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La femminista Luisa Muraro: «I gay sono l'essenza del patriarcato»


Rotwang

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Luisa Muraro è una filosofa e scrittrice italiana, legata al femminismo della cosiddetta "seconda ondata", che si situa alla fine degli anni '60 e si distingue dal proto-femminismo di fine XIX secolo. Questo femminismo era più radicale e contestava una società borghese sessista in tutte le sue strutture. Pur senza negare il valore dell'uguaglianza di donne e uomini di fronte alla legge, il femminismo con cui il pensiero di Muraro è in rapporto imposta la questione in maniera diversa, insistendo sulla differenza tra donne e uomini come ciò su cui far leva per ridisegnare gli inquadramenti attraverso cui sono elaborate le varie regioni dell'esperienza umana, ad esempio la politica o il lavoro.

 

Contraria alla maternità surrogata o GPA (gestazione per altri), ha pubblicato un breve intervento in cui, in esplicito riferimento alla surrogacy, afferma che i gay sarebbero parte del patriarcato:

 

«Mentre partecipavo a un incontro in vista dell’Otto marzo, in difesa dell’umanità femminile dalle violenze maschili, ho sentito una parola nuova per me: l’etero-patriarcato.

 

Giusto! Ecco una parola che ci voleva. Esiste infatti un omo-patriarcato, ed è il fondamento simbolico del patriarcato. L’obbligo dell’eterosessualità non è l’essenza del patriarcato, come credono le americane, è solo una maschera perbenista che i privilegiati si mettono e si tolgono, a seconda, l’obbligo è per il popolo. Pensate al mondo di Virginia Woolf, per esempio, o leggete 'Il libro e la fratellanza' di Iris Murdoch. E risalite all’antica Grecia, fonte della nostra civiltà.

 

L’omo-patriarcato non è finito.

 

Senza tante letture, basta la recente sentenza delle giudici di Trento che si sono pronunciate in favore dell’assoluta paternità di una coppia gay. I due, come noto, si trovavano in Canada (guarda caso) e lì hanno avuto in regalo (si fa per dire) due gemelli, frutto della maternità di una tale. L’anagrafe, nel paese di lei funziona regolarmente, non è la Siria, voglio dire. Ma non l’ha registrata come tale, cioè madre dei due gemelli, l’ha semplicemente ignorata accettando la tesi squisitamente platonica che il frutto del ventre di lei fosse generato dall’amore di due uomini.

 

Di ritorno in Italia, questi due, per il bene delle creature nate dal loro amore (non senza una certa somma di denaro nota soltanto al fisco del Canada, che platonico non è) hanno chiesto di trascriverle nella nostra anagrafe. Ma si sono scontrati con l’incredulità delle impiegate dell’anagrafe di Trento, dovuta forse a scarsa fantasia o ignoranza, per non tirar fuori quel populismo che oggi si va purtroppo diffondendo.

 

Non possiamo trascriverli, hanno obiettato le impiegate, per fare un bambino ci vuole una madre. Le giudici, invece, avendo studiato filosofia, hanno detto sì, quello che conta nella generazione di un essere umano è l’amore (detto anche eros) e la disposizione spirituale; il corpo è secondario. Anzi, in questo caso, surrogabile.

 

Morale della favola: una madre in meno. La Cassazione casserà, già lo prevedo e mi chiedo: chissà che cosa ci avremo guadagnato noi donne.»

Edited by Rotwang
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