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La resurrezione di Palermo: da campo di battaglia della mafia a capitale culturale


Rotwang

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Posto questo interessante articolo sul The Guardian, scritto da un certo Lorenzo Tondo, sulla rinascita del capoluogo siciliano.

 

 

Ogni città, ad un certo punto della sua storia, raggiunge un punto di non ritorno. Per Palermo lo è stato un pomeriggio torrido del luglio 1992, quando più di 1.500 soldati con armi automatiche presero posizione in ogni angolo delle sue strade, stranamente tranquille, con una dimostrazione di forza militare sconosciuta in Italia fin dalla Seconda guerra mondiale.

 

In quel giorno, 24 luglio, la guerra era contro la mafia e l'Italia stava perdendo. Sei giorni prima, un'autobomba aveva ucciso Paolo Borsellino, il giudice capo che stava indagando sui padrini di Cosa Nostra, la mafia siciliana. I cinque agenti della sua scorta di polizia erano morti. In maggio, l'auto di un altro giudice, Giovanni Falcone, nemico numero uno dei boss mafiosi, era stato fatto saltare in aria. I trecento kg di tritolo che lo avevano ucciso insieme alla moglie e ai suoi tre agenti di scorta aprirono un cratere di quindici metri nell'autostrada che collega la città all'aeroporto.

 

"Palermo come Beirut" era il titolo schizzato sulle prime pagine di uno dei giornali locali più importanti. Le guerre di mafia in Italia segnarono il punto più basso nella storia della Sicilia. Molti pensavano che Palermo avesse raggiunto il punto di non ritorno, ma la sua capacità di riprendersi dalla crisi è divenuta il marchio di fabbrica di una città che è stata la più invasa di qualsiasi altra del Mediterraneo.

 

Le guerre di mafia dei primi anni '90 sembrano ormai lontane anni luce dai corridoi dorati del municipio, dove in febbraio 2017 i giornalisti aspettavano con impazienza di chiedere al sindaco Leoluca Orlando in merito a Palermo nominata capitale italiana della cultura per il 2018. È il più recente di un elenco di successi: nel luglio 2016, l'UNESCO ha riconosciuto il centro storico palermitano come patrimonio dell'umanità e sempre nel 2018 la città ospiterà 'Manifesta', la biennale di mostra d'arte contemporanea più importante d'Europa.

 

"Hai visto questa stanza? Bella, non è vero?" ha detto Orlando, indicando dipinti del XVIII secolo sulle pareti del suo ufficio. "E non è bella questa scrivania? Vi piacciono queste sedie? Prima di diventare sindaco, dietro a questa scrivania, su questa sedia, sedevano amici della mafia. Infatti alcuni di loro erano mafiosi."

 

Il 69enne Orlando è uno dei più noti sindaci d'Italia. Ha un dottorato in legge, parla cinque lingue e ha governato la città per diciassette anni. Se la città è cambiata, è grazie anche a lui.

 

In quella fatidica estate del 1992, Orlando - avendo fondato due anni prima il partito di centrosinistra La Rete - stava pensando di correre come sindaco per la seconda volta. Palermo era in ginocchio. Attilio Bolzoni, giornalista per il quotidiano nazionale La Repubblica, che ha vissuto a Palermo per venticinque anni, descrive la città di quegli anni come un campo di battaglia della mafia.

 

"Mi sentivo un corrispondente di guerra nella mia città" dice. "Sono stato in Afghanistan, nei Balcani, in Iraq, ma non avevo mai provato così paura come a Palermo in quegli anni. Mi sono dovuto guardare le spalle tutto il tempo. Ho trovato mafiosi ovunque, nelle strade, nei negozi, nelle banche. Sembrava ci fosse il coprifuoco, non c'era un solo caffè dove ci si potesse sedere la sera. Ogni volta che il telefono squillava sulla mia scrivania avevo paura avessero ucciso l'ennesimo giornalista, poliziotto o giudice."

 

Le elezioni si svolsero nel novembre 1993, e Orlando, che gestiva una piattaforma antimafia e viveva sotto scorta della polizia (come oggi), vinse col 75% dei voti. "Oggi Palermo è la capitale della cultura" dice Orlando. "Ma allora era capitale della mafia. Palermo era governata dalla mafia e chi si trovava sulla sua strada veniva isolato, o nel peggiore dei casi, ucciso."

 

Ma qualcosa nella città stava cambiando. Mentre l'esercito pattugliava Palermo, i suoi cittadini, atterriti da bombe e uccisioni, uscirono per le strade a migliaia per sostenere i giudici e protestando contro la mafia. Marce e striscioni non preoccupavano molto Cosa Nostra, però. Lo Stato avrebbe dovuto fare la prima mossa. 

 

"Prima di tutto abbiamo dovuto sbarazzarci dei boss mafiosi" dice Orlando. "Molti di loro hanno continuato indisturbati, comodamente seduti nelle loro case di lusso nel centro di Palermo, a pianificare omicidi e riempirsi le tasche con montagne di denaro col traffico di droga."

 

Vennero approvate leggi speciali contro i capimafia e i loro associati, inclusi i colletti bianchi dipendenti comunali che lavoravano per loro. Sanzioni e detenzioni furono rese più severe, incoraggiando molti boss a diventare informatori, alleggerendo le condanne, che a loro volta portarono ad ulteriori arresti.

 

Salvatore "Totò" Riina, il capo della mafia siciliana, era il più grande domino a cadere. Aveva scatenato una guerra che per quindici anni aveva insanguinato le strade della città, ed era ricercato da molteplici forze di polizia di tutta Europa dal 1969. Nel gennaio 1993, tuttavia, venne arrestato. In seguito, secondo i dati del governo, più di 4.000 mafiosi sono stati arrestati in Sicilia dal 1990.

 

Oggi la mafia siciliana è in declino, dando a Palermo un attimo del respiro di cui ha bisogno. Per la vera ripresa ci vorrà del tempo: le ferite inferte dalla mafia sono visibili nell'architettura della città. Centinaia di desolati condomini, grigi e a blocchi, una cicatrice della periferia, il risultato della più grande campagna edificatrice della storia italiana. I politici legati alla mafia ordinarono la demolizione di splendidi palazzi liberty per fare spazio a torri brutaliste. Oggi, tale periodo architettonico palermitano è ricordato in alcuni ambienti come "sacco di Palermo".

 

Maurizio Carta, docente di urbanistica presso l'Università di Palermo e uno dei membri del team che sta dietro la rigenerazione della città, ha detto che la mafia "ha sfigurato la bellezza di Palermo, vomitando tonnellate di calcestruzzo, senza alcun riguardo per il patrimonio storico e artistico della città. Ha demolito splendide ville del XIX secolo e depositato macerie sulla costa, rovinando le spiagge."

 

Carta descrive la rigenerazione del centro città di Palermo come un "processo di espiazione". "È come se i politici, abbiano sentito il bisogno di ripagare ciò che la mafia aveva portato via. Le strade del centro città erano deserte, andarci alla sera era addirittura pericoloso. Convincere la gente a tornare indietro significava rinnovare, essere più dinamici e riportare i vecchi edifici al loro antico splendore."

 

Il Consiglio comunale ha fornito i finanziamenti pubblici per stimolare questo processo ai proprietari di abitazioni, iniziando ad investire in una ristrutturazione di alcuni loro palazzi, abbandonati e danneggiati dalla Seconda guerra mondiale. In venticinque anni, almeno il 60% degli edifici storici cittadini è stato rinnovato.

 

Una porzione non indifferente il sequestro di beni dei boss mafiosi siciliani, per un valore di 30 miliardi di €, investito in nuovi spazi sociali, ambientali e culturali della città.

 

Appena fuori Palermo, a Capaci, dove è stato ucciso Falcone, un campo sequestrato di un boss locale, è stato trasformato in un campo giochi per bambini disabili. Un altro sito rinnovato nella periferia della città è il Giardino della Memoria. Sequestrato ad un mafioso nel 1993, è ora un parco di 25.000 mq pieno di mandarini, aranci e limoni, molti dei quali con targhe di chi è stato ucciso per essersi opposto a Cosa Nostra. Altrove, una bella villa di campagna, un tempo luogo d'incontro per boss e gangster locali, è stata trasformata nella sede di un movimento scout. Ma questi sono solo tre degli ottocento siti riutilizzati.

 

"Questo tipo di rinnovamento urbano ha anche un valore sociale" dice Carta. "Nelle città con alto rischio di criminalità, le aree decadenti e abbandonate diventano territori per attività criminali, zone dove la mafia prospera. Per restituirli alla gente dobbiamo ripulirli, rendendoli spazi comunitari."

 

Un esempio calzante è La Cala, porto turistico di Palermo, per il quale Carta ha vinto il Premio della Biennale di Architettura 2015 per il suo progetto di rigenerazione. Fino al 2005 la zona era inaccessibile e decadente, ritrovo di spacciatori che lavoravano per conto della criminalità organizzata. "Avevamo bisogno di iniziare da quei luoghi, che sotto spazzatura e macerie avevano un guizzo di vita per potersi riprendere" dice Carta.

 

Oggi La Cala è il simbolo emblematico della rinascita di Palermo. Centinaia di yacht attraccano qui, mentre caffè e verde circondano l'antico porto e turisti, corridori e ciclisti godono di un luogo il cui recente passato è solo un brutto ricordo.

 

Palermo ha riconquistato le sue piazze, molte delle quali erano usate come parcheggi illegali dalla mafia, dove era meglio pagare se si voleva ritrovare la propria auto integra. Anche se esistono ancora i posteggiatori abusivi a Palermo, molte piazze storiche sono state pedonalizzate e munite di punti di bike e car sharing.

 

Palermo è anche sempre più verde, con tram elettrici di nuova installazione e una metropolitana che collega il centro alla periferia. Tutto questo potrebbe sembrare ordinario ad Amsterdam, Zurigo o Oslo, ma in una città le cui strade erano pattugliate dall'esercito fino al 1998, non è cosa da poco.

 

L'obelisco eretto nel luogo dove è stato ucciso Falcone è già uno dei luoghi più visitati nei tour antimafia organizzati da 'Addiopizzo', l'associazione antiracket che porta i visitatori nei luoghi che simboleggiano la guerra contro i padrini siciliani. Oggi i boss più autorevoli sono in carcere, sono stati sostituiti da giovani criminali che, però, non sembrano avere la stessa autorità dei loro predecessori.

 

Palermo ha ancora tanta strada da fare. La mafia controlla ancora alcune aziende locali, i giovani faticano a trovare lavoro, le periferie rimangono povere, così come molti cittadini. Alcune persone dicono che Palermo si trovi in una sorta di purgatorio, dove espiare i suoi peccati. "Ma dopotutto - dice Orlando - tra i cieli e le fiamme, ogni giorno questa città è un posto migliore dove vivere."

Edited by Rotwang
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