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La grande rinuncia maschile


Rotwang

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Il parlamento britannico ha discusso il contenuto di una petizione che ha raccolto oltre 150mila firme e che chiede di rendere illegale per le aziende del Regno Unito obbligare le dipendenti donne a indossare scarpe con il tacco. La petizione era partita da una protesta di Nicola Thorp, una receptionist di Londra che si era rifiutata di portare i tacchi sul lavoro, e che per questo era stata licenziata. Thorp aveva denunciato quello che era successo e ne era nata una campagna online che si è conclusa con la raccolta firme che ha vincolato il parlamento a discutere la possibilità di fare una legge apposita. Per ora non è stato deciso niente di significativo, ma diversi parlamentari britannici hanno sostenuto la petizione. La ministra per le Donne e per l’uguaglianza, Caroline Dinenage, ha chiesto ai datori di lavoro di rivedere i propri dress code, e che vengano rinnovati in quei casi in cui corrispondano ancora a «dubbi obblighi lavorativi da anni Settanta».

Sono solo le donne a essere obbligate a indossare i tacchi sul posto di lavoro, ma in realtà fino a un po’ di tempo fa i tacchi erano un accessorio anche e soprattutto maschile: tanto che tra il 2015 e il 2016 il Bata Shoe Museum di Toronto, in Canada, ha dedicato ai tacchi nelle scarpe per uomini la mostra “Standing Tall”. Tra le prime testimonianze che ci sono arrivate riguardo all’utilizzo dei tacchi c’è quella degli attori di teatro greci o romani, che li usavano quando volevano apparire più alti. In quel caso i tacchi erano però praticamente dei costumi: tra i primi che sappiamo con certezza che li usarono per motivi pratici ci furono i cavalieri persiani, che sfruttavano una protuberanza sulla parte posteriore delle proprie calzature per potersi reggere stabilmente sulle staffe, e rimanere fermi mentre tiravano le frecce dai propri archi. Alla fine del Cinquecento, lo scià persiano Abbas il Grande, che disponeva della più grande cavalleria al mondo, inviò dei suoi emissari in Russia, in Germania e in Spagna per cercare di stringere un’alleanza contro l’Impero Ottomano. Tra le aristocrazie europee ci fu un periodo di forte fascinazione verso gli oggetti, l’arte e la cultura persiani, e fu probabilmente in questo momento che i tacchi vennero adottati fuori dal Medio Oriente. A facilitare la diffusione dello stile persiano contribuirono anche i commerci con l’Asia, che nel Seicento furono attivi come mai prima.

Chiunque li abbia indossati una volta nella vita sa che i tacchi sono molto, molto scomodi, e che non sono pratici per fare sostanzialmente nessuna attività. Originariamente fu proprio questo il motivo della loro diffusione tra l’aristocrazia, che rivendicava una posizione sociale che consentiva loro di non dover fare niente di pratico. Portare i tacchi voleva dire dimostrare di potersi permettere di indossare una calzatura scomoda. Più i tacchi erano alti, meno erano pratici, maggiore era lo status sociale rivendicato. La maggiore altezza era un modo per distinguersi dagli strati socialmente inferiori della popolazione, tra i quali i tacchi cominciavano a diffondersi. Luigi XIV, il Re Sole, vissuto tra il 1638 e il 1715, fu uno dei più famosi indossatori di tacchi della storia, con i quali aumentava la sua statura, di soli 1,63 metri. Arrivò perfino a emanare una legge per limitare l’uso dei tacchi rossi – il colore associato alla ricchezza, per il costo del pigmento – ai membri della sua corte.

All’inizio, furono gli uomini a adottare i tacchi, cercando di imitare l’aspetto virile dei cavalieri persiani. Ma nella prima metà del Seicento tra le donne dell’aristocrazia europea nacque la moda di adottare elementi dell’abbigliamento maschile, e i tacchi iniziarono a essere portati anche da donne e bambini. A Venezia si diffusero le “chopine”, un tipo di scarpe con una zeppa molto alta, che servivano anche a proteggere dall’acqua alta, e che venivano indossate sia dalle donne nobili sia – in questo caso con zeppe molto più alte – da donne di strati sociali più bassi. Le chopine avevano quindi una qualche finalità pratica, ma servivano anche a testimoniare il proprio status sociale, nel caso di quelle alla moda e più basse. Per circa un secolo, ha spiegato a BBC Helen Persson del Victoria and Albert Museum di Londra, la moda per quanto riguarda le calzature fu molto simile per uomini e donne. Alla fine del Seicento, però, i tacchi degli uomini cominciarono a diventare più robusti, bassi e squadrati, mentre quelli delle donne diventarono più fini e aggraziati.

Se gli uomini hanno smesso di portare i tacchi, tornando a calzature più comode, lo devono all’Illuminismo, il movimento filosofico nato in Francia nel Settecento. La razionalità e la praticità diventarono più importanti dell’apparenza e dell’esibizione dei privilegi, e questo si tradusse, nella moda, nella cosiddetta “Grande rinuncia maschile”: gli uomini abbandonarono progressivamente accessori e orpelli superflui come i gioielli e i capi dai colori sgargianti, adottando indumenti sempre più sobri che non servivano più a sbandierare la propria ricchezza. Molti capi d’abbigliamento e accessori, in questo modo, diventarono una prerogativa delle donne, e le diversità tra gli indumenti maschili e quelli femminili si accentuarono moltissimo. Elizabeth Semmelhack del Bata Shoe Museum di Toronto ha spiegato che «cominciò una discussione su come gli uomini, indipendentemente dall’estrazione sociale, potessero diventare cittadini se propriamente educati. Le donne, al contrario, erano viste come emotive, sentimentali e non educabili. La desiderabilità femminile cominciò a essere costruita in termini di irrazionalità nella moda e i tacchi alti – separati dalla loro funzione originale per andare a cavallo – diventarono uno dei principali esempi di abbigliamento scomodo». Entro la metà del Settecento, gli uomini avevano smesso di portare i tacchi, che erano diventati un accessorio da donne. Ci sono comunque anche ragioni meno progressiste dietro la progressiva scomparsa dei tacchi nelle scarpe da uomo: nel Settecento, chi continuava a portarli veniva spesso considerato effemminato, o accusato di voler aumentare la propria altezza per gareggiare con Dio.

Con la Rivoluzione francese cominciò un periodo in cui scomparvero anche dalla moda femminile, per ritornare poi a metà dell’Ottocento. Tra i primi ad adottarli ci furono i fotografi di nudi femminili, che cominciarono a ritrarre donne senza vestiti, solo con i tacchi, per farne immagini pornografiche. Secondo Semmelhack è per questo che ancora oggi i tacchi hanno una connotazione erotica accentuata. Tra l’Ottocento e il Novecento, i tacchi si sono diffusi in tutto il mondo tra le donne, mentre poche categorie di uomini hanno continuato a portarli. Tra le eccezioni principali, ci sono stati i cowboy e le rockstar, con i loro stivali in pelle con il tacco rialzato: secondo Quartz, questo ha in qualche modo a vedere con il fatto che sono due gruppi di uomini molto sicuri riguardo alla propria sessualità. Per gli stivali da cowboy, poi, c’erano in origine praticità legate all’andare a cavallo, come già succedeva con i persiani secoli prima. Tra i più famosi cantanti che portarono scarpe con i tacchi ci furono Bob Dylan e John Lennon. In molti casi i tacchi furono usati esattamente per sovvertire i concetti di sessualità e di diversità di genere occidentali: David Bowie (e in generale tutti i musicisti di glam rock), Elton John o Prince, per fare degli esempi.

 

 

La mascolinizzazione dell'abbigliamento "maschile" che conosciamo oggi, è avvenuta nell'epoca post-illuminista e delle Rivoluzioni industriali. Sarà eradicata da nuove mode più inclusive dei sessi e dei generi e non sarà certo una "femminilizzazione" denunciata dai conservatori, gli stessi che guardano ancora con nostalgia a certi aspetti dell'Antico Regime.

Edited by Rotwang
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La tendenza è quella del genderless, dell'abbigliamento privo di connotati sessuali, tuttavia è un superamento solo apparente.

 

Ciò che sta avvendo - con l'entrata definitiva delle donne nel lavoro, in ogni ambito, ormai da oltre sessant'anni - è una mascolinizzazione dell'abbigliamento femminile in ambito lavorativo, in quello quotidiano (casual) e nelle mode giovanili (che tendono ad essere unisex sì, ma avendo quale modello ideale i più pratici e semplici vestiti maschili). Es. Per una donna in carriera, sarà comunque più comodo il pantalone rispetto alla gonna; per le attività quotidiane, si preferiranno i pantoloncini o gli jeans alle tuniche, e così via.

 

In realtà, poi, non mi convincono molto questi discorsi sull'uniformizzazione del genere nell'abbigliamento. Come dissi già in un altro topic, tutti noi sapremmo riconoscere una scarpa, un pantalone, una camicia o un maglione nella versione da donna e nella versione da uomo. In altra parole, il capo può essere simile, ma sarà personalizzato in base al genere (sia per motivi culturali - decorato con paiette, ecc. - sia per motivi di effettive differenze fisiche tra i due sessi - misure medie, ecc.).

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I tacchi servono chiaramente per alzare le donne slanciarle e mettere in evidenza il culo, tutte cose delle quali normalmente gli uomini non hanno bisogno, berlusconi a parte

 

cmq vedremo se un giorno le femministe italiane proveranno a proibirli sul luogo di lavoro, come reagiranno le avvocatesse

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SerialHenry

In merito alla petizione concordo: portare i tacchi può essere molto doloroso a chi non è abituato (c'è comunque tacco e tacco) oltre al fatto che è aberrante che una tortura simile tocchi solo alle donne. Oggi la modo è talmente vasta che si può trovare una valida alternativa.

 

 

L’abbigliamento “senza genere” è solo brutto e triste abbigliamento maschile… vi ricordate la linea genderless proposta da Zara?

 

Credo che le calzature col tacco, gli stivali in particolare, siano una delle cose più belle da vedere sulle gambe tornite di un uomo… uno come Jason Statham sarebbe ancora più figo con degli stivali sopra il ginocchio altroché Crank. Stesso discorso per il make up che ormai si dovrebbe utilizzare anche per definire e risaltare i tratti maschili del volto…

 

Peccato aver già scordato una dei grandi precetti degli anni 00s: “Puoi fare qualsiasi cosa ti venga in mente e puoi farlo sui tacchi”. Lo disse Kimora Lee Simmons.

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  • 3 months later...

Il tacchi su un maschio etero gli permettono di attrarre donne emancipate e sofisticate,

se li mette un maschio gay attrae solo over 60 sposati e solo attivi.

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Secondo uno psicologo che sentii anni fa alla radio i tacchi alti nelle donne che li portano indicano la loro disponibilita' sessuale agli uomini.

Edited by marco7
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24 minutes ago, marco7 said:

 

Secondo uno psicologo che sentii anni fa alla radio i tacchi alti nelle donne che li portano indicano la loro disponibilita' sessuale agli uomini.

 

Ospite speciale di una tavola rotonda sullo stupro organizzata da Radio Maria, suppongo

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No era ospite della trasmissione millevoci della radio della svizzera italiana, trasmissione che va in onda tra le 11 e le 12.

Edited by marco7
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