Jump to content

Il paradiso borbonico? Un'invenzione nostalgica


Rotwang

Recommended Posts

Corriere del Mezzogiorno

 

Giuseppe Galasso

 

Che il largo moto di rivalutazione e di fantasiosa nostalgia del Mezzogiorno borbonico portasse a riflessi politici era nella logica di questi fenomeni, ripetuta e verificata in tanti casi in Italia e fuori d’Italia. Per il Mezzogiorno, ciò appariva, anzi, più facile data la rapidissima diffusione di quella rivalutazione e nostalgia, per cui alcuni vi hanno trovato il fortunato appiglio per libri e scritture di scarsissimo o nessun peso storico e culturale, e tuttavia portati dall’onda della moda in materia a tirature e vendite da capogiro. Le clamorose fortune di questa pseudo-letteratura storica, se hanno potenziato il moto di opinione da cui essa è nata, hanno fatto torto, peraltro, alle, invero poche, opere che sulle stesse note di rivalutazione e nostalgia hanno dato (da Zitara a Di Fiore) contributi discutibili o poco accettabili, ma sono state scritte con ben altro scrupolo e serietà. Questa è, però, una legge comune dell’economia, che non risparmia nessun altro campo. Ovunque la moneta cattiva espelle la moneta buona.

 

Il risultato è che oggi il primo che incontriate per istrada o altrove può farvi dotte lezioni sui cento e cento primati del Regno delle Due Sicilie, sulla rapina delle ricchezze meridionali dopo il 1860. E ancora sul felice stato e sulla lieta vita del Mezzogiorno prima del 1860, sulla deliberata politica di dipendenza coloniale e sfruttamento in cui l’Italia unita tuttora mantiene il Mezzogiorno, e su altre simili presunte «verità», lontane dalla «storia ufficiale».Tutto ciò farebbe pensare a quella quindicina e più di generazioni di meridionali susseguitesi dal 1860 in poi come segregate dalla vita civile e istituzionale dello Stato e della società italiana. Si sa, però, che non è così. Si sa che l’integrazione dei meridionali nell’Italia unita, come per gli altri italiani, è stata profonda, rompendo un isolamento storico che, nel caso di varie parti del Mezzogiorno, durava da secoli. Mezza diplomazia italiana è stata fatta di meridionali. I due migliori capi di Stato Maggiore dell’Esercito – Pollio e Diaz – erano napoletani. Già da dopo la prima guerra mondiale la burocrazia italiana ha cominciato a essere fatta per lo più di meridionali. Quattro presidenti della Repubblica su 12 (De Nicola, Leone, Napolitano, Mattarella), vari capi di governo (da Crispi a D’Alema), innumerevoli ministri, vari e potenti capi di partito sono stati meridionali. Sulle cattedre universitarie e nell’insegnamento la parte dei meridionali si è fatta sempre più ampia.

 

Si potrebbe continuare, ma conta ben più ricordare che proprio il Mezzogiorno è stato il teatro di maggiore fortuna del nazionalismo italiano: un nazionalismo tanto forte che il partito delle «camicie azzurre» rimase per un bel po’ in piedi accanto al partito fascista prima di confluire in esso; e anche del fascismo rimase a lungo nel Mezzogiorno la traccia. Conta ricordare che il Mezzogiorno è stato la parte d’Italia con maggiore evidenza più legata alla causa monarchica e alla Casa Savoia anche quando era ormai esclusa ogni possibilità di ritorno monarchico (e non si dica che i meridionali volevano difendere solo l’istituzione monarchica, perché non è vero: l’attaccamento ai Savoia fu manifestato a lungo in modo indubitabile).

 

Su questo metro, però, non si finirebbe più, e non serve neppure. Il corso delle cose sistema spesso questioni come questa senza quasi darlo a vedere. Ricordate le fiere proclamazioni secessionistiche della Lega Nord? Ora essa parla e si atteggia da forza nazionale, anche se nei confusi termini delle pasticciate velleità da «líder máximo» di Salvini. Il corso delle cose agirà anche sul piano culturale. Come sono passati il nazionalismo delle camicie azzurre e il fascismo, appoggiati dai maggiori e minori nomi della cultura italiana di un secolo fa, e culturalmente ben più forti e provveduti, così passerà anche l’onda della rivendicazione borbonica.

 

La quale onda rivela, intanto, sempre più la sua macroscopica e inattesa incapacità di dar luogo a un qualsiasi serio movimento politico di qualche, sia pur minima, consistenza. E già questo dice quanto sia debole la sua spinta culturale, benché agiti temi tra i più orecchiabili e utilizzabili in chiave demagogica e tra i più ascoltati e utilizzati a sostegno dei movimenti di tipo «leghista» in Italia e altrove («conquista piemontese» e sue violenze, rapina e sfruttamento dello Stato unitario a danno del Sud, e così via). Da ultimo, poi, si è aggiunto il tema della «nazione napoletana», senza, peraltro, mostrare una sufficiente informazione sulla sua antica e complessa storia, e come se fosse una postuma scoperta di oggi, mentre è il tema di tutta la maggiore e migliore storiografia meridionale, da Angelo di Costanzo nel ‘500 a Giannone nel ‘700, e poi a Cuoco e a Croce, nonché ai continuatori della stessa tradizione.

 

Tutto a posto, dunque? Tutto si spiega e si vanifica? Evidentemente no. Se nel breve giro di un paio di decenni si diffonde a tal punto una certa moda culturale, sia pure senza capacità di riflessi politici, allora vuol dire che qualcosa non va sotto il nostro cielo. Vuol dire che ci dev’essere un perché più profondo dell’atteggiamento di moda. Le risposte possono essere molte: la sprezzante sfida nordista della Lega, che non poteva non provocare una reazione meridionale; o la progressiva scomparsa del Mezzogiorno dalla più immediata e importante agenda politica italiana; o la conseguente sensazione di un’estrema, definitiva difficoltà a trovare nello Stato italiano, come si era sperato soprattutto dal 1945 al 1990, un modo di compensare e superare le gravi negatività della politica italiana verso il Mezzogiorno dopo il 1860, da subito denunciate dal pensiero meridionalistico; o, ancora, le difficoltà dovute alla non ancora superata crisi di questo Stato, che sul Mezzogiorno per forza di cose si sono ripercosse in peggiore maniera e misura.

 

La ragione eminente pare, però, sempre più la crisi dello Stato e dell’idea nazionale, in corso dalla metà del ‘900 in tutta Europa, che l’Unione Europea non ha saputo finora superare e compensare in un nuovo quadro etico e politico di uguale forza ideale. Si è verificato così il paradosso di una realtà europea in cui la forza di un persistente nazionalismo degli Stati e delle opinioni pubbliche europee si accompagna a una crisi sempre più diffusa, politica e ideale, dello Stato e dei valori nazionali, che in alcuni paesi (Spagna, Gran Bretagna, Belgio, Italia) è particolarmente forte.

 

È su questo fronte che appare preoccupante il problema posto dall’antitalianismo borbonizzante. Sul piano culturale lo si può ritenere ben poco vitale e, comunque, destinato a essere superato (e anche omologato in quel tanto di fondato che può essere in esso). Sul piano politico, invece, alla sua incapacità di alimentare un filone politico specifico e consistente, corrisponde la sua forza erosiva e corrosiva dell’idea nazionale italiana, della quale il Mezzogiorno ha tanto partecipato e della quale, nonostante le apparenze, tuttora profondamente partecipa. E da ciò derivano un danno sicuro all’organismo nazionale italiano e un suo indebolimento in Europa, senza che si riesca in alcun modo a vedere che cosa ne venga di buono al Mezzogiorno.

 

 

Link to comment
Share on other sites

 

 

La ragione eminente pare, però, sempre più la crisi dello Stato e dell’idea nazionale, in corso dalla metà del ‘900 in tutta Europa, che l’Unione Europea non ha saputo finora superare e compensare in un nuovo quadro etico e politico di uguale forza ideale.

 

il solito pezzo snob del colto Galasso... ha ragione ad evidenziare le scarse basi storiche dei nostalgici, ma gli sfugge l'aspetto politico della questione

nell'ottica dell'Unione Europea la crisi dell'idea nazionale è l'ineludibile premessa per gli sviluppi futuri, perché il futuro è si l'Europa federale, ma ciò che verrà federato non sarà lo stato ottocentesco, bensì le regioni con un comune retroterra storico e culturale, che siano l'ex Repubblica di Venezia, l'ex Regno delle due Sicilie, l'ex Regno di Baviera, la Bretagna, la Provenza, la Scozia o l'Aragona

le nazioni europee non sono affatto monolitiche, sono state funzionali a una certa fase storica ma oggi questa fase è superata... alcune proprio non sono mai esistite, come il Belgio

i veri nemici dell'Europa sono oggi l'Italia, la Germania, la Spagna, la Francia intese non come popoli ma come "istituzioni nazionali", burocrazie conservatrici che si rifiutano di cedere il passo all'unico possibile futuro, federale

Link to comment
Share on other sites

i veri nemici dell'Europa sono oggi l'Italia, la Germania, la Spagna, la Francia intese non come popoli ma come "istituzioni nazionali", burocrazie conservatrici che si rifiutano di cedere il passo all'unico possibile futuro, federale

 

Veramente l'Italia è tra i paesi più europeisti d'Europa, i suoi regionalismi sono euroscettici.

Edited by Rotwang
Link to comment
Share on other sites

i regionalisti sono euroscettici perché vedono l'Europa di oggi, che si è formata ed agisce come una sorta di "super-burocrazia nazionale", ma non hanno capito che le loro istanze politiche regionalistiche potranno trovare sbocco soltanto in un diverso modello di Europa federale

Link to comment
Share on other sites

Quello che dice Rotwang è vero ed è un caso strano nel paranoma europeo.

 

Purtroppo l'indipendentismo italiano è stato a lungo ostaggio della destra più becera,

anche se ormai la Legas Nord ha avuto una svolta "nazionalista" alla Le Pen

e prima o poi cambierà nome per pescare razzisti anche al Sud Italia.

Link to comment
Share on other sites

Per capire le ragioni del movimento neoborbonico basterebbe farsi un giro al Sud e sarebbero evidenti, lapalissiane.

 

Inviato dal mio SM-G903F utilizzando Tapatalk

Link to comment
Share on other sites

Il problema è che i neoborbonici non vogliono davvero l'indipendenza

e questo rende le cose necessariamente più difficili.

 

Il problema in Veneto invece è convincere la Sinistra,

perché la nostra è una regione talmente destrorsa

che preferiamo essere governati da un Renzi a Roma

piuttosto che da uno Zaia a Venezia.

Link to comment
Share on other sites

. Sul piano politico, invece, alla sua incapacità di alimentare un filone politico specifico e consistente, corrisponde la sua forza erosiva e corrosiva dell’idea nazionale italiana, della quale il Mezzogiorno ha tanto partecipato e della quale, nonostante le apparenze, tuttora profondamente partecipa. E da ciò derivano un danno sicuro all’organismo nazionale italiano e un suo indebolimento in Europa, senza che si riesca in alcun modo a vedere che cosa ne venga di buono al Mezzogiorno.

 

L'unico passaggio che mi pare possa dare adito ad una discussione è questo

 

Che i neoborbonici o meridionalisti siano incapaci di alimentare un filone specifico

è un fatto. Attualmente è così.

 

La ragioni potrebbero essere diverse, ma lui non ne suggerisce nessuna

 

Il sospetto è che siano ragioni poco nobili e dicibili : sono finiti i soldi

 

Ed in buona parte a causa del rigore Europeo e dell'austerità tedesca, per cui

a parte il fatto che anche in precedenza i Meridionali italiani non riuscivano a

intercettare i fondi europei ( per incapacità amministrativa ed illegalità strutturale )

ora ci sono validissime ragioni per non essere europeisti ( meglio un Toscano di

una Tedesca ; meglio chi ha bisogno dei tuoi voti rispetto a chi ti giudica senza averne

bisogno )

 

Quanto invece al fatto che questo atteggiamento nostalgico indebolisca l'Italia

in cui viene a mancare il Nazionalismo meridionale, bisognerebbe prima dire se

si ritiene il nazionalismo un bene e poi se il contributo dal Meridione sia stato positivo

 

Che i Meridionali abbiano permeato l'intera burocrazia italiana è un fatto ma in generale

non se ne ha un'alta opinione. Che i Meridionali abbiano sempre votato per i partiti peggiori

è un altro fatto, ma non vedo in cosa avrebbero dato un contributo positivo

 

Ci vorrebbe un riscatto del Meridione a partire dalla fine del suo vittimismo

Link to comment
Share on other sites

Che i Meridionali abbiano permeato l'intera burocrazia italiana è un fatto ma in generale non se ne ha un'alta opinione

beh, fin da quando era sabauda non è che la burocratjia italica sia stata sto fulgido esempio di efficienza..

 

che poi ci si sia innestata sopra anche una certa parassitaggine (o pigrizia mentale, vedi https://youtu.be/Run9Eh9IKl4 ) spesso indicata come sudista, è un altro discorso

Edited by freedog
Link to comment
Share on other sites

beh, fin da quando era sabauda non è che la burocratjia italica sia stata sto fulgido esempio di efficienza..

 

Ho studiato Storia dell'amministrazione italiana dal 1861 al 1993, la burocrazia italica ha iniziato a divenire complessa nell'età giolittiana, entificandosi durante il fascismo (che non ha inventato nulla, si è solo ritagliato uno spazio nell'amministrazione precedente), diventando immensa nella Prima Repubblica e arrivando infine a Tangentopoli con le sue croniche lacune inefficienti dovute a una classe dirigente clientelare e rapace, di quel periodo si parla per l'appunto di "amministrazione polverizzata". Perlomeno in età sabauda vi era il mito del funzionario fedele allo Stato da raggiungere a ogni costo, anche se era già diffusa la corruzione.

Edited by Rotwang
Link to comment
Share on other sites

dai, non puoi far finta di ignorare la figura del Monsù Travet pignolissimo

che doveva spulciarsi ogni pratica fin sotto alle virgole microscopiche delle note a più di pagina.

 

per carità, onesto fino al midollo, non si discute;

ma di certo non un mostro di efficienza:

sul suo tavolo le scartoffie potevano impolverarsi anche per decenni!!

Link to comment
Share on other sites

Comunque il movimento neoborbonico è più napoletano che meridionale, voi ignorate questo piccolo passaggio e trascurate un aspetto fondamentale

 

Inviato dal mio SM-G903F utilizzando Tapatalk

Link to comment
Share on other sites

il solito pezzo snob del colto Galasso...

 

 

burocrazie conservatrici che si rifiutano di cedere il passo all'unico possibile futuro, federale

 Ma mio caro @Conrad, anche tu sei colto e forse pure un po' snob...che avresti da insegnare a Galasso? In rete si trovano diversi articoli analoghi e più o meno esplicitamente critici del meridionalismo scritti da Galasso sul Corriere del Mezzogiorno, immagino abbiano una nicchia di lettori piuttosto ben individuata(non penso li scriva solo per far arrabbiare i neoborbonici) che forse potrebbero indicarci gli amici del forum...quindi sicuramente il suo è uno sfoggio di cultura destinata ad una nicchia di persone che amano sentirsi intelligenti leggendo il Corriere ( hanno un bel coraggio).

 

Però diciamo pure che il mito del regionalismo paneuropeo è solo un mito spacciato da movimenti politici che fino ad oggi non hanno collezionato grandi risultati e che tutto sommato sembrano più ciarlatani che promettono di trattenere le risorse locali nelle tasche locali o di destinarle in opere locali (come i milioni di sterline da investire in sanità di Farage) e mostrano di sapersi muovere più verso la distruzione dell'esistente che verso...che cosa del resto? Nuovi stati nazionali di dimensioni regionali?

Anche i progetti legati alle macroregioni europee e alla collaborazione tra enti locali di stati diversi  mi sembrano al palo, del resto gran parte dell'attrattività dei regionalismi sta nel paragone con quelle micro-nazioni che hanno costruito il loro benessere fornendo una base operativa per individui e società che volevano evadere il fisco nei paesi di origine...ma anche qui, c'è la crisi e i grandi stati hanno bisogno di risorse fresche, non possono più chiudere un occhio come in passato e gli spazi si restringono....

 

Mi sembra che anche nella prospettiva di un'Europa unita gli stati nazionali rimangano gli elementi fondamentali e che siamo molto lontani dalla loro disgregazione a favore dell'Europa delle regioni.

Link to comment
Share on other sites

 

 

beh, fin da quando era sabauda non è che la burocratjia italica sia stata sto fulgido esempio di efficienza..

 

Vero

 

La PA italiana fu da subito affetta da una serie di mali

1) fedeltà allo stato= fedeltà al governo ( D'Azeglio 1849 )

2) esasperato formalismo ( controllo sulla legalità formale degli atti )

3) corporativismo

 

Tutti questi difetti si accentuarono dapprima con la sua estensione ( Giolitti )

e poi con il fascismo, che esasperò alcuni tratti ( epurazioni certificati di buona

condotta giuramento tessere ) e ne creò di nuovi ( corruzione, concorsi truccati )

 

Se però vogliamo "stare sul pezzo" cioè limitarci all'attualità io direi che

 

La crisi dell'euro e le crisi economiche conseguenti, con la politica dell'austerità

di bilancio stanno spingendo ad un recupero della dimensione Statale, dopo 20

anni di "regionalismo-federalismo" ( peraltro avversati dai Meridionali non solo come

ovvio contro la Lega ma anche contro i DS e FI ) stiamo vivendo una fase "efficientista"

neo-centralista ( Renzi )

 

Anche questo fenomeno non è una novità, nel senso che l'emergenza finanziaria e di

costruzione dello stato unitario furono la ragione della scelta di un modello centralista

ora, invece che l'unificazione nazionale, la ragione è essenzialmente l'unificazione finanziaria

dell'Europa

 

Non può esistere una Europa delle Regioni, senza una Europa Politica e siccome il modello

che si è scelto è in realtà quello dell'Europa delle Nazioni ( senza dirlo, perchè in teoria era

il programma dei partiti di destra....ma mentendo sistematicamente democristiani e socialisti

stanno facendo esattamente questo, per timore di perdere le elezioni politiche nei rispettivi paesi )

assistiamo ad un Neocentralismo

 

Tuttavia se il meridione d'Italia può pensare di influire su Roma, certamente non può pensare

di influire su Berlino

Link to comment
Share on other sites

 

 

Mi sembra che anche nella prospettiva di un'Europa unita gli stati nazionali rimangano gli elementi fondamentali e che siamo molto lontani dalla loro disgregazione a favore dell'Europa delle regioni.

 

vero, la situazione oggi è quella che descrivi: si punta ad un'Europa degli Stati

si tratta però a mio avviso non di un punto di forza, ma del punto di debolezza dell'attuale costruzione europea, perché la forza relativa tra gli stati attuali è troppo sbilanciata a favore della Germania

i due possibili esiti dello scenario attuale sono o il prevalere della forza aggregante della Germania, perdendo pezzi (Brexit); oppure il venir meno dell'intera costruzione europea

l'Europa delle macroregioni, o regioni storiche, o come le vogliamo chiamare, permetterebbe invece di puntare a un modello "americano" con la preservazione e anzi l'esaltazione delle particolarità storiche, etniche e linguistiche della complicata storia europea

si tratta di una visione utopistica, visto che gli attuali stati nazionali non cedono un millimetro ed anzi, come faceva notare @@Hinzelmann, viviamo una fase di neocentralismo... però la politica dovrebbe traguardare anche gli esiti di medio-lungo termine 

Link to comment
Share on other sites

 

 

si tratta di una visione utopistica

 

Utopistica mi pare forse anche eccessivo, certo attualmente si va nella direzione

contraria

 

Il punto forse è che non solanto - per dire - la Merkel e Hollande e Renzi etc

cioè diciamo la maggioranza vincente, fa il contrario di ciò che tu auspichi,

ma per certi versi anche chi si oppone a loro ha smarrito la via del regionalismo

europeo, perchè prevale in tutti l'euroscetticismo

 

Come ha già detto Almadel in Italia lo ha smarrito la Lega

 

Che i Meridionali - economicamente deboli - si sentano più garantiti da Renzi a

cui possono far perdere le elezioni che dalla Merkel ci sta. Ma anche le Regioni forti

del Nord paiono pensarla allo stesso modo

 

In Gran Bretagna gli Scozzesi hanno votato con percentuali

bulgare per rimanere in Gran Bretagna pur essendo contrari

alla Brexit ( vediamo ora cosa succederà )

 

Forse è che in un momento di grande crisi la gente chiedendo sicurezza, chiede più

Stato ( simbolicamente la chiusura delle frontiere nazionali rispetto al problema della

immigrazione )

Link to comment
Share on other sites

Secondo me confondente aspetti pronfondamente diversi, in primo luogo non esiste un Mezzogiorno come non esiste un'identità del Nord, se andate da un pugliese a parlargli dei borboni, ammesso e non concesso che li conosca, trovo molto difficile possa provare simpatia per la casata spagnola.

Il movimento neoborbonico è tipicamente napoletano o al massimo campano, visto che la Napoli del tempo era una capitale moderna e centro culturale ed economico, posizione che l'ha persa con la conquista sabauda che l'ha trasformata in un'agglomerato urbano periferico e politicamente ininfluente, posizione che Napoli godeva a scapito del resto del Regno che non faceva altro che foraggiare i capricci del re.

Il siciliano difficilmente baratterà la sua identità isolana con quella del mezzogiorno, esistono tante realtà regionali che si rivedono in quella zona come in quell'altra, idem con patate con il nord.
Il Veneto è il Veneto, la Lombardia tutta un'altra storia, l'Emilia e la Romagna addirittura sono molto più proiettate all'identità del centro Italia così come il Piemonte una sua identità.

Per non parlare delle regioni alpine ecc. quindi anche il concetto di macroregione tende a perdersi e a confondersi avendo gli stessi problemi degli stati.
Almeno questo vale in Italia dove il campanilismo è davvero un nostro limite insopportabile a cui preferisco l'Europa degli Stati, se non altro la vedo come il male minore.

Comunque parliamo di aria fritta, questo agglomerato burocratico è destinato a morire o a cambiare pelle, non possiamo ancora immaginare cosa diventerà.

Edited by Iron84
Link to comment
Share on other sites

 

 

il concetto di macroregione tende a perdersi

 

Quel che dici non è del tutto vero

 

Non sono in grado di parlare per altre zone d'Italia, perchè sono questioni più

amministrative che politiche quindi hanno in generale scarsa risonanza nei mass media

( e potresti anche replicarmi che politicamente sono poco rilevanti, lo anticipo già io )

 

Però - per dirti - Toscana Marche e Umbria hanno firmato un protocollo d'intesa secondo

cui avranno d'ora in avanti un ufficio Comune a Bruxelles e progetti comuni a livello internazionale

oltreché una sorta di centrale unica per gli acquisti in Sanità ( credo per risparmiare, non so quanto

estesa se cioè mirata solo a spese "ingenti" per macchinari molto costosi etc ) e forme di coordinamento

per attività di tipo promozionale in ambito turistico etc

 

Chiaramente non fa notizia perchè si tratta di tre regioni centrali e la matrice politica non è indipendentista

quindi non esiste una identità macroregionale del tipo Padania o Regno Borbonico ( né è mai esistita una

unità storica di queste tre regioni ) ma d'altronde il concetto di macro-regione già nel temine denuncia una

chiara artificiosità ( non si pretende di dire che esiste una Nazione Veneta, o Siciliana o Padana etc )

Link to comment
Share on other sites

 

 

Ho studiato Storia dell'amministrazione italiana dal 1861 al 1993.. .

Ci hai messo molto a studiarla... È l'argomento che ti ha permesso di vivere così a lungo? :XD

 

Inviato dal mio HUAWEI VNS-L31 utilizzando Tapatalk

Link to comment
Share on other sites

  • 1 month later...
Internazionale
 
Nel 1861, con la proclamazione del Regno d’Italia, scomparve dalle carte geografiche il Regno delle Due Sicilie, che dal 1816 aveva unito il sud Italia sotto un’unica bandiera. La famiglia regnante, i Borbone, fu costretta a fuggire e gli abitanti si trovarono improvvisamente senza un paese.
 
Una parte consistente della popolazione del sud non era infatti d’accordo con il processo di unificazione in corso – molti neanche parlavano l’italiano – e continuò per anni a combattere contro i nuovi governanti.
 
Oggi, dopo 155 anni dall’unità d’Italia, molti napoletani guardano ancora con nostalgia al loro passato. “La gente si sente lasciata indietro”, spiega il fotografo Carlo Rainone, che ha documentato la realtà dei crescenti movimenti neoborbonici, popolari particolarmente tra la classe operaia. “Aderendo a questi movimenti, sperano che le cose possano cambiare per il sud e per Napoli”.
 
Molti sono nati con lo scopo di riscoprire e condividere la storia del Regno delle Due Sicilie, che ritengono sia stata in parte nascosta in parte falsificata dai governanti italiani. Questi gruppi stanno facendo un meticoloso, e quasi religioso, lavoro nel radunare le persone attraverso eventi e incontri per stimolare la loro voglia di trovare la propria identità e il loro orgoglio di essere napoletani. Molte sono delle semplici associazioni culturali mentre altri diventano dei veri e propri movimenti secessionisti.
 
Intanto, i discendenti della famiglia Borbone hanno guadagnato una popolarità inaspettata dopo essere stati dimenticati per più di un secolo, e ora stanno discutendo su chi è il legittimo erede della corona.
 
130010-md.jpg
 
130015-hd.jpg
 
130016-hd.jpg
 
130014-hd.jpg
 
130018-hd.jpg
 
130017-hd.jpg
 
130012-hd.jpg

 

Poi ho notato che mettono date a caso per elogiare l'identità napoletana, 1302 perché? I Borbone regnarono dal 1735...

Edited by Rotwang
Link to comment
Share on other sites

Lo so che è difficile comprenderlo per un popolo esterofilo e antipatriottico come siamo noi italiani imbecilli ma le date non sono a caso.

Le date sono quelle della nascita del regno di Napoli alla quale il movimento si ispira, stimare i Borbone automaticamente non si limita al loro periodo storico ma alla nostalgia del Regno e della sua storia.

 

Inviato dal mio SM-G903F utilizzando Tapatalk

Link to comment
Share on other sites

Lo so che è difficile comprenderlo per un popolo esterofilo e antipatriottico come siamo noi italiani imbecilli ma le date non sono a caso.

Le date sono quelle della nascita del regno di Napoli alla quale il movimento si ispira, stimare i Borbone automaticamente non si limita al loro periodo storico ma alla nostalgia del Regno e della sua storia.

 

Lo so amore, ma è tutto un minestrone storico-culturale costruito per dare addosso all'Unità col vessillo borbobico, quindi sono anche questi esterofili e antipatriottici, come i leghisti del Nord.

Link to comment
Share on other sites

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Unfortunately, your content contains terms that we do not allow. Please edit your content to remove the highlighted words below.
Reply to this topic...

×   Pasted as rich text.   Paste as plain text instead

  Only 75 emoji are allowed.

×   Your link has been automatically embedded.   Display as a link instead

×   Your previous content has been restored.   Clear editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

×
×
  • Create New...