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MoVimento 5 Stelle: un partito fallito?


Rotwang

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La Repubblica

 

Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti lascia il Movimento 5 stelle. Lo ha ufficializzato nel corso di una conferenza stampa nelle sede del municipio a cui hanno preso parte anche gli assessori Cristiano Casa, Gabriele Folli, Michele Alinovi, la vicesindaca Nicoletta Paci, il presidente del Consiglio comunale Marco Vagnozzi e alcuni consiglieri comunali tra cui il capogruppo Marco Bosi a significare una maggioranza compatta.

 

"Non è facile ma è un passo che devo compiere. Abbiamo sperato che qualcosa cambiasse ma non è arrivata neppure una telefonata. Il direttorio si è messo dietro il garante e dopo Palermo, col nuovo ruolo del capo politico, la decisione non era più rinviabile" ha detto rilanciando le critiche che più volte ha manifestato rispetto alle scelte compiute nelle "segrete stanze".

 

Un lungo intervento in cui il primo cittadino ha sottolineato di avere "pagato per aver messo la mia città davanti al M5s e questo lo rifarei mille volte. Voglio rappresentare quello che potevamo essere se avessimo avuto il coraggio di farlo. E' mancata la coscienza critica, l'ho esercitata solo io, e quindi vengo visto come disturbatore".

 

"Lascio da uomo libero" - "Ringrazio Grillo ma quello che è successo dopo mi ha portato a questa scelta. Non sono riuscito a cambiare le cose da dentro. Da uomo libero non posso che uscire, lascio un movimento che è cambiato. Non ho mai accettato di avere paura e di dire quello che ritenevo giusto. Il cambiamento parte dalla dignità delle persone".

 

"Non siamo cambiati noi è cambiato il M5s. Non è quello di quando è nato, era libero e adesso siamo quelli dei direttori praticamente nominati, siamo diventati quelli delle stanza chiuse".

 

"Gli arrivisti ignoranti" - "Sono l'unico - ribadisce più volte - che ha mostrato una coscienza critica. Adesso continuerò a lavorare per la mia città. Qui siamo un gruppo compatto non ci siamo consumati in lotte interne come avvenuto altrove. In tante parti d'Italia siamo stati consumati da arrivisti ignoranti che non sanno cosa vuol dire amministrare: vogliamo governare e poi non si dialoga con nessuno. Questo non vuol dire governare".

 

Fico: "Grillo e Pizzarotti parleranno" - "Dopo il post un po' me l'aspettavo. Vi sono rapporti difficili andati avanti per anni sono sempre stati un po' complicati anche sui contenuti". Ora, aggiunge, "parleranno Federico Pizzarotti e Beppe Grillo, che è il garante del Movimento" commenta Roberto Fico, membro del direttorio.

 

Critiche alla Raggi - Da Pizzarotti anche una frecciata alla Giunta Raggi: "Cosa sarebbe successo se avessi nominato un ex tesserato del PD in Iren o una ex consulente di Ama? Siamo stati messi in croce per molto meno. Altro che dare la colpa ai giornalai...non esiste più una coscienza critica e mi sono stufato. In Parlamento c'è gente spaventata che ha paura di dire le cose".

 

Ricorda il caso del consigliere regionale emiliano romagnolo Andrea Defranceschi, cacciato "Perché inviso al vassallo" dice riferito a Massimo Bugani. Per colpa dei "talebani", in questi anni "il Movimento 5 Stelle ha perso tante persone che avrebbero potuto dare un contributo".

C'è stato in questi anni anche un problema anche di voluta mancata promozione del lavoro fatto dalla sua Amministrazione: "L'effetto Parma lo cita il PD ma non il Movimento: da una città in default siamo passati a investire e a città Unesco per la gastronomia. Tutto si fa meno che parlare della nostra esperienza, abbiamo vissuto tre anni di isolamento".

Comunque, aggiunge Pizzarotti, "il tempo è galantuomo e vedremo come andrà a finire il Movimento. Mi spiace per gli attivisti e chiedo scusa ai cittadini di Parma per la pazienza che hanno avuto. Noi andiamo avanti".

 

Elezioni Parma - "Lista civica? Nessuna decisione sul futuro, nessun accordo col PD e la storia lo dimostrerà. Oggi non c'è nessuna lista civica dobbiamo ancora decidere se ricandidarci. Saremmo stati più contenti se ci fosse stato un chiarimento e ricandidarci col M5s. Ora da uomo libero vedrò cosa fare con i miei consiglieri. Di certo non credo nei partiti personali". Infatti, aggiunge, nemmeno Beppe Grillo può essere considerato un "salvatore della patria". Avere annunciato di essere "capo politico" è stato il "fallimento" del Movimento 5 stelle.

 

L'inceneritore - Questione delicata perché le prime fratture con Grillo e la Casaleggio risalgono all'avvio del termovalorizzatore nonostante le promesse elettorali. Lo conferma lo stesso Pizzarotti che ricorda: "Nel 2013 ho subito pressioni sgradevoli rispetto alla scelta di chiudere la nostra esperienza e dare dimostrazione di intransigenza sul tema dell'inceneritore mettendo così in seconda battuta la città. Io ho risposto che non potevo far fallire una città di fronte a richieste di chi non ha mai amministrato la città".

 

Al momento l'uscita riguarda Pizzarotti ma non il gruppo consiliare che nei mesi scorsi si era già autosopeso in solidarietà col sindaco. Il primo cittadino valuterà anche un ricorso legale per la richiesta danni.

 

Il primo cittadino è stato sospeso dal M5s cinque mesi fa per non avere comunicato di essere indagato nell'inchiesta sulle nomine alla guida del teatro Regio; inchiesta da cui è stato di recente prosciolto. Nonostante ripetute richieste di chiarimento sulla sua posizione, il sindaco non ha mai avuto una risposta dai vertici pentastellati: il Direttorio ha continuamente passato la palla al garante Beppe Grillo che ha sempre taciuto.

Fino all'esclusione dall'incontro di Palermo e il nuovo regolamento che - se approvato - potrebbe prolungare la sospensione di un anno, andando così a intralciare la possibile ricandidatura nel 2017 alle elezioni comunali di Parma.

 

Appoggio dai consiglieri di maggioranza- "Il gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle - si legge in una nota inviata poco dopo il termine della conferenza stampa e firmata dai consiglieri - esprime pieno appoggio e fiducia al Sindaco e tutta la sua Giunta. Il lavoro fatto in questi anni ha un valore che va ben al di là dei simboli. Nei prossimi giorni valuteremo serenamente l'opportunità di una nostra permanenza o uscita dal M5S. Lo faremo tutti insieme, come tutti insieme abbiamo preso la decisione che il Sindaco ha comunicato questa mattina. Siamo una squadra e continueremo ad agire come tale".

 

Grillo tace - Arrivato a Roma per un incontro con Davide Casaleggio e i membri del direttorio, il leader del Movimento non risponde ai cronisti sull'addio di Pizzarotti. "Guardi che bel cielo e che bella città - dribbla - mi lasci passeggiare tranquillo, sono sempre assediato da voi giornalisti. Di buoni o cattivi tra voi non ce ne sono, siete giornalisti e punto, vi conosco da 45 anni e ne so qualcosa.... La democrazia è bella perché si possono fare domande ma si può anche decidere di non rispondere, non trova?".

 

Fico: "Nessuna norma ad personam" - "Non ci sono norme ad personam nel Movimento", ha detto Roberto Fico, deputato M5S, commentando le dichiarazioni di Federico Pizzarotti. "C'è una procedura - ha affermato - Pizzarotti era sospeso da un pò di mesi, ma so che c'è stato un carteggio con lo staff e con Grillo rispetto alle richieste e alle risposte".

 

Senatori ex 5 stelle: "Grande occasione persa" - "L'abbandono del simbolo 5 stelle da parte di Pizzarotti non fa altro che testimoniare la sua fedeltà ai valori originari del Movimento. Il sindaco di Parma non solo ha perseguito questi principi nel tempo, ma è riuscito anche a realizzarli nella concretezza di una buona amministrazione" commentano i senatori ex 5 stelle Battista, Bencini, Bignami, Casaletto, De Pietro, Molinari, Mussini, Orellana, Romani che così esprimono la propria solidarietà a Pizzarotti.

"È la parte buona del Movimento che se ne va - aggiungono - una grande perdita per un gruppo di cittadini che era nato con lo scopo di fare politica dal basso, ma che in poco tempo si è tradotto nel suo esatto contrario: un partito verticistico e opaco, eroso da un pericoloso mix di arroganza e dilettantismo, la stessa involuzione che ha portato all'espulsione o all'abbandono di chi non era d'accordo. Non avere saputo capitalizzare l'esperienza di Parma rappresenta per il Movimento una grande occasione persa e l'emblema della loro stessa presunzione".

"Una perdita per i pentastellati ma non certo per i cittadini di Parma - chiosano i senatori ex 5 stelle - Liberate dalla zavorra di un simbolo ridotto a mero simulacro, ora le buone pratiche inaugurate dal sindaco Pizzarotti hanno una chance in piu' per essere valorizzate in tutto il loro potenziale".

 

 

Le frequenti difficoltà del partito antisistema nell'approcciarsi al sistema, le diversissime e contestabili modalità di scelta dei suoi candidati, il sostegno eterogeneo a questi, l'amministrazione direttoriale e verticistica (oltreché aziendale) incentrata su uno solo, le espulsioni settarie, le posizioni troppo contrastanti su ogni punto del programma elettorale, l'e-democracy farlocca, il populismo, il complottismo e la poca conoscenza della politica secondo voi sono tutti i sintomi di un partito ormai fallito?

Edited by Rotwang
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Io non mi sono mai fidato di questo "movimento" (perché non vogliono essere definiti un partito, ma quello sono) né dei loro rappresentanti. E ancor meno mi fido di quelli a livello locale che i miei concittadini hanno scelto all'ultima tornata elettorale.
Non sanno nulla, parlano per sentito dire o - molto spesso - si limitano a tacere o a sparare boiate. Badano all'apparenza, ma sotto sotto fanno magagne come e peggio degli altri. Ma se le fanno loro, va tutto bene (vedi caso Muraro: sta ancora là...però quando successe con Marino, Dibba & co. a portare addirittura gli scontrini in Parlamento, far storie sulla Panda rossa e via dicendo...ma con la Raggi e i suoi lacché questo non succede...).
Voglion fare gli antipoliticanti, ma non dimentichiamo da dove escono fuori Di Battista e Di Maio (lo so, sembra la storia dell'agnello e il lupo, ma basta sentire le dichiarazioni di Dibba sul suo credo politico...)
Il problema non è l'essere "ormai" falliti. Il fallimento c'è sempre stato dall'inizio. E spero sia ora che la gente se ne renda conto!

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  • 2 weeks later...

La Repubblica

Alla Casaleggio Associati scuotono la testa: "Non ce la faremo mai". Ci sono ancora quindici giorni per votare online il nuovo regolamento del Movimento 5 Stelle. Quello che - sulla carta - dovrebbe consentire al capo politico Beppe Grillo di non incappare ancora nei ricorsi degli espulsi e nelle successive sconfitte in tribunale.

Perché la votazione sia valida, era scritto nel post che ha dato il via alle votazioni, è necessario che partecipi il 75 per cento degli iscritti. "È quel che prescrive il codice civile per le associazioni non riconosciute - spiegano i vertici M5S - ma noi puntiamo a far votare più persone possibile, poi, in caso di ricorsi, sarà il giudice a valutare se è sufficiente". Insomma, al quorum si è già rinunciato. Perché se si tiene conto di quel che disse Gianroberto Casaleggio a Imola un anno fa, gli attivisti certificati dal blog erano, già allora, 130mila. E ponendo che nei successivi due mesi siano rimasti quelli (il voto è aperto a chi si è iscritto entro il 2015) il quorum sarebbe già di 97.500 persone. Un obiettivo stratosferico se si pensa che a una delle ultime votazioni importanti, quella per togliere il nome di Beppe Grillo dal simbolo, avevano votato "solo" 40.995 iscritti.

All'interno del Movimento, poi, sono in tantissimi a non aver ancora votato. "Che noia, non ci ho proprio pensato", dice Girolamo Pisano chiacchierando con Francesco Cariello a Montecitorio. "È importante - ribatte il deputato - c'è anche la possibilità di fare modifiche se si raccolgono 500 firme tra gli iscritti". "E come le prendi le firme? - risponde ancora Pisano - Tu lo sai chi sono gli iscritti? No, lo sanno solo loro. E ti sembra democratico che sappiano anche chi ha votato e chi no e che mandino email continue a chi non l'ha fatto?".

È quello che sta succedendo. Non ci sono solo i videoappelli sul blog, l'ultimo della sindaca di Roma Virginia Raggi. Ma lettere che arrivano un giorno sì e uno no sulle caselle di posta degli iscritti intimando: "Non hai ancora votato! È importante! Fallo subito ". Sulle pagine Facebook molti attivisti parlano - ironicamente - di stalking. E un eletto storico come Vittorio Bertola, ex capogruppo in consiglio comunale a Torino, fa un post per sfogarsi: "Supponiamo che il referendum avesse un quorum e che Renzi - volendo far passare la riforma - decidesse di facilitarne il raggiungimento permettendo di votare da casa e allungando il tempo di votazione a diverse settimane. Scommetto che i sostenitori del NO starebbero già urlando". E ancora: "Supponiamo poi che Renzi, a votazione aperta, tenesse traccia di chi ha votato e chi no, e, soltanto a quelli che non hanno votato, ogni giorno mandasse una mail dicendo: "Allora?". Una situazione che scalda i dissidenti storici, che nelle chat private si lamentano: "Sanno chi vota, sanno quando, sanno come. Siamo tutti schedati perché vogliono che sia così".

Nel frattempo a Parma si è consumato l'ultimo strappo. I consiglieri M5S del comune - tutti tranne uno - hanno annunciato il loro addio al Movimento. Escono anche loro, come il sindaco Federico Pizzarotti. Il nuovo gruppo si chiamerà "Effetto Parma". E sarà il nucleo della lista civica che Pizzarotti presenterà alle prossime comunali, cercando ganci nel resto del Paese con la rete di quelli che furono i sindaci arancioni.

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ho letto "la repubblica" e ho smesso 

 

comunque è interessante seguire le vicende del movimento per capire come si muove "il partito dell'onestà" 

 

certo sarebbe stato meglio se lo stesso scrutinio mediatico che subisce lui l'avessero dedicato anche ai veterani, ci saremmo risparmiati un sacco di cose

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L'analfabeta funzionale Di Maio colpisce ancora, lui però l'impegno ce lo mette, le mail le legge il problema è che non le capisce. :asd:

 

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Edited by Sbuffo
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Corriere della Sera

 

Indiscrezioni e smentite. Un tam tam che si insegue da giorni e che narra una storia dai contorni ambigui. Nel Movimento 5 Stelle ci sarebbe stata una rivolta contro Luigi Di Maio, un tentativo culminato con una dura presa di posizione dei vertici e con il conseguente gelo di Grillo e Casaleggio nei confronti dell’ala ortodossa capeggiata da Roberto Fico. La ricostruzione è complessa e nel M5S c’è chi conferma la versione e chi la nega, sostenendo che l’intervento dei vertici sia stata solo la conseguenza di voci millantate e non di un atto reale.

 

I fatti risalgono a due settimane fa, all’epoca del blitz romano del garante e dell’imprenditore, un blitz culminato con l’appello a rimanere uniti e con la “re-investitura” di Di Maio come faro dei pentastellati. Il giorno successivo la partenza dei leader gli ortodossi avrebbero cercato di portare alla luce del gruppo parlamentare i problemi chiedendo un’assemblea congiunta di deputati e senatori. In discussione, indirettamente (ma non troppo) il ruolo del vicepresidente della Camera, mal visto da una fetta trasversale e molto composita (a volte anche contrapposta) di pentastellati.

 

Il blitz però sarebbe stato bloccato anzitempo dall’asse Milano-Genova. Grillo e Casaleggio sarebbero intervenuti per stoppare l’iniziativa e si sarebbero irritati con gli ortodossi rimarcando loro di agire non per l’interesse del M5S ma seguendo fini personali. Fico, in giornata, ha già smentito la possibilità di una rivolta. «Nel Movimento 5 Stelle non ci saranno mai correnti interne - ha scritto in un post su Facebook - Si lavora a un obiettivo comune che è quello di cambiare il Paese». «Tutto il resto sono chiacchiere da bar», ha concluso.

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La Stampa


 


«Ma sul serio sei morosa? Non paghi l’affitto da tempo?». Il post compare in serata sul profilo Facebook della consigliera comunale Deborah Montalbano, eletta nel Movimento 5 Stelle, e ora al centro di una polemica innescata da un articolo pubblicato sul sito web della testata lospiffero.com. Presidente della Commissione comunale sulle politiche sociali e membro della commissione per l’emergenza abitativa, la consigliera sarebbe morosa con l’Atc, Agenzia territoriale per la casa: assegnataria di una casa popolare, dovrebbe all’ente quasi 9 mila euro di arretrati. Montalbano, disoccupata e con una figlia, non verserebbe i canoni dal 2009 e non avrebbe saldato le rate del piano di rientro pattuito con l’ente neppure dopo essere entrata in consiglio comunale. Il post comparso sulla bacheca ha innescato un dibattito di commenti anche forti e aggressivi tra quanti difendono Montalbano «persona pulita e onesta», quanti chiedono conto della veridicità delle informazioni, quanti pensano che si tratti di un attacco strumentale e quanti si indignano per la privacy violata. Ma poco dopo tutto sparisce, il post e i commenti vengono cancellati dalla bacheca, ne compare un altro solidale che descrive Montalbano come una che «si spende da anni per i più deboli delle periferie di Torino».  


 


Ed è certo che Montalbano, disoccupata e con una figlia, che prima di essere eletta se la cavava come riusciva con lavori saltuari, è diventata il simbolo della conquista delle periferie da parte dei Cinquestelle. La consigliera, sempre in piazza con il banchetto, in giro nei mercati, conosciuta un po’ da tutti, è il volto delle Vallette che hanno votato i grillini, che hanno fatto il pieno di voti nell’ex quartiere «rosso». Che è anche uno di quelli in cui è più alto il numero di case popolari. Il problemi della povertà e quindi anche della casa, erano tra quelli al centro della campagna elettorale. «Bisogna rivedere tutti i requisiti attuali per accedere a strumenti come l’emergenza abitativa - scriveva da candidata presentandosi sul blog di Beppe Grillo - i sussidi, le agevolazioni».  


 


Se Montalbano è stata eletta, è anche perché le difficoltà legate alla casa e al lavoro le conosce da vicino, le ha vissute sulla propria pelle: è il famoso discrimine con «i politici di professione» che il voto di protesta ha premiato. Per quanto riguarda il trattamento economico da consigliera, i Cinquestelle sul sito torinese del Movimento spiegano bene come funziona. Gli eletti non hanno un compenso fisso, ma incassano un gettone di presenza di circa 120 euro lordi a seduta. Sono retribuite sia le sedute del Consiglio sia quelle delle commissioni, con un tetto massimo di tre sedute in un giorno e 19 in un mese. A conti fatti, significa un totale mensile massimo di 2.280 euro lordi, cioè 1.400 euro netti, da cui bisogna escludere quasi del tutto il mese di agosto.  

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La Repubblica

Il trentottesimo parallelo del Movimento spacca in due piazza dal Campidoglio. "Beppe - tuonano i parlamentari romani più in vista, capitanati da Carla Ruocco - Virginia ha superato il limite, ma cosa si è messa in testa? Sembra eterodiretta, non puoi consentire che ci passi sopra in questo modo!". Ce l'hanno tutti con la sindaca per l'intervista a Repubblica. Non è tanto la bizzarra sortita sui "frigoriferi abbandonati", ma soprattutto il tempismo dell'uscita. In un colpo solo, Raggi oscura la missione romana del leader e la battaglia di Roberta Lombardi per dimezzare lo stipendio dei deputati. La furia si trasforma presto in rappresaglia. È proprio l'ex capogruppo, sostenuta dai suoi fedelissimi, a scrivere direttamente a Beppe Grillo: "Come è stato possibile avallare una scelta tanto sbagliata, che mortifica il nostro lavoro? - è il senso del ragionamento - Ora la comunicazione si assuma la responsabilità di questo passo falso ". In un istante finisce sulla graticola l'intera filiera dello staff pentastellato, che dal Campidoglio conduce fino a Ilaria Loquenzi e Rocco Casalino. Nel mirino, insomma, finisce il braccio operativo della Casaleggio associati.

L'intervento di Raggi, in realtà, era fissato da diversi giorni. Lo ripetono i "comunicatori" che governano le sorti dei cinquestelle, provando a sedare la rivolta. E il fondatore? Nero come la pece, svuotato come piazza Montecitorio disertata dai militanti grillini, lascia la Camera avvilito. I nemici della sindaca vorrebbe lo scalpo di Raggi, "è fuori controllo - ripetono - buttiamola fuori dal Movimento! " - ma il leader non può far altro che frenare: "State calmi. Di Virginia ne riparliamo a gennaio, ora non possiamo certo mollarla". È stufo quanto loro, soltanto non può muovere un dito fino al referendum costituzionale: "È l'unico modo - ricorda - per mandare a casa Renzi".

Se c'è un'altra che è infastidita dalla prima cittadina della Capitale, è Chiara Appendino. Raccontano che di fronte alle critiche della Raggi sia rimasta letteralmente senza parole: "Che ingrata, io mi sono mostrata con lei nel momento più difficile - l'estrema sintesi dello sfogo - e lei mi ripaga in questo modo?". Si va avanti così, in un clima che soltanto la possibile vittoria del No rende sostenibile. Luigi Di Maio e Roberto Fico, per dire, continuano cordialmente a ignorarsi. Neanche lunedì sera sono riusciti a sedersi attorno allo stesso tavolo, invitati dal Fondatore. Come se non bastasse, Raggi è alle prese anche con una mega grana amministrativa: infatti il Senato ha approvato un ordine del giorno che punta al commissariamento di Atac, il colosso romano dei trasporti.

Tutto ormai è in discussione, anche il meccanismo che porta alla selezione dei candidati locali. La bozza del nuovo regolamento prevede che a decidere il nuovo corso sia la triade Lombardi-Crimi- Cancelleri. E i tre sono orientati a modificare un sistema che ha portato alla scelta di Raggi e alle recenti faide grilline per individuare il candidato sindaco di Genova.

In mezzo al caos c'è anche chi prova a sdrammatizzare. Succede alla buvette, quando si affaccia Alessandro Di Battista con una mano fasciata. È caduto dalla bici, ma un avventore non resiste alla battuta: "Avrà provato a dividere Fico e Di Maio...".

Edited by Rotwang
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  • 3 weeks later...

La Stampa

Beatrice Di Maio è una star del web pro M5S. Si muove nel territorio della propaganda pesante, che in tanti Paesi - per esempio la Russia di Putin, assai connessa al web italiano filo M5S - dilaga. Nella sua attività, Beatrice si è lasciata sfuggire alcuni tweet che delineano ipotesi di reati come calunnia e diffamazione; o vilipendio alla presidenza della Repubblica. È stata denunciata alla Procura di Firenze dal sottosegretario a Palazzo Chigi Luca Lotti, come provano alcuni documenti. Ma chi è esattamente Beatrice Di Maio, e ha qualcosa a che fare con la Casaleggio o la comunicazione ufficiale M5S? 

Si tratta di un account twitter pro M5S dedicato a una demonizzazione anti-Pd, senza disdegnare puntate contro il Quirinale. Beatrice ha 13.994 follower, è un top mediator, dentro un social network relativamente piccolo. Tweet e post di account analoghi diventano virali in Facebook attraverso un sistema di connessioni, nel caso di Beatrice dall’andamento artificiale dentro cui è inserita, alimentando un florido business pubblicitario, legato al flusso di traffico. 

Insomma, Beatrice non è un account casuale. Scrive cose gravissime sulla presidenza della Repubblica: «Per alcuni il silenzio è d’oro... quello di Mattarella è d’oro nero!». E sotto, una foto del Quirinale con il tricolore e la bandiera della Total. Inutile sottolineare l’accostamento ingiurioso, Mattarella non è stato lambito dall’inchiesta lucana. Beatrice twitta «il governo trema. Da Potenza agli aeroporti inchiesta da paura. Renzi: “Io non mi fermo”» e sotto, una foto di Charlot che scappa all’impazzata. Ma Renzi non è mai stato indagato in Basilicata nell’inchiesta su Temparossa. 

Beatrice posta una foto della Boschi e, sopra, un tweet «Boschi, lezione alla Oxford University. “The amendment is on the table”. Hashtag: #Total #LaCricca #quartierino». Avvicinando emotivamente il nome Boschi a Total e a quartierino si suggerisce che Boschi sia al centro di un giro di tangenti legate a Total e allo scandalo petrolio: ma anche questo è un falso. 

Oppure: «#intercettazioni, Guidi: “Ho le foto di Delrio coi mafiosi”», e sotto, nel tweet, la foto di Delrio con Renzi, Boschi, Lotti. Se dicessero cose così giornali o tg, pagherebbero ingenti risarcimenti per diffamazione. Quei tweet hanno suggerito questi falsi, e la struttura in cui Beatrice è interconnessa li ha diffusi; nella logica del «ciò che siamo capaci di rendere virale prima o poi diventa vero agli occhi di chi vogliamo convincere». Twitter, nonostante numerose segnalazioni, non ha finora ritenuto di chiudere l’account. 


Perché rivolgere attenzione, anche giudiziaria, a quello che potrebbe essere un comune troll, o un militante anonimo? Perché Beatrice si muove dentro quella che è configurata come una struttura: a un’analisi matematica si presenta disegnata a tavolino secondo la teoria della reti, distribuita innanzitutto su Facebook (dove gravitano 22 milioni dei 29 milioni di italiani sui social), e - per le élite - su Twitter. Ha un andamento assai ingegnerizzato. Su Facebook, la rete è costituita da un numero limitato di account di generali (da Di Maio e Di Battista a Carlo Martelli, figura virale importante, in giù) e - tutto attorno - da una serie di account di mediatori top e, aspetto decisivo, da pagine e gruppi di discussione che fanno da camera di risonanza. In basso vi sono semplici attivisti o fake di complemento: gli operai. Immaginate una mappa geografica: gli snodi (hub) sono le città e i villaggi, fortemente clusterizzati (aggregati a grappoli); i mediatori e soprattutto i connettori sono le strade. Naturalmente, una rete così recluta anche tanti attivisti reali, che non possono vedere l’architettura, assorbiti dalla pura gravità dei nodi centrali: la struttura si mimetizza con l’attività spontanea come un albero in una foresta. Eventuali falsi e calunnie, ovunque generate, si viralizzano, venendo spostati dal centro alla periferia, anonimizzati, quindi meno denunciabili. 

L’account di Beatrice ha di volta in volta vari ghost. «Ghost», nell’analisi matematica sui dati della parte pubblica di twitter, non significa ghostwriter, cioè persone che scrivono per lei; significa account «matematicamente indistinguibili» da lei secondo alcuni parametri come interazioni, contenuti, e meta dati di riferimento (il tempo in cui un certo account fa determinate cose). A luglio i «ghost» così intesi erano quelli di un ex candidato governatore M5S e di @BVito5s, Rottamiamo Renxit, account dedicato alla distruzione del premier. In seguito, @Teladoiolanius (contenuti di destra, anti-immigrati e pro Trump), @Kilgore (bastonatura di avversari, politici o giornalisti) e @AndCappe (account vicinissimo a @Marpicoll, a sua volta ghost di @Marionecomix, account delle vignette grilline di satira pesante a senso unico), o di recente @_sentifrux (Sentinella), @carlucci_cc (Claudia) e @setdamper. Numerosi altri account chiave sono sempre matematicamente vicinissimi, sempre ricorrenti, prevalentemente anonimizzati, profondamente interconnessi tra loro. Svolgono ruoli precisi: chi è anti-immigrati, chi anti-Renzi, chi pro-Putin, chi pro-Trump, chi dedito alla bastonatura. La condivisione esatta dell’andamento dei metadati, e la spartizione palese dei ruoli, non si configurano, algoritmicamente, come casuali. C’è una centrale che gestisce materialmente questi account? La Procura si trova ora a indagare anche su questo.

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  • 2 weeks later...

Anche Michel Santoro, uno dei giornalisti più elogiati del panorama italiaco, si scaglia contro il M5S in una intervista:

http://www.ilpost.it/2016/11/26/michele-santoro-m5s/

 

 

Per me è ormai indubitabile che il Movimento 5 Stelle è destra. Destra pura.

 

Prosegue:

 

«I Cinque stelle, con Virginia Raggi, hanno vinto a Roma, e sfido chiunque a riconoscere un cambiamento. (…) E in più c’è il tentativo da parte loro di trasformare il funzionariato comunale, i dipendenti pubblici, in militanti ed elettori del Movimento. Li blandiscono. E anche qui sento puzza di destra. (…) La cosa più inquietante è che non cambia nulla in questo tran-tran romano, sempre più degradato, e al quale ci siamo abituati. Guarda che alla fine Grillo è potere, è partito, è politica. Solo che finge di non esserlo, nasconde la sua natura, vuole apparire diverso. Ipocrita. Come quando si presenta con i jeans lisi, ma ha la Ferrari in garage e i filippini che rispondono al telefono nella sua villa: ‘Il padrone è uscito’. Con questi non puoi avere un dibattito, tu fai domande e loro rispondono con il manganello e l’insulto. E Grillo fa finta di nulla.»

 

Invece su Renzi:

 

E’ l’unico in campo che riesce a dare qualche calcio al pallone, malgrado io trovi insufficiente il modo in cui affronta l’economia, come un Blair tardivo. E lo trovo lento anche nel saper far svolgere agli strumenti come la Rai la loro funzione di acceleratori dei processi culturali ed economici del paese. Però questo non mi impedisce di vedere quanto siano patetici D’Alema e Bersani quando dicono che se cade Renzi non succede nulla. Se cade Renzi cade la sinistra in questo paese.
Edited by Sbuffo
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A me sembra esattamente il contrario, il Movimento 5 Stelle ora come ora viene visto come l'unica forza in grado di fermare le destre, anche considerata l'implosione che il Partito Democratico sta subendo dal 2015 in poi. 

 

I sondaggi parlano chiaro, c'è un parallelo forte tra la situazione italiana e quella francese. Così come i Repubblicani in Francia, il M5S in Italia viene visto come il male minore.

 

 

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Ho smesso di leggere dopo aver visto che l'articolo viene da "la repubblica" tanto è ridicolo quel giornale

 

Meglio il Falso Quotidiano, per voi, ormai, la stampa libera è ridicola e schierata finché non dà addosso al premier di turno (che non sia il vostro).

Edited by Rotwang
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La Repubblica

Pensare di chiudere il pasticciaccio brutto delle firme false con la "sospensione cautelare" di tre deputati e di un'attivista del Movimento 5 Stelle sarebbe come tentare di sigillare la crepa di una diga con il silicone. Ed è una crepa che si allarga ogni giorno di più, man mano che cresce il divario tra il prima e il dopo, ovvero tra il giustizialismo fondamentalista nel quale Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno gettato le fondamenta di un movimento che ha come slogan "O-ne-stà, o-ne-stà", e il garantismo alle vongole di questi giorni.

Una crepa dalla quale appaiono le scene grottesche di quei deputati paladini della legalità a tutti i costi che, arrivati davanti al magistrato, si rifiutano di fare il test della calligrafia e balbettano, come un qualsiasi ladruncolo preso con le mani nel sacco, la formula standard di chi sa che ogni sua parola potrà essere usata contro di lui: "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere".

La differenza tra il prima e il dopo, tra i grillini che assaltavano il Palazzo e quelli che vi sono entrati, passa per due frasi- bandiera. La prima è di Luigi Di Maio, che un anno fa - invocando le dimissioni della ministra Boschi - ammetteva a Libero di essere un giustizialista convinto: "Non sono a favore della presunzione d'innocenza: se uno è indagato deve lasciare, lo chiedono gli elettori". La seconda è di Virginia Raggi che, quando la sua assessora di fiducia Paola Muraro è stata indagata dalla Procura di Roma, ha sostenuto la tesi diametralmente opposta: "Gli avvisi di garanzia vanno valutati caso per caso".

Purtroppo non bastano la faccia da bravo ragazzo di Di Maio o la vis oratoria da Bar Sport di Alessandro Di Battista ("Le firme false sono solo copiate") a placare i dubbi che diventano rabbia dei militanti pentastellati che - almeno fino a ieri - credevano ciecamente nella promessa messianica di Grillo di una politica pulita dove tutti discutono amichevolmente, poi votano le leggi sulla Rete e mandano a governare i loro "portavoce" e i loro sindaci, che naturalmente sono onesti per definizione ed entrano nelle stanze dei bottoni per bonificarle con il ddt della Casaleggio Associati.

La realtà, purtroppo, si sta rivelando un po' diversa, e sorvolando su quel capogruppo di Alessandria beccato mentre rubava negli armadietti della palestra, il numero degli amministratori pentastellati finiti sotto inchiesta o accusati di violare le regole del Movimento è cresciuto di mese in mese. E ora, dopo le acrobazie dialettiche alle quali Grillo è stato costretto per difendere le imbarazzanti nomine della sindaca di Roma, la storiaccia di Palermo ha messo i Cinquestelle con le spalle al muro: può essere ancora difeso chi si rifiuta di dare una prova calligrafica, chi invoca davanti al magistrato - nella terra dell'omertà - il diritto a rimanere in silenzio?

Naturalmente no, perché tutto questo sarà pure previsto dal codice di procedura penale, però fa crollare in un colpo solo il falso mito della "diversità" dei Cinquestelle, giustizialisti a parole e azzeccagarbugli nella realtà. E basta dare un'occhiata all'ironia che si scatena su Facebook, dove Nuti è diventato "Muti", e soprattutto ai commenti sul blog di Grillo per accorgersi che i militanti sono furibondi, e non si accontentano affatto della "sospensione cautelare" inflitta ai quattro incriminati (declassati dai probiviri da "portavoce" a "signori").

Ma come, scrivono in tanti, tutto qui? "Espulsione senza se e senza ma" detta, lapidario, Marzio. "Bisognava cacciarli e basta! Perché non siamo stati interpellati?" domanda Daniele. Li avete sospesi per 12 mesi, scrive Ivan, ma "in questo periodo loro percepiranno gli stipendi e i rimborsi spese? E dovranno rendicontare?". Anche sul sito del Fatto, il giornale amico, tra i 1557 commenti alla notizia delle sospensioni affiora l'ira dei grillini: "Sospesi dal Movimento, però continuano a percepire gli stipendi e indennità, e non dovranno versare nulla, cioè si terranno tutto lo stipendio per intero" commenta "g.d.m." che evidentemente conosce a memoria il decalogo del portavoce. Molti, è naturale, trasformano la sanzione in prova della diversità, perché il Movimento sospende gli inquisiti mentre gli altri no, ma l'analisi più dura è quella di un post anonimo: "Si comincia col copiare il compito e si arriva alle firme false, alle raccomandazioni e alle tangenti. Siamo un popolo di furbi, che vivono di raggiri e tante piccole bugie. Renzi è un bugiardo? È un gran bugiardo. Ma lo siamo anche tutti noi". Conclusione amara di una bella favola: c'era una volta la diversità dei grillini.

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Corriere della Sera

 

«Il più popolare partito politico italiano leader in Europa per false notizie e propaganda del Cremlino». Buzzfeed ci va giù pesante. «I leader del più popolare partito politico italiano, l’anti-establishment Movimento 5 Stelle — scrivono Alberto Nardelli, direttore della sezione Europa e Craig Silverman, fondatore del sito — hanno costruito un network diffuso di siti web e account social che diffondono notizie false, teorie complottiste e storie pro-Cremlino a milioni di persone». È soprattutto l’ultimo punto a preoccupare Buzzfeed, perché, nel mezzo della bufera sulle interferenze di Mosca nei processi democratici occidentali (vedi elezioni americane), «l’Italia sta diventando il prossimo principale campo di battaglia grazie alla raffinatezza e all’ampia audience della macchina di propaganda M5S». Nardelli e Silverman — che citano tra i siti che farebbero capo alla Casaleggio Associati Tze tzeLa Cosa La Fucina («un sito di salute che riporta post su cure miracolose alimentando anche cospirazioni anti-vaccini») —, fanno notare come l’atteggiamento dei Cinquestelle verso Putin abbia avuto una svolta improvvisa. Se ancora nel marzo 2014 il MoVimento accusava Italia e Ue di inerzia nel reagire all’invasione russa in Ucraina, già alla fine di quell’anno, in relazione a una storia di operai salvati dal licenziamento, il blog di Grillo opponeva i «fatti» di Putin agli «slogan» di Renzi. Poi, a giugno 2016, è arrivata la partecipazione del deputato grillino Manlio Di Stefano (già autore, nel luglio 2015, di un post in cui sottolineava che il M5S si è sempre battuto in Parlamento contro le sanzioni) al congresso di Russia Unita, partito di Putin. «BuzzFeed News — concludono Nardelli e Silverman — ha sottoposto una lista di 12 domande al M5S e alla Casaleggio Associati sulla rete di siti che controlla, il loro ruolo nel propagare false notizie e propaganda pro-russa e sulle relazioni del partito con il Cremlino. La Casaleggio Associati ha risposto che non è nella politica dell’azienda rispondere al tipo di domande che ha posto Buzzfeed News».

 

La replica del M5S: «Una fake news»

«L’inchiesta di Buzzfeed è una fake news», replicano laconici i Cinque Stelle dal blog di Beppe Grillo, negando che il Movimento abbia altri siti o account social non ufficiali. «Gli eletti del M5S negli ultimi mesi hanno incontrato centinaia di figure istituzionali di paesi stranieri, tra cui quello russo», sottolineano i grillini, sostenendo che «le accuse di fare propaganda pro Cremlino o di diffondere notizie false è ridicola» e lanciando strali verso i giornali tradizionali: sono loro in Italia, scrivono, gli unici «produttori di bufale» e «l’unica propaganda che fanno è quella pro Renzi e pro PD». Stando alla replica pubblicata da Grillo, «un’altra bufala riportata da Buzzfeed è che i parlamentari M5S abbiano firmato un contratto con la Casaleggio Associati».

 

Il WSJ mette in guardia dal populismo (ma non dal No al referendum)

E il Movimento 5 Stelle campeggia anche sulla prima pagina del Wall Street Journal, con un articolo intitolato «La prossima tappa della marcia globale del populismo: l’Italia». « I mercati — scrivono Manuela Mesco e Deborah Ball — si sono innervositi alla prospettiva di un voto per il No (al referendum costituzionale). Il Movimento 5 Stelle chiede tasse più basse, l’abrogazione degli impegni sull’unione fiscale europea, la rinegoziazione di parte dei 2 mila miliardi di euro del debito italiano, persino la stampa di moneta, se necessario. È a favore di un referendum non vincolante sulla permanenza dell’Italia nell’euro». Mesco e Ball spiegano anche come, per i sostenitori del M5S, l’inesperienza dei suoi rappresentanti «è un titolo d’onore», perché, come dice un ex imprenditore del settore mobili rovinato dalla concorrenza cinese, «sono dei dilettanti, ma a differenza dei politici degli altri partiti, sono liberi». Quanto al referendum, una view dello stesso Wsj lo liquida così: «l’Italia ha bisogno di una Margaret Thatcher o di un Ronald Reagan o persino di un Gerhard Schröder, non di qualche nuovo articolo nella Costituzione». Perciò «forse gli elettori decideranno che più obblighi a rispondere delle proprie azioni potrebbero incoraggiare l’emergere del giusto tipo di leader, ma si può scommettere che il mondo non finirà se non lo faranno».

Edited by Rotwang
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La Repubblica

Alessandro Di Battista, 38 anni, è il più popolare dei 5 stelle. Dibba, questo il suo soprannome, è la popstar del movimento da quando è andato in giro per l'Italia in motocicletta a fare campagna per il No.

Signor Di Battista: si sente pronto a governare?
"Saranno i cittadini a deciderlo. Noi siamo pronti a candidarci e con maggiore determinazione rispetto al 2013".

Esistono delle correnti all'interno del movimento? Si parla spesso di pragmatici e ideologi.
"No. Il Movimento 5 stelle non ha correnti. Sono i media che lo dicono".

A proposito di voci, è vero che il M5S ha preso soldi da Putin?
"No, anche in questo caso si tratta di un'insinuazione dei media, per la precisione di due giornalisti. Li abbiamo querelati".

Il M5S è nato come movimento di protesta. Che ruolo ha oggi?
"Non siamo un movimento antipolitico, non siamo un partito di protesta".

Ma quello che fa il fondatore Beppe Grillo è protestare a gran voce...
"Dove sta la differenza tra chi vuole cambiare qualcosa e chi protesta contro le cose che non funzionano? E' incredibile: quando i cittadini votano per i potenti, allora è un voto di speranza. Se invece non votano come vorrebbero le elite politiche, si parla di voto di protesta".

Neanche l'ultima campagna la definirebbe di protesta?
"Era una campagna importantissima per i diritti costituzionali! Il 60 per cento degli italiani ha votato no. Le forze antipolitiche sono altre".

Vuole dire che i partiti sono forze antipolitiche?
"Hanno formulato una legge elettorale anticostituzionale, l'Italicum, e hanno bloccato il parlamento con una riforma che i cittadini hanno bocciato".

Ma non è lei che chiede di andare al voto subito, anche con questa legge elettorale?
"Non vogliamo discutere mesi e mesi con i partiti sulla legge elettorale. Vogliamo una versione di questa legge approvata dalla corte costituzionale, che auspichiamo arrivi in gennaio".

Quali interessi degli italiani sente di rappresentare, soprattutto in relazione all'esigenza di una crescita economica?
"Noi diamo la precedenza alle piccole e medie imprese. Intervenendo in questo ambito la ripresa è assicurata. L'imposizione fiscale deve diminuire. Servono istituti finanziari pubblici che consentano investimenti a favore di queste imprese e il reddito di cittadinanza".

Come finanziare tutto questo tenendo conto del debito pubblico?
"Con una seria lotta alla corruzione, che secondo le stime della Corte dei conti costa allo Stato 60 miliardi di euro l'anno. Variando i termini di prescrizione, che interrompono migliaia di processi. Ai politici corrotti va impedito di ricandidarsi. Tutto questo porta denaro nelle casse dello Stato: la corruzione triplica i costi delle opere pubbliche".

Nella corruzione fa rientrare anche l'evasione fiscale?
"Sì. E per evasione fiscale noi intendiamo i grandi evasori".

La lotta alla corruzione basta da sola?
"No, vogliamo anche aumentare di parecchio le tasse sul gioco d'azzardo, centralizzare la spesa statale, realizzare opere pubbliche funzionali, di dimensioni ridotte rispetto all'Expo o all'Alta Velocità. Vogliamo ridurre i costi della politica, gli stipendi di tutti i parlamentari, anche degli amministratori regionali".

Quali strategie propone per la crescita?
"Noi puntiamo sulla Green Economy: una svolta energetica a livello nazionale in direzione delle energie rinnovabili e della sostenibilità ".

Mi riferivo ai settori economici.
"Puntiamo sull'enogastronomia, una nostra eccellenza, il nostro petrolio. In questo campo bisogna investire nella qualità, nelle start up, nelle piccole e medie imprese. Lo stesso vale per la cultura e il turismo. Noi lo abbiamo tra l'altro già fatto con il nostro sistema di microcredito, che finanziamo con una parte dei nostri stipendi da parlamentari. Grazie a questi crediti, 20 milioni di euro in tre anni, sono nate nuove imprese. Mancano le infrastrutture. Ho girato l'Italia in treno per fare campagna per il No e le ferrovie regionali sono in uno stato incivile".

A proposito di credito, qual è la sua posizione riguardo all'odierna crisi bancaria?
"Vogliamo una banca centrale che eserciti una vigilanza reale e non sia controllata dalle banche, come accade in Italia. Vogliamo la divisione tra banche di risparmio e banche d'affari".

L'Europa guarda con preoccupazione alle banche italiane ma anche voi suscitate ansie. Al parlamento europeo sedete a fianco di Nigel Farage...
"Se non si aderisce a un gruppo parlamentare non si ha accesso agli atti del parlamento europeo. Le nostre decisioni le prendiamo in piena autonomia. I nemici dell'Europa sono i tecnocrati ".

Ha cambiato atteggiamento sull'euro?
"Euro e Europa non sono la stessa cosa. Noi vogliamo solo che siano gli italiani a decidere sulla moneta".

Ha calcolato le conseguenze dell'eventuale uscita dall'euro?
"Conosco bene quali sono le conseguenze dell'introduzione dell'euro, la perdita di potere d'acquisto, il calo delle retribuzioni, la riduzione della capacità di concorrenza delle imprese, il degrado sociale, la disoccupazione. Se l'Europa non vuole implodere deve accettare che non si può andare avanti così. Nel 2017 ci saranno elezioni importanti. In Francia probabilmente vinceranno i gollisti o Le Pen. In Germania la cancelliera ce la farà anche stavolta, ma i movimenti alternativi, chiamiamoli così, avanzano".

Avanzano quelli contrari alla politica di immigrazione della cancelliera. Qual è la vostra posizione sul tema delle migrazioni?
"Bisogna trovare soluzione ai grandi focolai di crisi internazionali, senza ricorrere alle bombe. I profughi con diritto di asilo devono essere accolti in Europa e distribuiti uniformemente in tutti i paesi membri. Chi è privo di diritto d'asilo in questo momento storico deve essere espulso. Il termine espulsione non deve essere ricondotto alla destra, alla sinistra, o alla xenofobia".

Che livello di trasparenza garantisce il sistema internet creato da Gianroberto Casaleggio?
"Non esiste un sistema di Casaleggio! Le votazioni sulla nostra piattaforma sono certificate da esperti indipendenti. Altrimenti andiamo tra gli elettori, siamo presenti nelle piazze".

Grillo si candida?
"No, non si candida".

Nei sondaggi lei è in buona posizione. Ma se non riuscisse a centrare rapidamente gli obiettivi, gli elettori le volteranno le spalle come a Renzi?
"Non abbiamo mai detto che sarà facile governare questo paese ".

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Qualcuno mi indichi un DDL che i grillini hanno votato in Parlamento? Perché ad ogni proposta di legge che ho letto il Movimento 5 Stelle si è astenuto.

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