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L'Italia di Renzi


Rotwang

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Corriere della Sera

«Via i voucher o sfiducia»: anche l’esponente della minoranza Pd Roberto Speranza attacca il ministro del Lavoro Giuliano Poletti preso di mira dalle opposizioni dopo le parole sugli italiani all’estero. L’ex capogruppo conferma così la linea anticipata da Pierluigi Bersani, che a #Corrierelive ha anticipato che, ad un eventuale referendum sul Jobs act, voterà contro la riforma voluta dal governo perché ritiene che i «voucher sono una mostruosità». Speranza scrive a Poletti una lettera aperta sull'HuffingtonPost, bocciando le parole del ministro del Lavoro come «indifendibili» e chiedendogli di intervenire su quella che «è una nuova forma inaccettabile di precarietà», ovvero i voucher: gli ultimi dati «sono drammatici e contraddicono gli intenti del Jobs act. 121, 5 milioni di buoni sono stati venduti nei primi 10 mesi del 2016, per fine anno arriveremo intorno ai 150 milioni». Il ministro del Lavoro, scrive Speranza, non può «continuare a non vedere che nel fiume di questa nuova precarietà stiamo perdendo un'intera generazione. E questo sì che varrebbe la sfiducia». Frasi che hanno stizzito la maggioranza Pd: il capogruppo Ettore Rosato parla di «strumentalizzazione politica», il presidente Matteo Orfini segnala che «la liberalizzazione dei voucher fu fatta dal governo Monti, con Bersani segretario e appoggio del Pd: il governo Renzi semmai ne ha limitato l'uso».

Ad avanzare la mozione di sfiducia sono stati alcuni esponenti di Sinistra italiana, del M5S, della Lega e del Gruppo Misto al Senato e alla Camera, irritati dalle frasi sui giovani all’estero. Il ministro - si legge nella mozione - «ha nelle ultime settimane dato riprova di un comportamento totalmente inadeguato al suo ruolo, esprimendosi in più di un’occasione con un linguaggio discutibile e opinioni del tutto inaccettabili». Ma Poletti per ora non dà segni di cedimento. «Non mi dimetto», ha anticipato.


La mozione di sfiducia al Senato
La mozione di sfiducia arriva dopo le dichiarazioni del ministro che, aveva parlato di fuga di cervelli e giovani che vanno all’estero a cercare opportunità di lavoro. «Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata. Bisogna correggere un’opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui: sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei “pistola”» aveva detto da Fano il ministro suscitando aspre polemiche. La mozione di sfiducia punta il dito quindi sulle «affermazioni gravissime» del ministro sui giovani italiani costretti a cercare lavoro all’estero e sulla dichiarazione «inaccettabile e che compromette la libertà di voto dei cittadini» del ministro Poletti sulla possibilità di evitare il referendum sul Jobs Act grazie allo scioglimento delle Camere e alla convocazione delle elezioni politiche.

Le reazioni
«Prima se ne va Poletti, meglio è, a maggior ragione dopo le vergognose dichiarazioni sul referendum e sui giovani cervelli in fuga all’estero», fa sapere Arturo Scotto, il capogruppo di Sinistra italiana alla Camera. Voterò la mozione di sfiducia a Giuliano Poletti» scrive su Twitter, il senatore Maurizio Gasparri (Fi). Mentre Beppe Grillo attacca da Facebook: «Il figlio di Poletti non deve emigrare» perché non ne ha bisogno.

La bufera sul figlio
Il riferimento di Grillo non è casuale: la bufera ha infatti coinvolto il figlio del ministro Poletti, Manuel. Giornalista, 42 anni, Manuel Poletti è direttore di un settimanale delle coop che ha ricevuto mezzo milione di euro di contributi pubblici. «Facile difendere #JobsAct e #voucher quando persino tuo figlio ha azienda che campa grazie a contributi editoria pagati dallo Stato», aveva scritto qualcuno su Twitter cercando di difendere i giovani che cercano fortuna e professionalità fuori dai confini nazionali. E con una nota la Lega Nord ha annunciato di voler presentare un esposto in Procura e alla Guardia di Finanza per verificare «la regolarità dei contributi all’editoria concessi a Poletti jr con suo padre nel ruolo di ministro».

Edited by Rotwang
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Basta sondaggi. L'ultima volta hanno previsto un testa a testa tra il sì e il no al referendum costituzionale.

 

Soprattutto se simulato con i dati del 2013 come in quel caso, da allora è cambiato praticamente tutto, soprattutto gli equilibri locali. La Toscana non è più rossa da un bel pezzo (vedere le ultime amministrative) mentre la Campania si è decisamente spostata a sinistra negli ultimi 2-3 anni (specie il casertano).

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ANSA

Con l'apertura al traffico della Galleria Larìa (Cosenza), si concludono i lavori (avviati nel 1955) per la realizzazione della Salerno-Reggio Calabria, percorribile tutta a tre e due corsie per senso di marcia con standard autostradali. Per inaugurarla, il Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e il Presidente di Anas Gianni Vittorio Armani stanno percorrendo tutto il tracciato, insieme ai giornalisti. Il viaggio si conclude a Villa San Giovanni, alla presenza del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.


Anas, d'intesa con il Governo e il Ministero delle Infrastrutture e trasporti, ha già avviato un Piano di manutenzione da oltre 1 miliardo di euro, già interamente finanziato, per la realizzazione di interventi su un tratto di 58 km compreso tra le province di Cosenza e Vibo Valentia, in tratti già caratterizzati da quattro corsie e standard autostradali. Inoltre la A3 si prepara a diventare la prima smart road italiana predisposta per la prossima guida autonoma. È in fase avanzata la gara da 20 milioni di euro che prevede la fornitura e la posa in opera di sistemi e postazioni per l'implementazione di infrastrutture tecnologiche avanzate per l'infomobilità e la sicurezza sull'intero itinerario. Un piano di interventi serrato, che si concluderà nel 2020. Si tratta di un progetto ad alto contenuto innovativo, tra i primi al mondo nel settore stradale e unico per l'estensione ad un tracciato autostradale di oltre 400 km. La tecnologia Smart Road dota le arterie stradali di infrastrutture Wireless di ultima generazione che permetteranno il dialogo autostrada-utente e autostrada-veicolo.

Anas ha voluto inoltre che lungo l'autostrada nascesse 'La bellezza del Creato', un luogo di preghiera dedicato a tutte le confessioni del Mediterraneo, dove onorare la memoria di coloro che hanno perso la vita lavorando alla realizzazione dell'A3 nel corso di entrambe le fasi storiche: dal 1962 al 1972, periodo della sua realizzazione, e dal 1998 al 2016, durata del suo ammodernamento. Questo angolo di raccoglimento e preghiera sorgerà a Villa San Giovanni, in un'area di proprietà di Anas, in un luogo che simboleggia la porta d'ingresso al continente e che collega l'autostrada agli imbarchi per la Sicilia. Il bando di gara, per la progettazione definitiva ed esecutiva del progetto, per un importo complessivo delle opere stimato in circa 3 milioni e mezzo di euro, è stato pubblicato a fine ottobre. È in corso l'analisi delle offerte.

Edited by Rotwang
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ha già avviato un Piano di manutenzione da oltre 1 miliardo di euro, già interamente finanziato, per la realizzazione di interventi su un tratto di 58 km compreso tra le province di Cosenza e Vibo Valentia

 

Cioè già si riprende a spendere XD

 

Non ce ne libereremo mai...Lol

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La Stampa

A Palazzo Grazioli gli azzurri la chiamano già «operazione Lassie». «Vedrete nel giro di qualche settimana riavremo almeno 60 senatori e 70 deputati», sorrideva un raggiante Silvio Berlusconi davanti ai suoi nella Sala Koch del Senato. L’ex premier è tornato sulla scena politica dalla porta principale. Ammicca al neopremier Gentiloni, «è una persona perbene, è un gentiluomo». Elogia il Capo dello Stato. E allontana i lepenisti come Salvini e Meloni perché «con quei due non si va oltre il 20 per cento». La fine del Patto del Nazareno, all’indomani dell’elezione di Sergio Mattarella, aveva allontanato un numero considerevole di parlamentari da Forza Italia. Portando così alla nascita di Ala, il gruppo di Denis Verdini. Oggi lo scenario è mutato. Ecco dunque la nuova strategia: far tornare tra le file azzurre chi ha abbandonato la casa madre. 

 

Berlusconi ha gioco facile. La creatura di Verdini è in agitazione per la squadra dei sottosegretari. «Se non ce ne daranno almeno quattro è inutile continuare a stare qui. Meglio ribussare alla porta del presidente Berlusconi», tuona uno dei fedelissimi dell’ex plenipotenziario del Cavaliere. Fra poco il gruppo di Ala potrebbe già implodere. Scalpitano i siciliani Giuseppe Compagnone e Antonio Scavone. Si lamentano Ciro Falanga ed Eva Longo che consideravano cosa fatta un posto nell’esecutivo di Gentiloni. Domenico Auricchio, altro verdiniano, ha disertato una riunione ed è stato avvistato al Senato a pochi metri dalla sala dove Berlusconi aveva convocato i suoi parlamentari: «Aspetto che finisca la riunione per fare gli auguri di buon Natale al presidente». Qualcuno parla di mugugni e malumori che presto rientreranno. Altri assicurano che «dopo le feste il gruppo di Verdini sarà più dimezzato». Il motivo? Gli istituti di ricerca attestano Ala «sotto lo 0,5%», fa sapere Paolo Natale di Ipsos. Entrare in Parlamento sarà un’impresa. E così Forza Italia torna ad essere attrattiva perché con un sistema elettorale di tipo proporzionale il Cavaliere garantirebbe una delegazione di almeno 100/120 parlamentari. 

 

L’operazione «Lassie» non si ferma a Verdini, ma investe anche il partito di Angelino Alfano. Compagine da sempre divisa fra chi si dice pronto ad entrare nel Pd o nel partito della nazione, e chi afferma di essersi pentito di aver lasciato Berlusconi. Fra gli azzurri e Area popolare i contatti sono continui. Maurizio Lupi dialoga con lo stato di maggiore degli azzurri. L’ex premier avrebbe chiesto a Renato Schifani di fare scouting fra gli ex «compagni» di Ncd a Palazzo Madama. Giuseppe Esposito, vice presidente del Copasir, è in cima alla lista dei sospettati, ovvero di coloro che guardano con interesse alla nuova stagione degli azzurri. Stesso discorso vale per i calabresi Piero Aiello e Giovanni Bilardi, e per i deputati Paolo Alli, Filippo Piccone e Antonio Marotta. Anche Roberto Formigoni, dopo la condanna a 6 anni per corruzione, sarebbe disponibile a riallacciare i rapporti con il patron Mediaset. Non finisce qui. Un paio di parlamentari vicini a Raffaele Fitto sarebbero in contatti con gli sherpa di Berlusconi.

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Corriere della Sera

«Ho letto sul Corriere della svolta trumpiana di Beppe Grillo in materia di immigrazione. Posso solo dire che non mi sorprende. Ha a che fare con l’esigenza di velare le magagne del Campidoglio, certo. Ma non solo: c’è molto di più. I populismi tendono a occupare l’intero spettro politico, di destra, di centro e di sinistra. La loro identità è la paura che si è annidata e sedimentata nell’opinione pubblica. E Grillo è tra quanti la stanno sfruttando meglio, anche grazie agli errori di chi dovrebbe contrastarlo». Romano Prodi è un osservatore attento delle tendenze di lungo periodo del mondo occidentale. Le ha potute misurare da presidente della Commissione europea dal 1999 al 2004. Poi da presidente del Consiglio italiano dal 1996 al 1998, e di nuovo dal 2006 al 2008. E adesso continua a seguirle da economista che si divide tra Italia e Cina, con lo sguardo critico di chi non scorge ancora anticorpi né antidoti.

A suo avviso negli ultimi anni il Movimento 5 Stelle si è rafforzato o indebolito?
«Si è rafforzato senza dubbio, come tutti i populismi del mondo occidentale. D’altronde, quando si sente dire che occorre fare una legge elettorale perché tutti hanno paura di favorire Grillo, significa che il suo movimento va avanti; e che gli strumenti usati finora per fermarlo si sono rivelati inadeguati».

Ma è giusto fare una legge elettorale per fermare Grillo? 
«Assolutamente no. Guai a muoversi in questa logica. Le leggi elettorali debbono essere per sempre, comunque per un lungo periodo. La mia esperienza mi dice che approvarne una dettata da un interesse a breve termine di solito finisce per ritorcersi contro chi la fa».

Lei ha delle preferenze? 
«Ne ho avute diverse in periodi diversi. In questa fase sono favorevole a una rivisitazione del cosiddetto Mattarellum. Credo sia l’unica maniera per ricreare un minimo di rapporto tra elettori e eletti».

L’obiezione è che in un sistema tripolare come il nostro non funziona: ricrea artificiosamente il bipolarismo. 
«La mia preoccupazione è che la democrazia torni a essere più rappresentativa possibile. Ebbene, credo che il Mattarellum spingerà i partiti a mettere in campo candidati decenti, in grado di essere riconosciuti in collegi uninominali non troppo grandi. E in grado di vincere, anche se non voglio pormi solo il problema di chi vince o chi perde».

Sembra che i movimenti populisti si candidino a governare, in Italia come in Francia.
«Da mesi riflettevo sui grandi elementi unificanti che accomunano i cosiddetti populisti nel mondo. Mi verrebbe da dire che sono Donald Trump e gli Stati Uniti a seguire l’Europa, non viceversa. Ma la base di partenza è comune: la crisi del modo in cui si esprime la volontà popolare, e l’approccio col quale sono state gestite le crisi economiche e le disparità crescenti di reddito. Purtroppo, ci si è mossi quasi sempre facendo prevalere l’ottica elettorale, e con provvedimenti proiettati nel breve periodo. Questo ha dato fiato ai movimenti populisti».

È d’accordo con la tesi che questa lunga crisi avrà uno sbocco di destra, che in fondo Grillo anticipa? 
«L’accentuazione della polemica contro gli immigrati asseconda una richiesta di ordine ed è nella direzione di una spinta vigorosa di destra. Ma credo non si possa semplificare troppo. Movimenti di destra come quello francese di Marine Le Pen scelgono temi di uguaglianza e giustizia sociale per coprire anche spazi di sinistra. E populisti etichettabili di sinistra come Grillo si buttano a destra per abbracciare ogni elemento della protesta antisistema».

Insomma, l’uscita a destra non è scontata.
«Be’, diciamo che non si può prevedere, proprio per l’analisi che stavo facendo. Per esempio, la richiesta di un salario minimo non è di destra. Lo è certamente la forza evocativa dell’immigrazione associata al terrorismo di matrice islamica. Ma credo che sia una miscela nella quale si sommano elementi opposti, in una fase drammatica nella quale a emergere è soprattutto la progressiva distruzione della classe media. Con la paura e la richiesta di sicurezza come elementi fondamentali».

Non crede a un asse con la Lega, dunque. 
«Ci può essere magari un’alleanza strumentale col Carroccio, ma il M5S per avere vera forza elettorale deve interpretare l’insoddisfazione in modo generale e esclusivo. Direi onnicomprensivo. E dunque andando al di là di categorie tradizionali come destra, sinistra e centro. La Lega è rimasta ancorata a una rappresentanza parziale, non ha capito il nuovo populismo. Esprime una forza specifica, certo con un’appartenenza forte; ma limitata. Al contrario, il nuovo populismo europeo e statunitense allargano sempre di più l’orizzonte degli interlocutori, e incidono su una gamma sempre più vasta di sensibilità».

Il fatto che oggi la cultura populista stia conquistando segmenti di opinione pubblica non tradizionalmente populisti non impone di cambiare categoria e anche lessico, di inquadrare il fenomeno in termini nuovi? 
«Qui non è questione solo di lessico. Il problema è che la gente ha paura: talmente paura che non protesta nemmeno più. Pensiamo a quello che sarebbe successo vent’anni fa con l’indebolirsi delle prestazioni del nostro sistema sanitario, che pure in alcune zone del Paese rimane tra i migliori del mondo. Quando una crisi economica si prolunga per sette o otto anni, non si può separare la ricostruzione dei sistemi istituzionali da politiche concrete. Le tensioni istituzionali nascono dall’esistenza di un’angoscia personale profonda e diffusa».

Secondo lei, in Italia vicende come quella del Monte Paschi di Siena influiscono su questa inquietudine di fondo? 
«La vicenda del Monte dei Paschi di Siena è l’esempio tipico di quello che è successo e che sta accadendo. Sono fatti che alimentano la grande paura. Si tratti di Mps o di Banca Etruria, danno corpo a un’ansia nuova. Dieci anni fa chi temeva che mettendo i soldi in banca poteva perderli? Nessuno prima mi veniva a chiedere: professore, rischio se lascio i soldi in banca? Non è solo questione se si guadagna un po’ di più o di meno. La gente teme di perdere tutto quello che ha. In un momento di stagnazione economica domina la paura di vedere volar via i risparmi di una vita».

Il risultato del referendum costituzionale del 4 dicembre ha a che fare con tutto questo? 
«Credo che si discosti poco da quanto ho detto finora. È parte di una progressiva estraneità del popolo rispetto alle riforme. È successo in Italia un fenomeno simile a quello che si registrò con la bocciatura della Costituzione europea in Francia nel 2005. Il popolo non votò pro o contro il Trattato, ma contro il presidente di allora, Jacques Chirac».

Sentendola parlare, si intravede una lunga linea di continuità: la crescita progressiva di un fenomeno per almeno dieci anni, che non si è riusciti a vedere in tempo.
«Più di dieci anni. È dal 1985 che le disparità di reddito crescono, non dal 2007-2008. Sono i frutti del periodo post-Reagan e post-Thatcher. E per vent’anni si è detto che quello che andava bene agli imprenditori e ai banchieri avrebbe arricchito tutti. E gli accademici annuivano. Ora ci si rende conto dell’errore. Ma i populismi sono in ascesa, perché nessuno sembra in grado di riprendere una discussione a 360 gradi e di contestare un modello di potere verticale che ha fallito. Non si discute più nelle assemblee, nei partiti, in Parlamento. Né basta dire: ma i populisti non hanno programmi. E perché dovrebbero averne? A loro interessa demolire, e poi si vedrà».

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È dal 1985 che le disparità di reddito crescono, non dal 2007-2008. Sono i frutti del periodo post-Reagan e post-Thatcher. E per vent’anni si è detto che quello che andava bene agli imprenditori e ai banchieri avrebbe arricchito tutti. E gli accademici annuivano. Ora ci si rende conto dell’errore. Ma i populismi sono in ascesa, perché nessuno sembra in grado di riprendere una discussione a 360 gradi e di contestare un modello di potere verticale che ha fallito. Non si discute più nelle assemblee, nei partiti, in Parlamento. Né basta dire: ma i populisti non hanno programmi. E perché dovrebbero averne? A loro interessa demolire, e poi si vedrà».

ineccepibile

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In questa fase sono favorevole a una rivisitazione del cosiddetto Mattarellum.

 

il Mattarellum secondo me è l'unica legge elettorale possibile: qualcosa di già collaudato, approvabile ritoccando i collegi negli esigui tempi residui della legislatura

tutti quelli che credono di poter mettere in piedi una legge elettorale ex novo, magari di impianto proporzionale, nella situazione politica attuale sono a mio avviso fuori dalla realtà

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il Mattarellum secondo me è l'unica legge elettorale possibile: qualcosa di già collaudato, approvabile ritoccando i collegi negli esigui tempi residui della legislatura

tutti quelli che credono di poter mettere in piedi una legge elettorale ex novo, magari di impianto proporzionale, nella situazione politica attuale sono a mio avviso fuori dalla realtà

 

A me sembra la peggiore legge elettorale in assoluto il Mattarellum. Basta essere più radicati sul territorio da avere una maggioranza bulgara magari prendendo il 35% di voti... Una legge pesantemente antidemocratica e da rigettare subito.

 

L'unico sistema è il proporzionale puro, introducendo un minimo di sbarramento (3-4%).

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@@Fabius81, impeccabile direi... impeccabile a dire sempre l'esatto contrario di come stanno le cose o dovrebbero essere.

 

Leggi qui : http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/12/22/mattarellum-avanti-centodestra-la-simulazione-sui-voti-del-2014/

 

ti sembra una legge equa una che chi ha preso meno voti prenda 25 seggi in più? o che chi ha preso appena il 4% scarso in meno ottenga la metà scarsa dei seggi?

 

Penso che peggio del Mattarellum esista solo la "legge Acerbo" del 1924...

 

Una legge anti-democratica e pericolosissima...

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Una legge anti-democratica e pericolosissima...

 

Qualsiasi legge non proporzionale per te equivale a una deriva autoritaria pericolosissima, segno che tu un libro di storia o politica non l'hai mai aperto, altrimenti queste boiate non le scriveresti e sapresti che per ben mezzo secolo abbiamo avuto proporzionalismo puro, nessun governo duraturo, la DC che predominava, tutti i partiti in Parlamento ed esecutivi debolissimi, ricattabilissimi su qualsiasi cosa, come ha detto il buon conrad, chi vuole il proporzionalismo convinto di una democraticità e bontà di tale sistema elettorale ci è o ci fa, ci vuole invece una legge minimamente maggioritaria per garantire governabilità e distinguere tra vincitori e perdenti a qualsiasi tornata elettorale. Vince la destra? Chi se ne frega, destra non è uguale fascismo.

Edited by Rotwang
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Qualsiasi legge non proporzionale per te equivale a una deriva autoritaria pericolosissima, segno che tu un libro di storia o politica non l'hai mai aperto, altrimenti queste boiate non le scriveresti e sapresti che per ben mezzo secolo abbiamo avuto proporzionalismo puro, nessun governo duraturo

 

Il proporzionale è l'unica forma democratica e che garantisce la rappresentatività reale dell'elettorato. Nella prima repubblica il Partito Repubblicano o il Partito dei Contadini prendevano l'1%, bene era giusto che avessero l'1% dei seggi. Se nella seconda repubblica il Centro Democratico o l'Unione di Centro prendono altrettanto è giusto che abbiano quei 5-6 seggi che gli aspettano.

 

Prendere la maggioranza dei seggi avendo ottenuto magari il 30% dei voti è una dittatura della minoranza, abbiamo già due leggi elettorali orribili che sono quelle delle regioni e dei comuni superiori : nel primo caso puoi diventare presidente con meno del trenta per cento, nel secondo è possibile che al ballottaggio vinca uno che ha preso al primo turno il 15% contro uno che ha preso il 49% (casi di Parma e Messina tanto per non fare nomi).

 

Se poi nazioni come gli Stati Uniti o la Francia hanno leggi elettorali orribili non è certo il medico che ci impone di copiarle. L'Olanda ha il proporzionale puro senza sbarramento, eppure non mi sembra un paese economicamente allo sfascio.

Edited by Fabius81
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Sono sconcertato e non continuo oltre, tornare ad un sistema simile sarebbe un suicidio politico per tutti e per il Paese, meglio aprire un libro, dammi retta.

Edited by Rotwang
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Basta essere più radicati sul territorio

 

Beh questa è la logica di ogni sistema maggioritario uninominale

ma tutti i partiti si organizzerebbero per poter competere in questa

ottica

 

Non è che puoi assumere la fotografia statica di una elezione del

passato e poi applicarla ad un nuovo sistema, cercando di prevedere

gli esiti ( poi in Italia dove già il partito di Monti che prese il 10% non

esiste più, il M5S candida emeriti sconosciuti ed il CDX non ha neanche

un candidato premier diventa arduo prevedere il risultato )

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La Repubblica 

Cosa accadrebbe ai conti pubblici se tutta la Pubblica amministrazione dello Stivale operasse con la stessa efficienza che si vede nella Provincia autonoma di Trento? Avremmo un reddito nazionale più alto di 30 miliardi all'anno, la cifra che rappresenta una manovra finanziaria o basta a salvare cinque Monte dei Paschi.

E' il dato al quale è arrivata la Cgia di Mestre ragionando sull'inefficienza della Pa in base a uno studio realizzato dal Fondo Monetario Internazionale datato luglio 2015. Il risultato: "Se la nostra amministrazione pubblica avesse in tutta Italia la stessa qualità nella scuola, nei trasporti, nella sanità, nella giustizia, etc. che ha nei migliori territori del Paese, il Pil nazionale aumenterebbe di 2 punti (ovvero di oltre 30 miliardi di euro) all'anno", dicono gli artigiani di Mestre.

I dati fanno il paio con quelli contenuti in un'indagine della ue sulla qualità dell'amministrazione pubblica a livello territoriale, che "conferma il forte divario esistente tra il Nord e Sud del Paese sulla qualità/quantità dei servizi erogati", spiega l'Ufficio studi della Cgia. "Rispetto ai 206 territori rilevati da questo studio, ben 7 regioni del Mezzogiorno si collocano nelle ultime 30 posizioni: la Sardegna al 178° posto, la Basilicata al 182°, la Sicilia al 185°, la Puglia al 188°, il Molise al 191°, la Calabria al 193° e la Campania al 202° posto. Solo Ege (Turchia), Yugozapaden (Bulgaria), Istanbul (Turchia) e Bati Anadolu (Turchia), presentano uno score peggiore della Pa campana. Tra le realtà meno virtuose troviamo anche una regione del Centro, vale a dire il Lazio, che si piazza al 184° posto della graduatoria generale".

Se si va invece tra le migliori 30 regioni europee, l'Italia è assente: per trovare la prima realtà, ovvero la Provincia autonoma di Trento, bisogna scorrere fino al 36° posto della classifica generale. La Provincia autonoma di Bolzano si trova al 39°, la Valle d'Aosta al 72° e il Friuli Venezia Giulia al 98°. Appena al di sotto della media Ue troviamo al 129° posto il Veneto, al 132° l'Emilia Romagna e di seguito tutte le altre. Nella classifica generale, la Pa italiana si colloca al 17° posto su 23 paesi analizzati. Solo Grecia, Croazia, Turchia e alcuni paesi dell'ex blocco sovietico presentano un indice di qualità della Pa inferiore al nostro. A guidare la classifica, invece, sono le Pa dei paesi del nord Europa (Danimarca, Finlandia, Svezia, Paesi Bassi).

Conclude il Segretario della Cgia, Renato Mason: "La sanità al Nord, le forze dell'ordine, molti centri di ricerca e istituti universitari italiani presentano delle performance che non temono confronti. Tuttavia è necessario migliorare l'efficienza media dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche, affinché siano sempre più centrali per il sostegno della crescita, perché migliorare i servizi vuol dire migliorare il prodotto delle prestazioni pubbliche e quindi l'impatto dell'attività amministrativa sullo sviluppo del Paese". 

Dove ha vinto il No fascismo e mafia governano insieme (tutta la Penisola che vota Grillo e Alessandra Mussolini), dove ha vinto il Sì (Milano, Bologna e regioni ricche e progredite come il Trentino e l'Emilia) si è avanti anni luce rispetto al Paese medievale e borbonico italiano, perché?

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Approvare una legge proporzionale ora sarebbe da incoscienti e produrrebbe il caos.

 

Meglio il mattarellum.

 

Con la situazione attuale però credo che neanche il mattarellum da solo garantirebbe una maggioranza e quindi una situazione di governabilità e stabilità.

 

Personalmente sosterrei il mattarellum 2.0 che era stato proposto dalla minoranza Pd.

In sostanza un mattarellum (quindi 75% dei seggi con maggioritario uninominale e 25% dei seggi con il proporzionale) ma con l'aggiunta di un premio di maggioranza di natura fissa pari a 90 seggi (circa il 15% dei seggi) da ottenere nella quota proporzionale.

 

In questo modo si darebbe un'ulteriore garanzia di stabilità e governabilità.

Edited by Sbuffo
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Approvare una legge proporzionale ora sarebbe da incoscienti e produrrebbe il caos.

 

....

 

Personalmente sosterrei il mattarellum 2.0 che era stato proposto dalla minoranza Pd.

In sostanza un mattarellum (quindi 75% dei seggi con maggioritario uninominale e 25% dei seggi con il proporzionale) ma con l'aggiunta di un premio di maggioranza di natura fissa pari a 90 seggi (circa il 15%) da ottenere nella quota proporzionale.

 

In questo modo si darebbe un'ulteriore garanzia di stabilità e governabilità.

Ai partiti ora conviene il proporzionale o il maggioritario ?

 

Il tuo mattarellum 2.0 in pratica istaura la dittatura del partito di maggioranza relativa.

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La dittatura non c'entra niente, non usiamo parole a caso, semplicemente è una garanzia in più per favorire la stabilità e la governabilità.

 

Ad ogni partito conviene una cosa diversa, non c'è un sistema che convenga a tutti in egual modo.

 

Però penso che si debba guardare a cosa conviene al paese, non cosa convenga ai singoli partiti.

Io penso che la governabilità e la stabilità siano la priorità.

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All'italia converrebbe avere dei partiti che collaborano a far andare avanti assieme il paese ma queste premesse non ci sono.

 

un partito che ha meno del 50% di chi vota ha la maggioranza in entrambe le camere puo' imporre le,sue leggi e dunque si puo' parlare di dittatura di questo partito.

 

Il fatto e' che il pd crede di avere la maggioranza relativa nelle elezioni che verranno ma non e' detto che sara' cosi'.

Edited by marco7
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Ma quello non si può fare con una legge elettorale (e quello sarebbe per altro auspicabile indipendentemente dal tipo di legge elettorale).

 

Io parlo di quello che si può fare con una legge elettorale.

 

Stabilità e governabilità possono essere favorite da una legge elettorale.

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La certezza al 100% non ci può mai essere in politica, però si ci sono sistemi elettorali che favoriscono la stabilità e la governabilità e sistemi elettorali che invece favoriscono la frammentazione e quindi l'instabilità e l'ingovernabilità.

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Il maggioritario favorisce al massimo la governabilita' durante una unica legislatura.

 

Il governo dopo poi se ha voglia sfascia tutto come dovrebbe avvenire ora in america con trump.

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Il sistema istituzionale americano è diverso perchè sono una repubblica presidenziale e non parlamentare come noi, cmq sono i cittadini con il loro voto che scelgono a chi dare la maggioranza, se reputano che la legislazione precedente non è stata soddisfacente e reputano che la maggioranza precedente non ha lavorato bene decidono di cambiare rotta affidando la maggioranza ad altri.

 

Mi sembra che gli Stati Uniti non se la passino poi male visto che sono la principale potenza mondiale, mi sembra che il loro sistema abbia funzionato bene.

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