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Il Venezuela sta collassando


Rotwang

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Il Post

«Dubito che in qualsiasi altro paese del mondo, a eccezione di Cuba, esista un sistema sanitario migliore del nostro». Nicolás Maduro, presidente del Venezuela, ha descritto così la situazione della sanità venezuelana durante un incontro a inizio maggio a Caracas. Solo pochi mesi prima, a gennaio, il Parlamento aveva dichiarato l’emergenza sanitaria nazionale e aveva chiesto che venissero sbloccati gli aiuti internazionali in ambito sanitario, per mettere una pezza ai gravi guai degli ospedali venezuelani. Maduro aveva accusato il Parlamento – che dalle elezioni di dicembre è controllato dalle opposizioni – di voler fare propaganda contro il suo governo e indebolirlo: aveva liquidato la polemica sostenendo che era in atto un tentativo di privatizzare la sanità venezuelana.

Come hanno mostrato diverse inchieste giornalistiche, la situazione di molti ospedali venezuelani è tragica: non ci sono più antibiotici, guanti sterili e tubi endotracheali (quelli per intubare); i defibrillatori non funzionano, così come gli incubatori per i bambini nati prematuri; i medici usano i loro smartphone per guardare le lastre, visto che non ci sono computer funzionanti che mostrino le immagini ad alta definizione; i chirurghi che si preparano a un’operazione si lavano le mani con acqua gasata o seltz, arricchita quindi con bicarbonato o acido citrico, come quella che si usa per fare i cocktail; molti pazienti non hanno nemmeno un letto dove stare e sono costretti a rimanere sdraiati per terra. All’ospedale dell’Università delle Ande, nella città di Mérida, le tubature che portavano acqua alla struttura sono esplose lo scorso autunno e non sono mai state riparate per mancanza di fondi: se si deve operare di urgenza, capita che lo si debba fare in una sala sporca ancora del sangue del paziente precedente. Christian Pino, chirurgo dell’ospedale, ha detto: «È come se fossimo nel Diciannovesimo secolo».


La situazione sanitaria venezuelana, che ha dell’incredibile, è solo una delle cose che stanno collassando in Venezuela. Nicholas Casey, giornalista del New York Timesha scritto che «i reparti ospedalieri sono diventati dei posti in cui convergono le cose che stanno facendo a pezzi il Venezuela», un paese dove manca tutto: elettricità, acqua, beni di prima necessità, lavoro e sicurezza.

Il Venezuela è entrato nel 2013 in una gravissima recessione economica e da allora il governo non è riuscito a trovare soluzioni efficaci. La situazione oggi è che non ci sono più soldi nemmeno per stampare i soldi, che i dipendenti pubblici lavorano solo due ore al giorno per la mancanza di elettricità, che i livelli di violenza e criminalità sono tra i peggiori al mondo e che presidente e Parlamento non collaborano su niente. Alcuni giornali internazionali hanno cominciato a riferirsi al Venezuela come a un paese al collasso o “sull’orlo dell’esplosione sociale“. In molti considerano Maduro e l’ex presidente Hugo Chávez i principali responsabili di quello che sta succedendo.

Chi è Nicolás Maduro, e cosa vuole
All’inizio del 2015, quando gli scaffali dei supermercati venezuelani avevano già cominciato a svuotarsi, Maduro commentò la difficile situazione economica del paese dicendo: «Dio provvederà». Poco meno di due anni prima, nell’ottobre del 2013, Maduro aveva usato un approccio simile – poco legato a soluzioni concrete, diciamo così – annunciando la creazione di un viceministero per la felicità suprema: «Avrà l’obiettivo di raggiungere la suprema felicità sociale», disse. L’iniziativa fu definita dai suoi oppositori uno “scherzo” che avrebbe avuto pessime ricadute internazionali. Ma uno degli episodi più ricordati e commentati fu quello del pajarito, l’uccellino, risalente all’aprile del 2013, poco dopo la morte dell’ex presidente venezuelano Hugo Chávez. Erano in corso la campagna elettorale per scegliere il nuovo presidente: Maduro si presentava come l’erede politico di Chávez, mentre il candidato dell’opposizione era Henrique Capriles. Durante una visita nella città natale di Chávez, Maduro raccontò di quella volta che lo spirito di Chávez si presentò a lui sotto forma di un uccellino:

«Lo sentii come se ci stesse dando la sua benedizione, dicendoci: “Oggi inizia la battaglia. Andate e vincete. Avete la nostra benedizione”»


Nicolás Maduro è nato 53 anni fa a Caracas da madre colombiana e padre venezuelano. È presidente del Venezuela dall’aprile del 2013: prima era stato – in ordine – autista di autobus e rappresentante sindacale, presidente del Parlamento venezuelano, ministro degli Esteri e vicepresidente. Maduro è considerato da sempre l’erede politico di Chávez: prima di sottoporsi al suo quarto e ultimo intervento chirurgico per rimuovere un tumore, Chávez parlò in televisione chiedendo ai cittadini del Venezuela di affidarsi a Maduro, nel caso lui fosse morto o se la malattia lo avesse reso incapace di fare il presidente. E così è successo: Maduro vinse le elezioni presidenziali del 2013 battendo Capriles, anche se di poco.

I primi mesi di presidenza non furono facili per Maduro, che cominciò a pagare per le politiche economiche insostenibili adottate negli anni precedenti. I problemi più grossi erano legati alla mancanza di beni come latte, farina, zucchero e caffè: in quel periodo l'”indice di scarsità” (scarcity index) era al 21 per cento, cioè su 100 beni considerati di prima necessità 21 erano difficili da reperire. Anche sui principali quotidiani italiani si parlò parecchio del Venezuela in quel periodo, soprattutto per la storia della carta igienica di produzione nazionale che era diventata praticamente introvabile. Cominciarono a circolare fotografie che mostravano code lunghissime fuori dai negozi gestiti dal governo: le persone che riuscivano ad accaparrarsi i pochi rotoli disponibili facevano scorta, uscendo dagli spacci e trasportando quante più confezioni era possibile. L’allora ministro del Commercio venezuelano, Alejandro Fleming, disse che la mancanza di carta igienica non era dovuta a una diminuzione della produzione ma «a una domanda eccessiva dovuta a una campagna mediatica per destabilizzare il paese». Su un muro di Caracas, in via Urdaneta, comparse una scritta che diceva: «El papel higiénico, ahora, es bolivariano» (“La carta igienica, ora, è bolivariana”), una specie di presa in giro con un riferimento a Simón Bolívar, un leader rivoluzionario venezuelano che contribuì all’indipendenza di diversi paesi sudamericani e che ispirò Chávez.

Con Maduro gli effetti della grave recessione economica – che molti analisti attribuiscono al chavismo, l’ideologia politica sviluppata da Chávez e poi adottata da Maduro – cominciarono a farsi sentire di più rispetto agli anni precedenti, anche a causa dei grossi cambiamenti nel mercato internazionale del petrolio, su cui il Venezuela aveva basato la sua economia. C’è da considerare anche un’altra cosa, poi: Maduro non è Chávez, né per carisma né per popolarità.

Henry Ramos Allup, attuale presidente del Parlamento e membro dell’opposizione, ha raccontato al Guardian com’era Maduro da giovane: «né straordinario né mediocre. Normale». Allup ha aggiunto che i modi spesso impacciati di Maduro potrebbero essere conseguenza dello stress, e del tentativo di imitare lo stile autocratico che era tipico di Chávez. Uno dei problemi di Maduro è che con lui diversi argomenti molto popolari usati da Chávez hanno smesso di funzionare. Per esempio la retorica anti-americana e anti-imperialista, secondo cui le colpe di tutto sono delle potenze straniere interessate a far cadere il regime socialista del Venezuela.

Perché si parla di collasso e di chi è la colpa
In un articolo pubblicato sull’Atlantic, i giornalisti venezuelani Moisés Naím e Francisco Toro hanno scritto che negli ultimi due anni il Venezuela ha sperimentato un tipo di implosione che difficilmente si verifica in un paese a reddito medio in periodo di pace (Naím è uno dei giornalisti latinoamericani più famosi al mondo, ma è stato anche ministro in Venezuela nell’era pre-Chávez). A maggior ragione se si tiene conto che il territorio venezuelano è ricco di risorse petrolifere, che il governo non ha mai smesso di esportare nonostante la mancanza di elettricità.


Negli ultimi tre anni uno dei problemi più grandi è stato la siccità: ha piovuto molto poco e tra il 2015 e il 2016 la situazione è peggiorata per l’arrivo di El Niño, un insieme di fenomeni atmosferici che si verificano nell’oceano Pacifico di solito con un picco nei mesi di dicembre e gennaio. L’acqua nelle dighe venezuelane, i cui impianti forniscono circa i due terzi di tutta l’energia elettrica del paese, ha raggiunto i suoi minimi storici; e si è cominciato a parlare del rischio che nelle condutture che portano alle turbine idrauliche finisca dell’aria, che potrebbe danneggiare o rompere le pale e far saltare tutto il sistema.

Per la mancanza di elettricità, a inizio aprile Maduro aveva annunciato che la settimana lavorativa dei dipendenti pubblici sarebbe durata solo quattro giorni; alla fine del mese i giorni sono stati ridotti a due. Anche l’ora del paese è stata cambiata: gli orologi sono stati spostati avanti di mezz’ora, in modo da guadagnare un po’ di luce. La giornalista Gretchen Bakke si è chiesta sul New Yorker: «Perché un paese con le risorse di combustibili fossili più grandi di tutta l’America Latina, e tra le più estese del mondo, ha deciso di generare energia con l’acqua, notoriamente una risorsa poco affidabile?». Il motivo, dice Bakke, non è legato a qualche politica a favore delle energie rinnovabili: il governo vuole esportare quanto più petrolio possibile, per guadagnare quanti più soldi possibili. Il problema è che il Venezuela non ha diversificato le sue fonti di energia: ha continuato a basarsi principalmente sull’acqua, nonostante la grande siccità che già colpì il paese con El Niño del 2010. Oggi la mancanza di elettricità crea continui blackout non solo a Caracas, ma anche in molte altre città del Venezuela.

John Sweeney, giornalista di BBC Newsnight, ha raccontato in un video diversi altri problemi del Venezuela, tra cui i tassi di violenza di Caracas (4mila omicidi solo lo scorso anno, che hanno reso Caracas una delle città più pericolose al mondo) e l’incredibile espansione del mercato nero, l’unico posto dove si possono comprare alcuni dei beni introvabili nei negozi legali. Una delle cose che si fanno al mercato nero è cambiare i dollari in bolívar, la moneta venezuelana. Come mostra Sweeney nel video, cambiando 100 dollari si ottengono pacchi di banconote pari a 100mila bolívar; facendo la stessa operazione in un ufficio di cambio legale se ne ottengono 20mila. Molti venezuelani hanno cominciato a cambiare i soldi al mercato nero: e per questo, dice Sweeney, «il governo sta perdendo il controllo dell’economia».

Secondo Naím e Toro, e secondo diversi altri analisti che si sono occupati di Venezuela, la crisi è cominciata molto prima del crollo dei prezzi del petrolio, che comunque ha contribuito a ridurre le entrate economiche legate all’esportazione del greggio. La crisi è cominciata e si è aggravata per una serie di ragioni, riconducibili tutte al chavismo: la propensione a una gestione scellerata delle risorse pubbliche, inclusi investimenti completamente sbagliati; il logoramento delle istituzioni democratiche, dovuto all’autoritarismo sia di Chávez che di Maduro; la persistente adozione di politiche che si sono mostrate infruttuose, come il controllo statale dei prezzi e del tasso di cambio; la corruzione molto diffusa tra i politici e i loro familiari. Per esempio, negli ultimi anni il governo venezuelano ha esteso il controllo dei prezzi a un numero sempre maggiore di beni: cibo e medicine, ma anche batterie per le auto, deodoranti e carta igienica. L’obiettivo era mantenere accessibili i beni anche ai più poveri ma le conseguenze sono state disastrose, hanno scritto Naím e Toro: quando i prezzi sono stati fissati al di sotto dei costi di produzione, i venditori non sono più riusciti a produrre a un ritmo tale da rifornire gli scaffali dei supermercati: «I prezzi ufficiali sono bassi, ma è un miraggio. I prodotti sono scomparsi».


Lo stato è cronicamente a corto di fondi ed è costretto a stampare sempre più denaro per finanziare la sua spesa: ma il problema è che se viene stampata più moneta si toglie valore a quella che c’è già in circolazione, aumentando ulteriormente l’inflazione e facendo peggiorare la situazione iniziale che si voleva risolvere. Negli ultimi due anni il governo venezuelano ha offerto a diverse società tipografiche delle commesse per la stampa delle banconote (è un’operazione che non fa necessariamente la Banca centrale): poi però sono finiti anche i soldi per pagare il lavoro delle società tipografiche che stampano i soldi, come ha rivelato Bloomberg un mese fa. Il Fondo Monetario Internazionale prevede che di questo passo i prezzi in Venezuela aumenteranno del 720 per cento nel 2016 e del 2.200 per cento nel 2017.

Si vede una fine al chavismo?
A dicembre in Venezuela si è votato per rinnovare il Parlamento e per il partito di Maduro è stata una sconfitta disastrosa: le opposizioni, riunite in una coalizione, hanno ottenuto 112 seggi su 167. Era da 17 anni che nessuno riusciva a togliere il controllo del Parlamento ai socialisti. Il consenso nei confronti di Maduro sta crollando, dicono diversi sondaggi, e le opposizioni stanno raccogliendo le firme per un referendum che dovrebbe decidere se interrompere il mandato presidenziale prima della sua fine naturale, all’inizio del 2019. Per indire il referendum è necessario che l’1 per cento dell’elettorato in ciascuno dei 23 stati venezuelani, così come a Caracas, firmi una petizione che lo sostenga. I promotori dicono di avere raccolto nel giro di pochi giorni quasi due milioni di firme, che però ora vanno verificate dal Consiglio elettorale venezuelano, un organo che dovrebbe essere indipendente ma che di fatto è controllato dal governo. Il processo sta andando molto a rilento e al momento non è facile prevedere cosa succederà.

Intanto lo scontro politico tra Parlamento e presidente sta bloccando la politica venezuelana. A metà maggio Maduro ha dichiarato un nuovo stato di emergenza senza l’approvazione del Parlamento, dando le colpe della crisi alle potenze straniere e al capitalismo. Lo stato di emergenza permette a Maduro di intervenire nell’economia pubblica e privata del paese senza il consenso del Parlamento, e usare l’esercito per la distribuzione del cibo, tra le altre cose. Maduro ha anche minacciato di chiudere del tutto il Parlamento: è pieno di «fascisti», ha detto. «È solo questione di tempo prima che scompaia».

Edited by Rotwang
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privateuniverse

Dunque, vediamo le fonti citate.

1) Il New York Times.

2) L'attuale presidente del parlamento e membro dell'opposizione.

3) Un articolo pubblicato sull'Atlantic, uno dei cui due autori è stato ministro nell'era pre-Chávez (e direttore esecutivo della Banca Mondiale, ma questo Il Post non lo dice). Non dice neanche che l'ex ministro è stato tale in uno dei governi più corrotti nella storia del pur corrotto Venezuela, al punto che l'allora presidente, quello sotto il quale Naím fu ministro, fu addirittura destituito dalla Corte Suprema venezuelana per corruzione e mor in esilio, prima a Santo Domingo e poi negli Stati Uniti, con una domanda di estradizione pendente. Pensare che, dei due tradizionali partiti venezuelani, apparteneva a quello progressista, membro dell'Internazionale Socialista.

4) La BBC.

L'articolo dipinge quello attuale come un governo incompetente che ha, forse per una sfortunata coincidenza, soppiantato l'opposizione; ma l'opposizione ha governato per anni il Venezuela all'insegna della corruzione, dell'incompetenza, della più sfrenata disuguaglianza sociale e, spesso, di una brutale violenza (non solo quando era al governo).

Questo, però, l'articolo non lo dice.

Non che io sia mai stato un estimatore del chavismo, ma questo è un ottimo esempio di giornalismo apparentemente "obiettivo", "equilibrato": in realtà, sfacciatamente di parte. Si citano soltanto fonti anglosassoni, come se la versione dei fatti diffusa dai media statunitensi e britannici non sia influenzata dagli interessi di quei paesi (è noto che gli Stati Uniti hanno sempre visto il chavismo come il fumo negli occhi). Si presenta Maduro come uno sciocco e se ne fa un ritratto caricaturale, mentre i suoi avversari vengono descritti come tecnocrati competenti e dalle credenziali impeccabili. Si presenta la crisi del Venezuela come frutto di mera incompetenza gestionale, come se gli avversari dell'attuale governo fossero diversi, il risultato del trapianto dei socialdemocratici svedesi.

Dubito fortemente che le cose stiano così.

 

Edited by privateuniverse
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Dunque, vediamo le fonti citate.

1) Il New York Times;

2) L'attuale presidente del parlamento e membro dell'opposizione.

3) Un articolo pubblicato sull'Atlantic, uno dei cui due autori è stato ministro nell'era pre-Chávez (e direttore esecutivo della Banca Mondiale, ma questo Il Post non lo dice). Non dice neanche che l'ex ministro è stato tale in uno dei governi più corrotti nella storia del pur corrotto Venezuela, al punto che l'allora presidente, quello sotto il quale Naím fu ministro, fu addirittura destituito dalla Corte Suprema venezuelana per corruzione e mor in esilio, prima a Santo Domingo e poi negli Stati Uniti, con una domanda di estradizione pendente. Pensare che, dei due tradizionali partiti venezuelani, apparteneva a quello progressista, membro dell'Internazionale Socialista.

 

L'articolo dipinge quello attuale come un governo incompetente che ha, forse per una sfortunata coincidenza, soppiantato l'opposizione; ma l'opposizione ha governato per anni il Venezuela all'insegna della corruzione, dell'incompetenza, della più sfrenata disuguaglianza sociale e, spesso, di una brutale violenza (non solo quando era al governo).

 

Questo, però, l'articolo non lo dice.

 

Non che io sia mai stato un estimatore del chavismo, ma questo è un ottimo esempio di giornalismo apparentemente "obiettivo", "equilibrato": in realtà, sfacciatamente di parte. Si citano soltanto fonti anglosassoni, come se la versione dei fatti diffusa dai media statunitensi e britannici non sia influenzata dagli interessi di quei paesi (è noto che gli Stati Uniti hanno sempre visto il chavismo come il fumo negli occhi). Si presenta Maduro come uno sciocco e se ne fa un ritratto caricaturale, mentre i suoi avversari vengono descritti come tecnocrati competenti e dalle credenziali impeccabili. Si presenta la crisi del Venezuela come frutto di mera incompetenza gestionale, come se gli avversari dell'attuale governo fossero diversi, il risultato del trapianto dei socialdemocratici svedesi.

 

Dubito fortemente che le cose stiano così.

 

 

No certo, bisogna affidarsi alle fonti d'informazione di Maduro  :fan:

 

Il Post è una delle testate giornalistiche italiche tra le migliori, obiettive e ricche d'informazioni che ci siano, le tue critiche complottarde filo-dittatoriali non reggono.

 

L'opposizione (che è di sinistra, non berlusconiana) non governa il Venezuela da decenni: il tuo amato Chávez ha governato il paese dal 1999 al 2002 e dal 2002 al 2013, poi il suo successore dal 2013 a oggi. Il chavismo è dittatura, corruzione e fumo negli occhi, fumo che di cui si sono inebriati per tanto tempo i no global, i neofascistelli sovranisti e i complottari.

Edited by Rotwang
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Sono d'accordo con @@privateuniverse, anche perché i miei contatti venezuelani mi pare che se la stiano spassando in spiaggia, mentre secondo l'articolo dovrebbero essere tutti asserragliati in un cumulo di macerie urbane in una terra postapocalittica a lottare al freddo e al buio contro i cani per il possesso una buccia di banana putrefatta.

 

Il Venezuela è in grave crisi, ma è una crisi alla greca, da contestualizzare peraltro nel secondo mondo caraibico-sudamericano quindi con maggiori sussulti politici e maggiore indigenza della base sociale. Tutto qui. Il resto è demagogia interessata. La Colombia o il Perù sono grosso modo nella stessa, tradizionale ed endemica merda ma nessuna fonte di informazione angloamericana oserebbe mai parlarne in quei termini.

 

Anche il Brasile sta vivendo un disastro politico particolarmente inusuale ma i media anglofoni ne parlano con eleganza e tatto. Ops.

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Per quanto sia un totale incapace Maduro non può essere definito un dittatore, in Venezuela la stragrande maggioranza dei mass-media è fortemente ostile al governo, dei nove giornali nazionali solo due sono a favore del governo e gli altri pro opposizione, idem i canali televisivi quattro grandi catene una sola statale (la meno vista, tra l'altro) e le altre tre apertamente anti governative...

 

L'opposizione comprende davvero di tutto, da partiti di centrosinistra fino all'estrema destra, così come è all'interno dei Chavisti dove c'è di tutto, cosa abbastanza comune nei paesi latino-americani tra l'altro.

 

Maduro non è altro che l'ennesimo populista latino-americano che ha vinto le elezioni con promesse infattibili, la grande differenza tra il Venezuela del 2016 e l'Argentina del 2002 è che, oltre che la crisi argentina era meno devastante, quest'ultima conosceva il benessere ed aveva una struttura economico-sociale da paese europeo, mentre il Venezuela non è mai stato realmente terra di immigrazione dal vecchio continente (la popolazione è al 90% amerinda), è sempre stato un paese povero e marginale nell'area centro-americana, alla pari della Bolivia o del Guatemala, quindi l'impatto mediatico della sua crisi è molto meno forte.

 

Anche l'iperinflazione è una costante di quei paesi, negli anni '90 il Perù superò il 2000% di inflazione annua sotto il corrottissimo Fujimori, ma non è certo l'unico caso. 

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Il Post è una delle testate giornalistiche italiche tra le migliori, obiettive e ricche d'informazioni che ci siano

Il Post??

Stai parlando della testata on line fondata & diretta da Luca Sofri in Birignao.. ehm.. Bignardi??

Meglio nota come la versione paracula & finto progressista del Foglio di cicciopotamo Ferrara?

 

Obiettivi loro?? Quei cazzari da competizione???

 

se gli togli le forbite analisi sociologiche sui cartoni anni 70-80 o la musica vintage, un po' di leccaculismo al cantautorato, la frequentazione assidua & costante di qsi cena-party-after hour-evento minimamente mondano e/o radical chic + le citazioni di cafonal, cronicamente scrivono fuffa.

 

Se x te questa è info obiettiva, ok;

diciamo allora che Vice o Giornalettismo (gente che le incheste se le va a fare in per sul serio, senza scopiazzare -male- siti altrui) si contendono il Pulitzer ogni dì..

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Il Post??

Stai parlando della testata on line fondata & diretta da Luca Sofri in Birignao.. ehm.. Bignardi??

Meglio nota come la versione paracula & finto progressista del Foglio di cicciopotamo Ferrara?

 

Obiettivi loro?? Quei cazzari da competizione???

 

se gli togli le forbite analisi sociologiche sui cartoni anni 70-80 o la musica vintage, un po' di leccaculismo al cantautorato, la frequentazione assidua & costante di qsi cena-party-after hour-evento minimamente mondano e/o radical chic + le citazioni di cafonal, cronicamente scrivono fuffa.

 

Se x te questa è info obiettiva, ok;

diciamo allora che Vice o Giornalettismo (gente che le incheste se le va a fare in per sul serio, senza scopiazzare -male- siti altrui) si contendono il Pulitzer ogni dì..

 

Freedog non sai quello che dici ( come sempre), Il Post è tra le migliori testate online in circolazione per com'è scritto e di cosa tratta, informati o torna a leggerti La Croce da buon radical shit burino. Gli italiani si lamentano della scarsa libertà d'informazione e sputano sugli ottimi quotidiani hahaha, finto progressista un cazzo.

 

Anche il Brasile sta vivendo un disastro politico particolarmente inusuale ma i media anglofoni ne parlano con eleganza e tatto. Ops.

 

Ma dove, che c'è stato pure uno stupro bestiale che ha scandalizzato mezza opinione pubblica mondiale? Ma dove, che si è parlato degli stermini della polizia nelle favelas prima delle Olimpiadi? Se uno ha la spiaggia vuoi che non ci vada? Ma dove vi informate, su Sputnik Italia? Un po' come negare la condizione disastrosa del Mezzogiorno dicendo "Eh beh ma abbiamo mare e sole e voi solo nebbia111"

Gli LGBT terzomondisti sono vergognosi, sapessero come stanno gli LGBT venezuelani, tornerebbero a piangere sulla Rete "angloamericana".

Edited by Rotwang
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ha scandalizzato mezza opinione pubblica

Non confondere la cronaca nera, che sfizia sempre tutti, dalla cronaca politica. i rovesci della Dilmetta hanno ben poco a che vedere con gli stupri nelle favelas, cucciolo mio.

 

Di certo ritengo più attendibile sul fatto un venezuelano che mi racconta cosa sta accadendo nella sua città e come si svolge la sua vita piuttosto di qualche autorino sfigatello del TPI che copia articoli di giornale copiati da articoli di giornale copiati da articoli di giornale copiati da articoli di giornale ecc ecc, o perlomeno questa discrasia mi obbliga ad essere molto cauto e perplesso.

 

Non è che se la lettura di una frase su internet mi genera sgomento e turbamento interiore, essa diventa solo per questo fonte di verità assoluta ed indiscutibile, anzi, più la notizia è romanzata più è ovvio che mira alla reazione emotiva falsando la percezione della realtà.

Edited by Sampei
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Di certo ritengo più attendibile sul fatto un venezuelano che mi racconta cosa sta accadendo nella sua città e come si svolge la sua vita piuttosto di qualche autorino sfigatello del TPI che copia articoli di giornale copiati da articoli di giornale copiati da articoli di giornale copiati da articoli di giornale ecc ecc, o perlomeno questa discrasia mi obbliga ad essere molto cauto e perplesso.

 

In realtà non è attendibile ugualmente, specie il venezuelano medio che di politica non sa niente come l'italiano medio, è Il Post, non è il The Post Internazionale.

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non è attendibile ugualmente, specie il venezuelano medio
zitto e baciami sporco venezuelano piacentino
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Il Post è tra le migliori testate online in circolazione

:rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:

beh, levagli il clan degli ex-post lotta continua (gente che ha fatto danni ENORMI negli ultimi 30-40 anni e di cui non ho veruna stima), la fuffa vintage, i mirabolanti reportage copincollati male e tradotti spesso ad minkiam.. che gli rimane?

NULLA!!!

 

ti ripeto: chi fa VERI reportage, va sul posto e ci consuma le suole,

NON se ne sta spaparanzato dietro una scrivania a mandare msg per organizzare l'after della serata vernissage, col poster di Daitarn III sulla parete!!!

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:rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:  :rotfl:

beh, levagli il clan degli ex-post lotta continua (gente che ha fatto danni ENORMI negli ultimi 30-40 anni e di cui non ho veruna stima), la fuffa vintage, i mirabolanti reportage copincollati male e tradotti spesso ad minkiam.. che gli rimane?

NULLA!!!

 

ti ripeto: chi fa VERI reportage, va sul posto e ci consuma le suole,

NON se ne sta spaparanzato dietro una scrivania a mandare msg per organizzare l'after della serata vernissage, col poster di Daitarn III sulla parete!!!

 

Cazzate

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Il Venezuela è l esempio del fallimento del socialismo e non da adesso. Trovo veramente irritante che un paese meraviglioso, con bellezza naturali da lasciare senza fiato, biodiversità ecc sia in questo stato. Le politiche assistenzialistiche di Chavez hanno portato ad un vero disastro. È da anni che vorrei fare un viaggio in Venezuela e da anni non posso sconsigliato proprio dalla gente del posto. La. Ingiustizie sociali sono all ordine del giorno,la delinquenza è dilagante e non è un sentito dire o riflessioni da lettore di libero quotidiano,la polizia corrotta e adesso senza i soldi del petrolio sono alla canna del gas. È interessante notare che il Venezuela ha i problemi di uno stato socialista e le piaghe sociali di quello capitalistici sudamericani nonostante ci sia poca industria e poche attività terziarie

 

Inviato dal mio SM-G903F utilizzando Tapatalk

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Dio, che frase colonialista

Sì cara è proprio così trovo vergognoso che per colpa di questi poveri rumorosi dobbiamo fare i polli in batteria in Salento e non possiamo svernare ai Caraibi
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È interessante notare che il Venezuela ha i problemi di uno stato socialista e le piaghe sociali di quello capitalistici sudamericani nonostante ci sia poca industria e poche attività terziarie

 

Tanto per dare un'idea del paese in questione, qualche articolo del 1989 dove la situazione in Venezuela era esattamente identica a quella attuale : iperinflazione, crisi economica devastante e insicurezza alle stelle

 

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/03/02/il-venezuela-in-stato-assedio.html?ref=search

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/03/10/il-debito-estero-ha-divorato-le-speranze.html?ref=search

http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,4/articleid,0930_01_1989_0052_0004_12720258/

http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0930_01_1989_0050_0001_24154452/

 

Praticamente un paese che, a seconda del prezzo del petrolio, alterna boom economici a livelli cinesi a tracolli da paese africano...

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Le politiche assistenzialistiche di Chavez hanno portato ad un vero disastro. È da anni che vorrei fare un viaggio in Venezuela e da anni non posso sconsigliato proprio dalla gente del posto. La. Ingiustizie sociali sono all ordine del giorno,la delinquenza è dilagante e non è un sentito dire o riflessioni da lettore di libero quotidiano,la polizia corrotta e adesso senza i soldi del petrolio sono alla canna del gas.

perchè invece prima di Chavez -che detto per inciso mi piaceva poco perchè troppo populista- vivevano nell'eden, non c'erano corruzione, violenza, droga,

le multinazionali mmerigane donavano agli autoctoni loro sponte tutto quel che guadagnavano col petrolio, tutelavano la loro cultura, si curavano del benessere sociale, eccetera..

vero?

Edited by freedog
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Hinzelmann

La dipendenza del paese dal petrolio e dalle oscillazioni del prezzo del

greggio non è certo una novità, ma durante il regime chavista si è passati

dal 90% al 96%, non è tutta colpa di Maduro che sconta il circolo vizioso

della mancanza di investimenti pubblici negli anni delle vacche grasse, quando

si preferì regalare benzina piuttosto che investire in attività produttive etc

( il prezzo della benzina è aumentato a Febbraio del 6086%....con anni di ritardo)

 

Allo stato attuale, occorrerebbe evitare l'esito già scritto nella storia del Venezuela

cioè l'ennesimo golpe militare

 

Non credo siano previsti rialzi del prezzo del petrolio a medio-breve termine, anzi

quel piccolo incremento di prezzo che c'è stato da inizio anno è determinato dalla

aspettativa di un crollo del Venezuela...mentre il trend ribassista determinato dal

taglio dei propri listini prezzi da parte dell'Arabia Saudita, è sorretto da spalle robuste

 

Non si vede una soluzione rapida della crisi Siriana e quindi non è immaginabile che

l'Arabia Saudita riveda la sua politica anti-iraniana anti-russa e anti-irachena

 

Gli USA - come noto - in contraddizione con il loro amore per il libero mercato hanno

addirittura vietato l'esportazione del greggio, puntando decisamente dopo l'11 Settembre

all'autarchia petrolifera, in questi anni di crisi hanno autorizzato stock di esportazioni e sono

pure loro danneggiati, ma è chiaro che l'approccio americano alle politiche energetiche risponde

a logiche del tutto stataliste ( e la ripresa americana regge la botta )

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perchè invece prima di Chavez -che detto per inciso mi piaceva poco perchè troppo populista- vivevano nell'eden, non c'erano corruzione, violenza, droga,

le multinazionali mmerigane donavano agli autoctoni loro sponte tutto quel che guadagnavano col petrolio, tutelavano la loro cultura, si curavano del benessere sociale, eccetera..

vero?

L unica cosa positiva del comunismo è che non ha i problemi che il Venezuela ha poi continuato ad avere e che addirittura sono peggiorati

 

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Questo grafico da bene l'idea dell'economia (assurda) del Venezuela :

 

640px-Venezuela_historic_inflation_vs._o

 

A questo va aggiunto che il petrolio venezuelano è di qualità scadente e che non esistono in loco industrie che lo raffinano (!), in pratica viene esportato grezzo con il risultato che il paese è, da sempre, uno dei più sottosviluppati dell'America Latina (al pari della Bolivia e del Perù, altri paesi la cui economia dipende quasi interamente dall'esportazione di materie prime).

Edited by Fabius81
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Hinzelmann

 

 

non esistono in loco industrie che lo raffinano

 

Ma questo è il problema della mancanza di politiche di investimento

Non lo fanno i privati, perchè se ne fregano e cercano solo il massimo profitto

al minimo rischio etc ? Non vuoi incentivarli con leve fiscali ed agevolazioni

perchè ti pare iniquo in un paese così povero?

 

Bene, hai nazionalizzato il petrolio quindi lo puoi far fare allo Stato

Certamente non è una politica liberista, ma interventista

 

Se però lo Stato invece di fare le raffinerie, attraverso investimenti pubblici

regala la benzina ai Venezuelani comprandola dall'estero è prevedibile che

la dipendenza dalla congiuntura dei prezzi petroliferi si accrescerà, tanto più

che nel giro di qualche anno porzioni crescenti di rendita petrolifera dovranno

provvedere a saldare il debito estero

 

Una misura del genere più che essere comunista o socialista, è populista

petrolio pubblico=benzina gratis

 

E' chiaro che il Popolo è contento e si sente di partecipare ad un nuovo benessere

è una misura molto popolare, ma ha il fiato corto come ogni decisione populista

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In realtà Chavez era un semplice fascista comunista. Ad ogni modo una rivoluzione mancata un occasione sprecata un paese buttato.

 

Inviato dal mio SM-G903F utilizzando Tapatalk

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Bene, hai nazionalizzato il petrolio quindi lo puoi far fare allo Stato Certamente non è una politica liberista, ma interventista

 

Se però lo Stato invece di fare le raffinerie, attraverso investimenti pubblici regala la benzina ai Venezuelani comprandola dall'estero è prevedibile che

la dipendenza dalla congiuntura dei prezzi petroliferi si accrescerà, tanto più che nel giro di qualche anno porzioni crescenti di rendita petrolifera dovranno

provvedere a saldare il debito estero

 

Una misura del genere più che essere comunista o socialista, è populista petrolio pubblico=benzina gratis

 

C'è da dire che la nazionalizzazione del petrolio in Venezuela non fu decisa da Chavez ma molto tempo prima, nel lontano 1974 da Carlos Perez (poi finito in carcere negli anni '90 per tangenti...), il Venezuela è forse l'apoteosi di tutti i difetti dei paesi latino-americani.

 

Paradossalmente i paesi con l'economia più stabile e simile all'Europa sono Argentina, Cile e Uruguay che sono anche quelli più poveri di risorse naturali!

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Il socialismo reale e' fallimentare perche' applicato da incompetenti rimbambiti come maduro o come nel ex unione sovietica da burocrati ignoranti . L economia non funziona su le ideologie !!!!

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Hinzelmann

 

 

C'è da dire che la nazionalizzazione del petrolio in Venezuela non fu decisa da Chavez ma molto tempo prima, nel lontano 1974 da Carlos Perez (poi finito in carcere negli anni '90 per tangenti...), il Venezuela è forse l'apoteosi di tutti i difetti dei paesi latino-americani.

 

Fu una prima nazionalizzazione, post golpe cileno

quindi concordata con gli USA.

 

La nazionalizzazione dell'estrazione e del commercio del petrolio

però non esclude affatto la possibilità di far ricorso -più o meno ampio

alle concessioni ai privati per singole sezioni di attività della filiera

produttiva ( ricerca, ammodernamento dei pozzi, costruzione di terminal

miscelazione e raffinazione etc etc )

 

Questo da un lato tiene aperta la via agli investimenti privati stranieri ed

alla capacità di elevare la produttività del sistema, dall'altro può essere

fonte di mazzette-corruzione sistemica-creazione di un sistema inefficiente

 

Certo è che, se rinunci agli investimenti stranieri privati, li devi sostituire con

investimenti nazionali pubblici.

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Ilromantico

Mi sorprende lo stupore per Venezuela. È sempre stato un Paese da republica bananera, ma forse la gente si sorprende perché sembra assurdo che nel 2016 la situazione sia quella che è. I nuovi mass media poi hanno permesso di avvicinare la gente a una realtà di fatto lontana, ma come già detto non c'è niente di nuovo sotto il sole.

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  • 2 years later...

Il Post

Negli ultimi mesi centinaia di migliaia di venezuelani hanno lasciato il loro paese, superando il confine con il Brasile e la Colombia, per scappare dalla gravissima crisi che ha provocato il collasso dell’economia venezuelana e che ha lasciato il Venezuela senza medicine e beni di prima necessità. Molti migranti hanno proseguito verso l’Ecuador, il Perù, il Cile, l’Argentina e l’Uruguay, anche a seconda delle politiche migratorie adottate dai vari stati. Nelle ultime settimane, però, gli enormi flussi migratori hanno convinto i governi di alcuni paesi latinoamericani a rendere più restrittive le proprie politiche di accoglienza e hanno fatto emergere tensioni e violenze contro i migranti venezuelani.

Gli episodi di violenza più gravi si sono verificati nella cittadina di Pacaraima, nello stato brasiliano di Roraima, al confine con il Venezuela e principale punto di accesso dei cittadini venezuelani in Brasile. Gli abitanti di Pacaraima hanno attaccato due campi profughi di venezuelani in città, appiccando alcuni incendi. L’attacco è iniziato dopo che la sera prima un abitante di Pacaraima era stato ferito in un’aggressione per la quale erano stati accusati dei venezuelani del campo. Molti migranti hanno poi lasciato i campi e sono tornati in Venezuela.

Nonostante la richiesta fatta dello stato di Roraima alla Corte Suprema brasiliana di bloccare temporaneamente l’entrata di migranti dal Venezuela, sembra che per il momento le cose non cambieranno. Il ministro brasiliano per la Sicurezza, Sergio Etchegoyen, ha detto che chiudere il confine sarebbe «impensabile, perché è illegale», ma ha comunque ordinato un dispiegamento di soldati alla frontiera tra i due paesi, per evitare nuovi episodi di violenza. Il governo sta anche cercando di attuare un piano per favorire il trasferimento di molti venezuelani che si trovano ancora nello stato di Roraima verso altre città del Brasile, per esempio San Paolo, che si trova a 3.500 chilometri di distanza. Per il momento, però, il piano va molto a rilento e il governo ha trasferito meno di un migliaio di persone.

Anche in altri paesi la situazione per i venezuelani si è complicata. L’Ecuador – dove dall’inizio della crisi è transitato un milione di venezuelani, di cui 250mila rimasti nel paese – ha deciso di introdurre l’obbligo di presentare il passaporto per poter entrare nel territorio nazionale. Finora il passaporto non era necessario, anche perché i venezuelani che lo possiedono sono pochi, viste le difficoltà burocratiche a ottenerne uno anche a causa della mancanza di materiali per la produzione. Il risultato è stato che l’affluenza di venezuelani che entrano in Ecuador dalla Colombia si è ridotta di parecchio: molti venezuelani stanno aspettando agli uffici immigrazione dell’Ecuador sul ponte internazionale di Rumichaca, il principale passaggio tra i due paesi, sperando che qualcosa possa cambiare.

I governi di altri paesi latinoamericani hanno preso decisioni simili. Il Perù comincerà ad applicare le stesse restrizioni dell’Ecuador, richiedendo il passaporto a tutti i venezuelani. Il Cile ha cominciato a richiedere una serie di documenti difficilmente reperibili per i venezuelani, data anche la grave crisi che sta attraversando tutto l’apparato amministrativo del Venezuela: per esempio un certificato che attesti eventuali precedenti penali e che può essere rilasciato dagli uffici diplomatici in Cile dietro il pagamento di 50 dollari americani, e il passaporto valido per i successivi 18 mesi dall’entrata nel paese.

In Venezuela intanto la crisi economica non accenna a migliorare. Il Fondo Monetario Internazionale ha previsto che l’inflazione raggiungerà il milione per cento su base annua entro dicembre: secondo un recente studio realizzato dall’Assemblea nazionale, il Parlamento controllato dalle opposizioni e praticamente svuotato di ogni potere dal presidente Nicolás Maduro, in Venezuela i prezzi dei beni raddoppiano mediamente ogni 26 giorni. Inoltre è entrata in circolazione la nuova moneta, il bolívar soberano, che ha cinque zeri in meno rispetto al bolívar fuerte, la valuta usata ma rimasta praticamente senza valore. Il governo spera che con il bolívar soberano verrà risolto il problema dell’inflazione, ma molti esperti hanno espresso forti dubbi che questa strategia possa funzionare.

E qualcuno crede ancora nel comunismo o nel socialismo nazionale...

Edited by Rotwang
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