Jump to content

Una ragazza XY si racconta - il romanzo di Monica Romano


RebisRebus

Recommended Posts

Il libro della dott.ssa Monica Romano, “Trans – Storie di ragazze XY” , è un manifesto per la libertà di identità di genere, di orientamento sessuale e di modificare e gestire la propria immagine come, quando e quanto lo si desidera.
Monica, tramite il racconto romanzato della sua vita, attraverso il personaggio di Ilenia, ci conduce, tramite il suo romanzo di formazione, attraverso le sue esperienze ed emozioni, guidandoci anche a comprendere i suoi ideali e ciò da cui sono scaturiti.

Il romanzo ha vari piani di lettura. 
Ilenia non si racconta mai al maschile (al massimo sono gli altri che la fraintendono rivolgendosi a lei al maschile), né rivela il suo nome anagrafico, in quanto del tutto irrilevante, e di utilità solo del lettore o della lettrice pruriginosi.
La ragazza parla sempre di se al femminile e in prima persona, in modo che chi legge possa percepirla fin dall’inizio come chi è realmente, indipendentemente dall’immagine esteriore.

Molte sono state le donne, anche eterosessuali, che si sono immedesimate in Ilenia, nella sua apparente fragilità, che cela una prorompente forza d’animo.
Ilenia è una vincente. Nata da una famiglia umile, riesce a migliorare la sua condizione economico/sociale, portando a termine un percorso di studi, laureandosi a pieni voti e accedendo al mondo delle professioni, rivestendo posizioni prestigiose (come una presidenza), trovando l’equilibrio in una relazione stabile con una compagna.
La storia di Ilenia sarebbe quella di una vincente anche fosse stata una cisgender, e sapere che non lo è ci fa capire che persona straordinaria sia Ilenia, e quindi Monica.

E’ un romanzo in cui non solo le donne possono immedesimarsi e da cui non solo il mondo eterosessuale (maschile e femminile) ha da imparare. Ilenia parla a tutti coloro che, in un corpo XY, sono portatori, o portatrici, di una femminilità che il mondo binario non accetta. Molti uomini, non solo omo e bisessuali, ricordando la propria infanzia ed adolescenza, possono riconoscersi in quella giovanissima figura androgina e delicata che diventa oggetto di bullismo solo in quanto non conforme ai canoni binari, quando l’unica “colpa”, se così si puo’ dire, di Ilenia, era quella di essere se stessa.
Il romanzo riflette ,e fa riflettere chi legge, sul fatto che le persone, trans e non, sono semplicemente loro stesse, ed è la società a collocarle, decidendo poi il loro grado di accettabilità sociale, e deve essere la persona stessa a rivendicare il diritto all’autodeterminazione.

Sicuramente molte persone transgender avranno rivisto sè stesse nel bullismo subìto in gioventù, e molto spesso, purtroppo, non solo in gioventù, e non intendo solo persone transgender xy: 
questo libro, vero manifesto di libertà dei generi, può dare tanto alle persone transgender xx, che, dopo un’infanzia e un’adolescenza che li ha costretti ad essere socializzati al femminile, in un mondo maschilistae  machista, compiono un viaggio di scoperta e di espressione del proprio maschile.

Tramite il personaggio di Sam, che è un personaggio realmente esistito, ma con assonanze fortissime con la protagonista, questo libro sarà amato da tutte le persone portatrici di un’identità non binaria o di una visione della vita e dei ruoli assolutamente antibinaria e a favore di una massima libertà dagli stereotipi.

Il romanzo di Monica è quindi davvero un libro notevole, scritto con grandi capacità narrative, che non stanca mai, che riesce a presentare contenuti politici al di fuori delle ideologie, accompagnando chi legge in un percorso di consapevolezza e di emancipazione.
Ilenia/Monica, in poche parole, fa transizionare con se anche chi legge (sia essa una persona transgender o cisgender), in una transizione che non riguarda una metamorfosi fisica, ma un cammino introspettivo e auto-analitico atto a elaborare e riscoprire la propria identità al di la dei generi.
 
 
 
3505_878667282232268_487012478738571851_
 
 
 

Vi aspettiamo il 5 Marzo alle 17.00 in Via Soperga 36, alla presentazione del libro organizzato da Il Guado e Circolo Culturale TBGL Harvey Milk Milano

 

Ecco a voi l’intervista fatta all’autrice. Le domande sono adatte ai lettori e alle lettrici di questo blog: pansessuali, transgender non medicalizzati, portatori di identità non binarie, attivisti contro il binarismo di genere. Temevo che l’autrice, che è tra l’altro un’amica e una preziosa collaboratrice, si sarebbe sentita “stuzzicata”, e invece pare aver gradito le mie “oltraggiose” domande :-D

 

1044759_10204128991735866_73545021344404
 
 
 
Monica, spesso le persone T hanno un atteggiamento remissivo e un senso di inferiorità verso il mondo “normalizzato“. Tu invece nel libro riporti chiaramente la tua fierezza, e in vari punti (come quando parli dei napoletani alla soglia dell’analfabetismo) ti manifesti cosciente di essere intellettivamente e culturalmente superiore alla media. Te lo fa pesare la transfoba e binaria professoressa di liceo.
Pensi che persone T abbiano bisogno di un po’ di sano snobismo verso un mondo mediocre che non le comprende e, per ignoranza, le disprezza?
 
Essere persone trans* in un mondo binario è molto difficile, quindi benvenga anche un po’ di sano snobismo se può essere d’aiuto.
In fin dei conti viviamo in un sistema che è costantemente svalutante e stigmatizzante rispetto a corpi, identità e modalità espressive non conformi alla dualità “maschio-femmina=uomo-donna”.
Dobbiamo fronteggiare un sistema culturale e di significati che non solo non ci prevede, ma che apertamente ci osteggia.
Qualcuno, durante la prima presentazione milanese del mio libro, ha definito “eroiche” le nostre vite, i nostri cammini…
Se ci è d’aiuto quindi, io direi (so con la tua approvazione) che possiamo anche, e legittimamente, tirarcela un po’. Male certo non ci fa.
L’orgoglio, così come la cultura, sono potenti antidoti alla transfobia interiorizzata e alle brutture di un sistema spesso violento nel normarci e imporci una dualità che non ci appartiene e non ci rappresenta.

Nel libro appare il personaggio di Sam. Viene presentato come ftm ma poi chiarisce di aver capito che più che una persona di identità di genere maschile, è una persona oppressa dagli stereotipi femminili. Questo personaggio sicuramente troverà la simpatia del tuo pubblico, costituito prevalentemente di lettrici donne esterne al mondo LGBT, ma non rischia di creare un equivoco già presente nel mondo extra-trans, secondo cui una donna mtf è legittimamente di genere femminile, mentre nel percorso opposto si tratta non di ftm ma di donne insofferenti al ruolo femminile imposto da millenni di maschilismo?
 
No, questo rischio non lo vedo.
Ilenia, la nostra protagonista, è una donna transgender che affronta un percorso di autodeterminazione che riguarda anche il suo corpo e la sua esteriorità.
Sam, nella sua ricerca di una definizione che vada oltre lo schema binario parte, anche grazie al confronto con la protagonista, identificando ciò che non è: un uomo transgender.
La differenziazione dalle persone transgender è il primo passo di Sam verso la sua consapevolezza e il suo cammino, che non è quello della protagonista, nè degli amici transgender della protagonista (anche uomini transgender con cui Ilenia, ad un certo punto della narrazione, inizia a collaborare nell’ambito dell’associazionismo trans*).
Qual è il percorso di Sam? Dove l* porterà?
Anticipiamo che il nome del tuo blog mio caro Nathan, potrebbe suggerire la risposta…
che i tuoi lettori potranno scoprire  solo acquistando il mio libro e leggendo la storia ;)

Nel tuo romanzo sono pochissimi, forse assenti, i personaggi maschili positivi. Forse giusto Ottavio, amico gay d’infanzia di tua madre, e la coppia di ftm gay.
Perché hai scelto di dedicare un romanzo interamente alle donne?
Esistono attualmente nella tua vita dei personaggi positivi maschili? Se si, si tratta di uomini LGBT o anche di etero cisgender?
Il mio è un libro (trans*) femminista. A partire dal titolo.Questo per ragioni politiche, ma anche di elaborazione culturale (della nostra subcultura): io mi rivolgo in primis alle altre donne transgender raccontando la storia di Ilenia, con la dichiarata intenzione di inviare loro un messaggio.
Certo anche la mia storia personale ha determinato questa impostazione: le figure importanti e determinanti della mia vita fino ad oggi, sono state figure femminili. E credo che questo, lo dico apertamente, non sia stato casuale.
So che l’accusa di misandrìa, che viene mossa d’ufficio a tutte le femministe, mi aspetta dietro l’angolo, ma la cosa non mi spaventa granchè.
Detto questo, ovviamente nella mia vita gli uomini esistono.
Ho dei cari amici, certo selezionatissimi (non dimentichiamo di essere snob ;D) e molto importanti per me.
 
Nel romanzo la protagonista si scopre lesbica gradualmente, scoprendo inizialmente il corpo femminile da una persona T non medicalizzata, per poi passare all’esigenza di una persona accanto, di identità di genere femminile.
Una lettrice outsider potrebbe pensare che questo “scoprirsi lesbica” sia arrivato un po’ per caso, quando invece sappiamo che non è così.
 
Non darei questa lettura.
Ilenia è prima di tutto una donna che ama oltre le caratteristiche meramente sessuali della persona, quindi una pansessuale. Che si ritrova definita “lesbica”, ad un certo punto della storia, dal contesto.
Non è lei a “scoprirsi”, è il mondo attorno che la definisce così.
E lei accetta di buon grado e fa sua questa definizione.
 
Il libro, destinato a un pubblico eterosessuale, si concentra sul bullismo subito dagli etero: donne insensibili e forse un po’ invidiose, uomini machisti o pruriginosi.
Nella tua esperienza di attivista hai subito bullismo anche da persone LGBT?
Lesbiche che hanno cercato di ricondurti al tuo non essere “nata femmina“, uomini gay benaltristi che hanno minimizzato le tue battaglie, o altre trans in percorsi maggiormente canonici rispetto al tuo?
 
Certo che sì!
Ne ho parlato recentemente anche in un’intervista per il blog “Io sono minoranza”.
Anche all’interno del movimento esiste la transfobia, eccome.
Ho avuto a che fare con attivisti gay che mi hanno trattato con sufficienza per il solo fatto che sono una donna transgender. Troppo spesso noi donne T* veniamo considerate aprioristicamente stupide e frivole, quasi delle minus habens. E’ terribile!
Poi c’è chi ritiene che le persone transgender dovrebbero stare fuori dal movimento LGBTI, e che il movimento dovrebbe tornare ad essere solo gay (qualcuno ha anche promosso una petizione su Change.org a questo scopo). Trovo simili posizioni di retroguardia e, oltre che inaccettabili, pericolose.
Ci sono poi veterofemministe che si permettono di delegittimarci affermando che non possiamo sposare il femminismo perché non siamo biologicamente femmine, come se fosse l’ovulazione a determinare una posizione politica e non, magari, le pesanti discriminazioni che le donne transgender subiscono perché considerate “traditrici del patriarcato” in un sistema maschilista e fallocentrico.
O ancora attiviste lesbiche sconvolte (sic!) all’idea che una donna transgender possa essere lesbica a sua volta, che tentano di mettere in piedi ridicole barricate.
Ricordo ad esempio come anni fa (non so se oggi sia ancora così) il regolamento di Lista Lesbica Italiana prevedesse la non ammissione delle donne transgender “rettificate o meno” (era scritto proprio così).
 Non fraintendermi: la mia non vuole, ovviamente, essere una generalizzazione.
I casi che ho citato sono certamente minoritari, e lo sono fortunatamente sempre di più.

Le cose cambiano, stanno cambiando, grazie soprattutto al ricambio generazionale. Senza dimenticare che contribuire a cambiare le cose anche all’interno del movimento LGBT è comunque una forma di attivismo.

 Gli attivisti vecchio stampo ci tengono a precisare che, come i sessi genetici, anche i generi sono due.
Nel libro apri uno spiraglio quando parli di una T al posto della M o della F sul codice fiscale.
I generi sono realmente due, o infiniti? Oppure, semplicemente, essere donna T è diverso da essere donna genetica, per il bagaglio di esperienze che dei vissuti diversi comportano?


Il genere sessuale non è altro che un’idea, una categoria interpretativa della realtà.
La realtà è molto più complessa, ricca e piena di sfumature delle categorie che tentano di interpretarla.
La visione binaria, l’idea che i generi siano soltanto due è una semplificazione che sempre meno sa spiegare la realtà. E come tutte le idee ormai inadatte ad interpretare il reale, verrà sostituita da altre idee, altre visioni più corrispondenti e funzionali.
Le battaglie per la libertà di genere nelle democrazie occidentali vanno  e andranno avanti, raggiungendo obiettivi impensabili fino a qualche decennio fa (si pensi alla battaglia per la despichiatrizzazione della condizione transgender, che prima poi porterà al depennamento della nostra condizione dai vari DSM e ICD).
Questo, se saremo fortunati, porterà il graduale affermarsi di una visione non duale e binaria dei generi, l’arcobaleno che spesso richiamo anche nel mio libro.

Nel libro parli dei tuoi dubbi in quegli anni nel far aderire la tua biologia a quella di una nata femmina. Approfondisci il tema del passing, del conformismo, del fare la transizione per se stessi o per gli altri. Questo è un argomento tabù nel mondo trans. Sembra quasi non si possa dire che in percorsi meno ragionati del tuo qualcuno non abbia fatto qualcosa solo per il passing o solo per il cambio documento. E’ l’ora di fare una seria riflessione interna al mondo T su questo argomento?

Andrebbe fatta una seria riflessione sul bisogno di omologazione di molte persone trans*, sul problema della transfobia interiorizzata che, non dimentichiamolo, ci riguarda tutt*.
Su quanto troppo spesso il “canto delle sirene” che si accompagna all’idea della “nuova vita” ci spinga a dimenticare e rinnegare quello che siamo, quell’esperienza che può invece essere reinterpretata come un bellissimo bagaglio, un dono.
Questa riflessione andrebbe fatta assolutamente fuori da Facebook, in luoghi reali, guardandoci negli occhi.
Ricominciamo a incontrarci, a organizzare convegni, conferenze, riunioni, semplici pizzate!

Ormai hai i documenti rettificati da molto tempo, e sei bona (so che mi permetterai di dirlo solo perchè sono ftm e gay). Perché destini così tanto tempo ai diritti delle persone T?

Il complimento di un uomo gay è sempre apprezzatissimo ;)

Per l’esattezza ho documenti rettificati dal 2007.
Non sono sparita, né intendo sparire in futuro, cedendo al canto delle sirene.
Non voglio dimenticare chi sono, ho ancora bisogno di stare con altre persone trans*.
E ho capito che ne avrò bisogno per il resto della mia vita, perché la transizione non finisce mai, come mi diceva Deborah Lambillotte, attivista di Arcitrans, alla fine degli anni ’90.
Più vado avanti, più capisco che questa frase è vera.
Il nostro cammino non finisce mai, e questo è bellissimo.
Quando capisci che nell’essere trans* non c’è nulla di brutto, ma che le brutture stanno nel contesto, non certo in noi e nei nostri percorsi, sei liber*.
Mi dedico alla battaglia per la libertà di genere da 15 anni, e davvero spero di averne davanti almeno altri 15 come quelli che mi sono lasciata alle spalle.

Prima di salutarci, un’ultima domanda…Sappiamo che adesso sei attivista in un’associazione mista e non solo rivolta a persone T (“sappiamo” è ironico, chi intervista è presidente del circolo :-D). Il libro descrive invece una parte precedente della tua vita. C’è continuità tra queste due esperienze? 

Da ormai tre anni lavoro al Circolo Culturale TBGL Harvey Milk Milano ed è una bella esperienza, anche perché differente rispetto alle precedenti.
Io sono nata come militante nell’attivismo trans* puro, e ci sono rimasta per molti anni, prima in Arcitrans e poi inCrisalide Azione Trans, che erano associazioni gestite da persone transgender per persone transgender.
Il nostro era un attivismo che aveva connotati (non statutariamente, ma nella prassi sì) anche separatisti, perché allora avvertivamo l’esigenza di stare fra noi per confrontarci, crescere anche culturalmente e politicamente, elaborare nuove visioni e linguaggi.
Un’esperienza importantissima, e secondo me ancora necessaria in Italia.
Il Milk è invece un contesto misto e plurale, realmente TBGL (non solo nello statuto), nel senso che al suo interno ci sono attivisti bisessuali, transgender, etero, lesbiche, gay.
C’è sicuramente un filo rosso che lega le due esperienze, perché all’interno del Milk ho potuto traghettare il mio bagaglio esperienziale in un contesto molto plurale e arricchente, un grande laboratorio di idee e visioni.
E così è nato il progetto dedicato all’identità di genere, rivolto a persone transgender o di genere non conforme, e in generale a chiunque cerchi un confronto sul tema dell’identità di genere, che oggi può vantare uno sportello dedicato, un gruppo di auto mutuo aiuto ed eventi culturali ad hoc.

Altro su ... https://progettogenderqueer.wordpress.com/2016/03/02/una-donna-xy-veramente-speciale/

Link to comment
Share on other sites

(battuta scema)
"e ora ti spostiamo nella sezione gente che legge"
...e poi passa una palla di fieno....
(fine battuta scema)

Link to comment
Share on other sites

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Unfortunately, your content contains terms that we do not allow. Please edit your content to remove the highlighted words below.
Reply to this topic...

×   Pasted as rich text.   Paste as plain text instead

  Only 75 emoji are allowed.

×   Your link has been automatically embedded.   Display as a link instead

×   Your previous content has been restored.   Clear editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

×
×
  • Create New...