo ha mantenuto le promesse di sanare gli immobili in nerome cose simili.

si e' arrivati al punto che in italia ora i voti si comprano con promesse pecuniarie e chi offre di piu' vince. Mah.

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Non sarebbe la prima volta che Berlusconi promette e poi non mantiene.:asd:

Generalmente Berlusconi è bravo solo a fare leggi per i suoi interessi personali e delle sue aziende.

Poi come ha detto qualche giorno fa al telegiornale Mario Monti "non so cosa ci sia da augurarsi perchè se non mantiene la promessa avrà ingannato e truffato i cittadini mentre se la mantiene manderà in malora le casse dell'inps e scaricherà ulteriormente i costi sulle future generazioni".

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