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Con un disegno di legge il governo prova a chiudere internet come la conosciamo


Roby

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Ricardo Franco Levi, braccio destro di Prodi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha scritto un testo per tappare la bocca a Internet. Il disegno di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre. Nessun ministro si è dissociato. Sul bavaglio all’informazione sotto sotto questi sono tutti d’accordo.

La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro.

I blog nascono ogni secondo, chiunque può aprirne uno senza problemi e scrivere i suoi pensieri, pubblicare foto e video.

L’iter proposto da Levi limita, di fatto, l’accesso alla Rete.

Quale ragazzo si sottoporrebbe a questo iter per creare un blog?

La legge Levi-Prodi obbliga chiunque abbia un sito o un blog a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all’albo come direttore responsabile.

Il 99% chiuderebbe.

Il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura.

Il disegno di legge Levi-Prodi deve essere approvato dal Parlamento. Levi interrogato su che fine farà il blog di Beppe Grillo risponde da perfetto paraculo prodiano: “Non spetta al governo stabilirlo. Sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà discussa e approvata dalle Camere”.

Prodi e Levi si riparano dietro a Parlamento e Autorità per le Comunicazioni, ma sono loro, e i ministri presenti al Consiglio dei ministri, i responsabili.

Se passa la legge sarà la fine della Rete in Italia.

Il mio blog non chiuderà, se sarò costretto mi trasferirò armi, bagagli e server in uno Stato democratico.

 

Ps: Chi volesse esprimere la sua opinione a Ricardo Franco Levi può inviargli una mail a : levi_r@camera.it

 

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Dal Blog di Beppe Grillo (www.beppegrillo.it)

 

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Ormai siamo uno stato allo sbando. Più di un anno fa il ministro dell'istruzione disse su "La stampa": "bisogna trovare un sistema per controllare internet" il giornalista, scherzando fece riferimento alla Cina e Fioroni: "Sì, una cosa del genere"..

 

Io sono disgustatissimo.

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sono veramente indignato! cioè,è assurdo... mentre leggevo non potevo crederci... ma al posto di fare leggi del cavolo come queste...perchè non fanno leggi più severe su cose veramente serie? tipo gli assissini,stupratori ecc... invece si devono preoccupare di cose così...^^ ma dove finiremo? cioè veramente,c'è solo da fuggire in un paese migliore... assurdo assurdo assurdo

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Sono particolarmente sensibile all'argomento libertà d'espressione.

Stanno tentando di imbrigliare la rete. Far saltare la comunicazione dal basso.

Quello che è successo l'8 settembre (il Vaffanculo Day) deve averli terrorizzati a morte. Adesso non si accontentano più del filtraggio dei siti a loro dire contenenti materiale "abominevole", no, vogliono arrivare ad un controllo assoluto. I canali ufficiali li hanno già in pugno, se riusciranno ad allungare i propri tentacoli anche qui, la partita è chiusa: abbiamo perso.

Come sempre c'è una scusa bella e buona, che sarebbe quella di impedire si possa diffamare online tizio o caio (come se non fosse già perseguibile un reato del genere, anche avvenisse in rete)... ma è perlappunto una semplice, banale, SCUSA. Vogliono controllo, consolidare il proprio potere, e trarre guadagni anche economici dalla faccenda.

 

Vi riporto il testo dell'articolo apparso su Punto Informatico:

 

di Paolo De Andreis

venerdì 19 ottobre 2007 

 

Il Governo vara la Internet Tax

 

Le dimensioni del siluro (pagina 1 di 2)

 

Roma - Questa minaccia era proprio sfuggita agli occhi di Punto Informatico e, purtroppo, anche a quelli di molti altri. Ma non è sfuggita a Valentino Spataro, curatore di Civile.it, che in un editoriale appena pubblicato avverte tutti del siluro sparato dal Governo contro la rete in pieno agosto e approvato formalmente dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 ottobre.

 

La novità è presto detta: qualsiasi attività web dovrà registrarsi al ROC, ossia al Registro degli operatori di Comunicazione, se il disegno di legge si tradurrà in una norma a tutti gli effetti. Registrazione che porta con sé burocrazia e procedure.

 

Il testo parte bene, spiega che "La disciplina prevista dalla presente legge in tema di editoria quotidiana, periodica e libraria ha per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell'informazione affermato dall'articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati".

Bene, anche perché esplicita che si parla di editoria e non, ad esempio, di pubblicazioni spurie prive di intenti editoriali, come può esserlo un sito personale. Il problema, come osserva Spataro, è che poi il testo si contraddice quando va a definire cosa è un prodotto editoriale.

 

Una definizione che chi legge Punto Informatico da almeno qualche anno sa essere già oggi molto spinosa e che, con questo disegno governativo, assume nuovi inquietanti connotati:

 

    "Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso" (art 2, comma 1).

 

Chi avesse ancora dei dubbi su cosa sia prodotto editoriale può leggere il comma seguente del medesimo articolo, che stabilisce cosa non è prodotto editoriale:

 

    "Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico".

 

Chi ritenesse che questa definizione non si applichi, per esempio, al proprio blog personale dove pubblica di quando in quando un post, dovrà ricredersi passando al comma successivo dell'articolo 2, il terzo comma, che recita:

 

    La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi.

 

Il Governo, nel redigere questo disegno di legge, non si è dimenticato, peraltro, dei prodotti editoriali integrativi o collaterali che sono quei prodotti, compresi quelli discografici o audiovisivi, che siano "diffusi unitamente al prodotto editoriale principale".

 

Rimarrebbe una scappatoia, quella delle pubblicazioni, on e off line, che sono sì di informazione o divulgazione, o formazione o intrattenimento, ma non sono a scopo di lucro. Rimarrebbe se solo il Governo non ci avesse pensato. Ed invece dedica alla cosa l'intero articolo 5:

 

    "Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative".

 

Un paragrafo che dunque non lascia scampo ai "prodotti" non professionali, lasciando forse, ma è una questione accademica, un micro-spiraglio a chi non ottiene o non cerca pubblicità di sorta sulle proprie pubblicazioni.

 

Qualcuno potrebbe pensare che il solleone ad agosto abbia giocato brutti scherzi. In realtà all'articolo 7 viene raccontato il motivo del provvedimento. Con espresso riferimento a quanto pubblicato online, si spiega che l'iscrizione al ROC serve "anche ai fini delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa".

 

Senza contare la montagna di introiti extra che il Registro otterrebbe con questa manovra, ne consegue che la giustificazione che viene addotta a questo abominio nuovo provvedimento sia la necessità di tutelare dalla diffamazione. Come se fino ad oggi chiunque avesse avuto mano libera nel diffamare chiunque altro. Il che non è, tanto che più volte siti non professionali e altre pubblicazioni online, anche del tutto personali come dei blog, e anche senza alcuna finalità di lucro, si sono ritrovati coinvolti in un processo per diffamazione.

 

"Potessero, - conclude Spataro - chiederebbero la carta d'identità a chiunque parla in pubblico. Su internet il controllo è più facile. E imporre procedure burocratiche per l'apertura di un blog sarà il modo migliore per far finire l'internet Italiana".

 

http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2092327

 

Un breve commento (P. De Andreis) (pagina 2 di 2)

 

Vista l'enormità di quanto sta producendo questo Governo, visto anche l'impegno profuso da Punto Informatico e da decine di migliaia di utenti negli anni scorsi per cercare di tenere lontani dalla rete i tentacoli del controllo editoriale tradizionale, mi sembra doveroso lasciar qui alcune righe.

 

Ci troviamo dinanzi ad un provvedimento che non andrà lontano. I suoi scopi sono altri, i primi articoli del testo sono scritti malissimo: verranno riscritti, è facile prevederlo, forse persino prima che il New York Times titoli qualcosa tipo "Italia nel Medioevo" come fece quando fu approvata la legge sulle staminali.

 

La dimensione macroscopica dell'errore del Governo è tale, e capace di nuocere alla rimanente parte del disegno di legge, che con un colpo di bianchetto verrà consegnato all'oblìo nel più rigoroso silenzio mediatico. Presto non ne sentiremo più parlare. È già successo, si può aver fiducia che accada di nuovo.

Il punto è, evidentemente, un altro.

 

Sopravvivere al numero di oggi di Punto Informatico non è facile, richiede quella stessa capacità di controllo di quando si versano le imposte nelle mani della casta perché ci faccia ciò che crede: c'è Marco Calamari che fa il punto su come le diverse leggi sulla pedopornografia negli ultimi 8-10 anni abbiano provocato una compressione delle libertà individuali, c'è Valentino Spataro che spiega a tutti come sia capitato che il Governo abbia imposto una tassa (e una serie di procedure) in capo a qualunque pubblicazione online di qualsiasi genere anche senza finalità di lucro, e c'è Francesco Rutelli che fa sapere, vivaddio, di non poterne più, lui, di Italia.it.

 

Come dicevo, sopravvivere è difficile. In un solo giorno vengono condensati i risultati di fallimenti plateali e costosi, sia in termini economici che di libertà individuali, nati dalla ostinata ignoranza di chi alberga nella stanza dei bottoni, ignoranza almeno riguardo alle cose della rete, volendoci limitare a quelle.

 

Quando andavo a scuola e sbagliavo una frase importante in una versione di greco, il mio insegnante non mancava mai di metterci sotto due righe a penna con due o persino tre "x rosse", e di conseguenza abbassava in modo sostanziale il voto finale che assegnava alla mia traduzione. Non contento, le correzioni si eseguivano sempre tutti insieme pubblicamente, ognuno cosciente e informato degli errori degli altri.

 

Nel caso del Governo, una penna rossa riscriverà quegli articoli ma nessun brutto voto verrà emesso. Chi è riuscito a scrivere quegli obbrobri non dovrà ammettere il proprio errore, né sarà chiamato a risponderne. Il Consiglio dei ministri che ha letto e approvato quel testo non verrà certo messo in croce per l'irresponsabilità dimostrata e l'allarme inutilmente causato. Nessuno dirà nulla a quegli esponenti governativi che parlano di riforma eccellente.

 

Così vanno le cose in Italia. L'unica speranza è che noi si possa continuare a raccontarle. Passi l'essere italiani, ma non ci ridurremo certo ad agire come omertosi pattalorrinchiti.

 

Paolo De Andreis

 

http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2092327&p=2

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Notoriamente - e non è una facile battuta - la creatività libera è molto, molto più pericolosa degli assassini e degli stupratori. Dopotutto, stupratori e assassini non inventano nulla di nuovo, non danno fastidio alle autorità, e se proprio la gente è spaventata basta fare un paio di servizi sul tg2, un disegno di legge che inasprisce le pene (magari punizioni corporali per gli assassini di belle ragazze) e tutto torna normale.

Il pericolo concreto è quello che viene da internet, se esso diventa, al di là della propria funzione di rincoglionimento e intrattenimento mediatico, un centro creativo in cui può emergere liberamente qualcosa di nuovo.

La novità è destabilizzante, sempre, e l'autorità ha il dovere (dovere verso se stessa - ovviamente) di reprimere ogni creazione incontrollata prima che sia troppo tardi.

E forse è già troppo tardi.

In tutti i sensi.

Quanto a Beppe Grillo, non dubito che si iscriverà al registro dei blog per continuare la sua attività mediatica, quando passerà la legge. E forse allora scopriremo quali sono i suoi scopi.

Mi preoccupa però la perdita di ipocrisia da parte della sinistra. Ora nemmeno quelli che si dicono "dalla parte del popolo" danno qualcosa in cambio ai loro sudditi. E dico sudditi deliberatamente e con consapevolezza dell'accezione giuridica del termine. Se la sinistra al governo in Italia è questa - una patetica succursale dell'estrema destra, forse solo un po' più democristiana, allora la libertà dove sta?

E' poi mai esistita, in Italia?

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" Dove la libertà è fuori legge,

i fuorilegge sono gli unici eroi. "

 

Dal film Equilibrium.

 

Levi e company, valutino bene il livello di compressione a cui vogliono sottoporre le libertà individuali.

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Non sono molto informato, ma il mio sospetto è che Gentiloni agisca fondamentalmente per garantire il monopolio della raccolta pubblicitaria su internet alle società editoriali, ovvero come loro longa manus. Se è così, un testo reso ragionevole, passerà col 90% dei consensi parlamentari.

 

Tuttavia il testo mi pare debordante rispetto a questo pur discutibile fine, dubito ( spero ) che in questa forma così estesa possa reggere ad un esame parlamentare ( forse Rifondazione Verdi Radicali e socialisti possono aver firmato come ministri, non essendo informati, ma i loro gruppi parlamentari non possono far finte di nulla ) come dice peraltro il commento citato da Takuya, che rileva come le norme appaiano grossolane pure nella loro formulazione tecnica.

 

Mi rendo conto che rispetto a Wotan la mia prospettiva sia prosastica ( soldi e non creatività ) ma forse i nostri politici non arrivano al punto di concepire la creatività neanche sotto forma di minaccia... :rotfl: che poi indirettamente senza soldi la creatività rimanga privata dei mezzi per svilupparsi in professione è altro discorso, ma secondo me loro mirano essenzialmente ai soldi.

 

Rimane il fatto che si dichiara di voler garantire il pluralismo e poi di fatto si cerca di chiudere il mercato, o quanto meno si costruisce una disciplina che obbliga ad una serie di oneri per scoraggiare piccole nuove forme imprenditoriali, che oggi fanno concorrenza alle società editoriali e gli sottraggono risorse.  Ed è evidente che ogni espressione del pensiero si debba nutrire anche di mezzi se aspira ad essere qualcosa di più che una espressione di opinione individuale o dilettantesca

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Domanda: un blog o un sito come questo, dovranno comunque registrarsi al ROC?

Si verrà sottoposti ad una forma di controllo editoriale?

Varrà il discorso di giurisdizionalità territoriale?

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Guest Lover_Of_Darkness

ahahahha....non faranno mai una cosa del genere....se non vogliono che internet se ne vada allo sfacelo....non lo faranno mai...e poi ci ribelleremmo tutti....

ma per favore....hanno rotto la minchia...

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secondo me anche questo forum

come mille altri ..contando anche i portali

ricadrebbero nel caso ROC

(vedi l'area diary...come l'area spunti riflessioni e attualita')

 

non si tratta solo dei blog

ma del 70% di intro-net

 

@Quanto a Beppe Grillo, non dubito che si iscriverà al registro dei blog per continuare la sua attività mediatica, quando passerà la legge. E forse allora scopriremo quali sono i suoi scopi.-> lo credo anche io

 

e al secondo quesito io rispondo con una supposizione

 

..fare soldi?

:rotfl:

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Questo governo di sinistra si stà dimostrando più liberticida del governo Berlusconi...che chiacchierava tanto ma alla fine non ha tolto la libertà a nessuno,nemmeno ai magistrati.

Ineffetti guarda caso DeMagistris è stato rimosso da Mastella senza opposizione del governo di sinistra perchè dava fastidio a Prodi,Mastello e co.  :bah:

 

Ma dov'è finita la sinistra che difendeva l'indipendenza della magistratura contro le manovre del Berluska?  :awk:

C'è qualcosa che non mi torna... :rotfl:

 

Stà a vedere che la libertà d'informazione e di espressione alla fine sarà difesa propio dal Berluska (sia pure per interesse di quattrini) e affossata dalla sinistra. Roba da matti  :awk:

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Una proposta simile se non ricordo male era già uscita fuori in passato e ovviamente finì con un nulla di fatto (ma forse non riguardava l'Italia  :ok: non me lo ricordo...)

Ma non si rendono conto che una cosa del genere è in pratica inattuabile?

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