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Sì della Cassazione ai referendum contro il Jobs Act


Rotwang

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La Repubblica

Liana Milella

Altri tre referendum - quelli della CGIL su articolo 18, voucher e appalti - sono destinati ad infuocare col voto la primavera del 2017. Sempre che la Corte Costituzionale, cui spetta l'ultimo via libera sull'ammissibilità trattandosi di richieste abrogative, promuova anch'essa i quesiti del sindacato di Susanna Camusso. Intanto lo ha fatto l'Ufficio centrale per il referendum della Cassazione, presieduto da Maria Cristina Siotto, cui spettava la prima verifica delle firme raccolte, ben 3,3 milioni depositate all'inizio di luglio, controllate dal Centro elettronico di documentazione della Suprema corte, che ha certificato «il superamento per tutte e tre le iniziative referendarie delle 500mila sottoscrizioni valide
». Poi la verifica sulla «conformità alla legge» dei tre quesiti. Il 6 dicembre, i 21 giudici che compongono l'Ufficio centrale hanno ascoltato il Comitato promotore della CGIL e il relatore Giuseppe Bronzini ha depositato le sette pagine dell'ordinanza che dichiara conformi alla legge le richieste del sindacato. Se anche la Consulta si pronuncerà nella stessa direzione, il governo avrà sei mesi di tempo per fissare la data della consultazione.

 

Tre quesiti, i cui titoli alla fine, con l'accordo del Comitato promotore e degli stessi giudici, saranno questi: «abrogazione disposizioni in materia di licenziamenti illegittimi; abrogazione sul lavoro accessorio (voucher); abrogazione disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti». Un testo dei quesiti molto articolato, soprattutto il primo che riguarda il sostanziale ripristino del famoso articolo 18 sul reintegro dei lavoratori licenziati. Un risultato, in caso di vittoria del futuro referendum, che segnerebbe un netto passo indietro rispetto alle norme del Jobs Act, una delle leggi che Matteo Renzi ha trasformato nel fiore all'occhiello del suo governo. 

 

Il primo quesito, lungo oltre una pagina e mezza, è strategico per la CGIL. Ha l'obiettivo di cancellare la norma che liberalizza i licenziamenti economici, per tornare invece alle tutele dell'articolo 18 contenuto nella famosa legge 300 del 20 maggio 1970 e dal titolo «Reintegrazione nel posto di lavoro». Una pagina che in Italia ha fatto la storia dei rapporti tra padroni e lavoratori. I contratti stipulati dopo il Jobs Act invece vedono ridotte le possibilità di reintegro del lavoratore licenziato. Anche dopo un ricorso al giudice del lavoro, e pur in presenza di una sentenza a favore, il reintegro viene negato, salvo che il licenziamento non sia avvenuto per motivi discriminatori o in alcuni casi per motivi disciplinari. Nessuna possibilità di essere riammesso al lavoro qualora la procedura nasca da motivi economici, se l'azienda è in crisi. Su tutto questo la CGIL, che promuove anche una Carta dei diritti universali del lavoro, vuole voltare pagina tornando allo Statuto dei lavoratori e alle solide tutele per chi viene licenziato.
Col secondo quesito la CGIL chiede di abolire il lavoro accessorio, privo di un regolare contratto e retribuito con buoni lavoro dell'INPS. Dopo il boom dei buoni, giunti a 115 milioni nel 2015 a fronte di un minor numero di assunzioni stabili, la CGIL ha scatenato un'offensiva contro uno strumento che
«aumenta la precarietà». Il terzo quesito va contro la legge Fornero, che modifica la legge Biagi, sulla responsabilità legale per l'ente appaltante in caso di violazioni nei confronti dei lavoratori commessi dalla ditta appaltatrice.

Edited by Rotwang
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Cosa ci si puo' aspettare dal sindacato !!! Avremo tanti diritti e nessun lavoro che gioia . E una proposta contro i lavoratori totalmente

1), i giovani forse avranno un miglioramento e una prospettiva in piu , ma oggi i giovani sono la minoranza del paese e continuano a scendere di numero , e' inutile puntare su di loro

2)la fascia d eta media fra i 30 e 50 anni verra punita di brutto , se oggi forse riesci a recuperare un lavoro del cazzo e a tirare a fine mese domani un imprenditore neanche morto si prendera un lavoratore over 30 che poi si deve mantenere a vita e appena ha i diritti non fa piu un cazzo !!!!!

3) come al solito dalla cgil solo populismo becero che guarda solo agli interessi di preve periodo mai una proposta per migliorare e capire il mondo internazionale che ci circonda ..

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La Stampa


 


Una nuova bomba ad orologeria è stata azionata sotto la poltrona del segretario del Pd Renzi e dello stesso governo Gentiloni. È il referendum promosso dalla Cgil con 3,3 milioni di firme con l’obiettivo di ripristinare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, cancellare i voucher (ribattezzati dal sindacato «la nuova frontiera del precariato»), riesumare la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore. 


 


Una bomba sotto il Jobs Act, una delle punte di lancia dell’esecutivo Renzi che ha aperto una guerra con il sindacato guidato da Susanna Camusso e ha fatto scoppiare una furiosa polemica tra i Democratici. L’Ufficio centrale per il referendum della Cassazione ha già dato il via libera. Ora (il 10 gennaio) spetta alla Corte Costituzionale pronunciarsi e nessuno dubita sull’ok della Consulta. Da quel momento il governo dovrà fissare una data per il referendum tra il 15 aprile e il 15 giugno. Tranne se in quel lasso di tempo non venissero indette elezioni anticipate: in quel caso la consultazione referendaria verrebbe rinviata di un anno. Ma il governo Gentiloni non ha una scadenza e non è prevedibile cosa accadrà nei prossimi mesi, allora a Palazzo Chigi è scattato l’allarme rosso.  


 


Tic-tac. È partita la corsa a disinnescare l’ordigno e l’artificiere non potrà che essere il riconfermato ministro del Lavoro Poletti. Un'operazione difficilissima soprattutto per quanto riguarda l’articolo 18 modificato dal Jobs Act che ha liberalizzato i licenziamenti economici. Come riusciranno ad evitare il referendum e allo stesso tempo impedire di tornare alle vecchie tutele dell’articolo 18 contenuto nella famosa legge 300 del 1970? Una cosa è certa: nel governo, da ieri operativo con la fiducia del Parlamento, la discussione è iniziata. Un’altra certezza è che il Pd (né tantomeno il nuovo esecutivo) non ha intenzione di mettere la faccia sul No al referendum, ricominciare in primavera una battaglia politica nel Paese, nonostante si tratti di difendere uno degli architravi della politica renziana. 


 


«Dopo la sconfitta del Sì al referendum costituzionale, non è il caso di rischiare un’altra batosta», spiega un renziano del giglio magico mentre entra nell’aula della Camera per votare la fiducia a Gentiloni. E aggiunge: «Questo, a differenza di quello costituzionale, è un referendum che prevede il quorum, ma con l’aria che tira e visto l’argomento ad alto tasso di sensibilità sociale il quorum verrebbe sicuramente raggiunto. In questo caso vincerebbero i Sì e per noi sarebbe una Caporetto». Sarebbe un «uno-due», nell’arco di pochi mesi, da stendere un toro. Allora la parola d’ordine è disinnescare la bomba e per farlo le strade sono due: o sconfessare il Jobs Act (sarebbe clamoroso) o andare a elezioni anticipate.  


 


Il tema è stato sollevato da Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro, all’assemblea dei deputati del Pd. «Attenzione, è un problema enorme da non sottovalutare», ha detto dopo aver avuto un colloquio con il ministro Dario Franceschini, presente alla riunione del gruppo parlamentare Pd. Franceschini ha chiesto delucidazioni e l’ex sindacalista e ministro del lavoro gli ha spiegato che è necessario al più presto affrontare questa rogna enorme. «Sui voucher il problema si può risolvere tornando alla legge Biagi e dando ai voucher carattere occasionale e accessorio. Molto più difficile evitare il referendum sull’articolo 18 - ha spiegato Damiano - ma non possiamo stare fermi quando i dati Inps indicano una crescita dei licenziamenti, soprattutto di quelli disciplinari». La conclusione di Damiano è stata: «Caro Dario, il Jobs Act mi sembra defunto ». 


Edited by Rotwang
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Che poi il vero problema non è il job act ma tutte quelle schifezze di contratto di lavoro che sono nate negli anni.....li il sindacato se ne è sbattuto altamente. Penso proprio che l Italia non cambierà mai .

 

Inviato dal mio SM-G903F utilizzando Tapatalk

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  • 2 weeks later...

Probabilmente il quesito sull'articolo 18 sarà dichiarato inammissibile perché quei geni dei sindacati lo hanno impostato in modo non solo da abrogare l'abolizione dell'articolo 18, ma anche per far in modo che una volta ripristinato venga esteso ad altre categorie prima non coperte.

Si tratterebbe a tutti gli effetti di nuove leggi non esistenti e il nostro ordinamento non prevede referendum propositivi, ma solo abrogativi.

Essendo un quesito unico verrebbe quindi cassato in toto, anche nella parte abrogativa potenzialmente ammissibile.

Edited by Uncanny
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