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Cosa ho imparato da cento giorni di rifiuti | Jia Jiang


paperino

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Chi preferisce guardare il video (con sottotitoli in inglese) può farlo, per gli altri riporto in seguito la traduzione in italiano della parte del discorso di interesse.

 

 

[…]

Google era mio amico. Ho cercato: “Come superare la paura del rifiuto?”. Ho trovato un mucchio di articoli di psicologia sulle origini della paura e del dolore. Poi ho trovato un mucchio di articoli motivazionali “urrà urrà” sul “Non prenderla sul personale, vincila”. Chi non lo sa già? Ma perché avevo ancora così tanta paura?

 

Poi ho trovato questo sito per caso. Si chiama rejectiontherapy.com. “Rejection Therapy” era questo gioco inventato da un imprenditore canadese, Jason Comely. E in pratica l’idea è di andare alla ricerca del rifiuto e di farsi respingere per qualcosa ogni giorno e, alla fine, ti sarai desensibilizzato dalla paura. E ho adorato quest’idea. Mi sono detto: “Sai cosa? Lo farò.” E ho ideato le mie idee per farmi rifiutare e ne ho fatto un vlog; eccolo:

 

 

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Giorno uno: farsi prestare soldi da uno sconosciuto. Ero a lavoro, sono sceso al piano di sotto e ho visto questo tipo grande e grosso seduto dietro una scrivania; sembrava un addetto alla sicurezza. Allora mi sono avvicinato ed è stata la camminata più lunga della mia vita – mi si sono rizzati i peli sulla schiena, sudavo e il cuore mi martellava nel petto. Sono arrivato e gli ho detto: “Ehilà, mi potrebbe prestare dei soldi?”. E lui ha alzato lo sguardo e, perplesso, mi fa: “No. Perché?”. E io ho risposto: “No? Mi dispiace.”, mi sono voltato e sono corso via. Mi sentivo imbarazzatissimo.

 

Ma mi ero filmato e quella sera mi riguardai venire respinto e vidi quanto ero terrorizzato. Sembravo il bambino de “Il sesto senso”, come se avessi visto la gente morta. Ma poi ho visto il tipo e, sapete, non era poi così minaccioso. Era un ragazzo paffuto e adorabile e mi ha perfino chiesto: “Perché?”. Di fatto mi ha invitato a spiegarmi. E avrei potuto dire molte cose: avrei potuto spiegare, avrei potuto negoziare. Non ho fatto niente, sono solo scappato via. Mi sono reso conto che, wow, questo è un microcosmo della mia vita. Ogni volta che percepivo il più lieve rifiuto cominciavo scappare quanto più in fretta potevo. E sapete una cosa? Domani, qualsiasi cosa succeda, non scapperò.

 

Giorno due: chiedere un “refill dell’hamburger”. Sono andato in un fast food, ho finito di mangiare e sono tornato dal cassiere: “Salve, posso avere un refill dell’hamburger?”. Il cassiere era confuso: “Cos’è un refill dell’hamburger?”. Ho risposto: “Be’, è come il refill delle bevande ma con un hamburger”. “Mi dispiace, non facciamo il refill dell’hamburger”. Questo è il momento in cui avviene il rifiuto e sarei potuto scappare, ma sono rimasto. Ho risposto: “Be’, adoro i vostri hamburger, adoro il vostro locale e se mi fate un refill dell’hamburger, mi piacerete ancora di più”. “Bon, ok, ne parlerò col mio responsabile e forse lo faremo ma, mi dispiace, non possiamo farlo oggi”. E me ne sono andato. E, a proposito, non credo abbiano mai implementato il refill degli hamburger.

 

Non mi sentivo più come se stessi lottando per la vita e la morte, come la prima volta, solo perché sono rimasto, perché non sono scappato. Mi sono detto: “Wow, ottimo, sto già imparando cose. Splendido.”

 

E giorno tre: chiedere ciambelle olimpiche. È qui che la mia vita fu sconvolta. Sono andato in un Krispy Kreme, una ciambelleria diffusa soprattutto nell’area sud-est degli Stati Uniti. Una volta entrato chiesi: “Potete farmi delle ciambelle che sembrino il simbolo olimpico? In pratica, collegate cinque ciambelle insieme…”. Voglio dire, è impossibile che dicano sì, no? La ciambellaia invece mi ha preso così sul serio: ha preso un foglio di carta e ha cominciato ad annotarsi i colori e gli anelli, mormorando: “Come posso fare?”. E poco dopo, è tornata con una scatola di ciambelle che sembravano anelli olimpici e ne rimasi davvero colpito. Quel video ha ottenuto più di cinque milioni di visualizzazioni su YouTube: neanche il mondo riusciva a crederci.

 

E divenni famoso; in molti iniziarono a scrivermi email per dirmi: “Stai facendo una cosa fantastica”. Ma, sapete, la fama e la notorietà non mi fecero nessun effetto: ciò che volevo davvero era imparare e cambiare me stesso. Così ho trasformato i restanti giorni di rifiuto in un parco giochi, una sorta di esperimento: volevo vedere cosa potevo imparare. E ho imparato molto; ho scoperto tanti segreti. Per esempio, ho scoperto che, se non scappavo quando venivo rifiutato, potevo trasformare un “no” in un “sì” e che la parola magica è: “Perché?”.

 

Un giorno mi sono presentato a casa di uno sconosciuto con un fiore in mano e gli ho chiesto: “Posso piantare questo fiore nel suo giardino?”. “No”. Ma prima che se ne potesse andare ho chiesto: “Ehi, posso sapere perché?”. “Be’, ho un cane che disseppellisce qualsiasi cosa metta in giardino. Non voglio sprecare il suo fiore. Se vuole piantarlo vada dall’altra parte della strada e chieda a Connie: lei adora i fiori.”. E così ho fatto e lei era davvero contenta di vedermi. E, mezz’ora dopo, ecco che c’era questo fiore nel giardino di Connie.

 

Se me ne fossi andato al rifiuto iniziale, avrei pensato: be’, è perché questo tipo non si fidava di me, perché sono pazzo, perché non mi sono vestito bene, perché non avevo un buon aspetto. Non era nulla di tutto ciò: era perché ciò che gli avevo offerto non corrispondeva a ciò che voleva. E si fidava abbastanza di me da offrirmi un referral, per usare un termine commerciale: ho convertito un referral.

 

E ho anche imparato che posso persino dire certe cose e massimizzare le possibilità di ricevere una risposta positiva. Per esempio, un giorno sono andato in un Starbucks e ho chiesto al manager: “Salve, posso essere un greeter di Starbucks?”. “Che cos’è un greeter di Starbucks?”. “Ha presente i greeter di Walmart? Sa, quelle persone che, in pratica, ti saluto prima che entri in negozio e si assicurano che non rubi nulla?”. E lui ha reagito con perplessità: “Oh… Non lo so.”. A quel punto gli ho chiesto: “È una domanda strana?”. “Sì, è molto strana”. Ma dopo averlo detto ad alta voce tutto il suo atteggiamento è cambiato: è come se avesse rimesso il dubbio in discussione. E, infine: “Sì, puoi farlo, ma cerca di non sembrare troppo strano.”. E per l’ora successiva sono stato il greeter di Starbucks: ho salutato tutti i clienti che sono entrati e gli ho fatto gli auguri per le feste.

 

Più tardi mi sono reso conto che sono riuscito a farlo perché ho fatto cenno al fatto che la richiesta era “strana”; questo significava che non ero strano: significava che in realtà la pensavo proprio come lui, che la vedevo come una cosa strana. E questo è successo ancora, e ancora; ho imparato che se, prima di porre la domanda, accennavo a qualche dubbio che l’interlocutore potrebbe avere, mi guadagnavo la sua fiducia. Era più probabile che la gente mi rispondesse di sì.

[…]

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è un'idea piuttosto idiota.. perché quando vai in giro a fare quelle domande sai già che la gente ti dirà di no (al massimo qualche fricchettone buontempone ti dice di sì..ma anche lì sai che sta semplicemente stando al gioco).. quindi non serve a farti togliere la paura del rifiuto. 

Edited by Beppe_89
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l'avessi fatto io avrebbero liberato i cani.

Infatti, mi hanno raccontato che sei molto timido e hai sempre paura di chiedere. :D Il problema è l'accento: uno sente il veneto e subito pensa alla mala del Brenta. :sisi:

 

è un'idea piuttosto idiota.. perché quando vai in giro a fare quelle domande sai già che la gente ti dirà di no [...] quindi non serve a farti togliere la paura del rifiuto. 

Non lo so. La paura del rifiuto di solito porta a evitare di fare domande perché ci si aspetta a priori una risposta negativa (quando non è detto che lo sia), come l'esempio delle ciambelle olimpiche. Oppure si riesce, più o meno a fatica, a chiedere ma al primo cenno di rifiuto ci si richiude a riccio.

 

D'altra parte se tu non hai paura di dire quando qualcosa non ti va, di chiedere qualcosa o di approcciare un ragazzo che ti piace sui mezzi pubblici immagino che l'esercizio a te non serva. :)):

 

impraticabile in Italia

Perché?

Edited by paperino
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approcciare un ragazzo che ti piace sui mezzi pubblici

 

ahahahah non usare le mie discussioni contro di me XD

 

comunque, ma infatti l'esperimento avrebbe senso se ci si sforzasse di fare domande che veramente ti fanno paura!..  approcciare il figone malay sul bus ed essere respinti, chiedere al tuo migliore amico un favore e vedertelo negato, chiedere soldi alla tua vicina di casa che ti sorride sempre, chiedere ai tuoi genitori di essere sostenuto in qualcosa cui sono contrari e vedersi chiudere la porta in faccia ecc.. (senza entrare nel dramma ahahah) 

 

Queste cose ti farebbero riflettere... non andare dalla cassiera della coop e chiederle se te lo succhia.. quello serve solo a fare una candid divertente da mettere su youtube..  

Edited by Beppe_89
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Queste cose ti farebbero riflettere... non andare dalla cassiera della coop e chiederle se te lo succhia.. quello serve solo a fare una candid divertente da mettere su youtube..  

Ma lo scopo dell'esercizio non è riflettere: è un banale esercizio di desensibilizzazione, come gli esercizi antivergogna di Ellis. In altre parole, se trovarti nella situazione in cui un'altra persone ti dice no ti mette a disagio, viverla tante volte, partendo da cose piccole e andando in crescita, ti aiuterà a limitare le emozioni negative (eliminarle del tutto è impossibile). Se come primo esercizio parti dal porre ai genitori la domanda della vita rischi che la tua risposta emotiva sia così forte da spingerti all'opposto, cioè all'evitamento di situazioni simili.

 

Prendi l'esempio delle fobie. Se una persona ha il terrore dei ragni e quando ne vede uno a meno di due metri di distanza si paralizza dal terrore non potrai cominciare chiudendola in uno sgabuzzino pieno di ragni: sarebbe crudele e di certo non la aiuteresti con la sua fobia.

 

Poi l'esempio di andare a chiedere alla cassiera se te lo succhia è un'iperbole: sarebbe una provocazione, peraltro studiata per mettere potenzialmente a disagio l'altra persona.

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Se come primo esercizio parti dal porre ai genitori la domanda della vita rischi che la tua risposta emotiva sia così forte da spingerti all'opposto, cioè all'evitamento di situazioni simili.

 

Okay, su questo concordo..

 

Però resto dell'idea che le cose da chiedere in questo esperimento sono, all'opposto, troppo sempliciotte.. per cui sembrano più degli scherzi per fare i cretini che altro..

 

Magari che so.. fare una proposta di una nuova idea su lavoro.. proporre un locale nuovo agli amici.. queste hanno già più senso.. e se ricevi dei rifiuti per queste cose di certo non ti suicidi.. però almeno servono. 

Edited by Beppe_89
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Bof l'idea era sensata e il tema del rifiuto molto delicato, però messo così è un esercizio per imparare a essere fastidiosi smettendo di accorgersene.

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messo così è un esercizio per imparare a essere fastidiosi smettendo di accorgersene.

Bof, esagerato. L'esercizio serve a provocare delle situazioni soggettivamente spiacevoli ma non è il comportamento che uno tiene nella vita quotidiana. È come i già citati esercizi antivergogna di Ellis: servono a uno scopo, ma mica uno poi si comporterà così nella vita. Ma immagino che non rientrando nella sfera delle farlocche teorie psicanalitiche non ti interessino. [emoji6] Edited by paperino
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Dopo che la fidanzata l'ha rifiutato l'ha presa bene?

Secondo me non è questo lo scopo dell'esercizio. Non ci si può dimenticare che siamo esseri umani, che proviamo emozioni e che ci sono cose che ci fanno star male; possiamo sforzarci quanto vogliamo, fare tutti gli esercizi e gli addestramenti per la mente che vogliamo, tutta la psicoterapia di questo mondo, ma nulla potrà mai eliminare il dolore dalla nostra vita.

 

Lo scopo di una terapia come questa è quello di aiutare una persona a superare una sua paura, a fare in modo che questa paura non la faccia scappare al minimo accenno di rifiuto e che non passi la vita a cercare, più o meno consciamente, di evitare situazioni in cui può sentirsi respinta. Ma, per quanto possa aiutare, non potrà mai eliminare il dispiacere, il disappunto e il dolore che possono portare certi rifiuti, ma potrebbe migliorare la capacità di gestirli e affrontarli.

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Mi pare un po esposto ad minchiam sta cosa. Chiedere di piantare fiori o di fare ciambelle strambe non serve a farti diventare meno timido ma a sembrare più cretino agli occhi altrui. A meno che il problema del cinese non fosse proprio "timidezza nel chiedere cose strambe e inutili a sconosciuti di cui mi frega una cippa" allora si sarebbe utile.

Se il mio problema invece è farmi notare e presentarmi ad uno che mi piace in una situazione improvvisa e senza nessun precedente legame (questo è), bisogna vedere se dopo una caterva di NO presi da ragazzi che ci piacciono, questa timidezza sia almeno indebolita, oltre comunque a prendere coscienza che si è cessi vista la marea di NO che mi prenderei ed essermi giocato metà popolazione della città. E se invece di indebolire la timidezza così facendo, si erode ancor di più l'autostima?

 

 

 

 

potrebbe migliorare la capacità di gestirli e affrontarli.

 

Solo se limitati a quei casi in cui il coinvolgimento emotivo e sensibile, non sia troppo elevato, altrimenti salta qualsiasi tentativo di addestramento. Perchè solo chi vi è portato per natura può arrivare a certi livelli, gli altri Raus!

Edited by Efestione7
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Io trovo il tutto davvero interessante, desensibilizzazione. Se ti blocchi a priori e neanche ci provi cosa ottieni? Lo scopo del percorso è rendere meno terrificante agli occhi del soggetto un eventuale rifiuto, il tutto da applicare alla vita di tutti i giorni ed è ovvio che dopo il percorso non vado in giro a piantare margherite nel giardino degli sconosciuti! (Anche se io accetterei,da buon romantico che vede la magia in tutto).

 

Non dovreste soffermarvi troppo sulla modalità del percorso, per quanto possa sembrare strana. Io trovo ridicoli molti degli esercizi che mi fanno fare in palestra ma mi focalizzo sull'obiettivo, capisco che sono dei movimenti che mi aiuteranno a raggiungere una bella forma fisica, non me ne sto a casa perché penso che il personal trainer mi insegna ad appendermi alle sbarre come fanno le scimmie XD

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Bof, esagerato. L'esercizio serve a provocare delle situazioni soggettivamente spiacevoli ma non è il comportamento che uno tiene nella vita quotidiana. È come i già citati esercizi antivergogna di Ellis: servono a uno scopo, ma mica uno poi si comporterà così nella vita. Ma immagino che non rientrando nella sfera delle farlocche teorie psicanalitiche non ti interessino. [emoji6]

 

 

Perché ti arrabbi? Il punto è che non capisco che senso possa avere imparare a chiedere agli sconosciuti se si possono piantare fiori nei loro giardini rispetto all'imparare a non soffrire troppo nel momento in cui ci si imbatte dinnanzi ad un rifiuto sociale, lavorativo, sentimentale ecc.
 
L'unico senso che mi viene in mente è l'idea della stravaganza come espediente, cioè imparare a fare gli stravaganti per non sentire un dolore, quindi scorrelare il proprio stato di consapevolezza rispetto al proprio stato emozionale (come se già ai nostri giorni tale scorrelazione non fosse già abbastanza marcata).
 
In sostanza la si potrebbe definire una delle tante tecniche da bypass antirielaborativo.
 
Insomma tu, "esterno", mi plasmi,stabilendo i parametri di significato di ogni cosa che mi riguarda, e poi però mi dici che devo imparare a non prenderti troppo sul serio? E' un modo con cui una stortura sociale cerca di risistemarsi dandoti prima il messaggio X poi il messaggio Y.
 
E' tutto molto... americano: se non ho una pillola che mi faccia dimenticare Jenny che mi ha mollato, allora faccio lo stravagante, per non sentire il male che fa.
Ciò che conta è negare, negare, negare ad ogni costo quella peculiarità umana così fastidiosamente anticapitalista, cioè la vulnerabilità.
 
Pare che sia quindi fondamentale l'obiettivo di evitare di consigliare a chi ha paura di uscire con le ragazze, dopo che Jenny l'ha lasciato il mese scorso, cose del tipo "datti un po' di tempo per voltare pagina, sii paziente e quando te la senti riprovaci di nuovo con qualcun'altra, non avere paura, datti una nuova possibilità, sii gentile con te stesso, sii buono con i tuoi difetti e le tue difficoltà, le persone sono tutte diverse l'una dall'altra, il mondo non finisce qui". Perché è una frase troppo retrò e non al passo coi tempi e con l'economia.
 
Ma per carità, magari mi sbaglio ed è solo una mia impressione.
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Mi pare una roba molto confuciana, forse può funzionare

per un cinese o un giapponese

 

Persone cioè incapaci di articolare un giudizio morale individuale

secondo standard occidentali e votate al più piatto conformismo

sociale

 

Dal nostro punto di vista sono delle bambinate proponibili ad un

bambino timido di 9 anni

 

 

 

E' tutto molto... americano: se non ho una pillola che mi faccia dimenticare Jenny che mi ha mollato, allora faccio lo stravagante, per non sentire il male che fa. Ciò che conta è negare, negare, negare ad ogni costo quella peculiarità umana così fastidiosamente anticapitalista, cioè la vulnerabilità.

 

Può essere che trapiantato in America assuma un significato diverso, tuttavia

bisogna appunto ipotizzare che la fonte vera di un'emozione da fronteggiare

sia altrove....nessun americano si vergognerebbe veramente di quelle robe lì

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Vabbè, ma è Orientale: nessuno ha paura degli Orientali;

l'avessi fatto io avrebbero liberato i cani.

 

Pensa che se passeggio con Alma nel suo quartiere c'è il rischio reale che la polizia ci fermi chiedendoci i documenti :D

 

E' tutto molto... americano: se non ho una pillola che mi faccia dimenticare Jenny che mi ha mollato, allora faccio lo stravagante, per non sentire il male che fa.

Ciò che conta è negare, negare, negare ad ogni costo quella peculiarità umana così fastidiosamente anticapitalista, cioè la vulnerabilità.

 

Di fondo l'esercizio non è errato, l'esposizione alla situazione temuta come espediente per superarne la fobia è molto utilizzato dalla psicologia cognitivo-comportamentale. Si sottovaluta che, appunto, qui non si ha a che fare con paura del rifiuto in senso lato, ma con dei timori molto specifici, quindi semmai mi pare poco focus oriented.

 

Non saprei se si tratti di fare gli stravaganti, ma certo abituarsi a prendere le cose con maggior distacco non è necessariamente un male; tutti noi qui, es., pratichiamo esperienze sessuali senza innamorarci perdutamente del partner di una notte perché ci siamo abituati a farlo, no...?

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l'esposizione alla situazione temuta come espediente per superarne la fobia

Certo, perché è evidentemente una grave piaga sociale quella di non avere abbastanza coraggio nel chiedere a colazione ciambelline colorate incastrate fra loro.

 

 

Persone cioè incapaci di articolare un giudizio morale individuale secondo standard occidentali
Lui è asiatico ma la trovata è di un manager canadese.
 
Comunque sì, dal punto di vista asiatico la "violazione giocosa" della norma sociale può avere addirittura una qualche valenza terapeutica laddove si è abituati a considerare il suicidio o l'autoespulsione dalla società se si resta disoccupati o si vien messi in cassa integrazione, se si arriva in ritardo ad un appuntamento di lavoro, se non si dà del lei al superiore ecc. Ma è una cosa che fa più tenerezza che altro.
 
Nel contesto nordamericano non può che emanare l'aroma dell'ennesimo mini-training all'imprenditorializzazione della vita umana, cioè sei obbligato ad essere efficiente massimizzando i profitti e minimizzando i costi in tutti i rami della tua vita, e siccome non è eliminabile l'appendice inerente i rapporti sociali e le relazioni affettive, come minimo vedi di farti passare la paura di chiedere una cosa cretina perché è una rogna fastidiosa, un residuo umano ingombrante per l'efficienza del lavoratore nel settore quaternario.
In questo modo sarai un pochino più brioso nel vendere aspirapolveri porta a porta, nel proporre polizze sulla vita innovative ai pensionati o nel promuovere la nuova moda dei cappottini per cani in stile art-decò.
 
Nel contesto europeo mi appare come qualcosa di un po' infantile per cercare di emulare la mentalità nordamericana senza accorgersi di quanto sia differente il contesto in cui il giochino nasce; non ci si rende conto che la perequazione "stile bulldozer" che gli americani riescono a fare di qualsiasi peculiarità dello scibile umano presuppone un'insensibilità di proporzioni enormi, tale che si dovrebbero impiegare ancora molte generazioni di bombardamento psicologico prima di essere efficacemente impiantata da noi. Per carità ci si sta lavorando di gran lena sul punto, ma è ancora un pochino presto a parer mio, ci vogliono ancora due o tre generazioni circa.
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Perché ti arrabbi?

Non sono arrabbiato, era solo una risposta acidah! :haha:

 

D'altra parte cosa potrei mai risponderti?

 

Scambi un esercizio rivolto a superare meccanismi di difesa di evitamento con un tentativo di sopprimere le emozioni negative. Nessun psicoterapeuta serio negherebbe che l'uomo prova emozioni, positive e negative, e che non si possono cancellare. Lo scopo dell'esercizio non è eliminare queste emozioni negative (impossibile).

 

Tutto il discorso sul negare, l'efficienza e gli americani assomiglia un po' ai deliri dei complottisti.

 

La frase che citi nel penultimo paragrafo è giusta, va bene, ma la verità (lo dice all'inizio nel video e, se non basta, ti potrei portare anch'io esempi) è che sono cose che in fondo sanno tutti ma il fatto di dirle non cambia la situazione per molte persone e non basta. E la exposure therapy è un modo validato di affrontare una fobia, cioè sappiamo che funziona. La psicanalisi classica non può vantare altrettanto; la terapia psicodinamica sì, se sei un fan delle teorie psicanalitiche.

 

Persone cioè incapaci

Pregiudizi e generalizzazione.

 

Pensa che se passeggio con Alma nel suo quartiere c'è il rischio reale che la polizia ci fermi chiedendoci i documenti :D

A me capitava sempre in treno con la polizia ferroviaria. E dire che non ho un aspetto sospetto.

 

mi pare poco focus oriented.

Forse il focus è, in generale, sul timore del giudizio degli altri e sui comportamenti evitanti per cui una persona tende a evitare situazioni che la mettano a disagio (come chiedere qualcosa e sentirsi rispondere di no).

 

D'altra parte siete tutti concentrati sull'esercizio in sé piuttosto che sulla parte in cui parla di come, superando il timore di chiedere, oltre a tanti ovvi rifiuti si può aprire anche la possibilità che l'altro risponda sì o un canale di dialogo che può permetterci di arrivare a un compromesso con l'altro. E anche quando si ha un rifiuto non è una tragedia: la prossima volta potrebbe andare meglio.

 

Il mio non voleva essere un invito ad andare a piantare fiori a casa della gente, ma uno spunto di riflessione per i molti che leggo sul forum aver paura di "farsi avanti" per paura di essere rifiutati.

Edited by paperino
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A me capitava sempre in treno con la polizia ferroviaria. E dire che non ho un aspetto sospetto.

 

Tutti sti anni vissuti lì e ti chiedi perché la pula fermi un potenziale russo/slavo? Sia mai che tu sia un disperso da una di quelle famigliuole dell'est che si infiltrano a Udine per la sporadica bella giornata domenicale

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Il mio non voleva essere un invito ad andare a piantare fiori a casa della gente, ma uno spunto di riflessione per i molti che leggo sul forum aver paura di "farsi avanti" per paura di essere rifiutati.

 

In questo caso bisognerebbe invitare i forumisti a non assumere

atteggiamenti vitttimistici e passivi di fronte all'omofobia, a non subire

il minority stress ed a distinguere le componenti oggettive ( discriminazioni

subite ) dallo stigma percepito e da ciò che invece è omofobia interiorizzata

 

La parte problematica è quella relativa allo "stigma percepito" perchè è un

qualcosa di parzialmente oggettivo e parzialmente soggettivo, come è anche

evidente che se parliamo di "evitamento" dovremo parlare di evitamento degli

ambienti omosessuali, degli stili di vita omosessuali, della cultura omosessuale

( che porta tendenzialmente al mancato sostegno nella comunità minoritaria )

e non parleremo del generico evitamento di una generica persona per un generico

rifiuto immaginario ( ma di quello reale dei gay italiani nei cfr di se stessi )

 

Se parliamo di aumento della vigilanza o alessitimia, parleremo invece di una

propensione ad un atteggiamento di vigilanza e controllo sulle proprie emozioni

e -nel caso di protezione dall'omofobia tramite evitamento di CO- di mancanza di

validazioni esterne, condivisione riconoscimento etc

 

Cioè ovviamente il problema esiste, ma va ben individuato

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Sia mai che tu sia un disperso da una di quelle famigliuole dell'est che si infiltrano a Udine per la sporadica bella giornata domenicale

Disperso è improbabile: più facile che sia scappato di casa apposta per raggiungere la metropoli. Come recitava la famosa canzone: "Il sogno di un bambino è andare a Udine!".

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Scambi un esercizio rivolto a superare meccanismi di difesa di evitamento

 

Forse, mi dai una risposta acida perché mi attribuisci la difesa di un qualche sistema che nella tua ricostruzione personale vedi come antitetico ad alcune teorie di cui ritieni di essere promotore, rispetto altre teorie di cui ti dichiari nemico,stile tifoseria da stadio "Milan vs Inter, o uno o l'altro no vie di mezzo".

 

Io osservo che, nel concreto, l'esporsi a ciò di cui si ha paura è una strada spesso estremamente buona, però farla nel modo spiegato entusiasticamente dal americocinesino è un po' ingenuotto. Per carità anche in buona fede.

 

Perché non "guarirai" un omosessuale dal suo darwinistico timore nel provarci con qualcuno per strada (o più in generale una qualunque persona dalla remora a farsi avanti con qualcuno che le piace) invitandolo a dare fastidio alle persone con richieste imbarazzanti (anche perché forse può perfino essere svilente). E' solo un modo stravagante di non far capire una sega alla gente che vorrebbe essere un po' più disinibita, per di più dicendole di passare attraverso una strada priva di focus, come dice Schopy, cioè nella decontestualizzazione completa. Tanto più che a livello di gay che si muovono nel mondo eterocentrico il discorso meriterebbe un'infinità di ulteriori precisazioni, distinguo e approfondimenti specifici come suggerisce Hinzelmann.

 

Una buona Terapia da Esposizione è il banalissimo, laicissimo, volgarissimo, plebeissimo "provaci ancora, provaci tante volte e non prenderla sul personale, le persone sono libere di scegliere tanto quanto tu sei libero di scegliere". Figuriamoci se una persona impaurita e senza autostima si mette a fare il maestro di cerimonia salutando gli sconosciuti davanti a Starbucks.

 

Quello che mi piacerebbe sottolineare è che il contesto è importante: io europeo mi sento spinto a dire al cinesino "zio guarda che non ti devi colpevolizzare, è normale, NON PATOLOGICO provare remore nel dichiarare il proprio ammmore a qualcuno, e il modo per ammorbidirlo è passarci un po' di volte attraverso l'esperienza, con il giusto carico di errori e mazzate che essa inevitabilmente comporta". Un asiatico sarà invece affascinato dall'idea di giocare con una norma sociale violentemente introiettata ("non osar cagare il cazzo al prossimo") senza essere condannato a morte ed espulso dalla società per averne violato l'armonia confuciana. Un nordamericano sarà a sua volta stuzzicato dall'idea schietta e pragmatica dell'eradicazione della timidezza come fattore d'inefficienza nella velocità di consumazione delle relazioni interpersonali. Una "tinderizzazione" dei rapporti umani XD

 

Chissà forse è proprio questo il punto? Un millennial giustamente si chiederà, allibito: "cazzo è così facile matchare con Cassidy, Mary-Jane, Xiangxin e Wenlong online, perché cavolo non riesco nemmeno a guardare negli occhi Kathleen quando vado a pagare il frappuccino alla cassa?"

Edited by Sampei
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Forse, mi dai una risposta acida perché mi attribuisci la difesa di un qualche sistema che nella tua ricostruzione personale vedi come antitetico ad alcune teorie di cui ritieni di essere promotore, rispetto altre teorie di cui ti dichiari nemico,stile tifoseria da stadio "Milan vs Inter, o uno o l'altro no vie di mezzo".

Il bello è che potrei scrivere qualcosa di simile su di te, che respingi in blocco tutto il mondo cognitivo-comportamentale solo perché non ti piace. Io sono più pragmatico: difendo e promuovo una medicina evidence-based; la verifica di efficacia è imprescindibile.

 

Per questo tutti gli approcci che hanno dimostrato di funzionare vanno bene, compresa la psicoterapia psicodinamica, che si rifà alle teorie e ai metodi della psicanalisi; al contrario, tutti quegli approcci che rifiutano di confrontarsi con trial clinici sono da evitare, come la psicanalisi. D'altra parte se sono malato vado dal medico, non dall'omeopata o dal guaritore vudù; perché dovrei comportarmi diversamente per le malattie mentali?

 

In tutto questo discorso, tuttavia, è evidente anche cosa potrebbe farmi cambiare idea: poiché non ho nemici o posizioni preconcette, se la psicanalisi (o la Gestalt o quello che vuoi) si confronteranno con i loro risultati e i dati clinici supporteranno il loro uso la aggiungerò senza problemi alla lista dei trattamenti tra cui ha senso scegliere quando si cerca uno psicologo.

 

Parlando di te, invece, cosa potrebbe farti cambiare idea su tutti questi trattamenti "americani" (?) che respingi con tanto ardore?

 

Tanto più che a livello di gay che si muovono nel mondo eterocentrico il discorso meriterebbe un'infinità di ulteriori precisazioni, distinguo e approfondimenti specifici

Ma anche no, nonostante immagino possano essere comode razionalizzazioni per decolpevolizzarsi.

 

Il resto del tuo post butta mille cose nel calderone, che aggiungono confusione al discorso e poco c'entrano col tema originale.

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Patato ho appena scritto che l'esposizione di per sé è un'ottima terapia, non capisco perché ti infuri così, boh? Inoltre ho mai parlato di psicanalisi? Ti prego dimmi dove?

 

Non capisco come tu possa attribuirmi queste cose, dico sul serio. Hai evidentemente una feroce fobia per questo argomento, ma temo sia una cosa tutta tua, una specie di lotta partigiana che avviene dentro di te perché di psicanalisi non ho minimamente fatto menzione XD

 

 

 

malattie mentali?
Oh, accidenti, malattie mentali? Avere timore di un rifiuto è una malattia mentale? Non lo sapevo!

 

 

 

comode razionalizzazioni per decolpevolizzarsi.

 

Un omosessuale che ha paura di provarci con un uomo di cui non conosce l'orientamento sessuale, un omosessuale che subisce minority stress, un omosessuale che è afflitto da omofobia interiorizzata, un omosessuale che vive omofobia esterna episodica o ambientale sarebbero... comode razionalizzazioni? Urca wow! Abitiamo lo stesso pianeta?

 

E da cosa un omosessuale dovrebbe "decolpevolizzarsi" usando "comode razionalizzazioni"? Dal fatto di essere timido? Quindi la timidezza è una colpa?

 

Fai pace con te stesso e ne parliamo anche all'infinito di questi bellissimi argomenti.

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