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Coming out: espressione deleteria?


quarzo

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Volevo parlare di un argomento in senso lato, utilizzando il "coming out" come esempio esplicito.

 

Secondo me è molto importante il nome che si da alle cose. Le parole non sono cose neutre, senza effetti: esse cambiano completamente il modo che abbiamo di percepire e quindi vivere la realtà.

 

Consideriamo ora l'espressione "coming out (of the closet)".

Che cosa presume questa espressione? Che cosa, di questa espressione c'è, ma non viene detto esplicitamente?

 

1. Innanzi tutto che c'è qualcosa "in the closet" cioè nascosto: un segreto.

Si badi bene che non viene implicitamente presupposto che ci sia qualcosa di privato, bensì qualcosa di segreto. Voglio mettere in luce una differenza particolare tra un "qualcosa di segreto" e un "qualcosa di privato" con una domanda:

- Perchè una cosa deve restare privata? Risposta: "Perchè sono cazzi miei"

- Perchè una cosa deve restare segreta? Risposta: "Perchè è qualcosa di negativo, immorale"

 

Quindi voglio mettere in luce il primo aspetto del mio topic: il concetto della segretezza si sovrappone al concetto dell'immoralità. Quindi il termine di "coming out" nasce evidentemente da persone che vivono negativamente lo scoprirsi omosessuali o, per la precisione, da persone che la ritengono una cosa segreta e quindi implicitamente negativa.

 

Perchè dobbiamo tenerci questo termine letteralmente schizzofrenico?

 

 

2. Il termine "coming out" concentra l'attenzione su un momento topico particolare, cioè il momento esatto in cui si pronunceranno le parole "sono omosessuale" (in tutte le varianti possibili) a qualcuno. Questo ci fa dimenticare che si tratta di un dialogo tra due persone e non di un patibolo verbale.

 

Quindi io penso che questo termine distorge la realtà dei fatti.

 

 

3. Mentre in inglese il verbo in -ing suggerisce almeno un processo in corso, l'utilizzo di questa espressione in italiano lo rende una parola. Che differenza c'è tra usare un verbo e una parola?

- Il verbo (soprattutto in -ing) suggerisce un processo in corso in cui noi siamo uno degli elementi determinanti, attivi

- La parola lo rende un evento indipendente da noi che ci porta a viverlo passivamente

 

Quindi questo termine porta a considerarci delle pedine del destino.

 

 

D I S  C L A I M E R : per farmi comprendere ho esposto un punto di vista piuttosto unilaterale che, personalmente, non convidivo al 100%. Evitiamo di flammare  :D

 

Spunto meditativo: differenza tra il dire "sono gay/omosessuale" e "mi piacciono gli uomini"

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Beh. Posto che l'-ing in inglese spesso si utilizza per sostantivare un verbo, quindi coming out assume il valore dell'attività, quindi l'uscire fuori, e non un'azione in corso, si potrebbe considerare l'espressione nel complesso: coming out of the closet, ossia, uscire dall'armadio. Secondo me non c'è nulla di segreto o privato, la questione si riflette su chi è nell'armadio, e quindi sulla sua volontà di emergere e di non nascondersi più.  :D

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La tua osservazione è all'interno del processo che io ho descritto  :D

 

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Volevo parlare di un argomento in senso lato, utilizzando il "coming out" come esempio esplicito.

Si badi bene che non viene implicitamente presupposto che ci sia qualcosa di privato, bensì qualcosa di segreto. Voglio mettere in luce una differenza particolare tra un "qualcosa di segreto" e un "qualcosa di privato" con una domanda:

- Perchè una cosa deve restare privata? Risposta: "Perchè sono cazzi miei"

- Perchè una cosa deve restare segreta? Risposta: "Perchè è qualcosa di negativo, immorale"

 

Spesso e volentieri il concetto che essere gay sia una cosa negativa e immorale è più nel gay stesso che nella gente che gli sta attorno. Basti pensare a quante persone si fanno duemila paranoie mentali prima di rivelarsi a chicchessia, e poi quando ce la fanno finalmente scoprono che non era poi la fine del mondo e che cambia proprio poco (e di solito cambia in meglio).

Purtroppo, se stavi cercando col tuo intervento di dire che coming out ha un'accezione negativa, bisogna considerare che come sempre, i termini che si usano, come tutte le parole che si basano ad es. su luoghi comuni, si basano su un fondo di verità. Possono non piacerci, non rispecchiarci (come per es. quando per indicare una lesbica dicono "camionista" e a me che sono una ragazza piuttosto femminile sembra una cosa quasi offensiva) ma di fatto dobbiamo riconoscere che queste persone esistono e quindi giustificano che siano stati creati termini del genere.

 

Perchè dobbiamo tenerci questo termine letteralmente schizzofrenico?

Beh, allora tu cosa proponi che abbia un'accezione più positiva?

Introdurre un nuovo termine nel vocabolario comune è un processo lungo, ci vogliono anni a meno che non sia lanciato o aiutato dalla televisione. Temo che ormai il termine universalmente accettato sia coming out e ce lo teniamo. Così come tutti coloro a cui è proprio il termine "gay" che non piace. Peccato, sono decenni che questo è in uso e dubito proprio che le cose cambieranno per il fastidio di alcuni verso questa parola (per non parlare di "lesbica"!!)

 

3. Mentre in inglese il verbo in -ing suggerisce almeno un processo in corso, l'utilizzo di questa espressione in italiano lo rende una parola. Che differenza c'è tra usare un verbo e una parola?

- Il verbo (soprattutto in -ing) suggerisce un processo in corso in cui noi siamo uno degli elementi determinanti, attivi

- La parola lo rende un evento indipendente da noi che ci porta a viverlo passivamente

 

Quindi questo termine porta a considerarci delle pedine del destino.

Ehmmmm.... ok non voglio flammare ma questo mi sembra proprio fare 2+2=5. Pedine del destino come, esattamente? La persona che fa coming out, tolti quegli esempi in cui si fa per reazione e estrema rabbia, generalmente prende la decisione da solo e quindi è tutto il contrario di una pedina. E' una persona che decide di affrontare un determinato discorso come e quando vuole.

 

Spunto meditativo: differenza tra il dire "sono gay/omosessuale" e "mi piacciono gli uomini"

Nel mio caso personale e in particolar modo nel mondo femminile io ho un discreto disgusto per quelle che si nascondono dietro al dito di "mi piacciono le donne". La trovo solo una parafrasi per evitare la giusta definizione del suo orientamento sessuale, che è gay/lesbica/omosessuale. In ogni caso per le persone che io chiamo represse, "mi piacciono le donne" è un segreto inconfessabile tanto quanto "sono lesbica", in finale non sono tanto le parole che contano quanto l'azione, la descrizione di se stesse come persone attratte dallo stesso sesso: non la accettano e quindi qualsiasi locuzione descriva questa loro caratteristica gli fa ugualmente schifo, però sono più morbide verso "mi piacciono le donne" perché non contiene una definizione vera e propria.

Insomma, non mi è chiaro esattamente dove volessi andare a parare con questo spunto e se intendessi dire che una delle due locuzioni fosse meglio dell'altra, ma io ho detto la mia al riguardo...

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Guest liverpool

Esattamente. Nell'armadio non ci sono solo scheletri perdinci!

 

 

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Guest TooLate

Semplicemente dirlo per quello che è? "Aver dichiarato di essere omosessuale" è troppo brutto per la gente?  :D Comunque preferisco Coming Out a Coming Out from closet perchè abbreviando diventa C.O.C (Letto COK) E si leggerebbe uguale alla parola "COCK" e perciò verremmo scambiati per maniaci  :D

 

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Io personalmente non dò molto peso a questa espressione. E' solo una frase, che oramai è diventata un luogo comune...a chi non sta bene può sempre cambiarla a proprio piacere...

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se andiamo dalla maggior parte delle persone e diciamo: "ieri ho fatto coming out con un mio amico"... le risposte possono essere:

-è quel nuovo sport di cui tanto si parla?

-e dove siete stati?

-cos'hai fatto?

-che schifo!sporcaccione!

x dire che molti non sanno neanche cosa vuol dire... io ho sempre pensato coming out come ad un uscire fuori (trduzione terra terra molto comoda), x me un segreto non è sempre una cosa negativa, può essere un segreto che qualcuno ha regalato qualcosa a qualcun'altro e quello che ha fatto il regalo non vuole far sapere la sua identità ad esempio...

dal mio punto di vista non lo trovo un termine negativo...

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A me sinceramente sembra solo una parola. Ponderare sulla sua origine serve a poco, il suo significato naturale è stato perso, tanto più che la maggior parte degli italiani che la usano non lo conoscono. E non serve particolarmente conoscerlo, la sua valenza oggi è la stessa della perifrasi "dichiarare di essere omosessuale".

L'implicito non viene recepito, neanche da quelle persone che sanno che "coming out" non è uno sport o una qualche attività oscena, mi pare inutile costruirci castelli sopra.

 

E', come dice Sweet, come gay o lesbica, un termine internazionale e che non cambierà, anche se magari non è il più politically correct. Quindi neanch'io condivido questo punto di vista: coming out è una parola incisiva e che descrive piuttosto bene il momento della 'rivelazione', a mio parere.

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Guest leduetorri91

Sinceramente, penso che tutta questa discussione sia un po' una masturbazione mentale, eh.  :D  In fondo, le parole non è che hanno un significato assoluto e prestabilito, significano ciò che noi vogliamo comunicare attraverso di loro, quindi innanzitutto io non andrei a sottilizzare sul significato. Io uso il termine ''coming out'' semplicemente perchè l'atto di dichiarare le proprie tedenze omosessuali è convenzionalmente espresso da quel termine, a prescindere dal fatto che si un gerundio, un sostantivo o quello che volete... :D

E comunque, come già detto da _mat2k8_ , un segreto perchè deve essere per forza negativo???  :D Io non ho problemi a dire che ho fatto CO con una persona X, ma se vai a leggere il mio topic sull'argomento, scoprirai che si sono rivelate tutte situazioni molto serene e amichevoli.... :D :D

Sinceramente, io eviterei i giochini sulla lingua alla ''Dan Brown''....  :D :D

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AngelFire_86

D'accordo con chi dice che è una parola, solo una parola, ormai è entrata nell'uso comune ed è facilmente utilizzabile. Quando si parla di CO, si capisce al volo quello che si intende!  :D

Beh certo, se a qualcuno non piace, può sempre utilizzare un altro termine  :D

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@ Sweet

 

Purtroppo, se stavi cercando col tuo intervento di dire che coming out ha un'accezione negativa, bisogna considerare che come sempre, i termini che si usano, come tutte le parole che si basano ad es. su luoghi comuni, si basano su un fondo di verità. Possono non piacerci, non rispecchiarci (come per es. quando per indicare una lesbica dicono "camionista" e a me che sono una ragazza piuttosto femminile sembra una cosa quasi offensiva) ma di fatto dobbiamo riconoscere che queste persone esistono e quindi giustificano che siano stati creati termini del genere.

 

Concordo.

Comunque non intendevo dire che coming out ha un'accezione negativa quanto mettere in luce quel "fondo di verità" da cui deriva l'espressione.

 

Beh, allora tu cosa proponi che abbia un'accezione più positiva?

 

Come dice tu non è possibile sbarazzarsene. Credo che si possa al massimo decostruirlo, cioè "svuotarlo" del presunto significato implicito che si porta dietro. Il mio post voleva andare in questa direzione, iniziando con lo smascherarlo.

 

E' una persona che decide di affrontare un determinato discorso come e quando vuole.

 

Non è vero. Questa persona è già, contro la sua volontà, nella logica del parlarne o meno, del come parlarne, del a chi parlarne, ecc.

 

Nel mio caso personale e in particolar modo nel mondo femminile io ho un discreto disgusto per quelle che si nascondono dietro al dito di "mi piacciono le donne". La trovo solo una parafrasi per evitare la giusta definizione del suo orientamento sessuale, che è gay/lesbica/omosessuale. In ogni caso per le persone che io chiamo represse, "mi piacciono le donne" è un segreto inconfessabile tanto quanto "sono lesbica", in finale non sono tanto le parole che contano quanto l'azione, la descrizione di se stesse come persone attratte dallo stesso sesso: non la accettano e quindi qualsiasi locuzione descriva questa loro caratteristica gli fa ugualmente schifo, però sono più morbide verso "mi piacciono le donne" perché non contiene una definizione vera e propria.

Insomma, non mi è chiaro esattamente dove volessi andare a parare con questo spunto e se intendessi dire che una delle due locuzioni fosse meglio dell'altra, ma io ho detto la mia al riguardo...

 

Ma quando io dico a qualcuno "sono gay" (cosa che ho fatto, ad esempio) mi sto rendendo conto di quello che sto dicendo? Qual'è l'immagine che il mio interlocutore ha del gay? Cioè io gli sto dicendo "sono questa cosa che non ho idea di come tu la consideri, la veda o intenda, ma intanto chiamiamola gay".

 

Gay è una parola vuota che la gente riempie con tutto e di più.. e tu sai cosa gli altri ci hanno messo dentro questa parola? E' una questione di chiarezza.

 

Io francamente mi sono definito in tutte le salse nei miei CO (omosessuale, gay, mi piacciono i maschi, e in un momento di ironia anche recchione :D) e francamente la cosa non cambia molto, a conti fatti.

 

Le parole con cui si convive però hanno un senso, e secondo me è opportuno portarlo alla luce.

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[modbreak=Lum]Ragazzi, questo dovrebbe essere un topic di discussione, i monoriga lasciateli per darvi pacche sulle spalle in Giù la maschera. Alcuni li ho lasciati perché pertinenti all'argomento, ma per favore sforzatevi di mettere più di 5 parole in fila, altrimenti ricorro a misure drastiche.

E occhio al quoting![/modbreak]

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Sinceramente, penso che tutta questa discussione sia un po' una masturbazione mentale, eh.  :D

 

Ovvio  :D

 

In fondo, le parole non è che hanno un significato assoluto e prestabilito, significano ciò che noi vogliamo comunicare attraverso di loro, quindi innanzitutto io non andrei a sottilizzare sul significato.

 

Ma scusa, a maggior ragione. Visto che le parole non hanno un significato assoluto non sarebbe opportuno, per una reciproca comprensione durante una conversazione, sottilizzare (precisare) sul significato?

 

Non è a causa di questo andarci giù piatti con le parole che si creano i luoghi comuni?

 

 

Io uso il termine ''coming out'' semplicemente perchè l'atto di dichiarare le proprie tedenze omosessuali è convenzionalmente espresso da quel termine, a prescindere dal fatto che si un gerundio, un sostantivo o quello che volete... :D

 

E' vero, questo è un altro aspetto da tenere in considerazione.

Nel post precedente riportavo che in un momento di ironia mi sono definito "recchione" con un mio amico. Ora, anche le mie preferenze sessuali sono definite convenzionalmente da questo termine. A questo punto, permettimi la provocazione amichevole, se ormai queste parole esistono e ce le teniamo, perché tacciare come omofobi quelli che ci danno dei froci?

 

E comunque, come già detto da _mat2k8_ , un segreto perchè deve essere per forza negativo???

 

Faccio una precisazione. Non è che qualcosa di segreto è necessariamente negativo, ma il concetto di segretezza si sovrappone (in parte) con quello di negatività.

 

Sinceramente, io eviterei i giochini sulla lingua alla ''Dan Brown''....   :D :D

 

Peccato che sui giochini sulla lingua alla Dan Brown si basino i principali problemi psicologici legati all'omosessualità in genere  :D

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E' vero, questo è un altro aspetto da tenere in considerazione.

Nel post precedente riportavo che in un momento di ironia mi sono definito "recchione" con un mio amico. Ora, anche le mie preferenze sessuali sono definite convenzionalmente da questo termine. A questo punto, permettimi la provocazione amichevole, se ormai queste parole esistono e ce le teniamo, perché tacciare come omofobi quelli che ci danno dei froci?

Abbiamo avuto fior di discussioni su questo, ed è chiaro anche ai muri che la carica positiva o negativa di una parola sta tutta nella persona che quella parola la pronuncia, più ancora che in quella che la riceve. Se si scherza in un gruppo affiatato di amici non credo che nessuno si offenda ad essere chiamato frocio, ricchione ecc. Questo perché? Perché conosci quelle persone e sai che di fondo ti vogliono bene e si sta solo scherzando.

Ma se a dirti una parola è uno sconosciuto e lo fa con tono di attacco, allora in effetti è indice di omofobia.

Non si può fare di tutta l'erba un fascio e non credo che nessuno abbia mai detto (nonostante su questo forum ci siano state decine e decine di discussioni sull'argomento definizioni e insulti e cosa è uno e cosa è l'altro) che chiunque dica frocio è omofobo. Mio padre a volte dice frocio per scherzare, ma io so che non è omofobo.

Allo stesso modo presumo che chiunque senta pronunciare la parola frocio sia in grado di discernere se la persona che la pronuncia sia effettivamente omofoba o meno.

 

@ Sweet

 

Concordo.

Comunque non intendevo dire che coming out ha un'accezione negativa quanto mettere in luce quel "fondo di verità" da cui deriva l'espressione.

Ma infatti nonostante questa discussione sia innegabilmente una masturbazione mentale, è comunque una masturbazione interessante XD

 

Non è vero. Questa persona è già, contro la sua volontà, nella logica del parlarne o meno, del come parlarne, del a chi parlarne, ecc.

Su questo non sono d'accordo, non si può dire contro la sua volontà altrimenti qualsiasi discorso fatto sarebbe contro la mia volontà...cioè se io vado a mangiare in un ristorante che mi piace e decido di dire a una mia amica il giorno 4 ottobre alle 4 di pomeriggio che quel ristorante è buono e glielo raccomando, lo sto forse facendo contro la mia volontà? Non mi pare, ho preso la decisione di dirglielo, di quando dirglielo e come dirglielo...

 

Ma quando io dico a qualcuno "sono gay" (cosa che ho fatto, ad esempio) mi sto rendendo conto di quello che sto dicendo? Qual'è l'immagine che il mio interlocutore ha del gay? Cioè io gli sto dicendo "sono questa cosa che non ho idea di come tu la consideri, la veda o intenda, ma intanto chiamiamola gay".

 

 

Gay è una parola vuota che la gente riempie con tutto e di più.. e tu sai cosa gli altri ci hanno messo dentro questa parola? E' una questione di chiarezza.

Il punto è che a me non interessa minimamente a quali idee o immagini il mio interlocutore associ la parola gay, non mi riguarda. Io sto dicendo al mio interlocutore che sono gay perché non potrebbe conoscermi appieno senza questa informazione (e io non sarei libera di esprimermi liberamente in mancanza di questa informazione) ma poi cosa pensa lui di cosa è un gay o cosa fanno i gay non è affare mio obiettivamente...

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Abbiamo avuto fior di discussioni su questo, ed è chiaro anche ai muri che la carica positiva o negativa di una parola sta tutta nella persona che quella parola la pronuncia, più ancora che in quella che la riceve. Se si scherza in un gruppo affiatato di amici non credo che nessuno si offenda ad essere chiamato frocio, ricchione ecc. Questo perché? Perché conosci quelle persone e sai che di fondo ti vogliono bene e si sta solo scherzando.

Ma se a dirti una parola è uno sconosciuto e lo fa con tono di attacco, allora in effetti è indice di omofobia.

Non si può fare di tutta l'erba un fascio e non credo che nessuno abbia mai detto (nonostante su questo forum ci siano state decine e decine di discussioni sull'argomento definizioni e insulti e cosa è uno e cosa è l'altro) che chiunque dica frocio è omofobo. Mio padre a volte dice frocio per scherzare, ma io so che non è omofobo.

Allo stesso modo presumo che chiunque senta pronunciare la parola frocio sia in grado di discernere se la persona che la pronuncia sia effettivamente omofoba o meno.

 

D'accordo al 100%. La mia, come dissi, voleva solo essere una provocazione amichevole  :asd:

 

 

Ma infatti nonostante questa discussione sia innegabilmente una masturbazione mentale, è comunque una masturbazione interessante XD

 

:P

 

Su questo non sono d'accordo, non si può dire contro la sua volontà altrimenti qualsiasi discorso fatto sarebbe contro la mia volontà...cioè se io vado a mangiare in un ristorante che mi piace e decido di dire a una mia amica il giorno 4 ottobre alle 4 di pomeriggio che quel ristorante è buono e glielo raccomando, lo sto forse facendo contro la mia volontà? Non mi pare, ho preso la decisione di dirglielo, di quando dirglielo e come dirglielo...

 

Non è la stessa cosa.

 

Innanzi tutto il "dire alla tua amica del ristorante" non è per te un tema (o, se preferisci, una questione). Semplicemente, come tu dici, hai preso la decisione di dirglielo, di quando dirglielo e come dirglielo. E glielo dici. Contrariamente il "dire a qualcuno di essere gay" è un tema vero e proprio, che sicuramente abbiamo sviluppato in un modo o in un altro.

 

In secondo luogo esiste in molti gay una sottile coercizione interiore che viene paradossalmente vissuta come una forma di liberazione o espressione di sé stessi. In altre parole:  perché rivelarci ci fa sentire più liberi? Perché ci da un senso di liberazione? Lo dico perché IMO non dovrebbe essere così. Io dovrei sentirmi libero a prescindere,  non grazie a un coming out.

 

Foucault parla di questo argomento, riferendosi al confessionale come a un "dispositivo di potere" creato dal potere pastorale (la chiesa) per controllare gli individui. Ad esempio quando facciamo qualcosa di sbagliato sentiamo un senso di colpa che ci spinge a dire (confessare) cosa abbiamo fatto all'autorità proiettata di turno (la famiglia, il partner, ecc).

 

Io credo che chi senta la necessità interiore di rivelarsi non esca da questa logica (per la cronaca, io ancora ci sono dentro). Molti gay che "vivono alla luce del sole" tacciano quelli che non lo fanno di essere dei repressi. In realtà il meccanismo è lo stesso: che tu abbia necessità di reprimere o esprimere, non sei libero.

 

Il punto è che a me non interessa minimamente a quali idee o immagini il mio interlocutore associ la parola gay, non mi riguarda.

 

Sono d'accordo solo a metà.

Concordo su questo: se uno ha un'immagine negativa dei gay sono affari suoi, e la cosa non mi riguarda. Io faccio la mia vita, lui la sua, pace. Oppure, se proprio si mette contro di me, guerra.

 

Però in generale conoscere l'immagine che un'altra persona lega ad una parola è il fondamento della reciproca comprensione. Se vuoi fare un discorso sensato la devi conoscere, altrimenti tanto vale che entrambi parliamo al muro.

 

Se uno si comporta male con te perchè sei gay lo fa semplicemente perchè ha dei gay una certa immagine. Non ce l'ha con te, in fondo, quanto con quella stupida immagine che proietta su di te.

 

Io sto dicendo al mio interlocutore che sono gay perché non potrebbe conoscermi appieno senza questa informazione (e io non sarei libera di esprimermi liberamente in mancanza di questa informazione) ma poi cosa pensa lui di cosa è un gay o cosa fanno i gay non è affare mio obiettivamente...

 

Un altro punto è anche se voglio che questa persona mi conosca appieno oppure o no..

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In secondo luogo esiste in molti gay una sottile coercizione interiore che viene paradossalmente vissuta come una forma di liberazione o espressione di sé stessi. In altre parole:  perché rivelarci ci fa sentire più liberi? Perché ci da un senso di liberazione? Lo dico perché IMO non dovrebbe essere così. Io dovrei sentirmi libero a prescindere,  non grazie a un coming out.

 

Ma come fa a NON essere così? E' ovvio che dal momento in cui la gente smette di dirmi cose "Chi era al telefono che chiamavi amore, il tuo ragazzo?" mi sentirò meglio. Non sono libera finchè non posso dire davanti a un'altra persona: "L'Italia fa schifo per tante cose, ma principalmente me ne vado perchè qui non posso sposarmi con la persona che amo," oppure "Sono di buon umore perchè la mia ragazza ha fatto questo".

O ancora, perchè il coming out si fa anche se non si sta con qualcuno, (faccio un esempio stupido) se non posso fare liberamente un commento su una bella ragazza mentre sto con i miei amici, come faccio a essere me stessa, stare rilassata, divertirmi? Se devo mordermi la lingua e stare sempre attenta a quel che dico?

 

Uno può essere in pace con se stesso quanto vuole, ma la libertà non dipende mica solo dalla propria serenità interiore.

 

 

Un altro punto è anche se voglio che questa persona mi conosca appieno oppure o no..

 

Be', ma fare coming out con qualcuno non significa che deve diventare il mio migliore amico, significa solo impedire che si faccia un'idea sbagliata di me. E pensare che io sia etero, è falso, il succo è quello.

 

(Scusami se suono un po' troppo accesa xD Non so come esprimere certi concetti con altre espressioni)

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discussione interessante

 

Il grande risparmio (secondo alcuni rozzezza) della lingua inglese consiste nell'avere vocaboli molto a-specifici percui riconducibili ad una vasta gamma di sfumature e all'utilizzo di allegorie visive per facilitare la comprensione di un concetto.

Tuttavia quando noi ci troviamo a confronto con questi vocaboli inevitabilmente facciamo un lavoro di ricostruzine e riconduzione a possibili specifici vocaboli in Italiano che fa nascere sfumature originariamente non presentie perderne altre che invece non cogliamo.

Questo accade anche per altre parole, "pride" ad esempio tradotto in Italiano con la parola "orgoglio" che ha anch'essa una sfumatura negativa in inglese non presente...

 

Spunto meditativo: differenza tra il dire "sono gay/omosessuale" e "mi piacciono gli uomini"

 

Dipende dall'interlocutore.

Ad esempio all'interno della Chiesa c'è una forte distinzione fra l'omosessuale (colui a cui piacciono gli uomini) e il gay, ritenuto quell'omosessuale che non solo asseconda i suoi comportamenti "disordinati" ma abbraccia anche la causa glbt.

 

se ne parli con uno stretto confidente invece dire "mi piacciono gli uomini", sottointende un non volersi inserire sotto una categoria, il voler mantenere la possibilità di cambiare pinione in futuro

 

se ne parli con tua madre magari potrebbe essere un modo per indorare la pillola...

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Ma come fa a NON essere così? E' ovvio che dal momento in cui la gente smette di dirmi cose "Chi era al telefono che chiamavi amore, il tuo ragazzo?" mi sentirò meglio. Non sono libera finchè non posso dire davanti a un'altra persona: "L'Italia fa schifo per tante cose, ma principalmente me ne vado perchè qui non posso sposarmi con la persona che amo," oppure "Sono di buon umore perchè la mia ragazza ha fatto questo".

O ancora, perchè il coming out si fa anche se non si sta con qualcuno, (faccio un esempio stupido) se non posso fare liberamente un commento su una bella ragazza mentre sto con i miei amici, come faccio a essere me stessa, stare rilassata, divertirmi? Se devo mordermi la lingua e stare sempre attenta a quel che dico?

 

Specifico che io non parlavo di "dire a qualcuno di essere gay" quanto della "necessità di dire a qualcuno di essere gay". Io penso che finchè una persona sente la necessità che le persone attorno a lei lo sappiano, non è libera. Questo ovviamente non significa stare zitti o non dirlo a nessuno.

 

Uno può essere in pace con se stesso quanto vuole, ma la libertà non dipende mica solo dalla propria serenità interiore.

 

Dipende cosa intendi per libertà. Se intendi un qualche "senso di liberazione" stiamo parlando di due cose diverse.

 

Be', ma fare coming out con qualcuno non significa che deve diventare il mio migliore amico, significa solo impedire che si faccia un'idea sbagliata di me. E pensare che io sia etero, è falso, il succo è quello.

 

Perchè, dicendoglielo si farà un'idea di te più corretta secondo te? E' quello che dicevo a Sweet: che ne sai di che immagine ha il tuo interlocutore degli omosex? E se dicendoglielo invece tra te e lui si mettesse in mezzo il suo pregiudizio?

 

Se sono interiormente libero a me dell'idea che gli altri si fanno di me non frega niente. Semplicemente in base a come agiscono poi mi regolo..

 

(Scusami se suono un po' troppo accesa xD Non so come esprimere certi concetti con altre espressioni)

 

No problem  :asd:

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Okay, capisco, stiamo effettivamente parlando di cose un po' diverse. Ho più d'un opinione su quel che dici tu, quindi mi schiarirò un po' le idee e poi risponderò per bene, odio scrivere a casaccio xD

 

Perchè, dicendoglielo si farà un'idea di te più corretta secondo te? E' quello che dicevo a Sweet: che ne sai di che immagine ha il tuo interlocutore degli omosex? E se dicendoglielo invece tra te e lui si mettesse in mezzo il suo pregiudizio?

 

Ma se pensa (semplifichiamo) gay = cattivo/etero = buono avrà pregiudizi comunque, pensando che io sia etero. E poi comunque se ha pregiudizi è una perdita sua, io intanto però non devo mordermi la lingua, come dicevo prima. E' lui quello a disagio, a quel punto, affari suoi.

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