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Sei gay? Ti curiamo. Inchiesta di "Liberazione"


clara

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Sul numero del 23/12/2007 di Liberazione il racconto di un cronista, Davide Varì,

che a Roma ha finto di essere un gay "pentito" desideroso di "curarsi"

e ha cercato contatti con un terapeuta che si propone di applicare la cosiddetta

"terapia riparativa" di Joseph Nicolosi.

 

Per leggere l'articolo completo, che è molto lungo, potete accedere al sito di Liberazione

www.liberazione.it

cercando pagina 1 e pagina 3 dell'edizione del 23/12/2007.

 

Se volete accedere direttamente alla versione testuale dell'articolo, ecco i link:

 

pagina 1

http://www.liberazione.it/giornale_articolo.php?id_pagina=34107&pagina=1&versione=testuale&zoom=no&id_articolo=275248

 

pagina 3

http://www.liberazione.it/giornale_articolo.php?id_pagina=34109&pagina=3&versione=testuale&zoom=no&id_articolo=275264

 

Il terapeuta si chiama Tonino Cantelmi,

questo il suo curriculum secondo il sito della "Fondazione Movimento Bambino"

(versione 5 novembre 2007):

 

Medico Chirurgo, Specialista in Psichiatria, Psicoterapeuta;

Dirigente Responsabile, Area di Psichiatria – Regione Lazio;

Professore di Psicopatologia, Università Gregoriana, Roma;

Professore a contratto, Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Università di Palermo e di Roma;

Professore di Psichiatria, Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum" Roma;

Direttore Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo - Interpersonale, ARPCI Roma;

Presidente Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici

 

"[...]il mio studio è pieno. Abbiamo la fila. Ci sono centinaia di ragazzi che chiedono aiuto.",

dichiara Cantelmi al giornalista che si finge "paziente".

L'interesse economico della terapia "riparativa" è evidente;

se il livello dell'attività professionale di Cantelmi e dei suoi collaboratori è quello descritto dall'articolo,

c'è da chiedersi cosa facciano gli Ordini Professionali

che dovrebbero occuparsi di tutelare gli utenti.

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Guest [ennoia]

c'è da chiedersi cosa facciano gli Ordini Professionali

che dovrebbero occuparsi di tutelare gli utenti.

 

appunto.

non entro nel merito della vicenda, trovo che non consenta alcuna risposta.

potrei al massimo azzardare, da non professionista quale sono, ma dotata di una discreta esperienza nel campo, un pensierino personale: quanto dichiarato dai "presunti professionisti" in questione rientra nel quadro del delirio. in quanto tale ha presupposti logici e un codice comunicativo differenti da quello che useremmo noi, qui, per discuterne.

ci si muove su due piani non soltanto culturali, ma anche intellettivi diversi, e quindi, il dialogo non è possibile. a mio parere, qui la questione primaria è stabilire se abbia senso parlare di questo fatto, se conduca a qualcosa. personalmente dico no. qui, o questi sedicenti dottori vengono piegati alla ragione da chi di dovere, o loro piegheranno i loro pazienti. e faranno scempio di un'altra fetta di rispettabilità e credibilità della "scienza" psicologica.

purtroppo non nutro alcuna fiducia che vengano radiati dall'albo: teoricamente sarebbe il minimo aspettarselo, praticamente ottenere questo sarebbe già una conquista gloriosa.

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Interessantissimo... e sconvolgente, fino alla nausea, per l'esperienza stessa che il giornalista ha vissuto attraverso quella tremenda stigmatizzazione.

 

Si potrebbe dire che certa psichiatria è l'attuale versione dell'inquisizione medievale.

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Certamente l'ordine concettuale dei loro discorsi ha perso di rispettabilità scientifica fra gli anni '30 e i '50 del secolo scorso.

Ma loro a questo "riparano" creandosi associazioni, certo prive di rilievo pubblico ( fino a quando? ), cattoliche. Associazioni

che possono funzionare da apparato corporativo, promuovere carriere, ed al contempo da scudo difensivo e di legittimazione

nei confronti degli ordini professionali.

 

Non solo ritengono l'omosessualità una deviazione ( rettificabile ) rispetto a una identità sessuale maschile o femminile

naturale ( già predefinita ) ma se ci pensate  il lesbismo esce dai loro orizzonti concettuali. Tutti i loro discorsi in effetti si

muovono nell'ambito dell'analità, come negazione della virilità maschile ( una loro ossessione, non magnifica- che dà piacere

ma negativa - che toglie identità ) un discorso quindi fallocentrico ed intrinsecamente maschilista.

 

Sbaglieremmo a sottovalutare la forza di questo messaggio ad un livello sociale, perchè purtroppo corrisponde ad una serie

di luoghi comuni eteronormativi e maschilisti ( privi di valore scientifico certo, ma non di potenziale approvazione e presa sociale )

 

Quanti genitori, pur magari non avendolo osato chiedere, di fronte ad un CO del figlio, non si sono chiesti: sei attivo o passivo?

Io credo tutti...e tutti implicitamente ritenendo le stesse cose che questi signori vanno dicendo: se  sei attivo sei un vizioso,

perchè fai cogli uomini quel che dovresti fare alle donne, ma sei recuperabile. Se sei virile, e ti piace il sesso passivo sei un

nevrotico, hai subito un trauma infantile...sei recuperabile, ma malato. Se sei passivo e effeminato il problema identitario si risolve

col cambio di sesso, non hai colpa ( a condizione che tu rifiuti il transgenderismo e ti fai evirare ) perchè sei un errore di natura.

 

Gli stessi gay, scoprono il proprio orientamento tramite una pulsione sessuale, attorno alla quale poi deve costruirsi tutto a

partire dalla sessualità e quindi riconoscono la familiarità di questi discorsi ( per certi versi la portano già dentro di sè ) e sono

esposti nella misura in cui non siano capaci di costruirsi sintonici con la propria omosessualità. Nè vi è bisogno

di aggiungere che non basta essere sicuri di non voler farsi "riparare" , per escludere una qualche presa di discorsi del genere

che possono far vivere male ai gay la propria condizione ( cosa che è successa per secoli ed ancora oggi succede ) di

omosessuali.

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Guest [ennoia]
Sbaglieremmo a sottovalutare la forza di questo messaggio ad un livello sociale, perchè purtroppo corrisponde ad una serie

di luoghi comuni eteronormativi e maschilisti ( privi di valore scientifico certo, ma non di potenziale approvazione e presa sociale )

 

Quanti genitori, pur magari non avendolo osato chiedere, di fronte ad un CO del figlio, non si sono chiesti: sei attivo o passivo?

 

è sicuramente un messaggio forte, da che riprende i luoghi comuni da te citati e per di più in modo impositivo ed aprioristico, dal momento che antepongono alla consapevolezza del paziente un concetto assoluto, rigido e universale escludente l'esistenza di una pulsione sessuale omodiretta, quale che ne sia la natura.

 

è sicuramente un messaggio subdolo, in quanto non mette in discussione i perchè ed il senso dell'omosessualità, o volendo spingerci ancora oltre, la legittimità della pratica omosessuale (dopotutto se la discussione nasce in ambito cattolico, sarebbe naturale che si discuta anche questo punto). mette invece in discussione anche la base stessa di un confronto corretto, ovvero il dato reale stesso: l'esistenza di una pulsione sessuale orientata al proprio stesso sesso, continuativa, che trova spiegazione in se stessa e non in un inganno della mente (per esempio il falso Sè).

 

è evidente come sia stato compiuto, in questo gruppo di terapeuti indegni, un percorso di regressione culturale piuttosto che di evoluzione. si trovano nelle loro dichiarazioni grossolani errori e poi sciocchezze che risalgono, credo, alla fine dell'800: ma se Freud ha rivisto i propri casi e alcune sue posizioni, e chi venne dopo di lui continuò a farlo, questi altri meschini non sono per la quale... d'altra parte il loro pensiero non muove dalle basi scientifiche condivise, e nemmeno si sviluppa con una logica scientifica.

 

mi e vi chiedo però (forse oziosamente) quanto e come davvero questi abomini facciano presa sulla società.

inevitabilmente durante un processo di evoluzione e di cambiamento ogni società fa numerosi, e frequenti piccoli passi indietro rispetto a quella che può di volta in volta essere considerata la "meta", la situazione ideale. un cambiamento nei valori sociali e nel pensiero di una società non è mai lineare. ma quando il "salto nel passato" è troppo lungo, secondo me tende a cadere nel vuoto.

secondo voi, quanta parte della nostra società è abbastanza debole e/o vecchia da recepire ancora simili contenuti come validi? parlo naturalmente di vecchiezza culturale, in quanto se questa corrispondesse all'età anagrafica non avremmo scampo...  :asd:

faccio riferimento in particolare al caso, forse il più usuale, di pazienti giovani o giovanissimi indirizzati dai parenti e dai genitori; che per motivi vari non siano stati in grado di evitare di sottoporsi alla "consulenza".  :D

e quante volte la questio terribilis "sei attivo o passivo" viene ancora formulata con vera intenzione piuttosto che essere dettata da leggerezza e da male abitudini mai corrette?

[lo so, sono domande che non possono avere risposte precise: vogliono essere solo uno spunto.]

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link=topic=11734.msg239679#msg239679 date=1198686971]

Freud ha rivisto i propri casi e alcune sue posizioni, e chi venne dopo di lui continuò a farlo

 

 

E' falso. Freud non ha 'rivisto' nulla circa l'omosessualità, e la sua posizione 'scientifica', in materia, è rimasta inalterata.

 

Quanto ai successori di Freud, nemmeno loro hanno rivisto nulla. Le Società freudiane che formano i psicoanalisti freudiani non hanno cambiato alcuna posizione (né, del resto, potrebbero farlo, perché dovrebbero mettere in discussione fin dalle fondamenta tutta la teoria). E anche i freudiani che fino a 15/20 anni fa si chiamavano 'eterodossi' e che avevano verso il corpus freudiano (non verso la valutazione freudiana dell'omosessualità in quanto tale) un atteggiamento critico, non hanno scritto nulla, non hanno elaborato una visione diversa, dell'omosessualità, dalla loro ottica freudiana.

 

E' solo sulla spinta dell'antipsichiatria francese, di Foucault, e di altro ancora, culminato nel pronunciamento scientifico dell'OMS sulla naturalità dell'omosessualità, che un certo numero di freudiani, oggi, abbandona, de facto, la cura dell'omosessualità. Ma solo perché il mondo è andato avanti - senza di loro, anzi malgrado loro.

E senza dire e scrivere una sola parola di c r i t i c a  e di  r i t r a t t a z i o n e delle loro teorie.

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E' solo sulla spinta dell'antipsichiatria francese, di Foucault, e di altro ancora, culminato nel pronunciamento scientifico dell'OMS sulla naturalità dell'omosessualità

 

Ti ringrazio di avermi specificato questa cosa, perché non lo sapevo e arriva ad avvalorare una mia ipotesi che avevo accennato in altri topics:

l'attuale psichiatria, nonostante il pronunciamento dell'Oms, è ancora intrisissima di categorie che finiscono per "trattare" l'omosessualità come patologia, al pari di ogni diversità.

(la psichiatria attuale, per capirci, è quella che di fronte ad un ragazzino cresciuto mansueto in un quartiere di teppisti, si chiede "come sia venuto fuori così" il ragazzino mansueto, per loro è meno patologica la riproduzione della violenza dove c'è violenza piuttosto che crescere diversi anche se equilibrati... proprio come tanti genitori apprendendo di avere un figlio gay si chiedono come ci sia diventato).

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l'attuale psichiatria, nonostante il pronunciamento dell'Oms, è ancora intrisissima di categorie che finiscono per "trattare" l'omosessualità come patologia, al pari di ogni diversità.

 

 

l'attuale psichiatria e psicoanalisi e psicologia (compresa la psicologia da Maurizio Costanzo Shaw, che però è notevolmente diffusa), fatte peraltro le debite eccezioni. In parte è un fatto di "resistenza" da parte dell'analizzando: se questi è colto, abbastanza grande, informato, allora può imporre, de facto, un atteggiamento rispettoso della propria omosessualità o addirittura di aiuto (oggi, ripeto: non ieri). Detto meglio: tanto lui, quanto il suo analista, devono appartenere a una élite. Questo se parliamo di scuole freudiane: la junghiana non è mai stata ostile all'omosessualità. Inoltre, oggi, la classica psicoanalisi di 10/15 anni, che era la norma per gente della mia generazione, è sempre più sostituita da terapie brevi, pragmatiche, spesso molto utili, che non implicano anzi lasciano da parte una vera e propria analisi dell'inconscio, e mirano a risolvere i problemi più macroscopici in terapie di 2/3 anni, fortificando l'Io, in pratica: qui il fatto dell'omosessualità può essere in qualche modo accantonato, in tutti i sensi.

 

E tuttavia una psicologa come la Oliverio Ferraris, influente, freudiana, è secondo me (perché a me non la fanno in barba) fortemente omofoba. Solo, quelli come lei hanno avuto la furbizia di eliminare il termine rivelatore e sostituirlo con la perifrasi: «periodo delicatissimo nella formazione della psiche del ragazzo» - un sottinteso, che tutti (a cominciare dai genitori) capiscono benissimo, e che vuol dire - beh, sarete d'accordo che se possiamo evitare che diventi frocio è un bene, per lui, no?».

 

Come in Francia, nella fase di approvazione dei Pacs, quella celebre sociologa e intellettuale cattolica di sinistra, Irène Théry, che nella sua lotta omofoba contro i Pacs creò una nuova espressione: «orizzonte simbolico» invece di «Natura». «L'eterosessualità è alla base dell'orizzonte simbolico dell'umanità», per non dire: « rappresenta la Natura». Quest'ultima formulazione sarebbe confutabile e soprattutto in un Paese civile susciterebbe reazioni e spallucce - la prima dice di meno (apparentemente) ma produce lo stesso effetto, ed è più difficilmente confutabile.

 

Per certi versi, quello che bisogna temere è la trasformazione sgusciante e infida dell'antico stigma antiomosessuale, non la sua chiara enunciazione.

 

Vorrei però dire una cosa: i sigari si vendono perché c'è chi fuma. Le caramelle all'anice hanno acquirenti. Beh hanno pubblico anche i preti psicoanalisti. Parliamo anche dei loro pazienti.

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Io ho sempre avuto una domanda che mi pare il giornalista si ponga più volte senza trovare risposta: questa gente crede in quello che dice/fa?

 

E' qualcosa di puramente economico? Sono talmente religiosi da non riuscire più a essere onesti nell'ambito medico? Entrambe le cose?

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La cosa veramente sconvolgente è la totale incompatibilità di queste pratiche con la dottrina ufficiale cattolica che afferma che l'atto omosessuale  peccato praticato in modo consapevole. Siamo gli unici "malati" colpevoli degli atti che derivano dalla nostra "malattia"

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Guest [ennoia]

E' falso. Freud non ha 'rivisto' nulla circa l'omosessualità, e la sua posizione 'scientifica', in materia, è rimasta inalterata.

 

E' solo sulla spinta dell'antipsichiatria francese, di Foucault, e di altro ancora, culminato nel pronunciamento scientifico dell'OMS sulla naturalità dell'omosessualità, che un certo numero di freudiani, oggi, abbandona, de facto, la cura dell'omosessualità. Ma solo perché il mondo è andato avanti - senza di loro, anzi malgrado loro.

E senza dire e scrivere una sola parola di  c r i t i c a  e di  r i t r a t t a z i o n e delle loro teorie.

 

errore mio, intendevo fare un discorso molto più generico ma non ho specificato bene. voglio dire, come hai fatto poi tu nel post successivo, che la psicologia e di conseguenza la psicoterapia nel suo insieme (e non ci inserisco la psichiatria, o la psicanalisi come erroneamente ho lasciato intendere) si è spostata molto dalla prospettiva di perfetta aderenza all'equazione di un vecchio (ma quanto vecchio?...) dsm: omosessualità=devianza patologica.

e adesso come non mai sta cambiando alla velocità della luce, forse sublimando parte del problema ma comunque con risvolti assai positivi, io credo, con la cognitivo-comportamentale. a me pare in generale che vi sia un lento superamento dell'idea di un male radicato (e radicale) strettamente connaturato alla "scelta" sessuale omodiretta: anzi, mi pare che (sempre parzialmente, d'accordo) ci si orienti non più a negare e destrutturare tale condizione a prescindere, ma proprio ad indagare se si tratti caso per caso di un fatto naturale, o di una pulsione nata come "toppa" ad uno dei classici conflitti irrisolti (il che non sarebbe una devianza, e consentirebbe a chi lo vive di tenerselo vita natural durante come si fa con le sigarette, ma rappresenterebbe comunque un tratto di discontinuità con la consapevolezza di sè della persona).

e magari mi sbaglio su tutta la linea... sarebbe alquanto triste scoprire che siamo ben lontani da come ingenuamente immagino io lo scenario.  :D

 

chiarimento a parte, ero davvero convinta che non so quanti decenni dopo averli scritte, Freud avesse leggermente riconsiderato parte delle proprie interpretazioni riguardanti questo tema, partendo da un caso femminile che aveva inserito in "psicologia della vita amorosa".

mi sa che ho fatto confusione con altre cose lette.

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link=topic=11734.msg239746#msg239746 date=1198761478]

a me pare in generale che vi sia un lento superamento dell'idea di un male radicato (e radicale) strettamente connaturato alla "scelta" sessuale omodiretta: anzi, mi pare che (sempre parzialmente, d'accordo) ci si orienti non più a negare e destrutturare tale condizione a prescindere, ma proprio ad indagare se si tratti caso per caso di un fatto naturale, o di una pulsione nata come "toppa" ad uno dei classici conflitti irrisolti (il che non sarebbe una devianza, e consentirebbe a chi lo vive di tenerselo vita natural durante come si fa con le sigarette, ma rappresenterebbe comunque un tratto di discontinuità con la consapevolezza di sè della persona).

 

 

Quello che scrivi conferma quanto ho detto, purtroppo. A te sembra un gran progresso

 

«indagare caso per caso se si tratti di un fatto naturale o di una pulsione nata come una toppa a un conflitto irrisolto».

 

Vorrei capire che cosa significa che l'omosessualità è una toppa a un conflitto irrisolto.

Chi lo determina e soprattutto come.

Se questo stesso concetto viene applicato all'eterosessualità.

Secondo logica, se un orientamento sessuale può essere una risposta non-autentica ma confusiva e 'sbagliata' a un conflitto irrisolto, questo deve valere anche per gli eterosessuali.

 

Allora:

 

-trovami un testo, una dichiarazione, un pronunciamento di specialisti che dicano che tanto l'essere omosessuale quanto l'essere eterosessuale possono essere una risposta 'sbagliata' a un conflitto, da superare

- trovami un eterosessuale, che sia mandato in terapia o che voglia andare in terapia, per appurare se la sua eterosessualità sia una risposta 'sbagliata' a un conflito - da superare! -

 

e vedrò in questa posizione qualcosa di rispettabile.

 

In caso contrario, come ho già detto, è un evidente riformulazione della anormalità dell'omosessualità, del suo essere un caso a parte, solo in termini più soft - perché gli omosessuali, soprattutto del recente passato, sono più agguerriti, e hanno lottato anche sul piano della cultura, e perché la stessa disciplina medica ha dovuto abbandonare parte dei suoi postulati repressivi. Termini più soft, ma non meno illogici - anzi forse più illogici; finché c'era quella pagliacciata dell'Edipo freudiano a garantire l'innaturalità dell'omosessualità, c'era una teoria sia pure errata a sostegno di ciò; ora che si è acclarato che l'Edipo non funziona, scientificamente, e che è solo un mito di Freud, c'è una sola posizione logica e scientifica, e civile. Riconoscere che:

 

1. l'omosessualità è altrettanto naturale dell'eterosessualità.

 

2. il disagio psichico eventuale di omosessuali giovani e meno giovani è solo una conseguenza della repressione, interdizione, persecuzione, criminalizzazione, compassione, che si rivolge loro da secoli e che ancora è fomentata da tutti i Monoteismi (compresi i monoteismi della Scienza).

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Isher,

 

mi facevo questa domanda leggendo l'articolo:

 

quello che c'è nelle menti di questi "terapeuti" è fomentato dal loro Monoteismo oppure quest'ultimo è un prodotto dalla loro struttura mentale che ha bisogno di reprimere e curare qualcosa che li destabilizza come l'omosessualità?

 

Non so se sono riuscita a spiegarmi, ma mi è spesso capitato di conoscere persone che sembravano avere bisogno di proiettare in un qualunque Monoteismo (religioso o scientifico o politico) la loro incapacità di affrontare i semplici dati della realtà, che non potevano guardare in faccia le persone così come sono ma sempre e solo attraverso lo schermo interpretativo delle loro "convinzioni".

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Qui però bisogna distinguere altrimenti si fa confusione...

 

Una cosa è presentarsi come terapeuti dell'omosessualità, altra e ben diversa cosa è essere un analista freudiano che non ha la minima intenzione

di curare l'omosessualità ( anche perchè sa benissimo che non si cura e la cultura psicanalitica seria non può promuovere la repressione dell'individuo )

ma tuttavia, cercando di trattare le nevrosi del paziente, finisce per far danni anche non intenzionalmente al paziente omosessuale ( le cui nevrosi sono embricate alla sua omosessualità essendo omosessuale...)

 

Nel primo caso c'è un progetto omofobico dichiarato, culturale, nel secondo caso no.

 

Il secondo caso però è per certi versi più pericoloso, perchè ambiguo e molti omosessuali, soprattutto in passato, ci sono cascati facendo danni a se stessi. Questo perchè se vai alla ricerca di una ricostruzione del vissuto e dei complessi del tuo passato, questo è lo schema clinico in soldoni di un freudiano, finisci per andare a maneggiare materiale scottante, rischiando di mettere in corrispondenza l'omofobia dell'analista e del paziente nevrotico (certo anche per gli schemi che si utilizzano: l'Edipo etc. etc. che sarebbero utilizzati pure per un eterosessuale, ma avrebbero tutt'altro significato, ovviamente ) e di alimentare la nevrosi in un circolo vizioso, ingenerando sofferenza.

 

Lo junghiano questo lo evita perchè assume che non vi siano complessi/conflitti da sciogliere, ma temi da sviluppare e trattare ( tuttavia se c'è nevrosi grave o gravissima lo junghiano rischia di essere inefficace, perchè la assume ).

 

E' di questi giorni la notizia che Lucio Dalla si è dichiarato...dell'Opus Dei ( e se la nostra forza come omosessuali si deve misurare su Renato Zero, Lucio Dalla e Dolce e Gabbana, stiamo freschi...) che è un po' come se un ebreo che si fosse iscritto al partito nazista. Purtroppo l'Italia ed anche l'Italia omosessuale è ancora questo. Nel nostro paese quindi ci troviamo a dover discutere, non degli aspetti fobici ed irrazionali o involontari dell'omofobia, o dell'utilizzo di strumenti che si prestano ad essere incidentalmente omofobici, ma dell'omofobia come progetto culturale dichiarato.

 

Fatta questa premessa, quel che passa nella mente dei terapeuti, è ancor più difficile da sondare. Recentemente la Binetti disse che lei non era contro l'omosessualità, ma che in vita sua aveva incontrato solo omosessuali sofferenti, quindi come medico riteneva ovvio si dovesse curarli. Questo

per la Binetti integralista-cattolica, è l'approccio laico-scientifico al tema. Il minimo che si possa dire è che la separazione dei due piani è meramente retorica. Una cosa è vedere un omosessuale, altra cosa è, vedendolo, riuscire a guardarlo, il chè implica sempre un incrocio di sguardi ovvero un meccanismo di riconoscimento.

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quello che c'è nelle menti di questi "terapeuti" è fomentato dal loro Monoteismo oppure quest'ultimo è un prodotto dalla loro struttura mentale che ha bisogno di reprimere e curare qualcosa che li destabilizza come l'omosessualità?

 

 

Credo che sia il loro Monoteismo che fomenta questi 'terapeuti' e quel che c'è nelle loro menti. Bisogna riconoscere un prius al Monoteismo perché in effetti culturalmente e storicamente è già dato, per un uomo di oggi, è qualcosa che lo precede, ormai (e non da poco). Inoltre bisogna fare i conti con una serie di dati reali, che a loro volta promuovono le prestazioni di questi terapeuti, danno loro linfa e ossigeno:

- la domanda. Saranno loro a vendere la loro opera, ma sai quante madri zie e padri si rivolgono a costoro per cercare di rimettere a posto il figlio gay...che non si accetta (o che è troppo titubante, debole, verso i genitori - che non si difende);

- il corpus dottrinario. Regna ancora tale ambiguità verso l'omosessualità anche nelle enunciazioni generali del corpus medico-psicologico, che ci vuol poco a far quadrare quest'ultimo con quelli che sono i loro intenti.

- l'atteggiamento sociale, la mentalità diffusa, verso l'omosessualità. Per cui 'guarire' qualcuno da essa sotto sotto è considerato un bene da chissà quante persone (e non solo religiose).

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Una cosa è presentarsi come terapeuti dell'omosessualità, altra e ben diversa cosa è essere un analista freudiano che non ha la minima intenzione di curare l'omosessualità (anche perchè sa benissimo che non si cura e la cultura psicanalitica seria non può promuovere la repressione dell'individuo)

 

 

Scusa Hinzelmann, ma chi te l'ha detto che il freudiano non intende curare l'omosessualità? Guarda che è esattamente il contrario. Ne ho anche esperienza personale.

 

Quando 20 anni fa ho fatto i cosiddetti colloqui preliminari per trovare il mio analista sono subito capitato da un freudiano che allora e forse ancora oggi era/è uno dei più eminenti della SPI (=Società di Psicoanalisi freudiana).

Quello, ascoltata la mia storia, mi disse: «io devo però chiederle, nell'iniziare un'analisi, di mettere in discussione tutto di sé, anche la sua omosessualità» (che io avevo presentato come cosa da me gradita e accettata). In genere non ho la battuta pronta, ma quella volta la ebbi e gli risposi: «Io sono pronto a farlo, se lei chiede la stessa cosa a un eterosessuale, per fare un'analisi». Mi guardò come si guarda uno strano individuo e bofonchiò qualcosa come "non sia ideologico"...

 

L'omosessualità per Freud e il corpus freudiano è una perversione, dovuta a una reazione negativa al famoso Edipo: diciamo, con linguaggio un po' più semplice, che è uno sviluppo sbagliato della personalità, arrestatosi a una fase che andrebbe invece superata, e che condanna le espressioni della persona omosessuale a essere, come dire, inautentiche, perché riposerebbero su un narcisismo che non consente loro di arrivare alla considerazione del Tu proprio perché essi non sono un Io.

 

Forse negli ultimi 20 anni le cose possono essere leggermente evolute, nella prassi di alcuni psicoanalisti (lo ho ammesso anch'io, ma ne ho dato anche la mia spiegazione: azione politica e ideologica in contrario), però: questo, come dicevo a Ennoia, non è stato mai ritrattato, negato, dichiarato decaduto, dai freudiani, neppure da quelli eterodossi, e sta ancora tutto lì, nel corpus, e...nelle Scuole freudiane che preparano i futuri psicoanalisti. 

 

 

Lo junghiano questo lo evita perchè assume che non vi siano complessi/conflitti da sciogliere, ma temi da sviluppare e trattare (tuttavia se c'è nevrosi grave o gravissima lo junghiano rischia di essere inefficace, perchè la assume ).

 

 

Non sono d'accordo, ma andrei OT nell'argomentare.

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Il freudiano deve avvertirti che devi mettere in discussione la tua omosessualità, se vuoi fare una analisi freudiana.

Altrimenti non sarebbe corretto col paziente. Che poi lui ritenga che il rifiuto di sottoporsi ad una terapia, partendo

da questi necessari presupposti ( mettere in discussione / accettare di mettere in  discussione ) sia un rifiuto ideologico

credo che sia dovuto al fatto che tu non hai risposto che non eri minimamente intenzionato a farlo, ma al fatto che hai

rivendicato la parità di trattamento.  Cioè la tua battuta certamente pertinente era in effetti di tipo militante.

Ritenere la tua militanza omosessuale una ideologia, ovviamente non avrebbe dovuto permettersi di dirlo, perchè il tema

psicologico da trattare, che gli stavi rivelando era la relazione fra la tua omosessualità e la tua militanza omosessuale: a meno che

ovviamente non intendesse liquidarti ( perchè omofobo o forse perchè ha capito che eri un paziente scomodo )

 

Questo non significa che quel medico abbia l'intenzione di trasformarti in eterosessuale però....vuole che tu sia disposto

a mettere in discussione la tua omosessualità, sono due cose diverse.

 

Certamente, l'ho già detto, l'approccio freudiano è ambiguo e pericoloso. Non basta dire che l'omosessualità è una fissazione

non curabile, con cui si deve convivere, per eliminare tutti i cascami dell'interpretazione più arretrata, che è stata dogmatizzata

in quanto strumento interpretativo dell'Edipo in generale ( quindi regge tutta l'interpretazione freudiana ). Questo è lo stato dell'arte.

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Guest [ennoia]

Quello che scrivi conferma quanto ho detto, purtroppo. A te sembra un gran progresso

 

«indagare caso per caso se si tratti di un fatto naturale o di una pulsione nata come una toppa a un conflitto irrisolto».

 

Vorrei capire che cosa significa che l'omosessualità è una toppa a un conflitto irrisolto.

Chi lo determina e soprattutto come.

Se questo stesso concetto viene applicato all'eterosessualità.

Secondo logica, se un orientamento sessuale può essere una risposta non-autentica ma confusiva e 'sbagliata' a un conflitto irrisolto, questo deve valere anche per gli eterosessuali.

 

Allora:

 

-trovami un testo, una dichiarazione, un pronunciamento di specialisti che dicano che tanto l'essere omosessuale quanto l'essere eterosessuale possono essere una risposta 'sbagliata' a un conflitto, da superare

- trovami un eterosessuale, che sia mandato in terapia o che voglia andare in terapia, per appurare se la sua eterosessualità sia una risposta 'sbagliata' a un conflito - da superare! -

 

e vedrò in questa posizione qualcosa di rispettabile.

 

In caso contrario, come ho già detto, è un evidente riformulazione della anormalità dell'omosessualità, del suo essere un caso a parte, solo in termini più soft - perché gli omosessuali, soprattutto del recente passato, sono più agguerriti, e hanno lottato anche sul piano della cultura, e perché la stessa disciplina medica ha dovuto abbandonare parte dei suoi postulati repressivi. Termini più soft, ma non meno illogici - anzi forse più illogici; finché c'era quella pagliacciata dell'Edipo freudiano a garantire l'innaturalità dell'omosessualità, c'era una teoria sia pure errata a sostegno di ciò; ora che si è acclarato che l'Edipo non funziona, scientificamente, e che è solo un mito di Freud, c'è una sola posizione logica e scientifica, e civile. Riconoscere che:

 

1. l'omosessualità è altrettanto naturale dell'eterosessualità.

 

2. il disagio psichico eventuale di omosessuali giovani e meno giovani è solo una conseguenza della repressione, interdizione, persecuzione, criminalizzazione, compassione, che si rivolge loro da secoli e che ancora è fomentata da tutti i Monoteismi (compresi i monoteismi della Scienza).

 

attualmente, sì, mi sembra un progresso.

come ho già specificato all'inizio, però, io non parlo in termini professionali ma basandomi soltanto sulla mia esperienza e su quanto ho letto / ascoltato e tratto dai più diversi mezzi d'informazione e dalle piccole e grandi discussioni fatte in merito con l'amico, la psicologa, l'uomo della strada.

per questo motivo non sono in grado di citare le fonti, come riconosco tuttavia sarebbe miglior cosa fare. eppure se anche ricordassi le pagine esatte, i relatori e le date, il quadro rimarrebbe comunque incompleto, com'è normale che sia. mi sono inserita nella discussione ad un livello diverso, con presupposti diversi; e tutto sommato in seguito la cosa è uscita dalla mia portata. quello che posso fare, come sempre ho fatto, è: seguire la cosa, cogliervi ciò che posso capire e rifletterci.

arrivando, chissà, anche a ricredermi.

 

personalmente il discorso che faccio, sulla possibilità (possibilità e non spiegazione universale) che alcune persone provino pulsioni e adottino comportamenti omosessuali che non corrispondono alla loro vera natura, ma che rispondono invece ad un bisogno non soddisfatto o sono la risposta ad un conflitto non riconosciuto e non sanato; vale anche declinato in termini di eterossualità.

un meccanismo simile può attuarsi secondo me anche nel caso in cui, pur facendo riferimento non all'inclinazione sessuale ma alla tipologia caratteriale di cui una persona tende ad innamorarsi, si abbia per esempio un uomo debole che sceglie puntualmente una donna impositiva piuttosto di una che gli dia spazio per affermarsi; perchè non ha mai acquisito sufficiente autostima. oppure nel caso in cui si abbia una donna che si rifugia immancabilmente in un rapporto di sottomissione e/o violenza, perchè in questo tipo di rapporto è cresciuta. e gli esempi potrebbero continuare. mancanze ataviche, spesso vissute inconsciamente; e per questo anche più influenti.

che poi questa identità di termini venga riconosciuta ed applicata dai terapeuti, no, nemmeno io lo credo.

non mi trovo del tutto d'accordo con te sul disconoscere senza appello la validità del complesso di edipo; mentre, chiaramente, lo sono sul ritenere che sarebbe corretto utilizzare sempre lo stesso approccio (di accettazione o all'opposto di "interrogazione", di verifica) rispetto ad ogni inclinazione umana, non soltanto sessuale, quale che ne sia la variante. personalmente sono anzi propensa a valorizzare ed utilizzare questo secondo modus operandi.

detto questo, ora sto a vedere.

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Da anni ormai sorgono come funghi associazioni che si pongono come centri di cura per ''curare'' gli omosessuali. Peccato che da curare non ci sia nulla, e chè il vero obiettivo di queste persone sia fare soldi.

Mi chiedo sempre quale sia il sintomo dell'omosessualità. Visto che loro la considerano una malattia ( e come loro tanti altri) sicuramente deve esserci un sintomo.

Stitichezza perenne? Improbabile.

Rischio di beccarsi un tumore all'ano piu' di un etero? Anche questo non mi risulta.

Cecità? Sordità? Incapacità di parlare e scrivere correttamente? Abbiamo piu' denti, piu' nasi, piu' ossa? Mm ed anche qui non mi sembra che ci siano predisposizioni maggiori per gli omosex.

Quindi cosa rimane? Cosa questi piccoli uomini e piccole donne potrebbero tirare fuori a vantaggio della loro tesi?

Ma certo: '' Gli omosessuali non riescono a relazionarsi con il prossimo, specie se maschi, non procreano, soffrono di manie, ansie, e paure sconosciute agli etero. Le capacità emotive e ricettive sono alterate...''

Di solito sono questi gli argomenti piu' gettonati da questi pseudo-scienziati. Per quanto riguarda il discorso delle relazioni , delle paure e delle ansie io potrei apportare la mia esperienza in poche righe: Da quando faccio la prima media tutti mi dicono FROCIO, RICCHIONE, PERVERTITO, FROU FROU, e FINOCCHIO.

Sentirsi dire queste cose per anni un pò ti devia. Ti fa venire l'ansia di uscire di casa, di prendere l'autobus senza doverti preoccupare che qualcuno ti sputi o ti dia un calcio e vomiti un insulto; E per questo che io come tanti altri gay sono in terapia da anni: per affrontare meglio questa società schifosa, che opprime e si opprime, ponendo continui limiti a chi è diverso. Essere gay è bellissimo. Esserlo in questo società un pò meno.

L'unica malata grave è la società, gravida di ignoranza e ipocrisia.

E' lei l'uncia da curare...

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Hinzelmann, non credo tu abbia capito. La faccia stravolta che fece e la frase che bofonchiò riguardava la mia richiesta. Cioè che lui non avrebbe chiesto a un eterosessuale di mettere in discussione la sua eterosessualità, mentre chiedeva a me di mettere in discussione la mia omosessualità.

 

Fra me e lui, l'ideologico - e il militante - era lui, non io.

 

Io non ho rifiutato nulla: al contrario; ho invece testato la scientificità della sua richiesta.

 

Se mettere in discussione il proprio essere è una conditio sine qua non per fare un'analisi, deve valere per tutti gli individui. Se invece riguarda solo gli omosessuali vuol dire (ed ecco la conferma più patente) che è l'omosessualità ad essere considerata un ostacolo a un retto sviluppo della psiche. Se per i freudiani le cose stanno così, devono  avere l'onestà di esporre ai pazienti la teoria freudiana sull'omosessualità, cosa che non fanno: io ho dovuto ricostruirmela da solo, e trarre le conseguenze.

 

La mia risposta è stata dettata da pura razionalità.

 

 

 

link=topic=11734.msg239885#msg239885 date=1198854329]

 

il discorso che faccio, sulla possibilità (possibilità e non spiegazione universale) che alcune persone provino pulsioni e adottino comportamenti omosessuali che non corrispondono alla loro vera natura, ma che rispondono invece ad un bisogno non soddisfatto o sono la risposta ad un conflitto non riconosciuto e non sanato; vale anche declinato in termini di eterossualità.

 

 

Ti risulta che psicologi, famiglie, operatori scolastici psicologici, et similia, indaghino e si domandino «caso per caso» se l'essere eterosessuale sia una risposta a un conflitto non riconosciuto e non sanato?

 

O non è forse vero che simile indagine sorge solo per gli omosessuali?

 

Questa è la realtà.

Ed è una realtà sgradevolissima.

 

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non mi trovo del tutto d'accordo con te sul disconoscere senza appello la validità del complesso di edipo; mentre, chiaramente, lo sono sul ritenere che sarebbe corretto utilizzare sempre lo stesso approccio (di accettazione o all'opposto di "interrogazione", di verifica) rispetto ad ogni inclinazione umana,

 

Scusa la franchezza, ma mi domando se tu conosca bene la teoria freudiana dell'Edipo.

E' tale teoria che fonda la divisione tra eterosessualità=normalità e omosessualità=perversione.

Accettare l'Edipo come unica struttura archetipica dell'umanità significa considerare l'omosessualità come devianza. L'omosessualità dipende infatti secondo Freud da un complesso di Edipo risolto negativamente; l'eterosessualità da un Edipo risolto positivamente.

 

L'Edipo inteso come struttura primaria della futura organizzazione della psiche e come fondamento della scelta oggettuale della libido è lo strumento teorico- la cui validità non è stata mai dimostrata - che  vieta di «utilizzare sempre lo stesso approccio verso le inclinazioni umane», per riprendere la tua espressione, perché al contrario fonda la distinzione tra normalità e devianza.

 

Dicevo, peraltro, che Freud non è riuscito a dimostrare quello che egli stesso pone: l'universalità del complesso edipico.

 

La tua formulazione è quindi molto strana: tu dici che io disconosco senza appello la validità del complesso edipico. Dovresti dire che è Freud che ha posto l'universalità del complesso edipico, senza riuscire a dimostrarla. Io difendo, semplicemente, i milioni di individui che sono considerati a priori malati, deviati, irrisolti e quant'altro da un Mito che si spaccia come Universale, cioè come Scienza.

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Guest [ennoia]
Ti risulta che psicologi, famiglie, operatori scolastici psicologici, et similia, indaghino e si domandino «caso per caso» se l'essere eterosessuale sia una risposta a un conflitto non riconosciuto e non sanato?

 

O non è forse vero che simile indagine sorge solo per gli omosessuali?

 

Questa è la realtà.

Ed è una realtà sgradevolissima.

 

purtroppo non posso che sottoscrivere: la realtà è questa.

avendo lavorato con bambini, con bambini disabili e con chi di bambini si occupa (dall'insegnante al genitore all'assistente ad personam, giù fino a professori vari specializzati nell'infanzia); so che in maggioranza si abdica non solo alla fondamentale messa in discussione di ogni dato creduto per certo rispetto alla personalità ed ai bisogni degli utenti, ma addirittura si arriva spessissimo a sorvolare sulle più elementari norme di relazione: dallo spiegare in maniera decente il perchè di una richiesta all'agire con calma, e non aggressività.

eppure se non avessi riscontrato anche solo un 20% di atteggiamento difforme a queste brutture, non sarei qui a dire che esiste. naturalmente, la mia speranza (poco idealistica e molto pragmatica) è che le buone spinte prendano piede, portando quelle sbagliate a decadere.

tanti auguri a noi.

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  • 2 weeks later...

Dal sito dell'Ordine Nazionale degli Psicologi, ecco il documento pubblicato l'8 gennaio 2008 sulla vicenda raccontata dall'inchiesta del giornalista di Liberazione.

E' possibile scaricare il documento dalla Home Page del sito dell'Ordine:

http://www.psy.it/

 

08/01/2008 - Omossessualità e “terapia riparativa”. Lo psicologo non deroga mai

 

In relazione alle polemiche innescate dal reportage di Davide Varì pubblicato su Liberazione riteniamo utile fornire alcuni elementi di riflessione. Lo psicologo non deroga mai ai principi del Codice Deontologico nessuna ragione né di natura culturale né di natura religiosa, di classe o economica può spingere uno psicologo a comportamenti o ad interventi professionali non conformi a tali principi. Questo non certamente per timore delle possibili sanzioni (che pur gli Ordini puntualmente comminano), ma perché i principi del Codice sono intimamente e inestricabilmente connessi con la cultura, il sapere e il saper fare dello psicologo. “Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri…. “ e quindi “nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio/economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. …” E’ evidente quindi che lo psicologo non può prestarsi ad alcuna “terapia riparativa” dell’orientamento sessuale di una persona.

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Lo psichiatra Cantelmi, quello che voleva curare il giornalista di Liberazione, scrive una lettera al settimanale di Comunione e Liberazione "Tempi", che viene pubblicata con un titolo quantomeno pittoresco:

Se lo psichiatra è cattolico, eccogli servito il rogo. Così un quotidiano comunista apparecchia un'inchiesta degna di una commissione della Gestapo

 

Cantelmi si dichiara vittima del

pensiero unico dominante che tende ad affermare in modo incontrastabile l'ideologia gay

e controbatte così alle accuse e, indirettamente, al pronunciamento dell'Ordine degli Psicologi che potete leggere nel post precedente:

Ricevo molte segnalazioni di pazienti la cui ricerca religiosa è stata sottovalutata o addirittura scoraggiata o persino valutata come psicopatologica e irrisa da terapeuti e psicologi.

 

Cantelmi ribalta l'accusa: lui sì che assolve correttamente ai doveri del codice deontologico:

Allo psicologo e allo psicoterapeuta spettano il compito che a essi è deputato, quello di curare utilizzando nella prassi tecniche validate e scientifiche.

mentre i suoi colleghi discriminano i pazienti cattolici:

mi sembra, infatti, alla luce delle tante segnalazioni che ricevo, che psicologi e psicoterapeuti non rispettino il codice valoriale dei pazienti credenti.

 

Quindi, se un paziente omosessuale e cattolico, in base al suo "codice valoriale", chiede di essere curato, lo psichiatra cattolico Cantelmi non si sottrae alla richiesta:

una persona omosessuale credente, per esempio, che sente di non potersi identificare con il modello gay, che ha gravi e profondi conflitti e che chiede aiuto, deve per forza essere curato perché assuma la condizione di gay (terapia affermativa) o può essere aiutato a verificare attraverso una psicoterapia la sua situazione in ogni aspetto?

 

La "risposta" alla lettera di Cantelmi, firmata da Luigi Amicone, allarga il discorso dalla sfera della psicoterapia a quella politica:

 

No, caro Cantelmi, non si tratta di «discriminazione dei credenti», si tratta di discriminazione tout court e di negazione tout court del diritto di pensare diversamente da ciò che pensano l'Arcigay, Liberazione, eccetera. [...] In attesa dei "manicomi democratici", dissentire dall'Arcigay, Liberazione, eccetera significa essere condannati per "omofobia", creatura verbale dell'agenda gay, invenzione di un "nemico" responsabile della contrarietà del mondo. L'ho già detto: occhio a questa ideologia che in Europa si sta trasformando in un mostro giuridico penale.

 

e vedete che si ritorna alla questione delle leggi contro l'omofobia: è chiaro che questi signori ne hanno particolarmente paura...

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Chissà come mai la rivendicazione della libertà di pensiero suscita molta più indignazione quando riguarda l'inferiorità dei neri o la negazione dell'Olocausto...

 

Ma d'altronde cosa ci meravigliamo a fare? viviamo in un paese dove si viene accusati di voler imporre le proprie opinioni persino se pretendi che la gente rispetti le leggi o le norme come quelle del conferimento dei rifiuti, e vi garantisco che mi è successo e parecchie volte... Il risultato ovviamente è quello che sta facendo la cronaca delle ultime settimane dalla Campania in estensione a varie parti d'Italia, d'altronde che volete, ognuno deve avere il diritto di pensarla come vuole, poi naturalmente diventa lecito che agisca in conseguenza di ciò che pensa perché è convinto di essere nel giusto, e via dicendo.

 

Queste si chiamano gravi patologie sociali, di una società che non è in grado di creare condivisione e coesione persino sulle regole etiche e civili più basilari.

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  • 4 weeks later...

«gli omosessuali - spiega Nicolosi - si masturbano più spesso degli eterosessuali: è un tentativo di stabilire un contatto rituale con il pene»

AAAAAH ecco perchè sono segarolo :love::awk:-_-

Scherzi a parte: che tristezza...

Anche nel mio caso mi imbattei in un psicologo, che poi si rivelò essere un'apparecchio telefonico: tutto ciò che gli dicevo, e dicevo solo a lui, più tardi mi fu riferito da mio padre. Eh, la serietà scientifica! Che gran cosa! Quasi quanto il segreto professionale...

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