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Come comportarsi dopo averlo detto?


Rubino

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Ciao a tutti... vorrei qualche consiglio su come comportarmi con il mio migliore amico, attualmente l'unico che sa che sono bisessuale.

Per spiegare la situazione in poche parole, appena gliel'ho detto è rimasto un po' sulle sue, ma poi si  è sciolto quasi del tutto e ha cominciato a trattarmi normalmente... anzi, ci siamo avvicinati anche di più di quanto non facessimo prima della "rivelazione".

Fatto sta che, dopo l'ennesima battutaccia omofoba di altri miei amici, lui ha smesso di guardarmi.

Letteralmente parlando non ha incrociato lo sguardo con me per 5 giorni.

Io ero rimasto un po' male per quella battuta e lui non mi ha dato neanche una pacca sulla spalla.

 

Mi sono sentito un mostro... :roll: :P ;)

 

Fatto sta che ne ho parlato con lui... e il risultato è stato che mi ha detto "vorrei non averlo mai saputo".

La conversazione è continuata con "Non sono abbastanza forte" "Dillo a qualcun altro" e cose del genere.

In ogni caso ha detto "Non voglio che tu pensi che non tengo a te". Al che io ho risposto con rabbia "Se ci tenessi non ti comporteresti così".

 

Risultato?

 

È finita con un suo "Allora, evidentemente non ci tengo a te".

 

Abbiamo deciso di non parlare più del mio segreto e che, davanti a tutti, ci saremo comportati normalmente.

Lo abbiamo fatto finchè io non sono partito per l'università.

 

Il problema è che ora devo tornare... e ho una gran confusione in testa.

 

Come mi dovrei comportare quando mi chiederà "Come stai"?

  1) Gli dico che sto bene.

  2) Gli dico che sono a pezzi.

  3) Ignoro come se non le sentissi tutte le domande sulla mia condizione psico-fisica

  4) Gli dico con tono ferito "Se non ci tieni a me non dovresti farle certe domande"

 

Non so neanche se dovrei essere arrabbiato...

Insomma, come si fa a provare rabbia per uno che ti dice "Se ti fa stare meglio, ti prego, odiami"?

 

Vi prego, datemi una mano...

Devo essere li per il 31 ottobre...

 

Per saperne di più http://www.gay-forum.it/forum/index.php?topic=9493.0

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In ogni caso ha detto "Non voglio che tu pensi che non tengo a te". Al che io ho risposto con rabbia "Se ci tenessi non ti comporteresti così".

Risultato?

È finita con un suo "Allora, evidentemente non ci tengo a te".

A me è successa una cosa simile, nonostante non riguardasse alcun coming-out di omosessualità, te la riassumo nella speranza che il confronto possa aiutarti...

Un amico che, dopo 3 anni e mezzo di assidua frequentazione telematica, un viaggio apposito per incontrarci di persona, tantissime esperienze condivise, una collaborazione per progetti letterari che proiettavano intenzionalmente ed esplicitamente immagini della nostra amicizia, ad un certo punto iniziò a diradare i contatti perché fagocitato dalla vita universitaria; io compresi perfettamente e tentai di adeguarmi con pazienza ma gli chiedevo un minimo sforzo per mantenere efficace la comunicazione... e lui invece non fece alcuno sforzo, si ritrasse ancora di più ai miei tentativi d'approccio fino a renderli umilianti e assillanti, e alla fine mi spiegò di aver "capito" di non sentire sostanzialmente la mia mancanza e quindi di aver soltanto "assecondato" quel sentimento di amicizia fraterna che io gli rivolgevo e che lui "evidentemente" non provava per me, anche se gli dispiaceva (ma guarda!) & che aveva "dovuto" troncare contatti e risposte per l'ansia che gli proveniva dai miei assilli (ma dico, se io per te non sono nessuno o quasi nessuno, da dove ti vengono l'ansia e il dispiacere? come mai non pensi "ma chi credi di essere tu per volere uno sforzo amicale da me?!"?), e soprattutto sosteneva che la sua disposizione verso di me era stata sempre uguale (insomma, lui si era intrattenuto con me soltanto perché gli ero capitato a tiro, in quel dato periodo e in quelle date modalità di frequentazione... dopodiché, se le condizioni cambiano, per lui è normalissimo e serenissimo sospendere i rapporti in un cassetto di stand-by a tempo indeterminato).

 

Insomma, non era capace di analizzarsi e non riteneva utile analizzare, ma agiva d'istinto e poi traeva conclusioni dai fragili sillogismi con cui interpretava le sue azioni e le reazioni degli altri. Non a caso, lui qualche anno prima aveva perduto nello stesso modo una fidanzatina, soffrendo anche molto di più - e io che qualcosina ero riuscito ad estorcergli ho percepito la sua sofferenza - ma senza riuscire a comprendere, anche in quel caso, le ragioni del suo torto: fasi di freddezza, d'indifferenza, di allontanamento per conflitti che non riusciva ad analizzare.

 

Capisci allora che, se il tuo amico è un po' come il mio (potrebbe essere anche di no, io te lo auguro), qui si tratta di persone fortemente immature sul piano relazionale, emotivo, cognitivo, insomma totalmente incapaci di far luce nel loro guazzabuglio di desideri, sentimenti, affetti, e persino valori.

Nei paesi che io ritengo più evoluti sul piano civile e culturale, queste persone vengono lasciate e abbandonate a sé stesse alla prima grave manifestazione d'immaturità, malgrado la sofferenza che certamente ciò comporta per chi decide di lasciarle, l'emarginazione che arrivano così a sperimentare può aiutarle a intraprendere le strade adatte a risalire dal loro baratro, il che significa imparare ad analizzare i propri conflitti, i propri atteggiamenti ingiusti ecc.

 

 

Abbiamo deciso di non parlare più del mio segreto e che, davanti a tutti, ci saremo comportati normalmente.

Lo abbiamo fatto finchè io non sono partito per l'università.

 

Il problema è che ora devo tornare... e ho una gran confusione in testa.

 

Come mi dovrei comportare quando mi chiederà "Come stai"?

   1) Gli dico che sto bene.

   2) Gli dico che sono a pezzi.

   3) Ignoro come se non le sentissi tutte le domande sulla mia condizione psico-fisica

   4) Gli dico con tono ferito "Se non ci tieni a me non dovresti farle certe domande"

 

Non so neanche se dovrei essere arrabbiato...

Insomma, come si fa a provare rabbia per uno che ti dice "Se ti fa stare meglio, ti prego, odiami"?

L'atteggiamento migliore, da tipico telefilm evoluto, è il n.4.

Purtroppo, per ottenere il lieto fine dei telefilm, bisogna che l'ottusità e l'immaturità dell'interlocutore di turno non raggiunga livelli enormi, come troppo spesso succede nella realtà. Lui ha bisogno di aiuto, ma è molto più alta la probabilità che decida di allontanarsi da te e di continuare a vivere coi suoi conflitti.

In ogni caso, ciò che ti sconsiglio vivamente è di rinunciare a parlarne, di tentare di far finta di nulla e via dicendo, perché soffriresti ancora di più e non eviteresti affatto il logoramento dell'amicizia... Insomma, se non te la senti di troncare a piè pari, pensando che magari lui tanto non sperimenterà quell'emarginazione terapeutica (perché viviamo in un paese dove la maggior parte della gente è disposta ad accettare con indulgenza quel tipo di persone, di debolezze, di torti ecc.), almeno ti consiglio di "accelerare" le dinamiche che devono portarlo a scelte & consapevolezze pur assurde, ma così almeno non perderai tempo a soffrire ancora.

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