Jump to content

Fine della guerra in Siria (?)


Rotwang

Recommended Posts

La Stampa

 

Alla fine di una maratona, l’accordo sulla Siria a Monaco viene raggiunto, le ostilità dovranno cessare entro una settimana e gli aiuti umanitari dovranno poter accedere in alcune zone «subito», entro il weekend: lo prevede il documento approvato dall’International Syria Support Group (Issg). 

 

È l’esito di una difficile giornata di trattative, tenute all’Hilton alla presenza di delegazioni di 17 stati, segnate da uno scontro, inizialmente, proprio sul cessate il fuoco. I membri dell’Issg si impegnano a esercitare la loro influenza per una immediata e significativa riduzione delle violenze che porti alla fine delle ostilità in tutta la nazione entro una settimana, si legge nell’atto finale. «Siamo lieti di dire che è stato raggiunto un accordo a Monaco, che ci sono stati dei progressi e che questo migliorerà la vita quotidiana dei siriani», ha detto John Kerry, presentando il documento. 

 

L’Onu riunirà una task force, composta da membri di Paesi dell’Issg (anche l’Italia) per un piano delle Nazioni unite sugli interventi umanitari. La giornata si era aperta, invece, con la contrapposizione di due fronti: i russi che si sono detti disposti a una tregua per il primo marzo, e Usa ed Ue che hanno chiesto lo stop immediato ai combattimenti. Mentre Riad fa sapere che la decisione di inviare le truppe è irreversibile. L’Arabia Saudita è «pronta» a combattere nella coalizione anti-Isis a guida Usa, ha detto il portavoce della coalizione a guida saudita che combatte nello Yemen, Ahmed Al Assiri. Infine, il segretario alla Difesa Usa, Aston Carter, ha presentato a Bruxelles il piano dettagliato per la nova fase della campagna contro Isis in Siria e Iraq, che si concentra soprattutto sulla riconquista di Mosul e Raqqa. Carter ha chiesto agli alleati di aumentare i contributi effettivi alle operazioni entro un mese. 

 

«Abbiamo preso degli impegni a dicembre, impegni per facilitare la tregua, impegni per gli accessi umanitari e per i colloqui. E questi impegni vanno realizzati subito», ha detto l’alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue Federica Mogherini a Monaco, prima di incontrare all’Hilton il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, a margine dei lavori della conferenza speciale che si tiene alla vigilia del tradizionale appuntamento sulla Sicurezza. 

 

Anche l’Italia ha ribadito di non vedere una soluzione nel conflitto militare: «La tregua deve essere immediata, o almeno molto rapida. Abbiamo visto che il passare dei giorni e delle settimane complica la situazione», ha detto il ministro Paolo Gentiloni incontrando la stampa italiana a margine dei lavori. «L’escalation militare russa degli ultimi 15 giorni non ha certo risolto la crisi politica e quella umanitaria in Siria. Quindi noi ci rivolgiamo a Mosca anche con un appello a condividere un’ipotesi di cessate il fuoco e di un atteggiamento più costruttivo. Senza un atteggiamento costruttivo della Russia, del resto, è difficile arrivare a al cessate il fuoco».

 

Il leader dell’opposizione siriana Riad Hidschab, capo del comitato delle Trattative, ha chiesto dal canto suo che «Assad e i suoi sostenitori fermino gli attacchi contro la popolazione». Parlando alla stampa all’Hilton, dove si tengono i lavori, ha detto che «gli attacchi a scuole, stazioni sanitarie e quartieri residenziali devono finire». 

 

Nella giornata del vertice che vede 17 Stati attorno al tavolo, a margine della conferenza della Sicurezza di Monaco vengono resi noti anche alcuni dati inquietanti sulla guerra civile siriana: l’11,5% della popolazione sarebbe rimasto ucciso o ferito nel conflitto che dura ormai da 5 anni, stando allo studio del Syrian Centre for Policy research, citato dal Guardian. 

 

Ed è stato il ministro degli Esteri francese, da oggi ex, Laurent Fabius, a citare proprio questi dati per un ennesimo attacco al regime: «Assad è responsabile della morte di 260 mila persone. La metà della popolazione ha dovuto lasciare la casa. L’obiettivo è avere una Siria libera, dove ognuno, qualunque sia la sua religione o etnia, possa sviluppare le proprie idee. Con Assad è quasi impossibile».  

Edited by Rotwang
Link to comment
Share on other sites

Oh ma quante cerimonie.

 

Non ho mai letto niente di più rognosamente ipocrita di quanto dichiarato da quella puttanella sfregiata di Fabius.

 

 

 

Ed è stato il ministro degli Esteri francese, da oggi ex, Laurent Fabius, a citare proprio questi dati per un ennesimo attacco al regime: «Assad è responsabile della morte di 260 mila persone. La metà della popolazione ha dovuto lasciare la casa. L’obiettivo è avere una Siria libera, dove ognuno, qualunque sia la sua religione o etnia, possa sviluppare le proprie idee. Con Assad è quasi impossibile».
Link to comment
Share on other sites

Oh ma quante cerimonie.

 

Non ho mai letto niente di più rognosamente ipocrita di quanto dichiarato da quella puttanella sfregiata di Fabius.

 

Eh già Assad è buono e ascolta tutti, come Gheddafi.

Link to comment
Share on other sites

 

 

Eh già Assad è buono e ascolta tutti, come Gheddafi.
Non è ipocrita perché Assad è un "angioletto",  è ipocrita perché quell'elegantissimo signore è la punta dell'iceberg della massa di coloro che hanno fior fior di soldini da far girare laggiù e utilizzano argomenti istituzionali gradevoli e perbene per zittire la gente, eccitare e confortare i più tonti, e completare sereni l'esecuzione dei loro porci comodi con chi non collabora.

 

Rubo la torta allo straccione psicolabile di turno e dico a tutti che adesso la torta è in buone mani. Gnam gnam!

Link to comment
Share on other sites

Dopo gheddafi tutti si sono dati da fare per far affari con la libia.

 

Con l'iran succede lo stesso con la caduta delle sanzioni.

 

E con la siria si stanno pure preparando i contratti per la ricostruzione del paese. Viva il pil che sale.

Link to comment
Share on other sites

 

 

«L’escalation militare russa degli ultimi 15 giorni non ha certo risolto la crisi politica e quella umanitaria in Siria. Quindi noi ci rivolgiamo a Mosca anche con un appello a condividere un’ipotesi di cessate il fuoco e di un atteggiamento più costruttivo. Senza un atteggiamento costruttivo della Russia, del resto, è difficile arrivare a al cessate il fuoco».

 

Niente impediva ai governi Occidentali di fare la pace

in Siria PRIMA dell'intervento Russo

 

A questo si dovrebbe rispondere

Link to comment
Share on other sites

Niente impediva ai governi Occidentali di fare la pace

in Siria PRIMA dell'intervento Russo

 

A questo si dovrebbe rispondere

 

Intervento russo? Quello che bombarda i ribelli liberi e non l'ISIS?

Link to comment
Share on other sites

A parte il fatto che fra i ribelli "liberi" c'è

Al Qaeda...l'Arabia Saudita e la Turchia etc

 

Per cui se "liberi" significa "democratici" siamo

lontani mille miglia dalla realtà, sono Sunniti invece

che Alauiti

 

Ma almeno si può riconoscere alla minoranza sciita

di essere unita e alla Russia di appoggiare un interlocutore

sciita unito ed in grado di impegnarsi

 

Cosa vi sia dall'altra parte, il Pentagono ce lo deve ancora

spiegare ed io ritengo che se non l'ha fatto fino ad ora è per

il semplice fatto che non sono in grado di spiegarcelo

Link to comment
Share on other sites

Al contrario dei primi mesi, l' intervento russo sta aiutando veramente l' esercito regolare siriano, poi questo non è un vero cessate il fuoco che durerà mesi, anzi potrebbe non venire raggiunto in maniera uniforme.

Link to comment
Share on other sites

A parte il fatto che fra i ribelli "liberi" c'è

Al Qaeda...l'Arabia Saudita e la Turchia etc

 

Per cui se "liberi" significa "democratici" siamo

lontani mille miglia dalla realtà, sono Sunniti invece

che Alauiti

 

Ma almeno si può riconoscere alla minoranza sciita

di essere unita e alla Russia di appoggiare un interlocutore

sciita unito ed in grado di impegnarsi

 

Cosa vi sia dall'altra parte, il Pentagono ce lo deve ancora

spiegare ed io ritengo che se non l'ha fatto fino ad ora è per

il semplice fatto che non sono in grado di spiegarcelo

 

Non parlo di democratici, quasi nessuno dei ribelli siriani lo è, sono qaedisti o sunniti è vero (com'è vero che Turchi e Sauditi finanzino l'IS), ma non tutti jihadisti del'IS, che non sono stati affatto bombardati dai Russi, che sono intervenuti unicamente per sostenere Assad (che anche per me è il meno peggio), che però cadrà lo stesso. Il problema di questi dittatorucoli è che potrebbero anche essere meglio di un'involuzione consequenziale decisamente peggiore ma cercano in tutti i modi di rovesciarsi da soli coi loro capricci di capi supremi. Beh se l'è comunque cercata, come Gheddafi. Gli Occidentali hanno perso tempo, ma intervenire sarebbe stato, secondo me, analogo all'Iraq.

Edited by Rotwang
Link to comment
Share on other sites

Il problema Siriano sono i profughi che scappano ... se restassero lì a morire in silenzio, non esisterebbe alcuna emergenza. 

 

A scombinare le pedine in campo è stato l'intervento Francese accanto alla Russia, questo a sortito un effetto multiplo:

 

1) Gli effetti sul campo di battaglia sono stati i target russi ... che a chiamarli tali ci vuole  molta fantasia, tuttavia arrivavano da un punto di vista opposto a quelli Statunitense che vertevano ancora al contenimento, cioè si assicuravano che IS non prevalesse sulle altre forze in campo, in altre parole che continuassero a scannarsi per logorare il regime di Assad. 

 

2) Dal punto di vista politico si sdogana la Russia da quell'embargo dovuto al suo intervento in Ucraina. Putin squarcia senza alcun riguardo i veli della diplomazia internazionale. La Turchia entra in frizione diplomatica con la Russia e la destabilizzazione turca spaventa l'occidente assai di più che non il destino dei siriani o delle vicissitudini curde. 

 

3) Dopo i bombardamenti Russi, negli Stati Uniti tutti si sbrigano a dichiarare che sono per un intervento immediato in Siria e inizia la corsa al bombardamento che intasa i cieli siriani, provocando un'ondata migratoria di profughi senza precedenti.

 

4) Lo tsunami immigratorio ... qui sarebbero molte le considerazioni da fare. Questi disgraziati hanno la colpa di portarci in casa il riflesso di un mondo che gli europei non vogliono vedere. E' da poco trascorso il giorno della memoria e mi sono trovato a ripensare al racconto di mio nonno sulla sua fuga in Argentina, quando nessuno dava accoglienza alle navi in fuga dall'olocausto e, dopo un viaggio transoceanico trascorso sotto la linea di galleggiamento della nave, anche dall'altra parte del mondo si sentirono negare lo sbarco perché la diplomazia internazionale discettava di geopolitica mentre loro morivano di scorbuto e non sapevano se arrivavano a vedere l'alba del nuovo giorno ... 

Certo è che se ci fosse la ripartizione dei profughi, l'Europa potrebbe assorbire l'intera popolazione siriana senza batter ciglio ... invece sceglie la via del conflitto, paesi dell'est contro quelli dell'ovest, quelli del nord contro quelli del sud. Praticamente l'Europa sta per implodere ... ma non certo a causa della guerra in Siria e non per colpa dei profughi che portano in faccia solo l'immagine della nostra disgustosa insofferenza nei loro riguardi.

 

5) Gli effetti dei bombardamenti a tappeto russi, stile Cecenia, si sono intensificati proprio perché lo scenario internazionale ora impone uno stop alla guerra. E' in questi frangenti che le guerre diventano dei mattatoi a cielo aperto ... ogni metro di terra su cui metti i piedi, diventa una fiches da giocarsi sui tavoli di pace. L'imprevisto sta nel numero di profughi della nuova ondata immigratoria ... non si capisce da che parte arrivi tutta sta gente e c'è il sospetto che non siano tutti siriani. Questo sta mandando in fibrillazione l'Europa già sull'orlo di una crisi nevrotica con quelli che ha in pancia e specie negli States si teme che si destabilizzi l'intera area euro. Timori del tutto fondati ... 

 

Ora è necessario bloccare gli attori in campo nella guerra in Siria perché urge un impegno in Libia che potenzialmente è esplosiva anche più del caso siriano. Intervento che ad ascoltare certe voci si vorrebbe non oltre la primavera di quest'anno .. cioè domani stesso. 

 

Ok, ve ne parlo ... Agli inizi di questo mese ad Addis Abeba si è tenuta una conferenza sull'antiterrorismo, in cui i paesi occidentali erano tenuti a finanziare la lotta al terrorismo islamico ... inutile dire quanto poco fregasse degli shebab somali e quanto invece importasse l'impegno di disinfestazione nell'area del golfo del Niger e quindi di Boko Haram. L'ONU ha già da tempo demandato all'impegno interforze africano MNJTF che a maggio scorso è stato portato a 8.700 unità. Pensate a quanto possa costare mantenere solo a vettovaglie un esercito di questa entità (!) ebbene, si sono richiesti 100 milioni di euro solo per far fronte ai prossimi mesi ... 

 

Sono parecchi soldi specie se si guarda ai risultati ottenuti ... non è stato un caso se prima e durante il tavolo che si teneva nella capitale etiope c'è stata una recrudescenza feroce di attacchi condotti da Bolo Haram in Ciad, Nigeria e Camerun con quasi duecento morti e altrettanti feriti ed ha fatto scalpore il caso dell'attacco del 25 gennaio a tre villaggi in Camerun, perché i soldati nigeriani e camerunesi all'inseguimento dei miliziani terroristi hanno ammazzato 40 persone innocenti. Questo ha fatto porre molte domande sulla realtà di come l'Unione Africana conduca l'azione di MNJFT.

 

Parliamoci chiaro ... è un disastro! E la Libia sta seduta sopra a quella polveriera. La cataratta fornita dal deserto che tiene ancora separati i due scenari non terrà allungo. Del resto abbiamo già visto a Timbuktu le prove generali della fondazione di un altro stato islamico ... sventato dall'intervento francese, ma le cui forze generanti sono ancora attive sul campo. La realtà in questo caso è la questione berbera che al pari di quella curda, può far da volano all'infezione terroristica in Libia.

 

In altre parole, noi sappiamo cosa accade al nord della Libia, ma è dal sud che ribolle la minaccia terroristica e paradossalmente, le bandiere di IS contengono quel rischio perché fanno proseliti tra quei seguaci. In tutto questo metteteci l'Egitto che recita un po' il ruolo della Turchia, nel senso che se si destabilizza viene giù tutto il cucuzzaro ... e poi c'è il Sudan e il Sud Sudan che come stato non riesce a decollare ... questi due sono gli anelli di collegamento con il medio oriente che possono cortocircuitare in maniera letale le questioni siriane, cioè sciite e sunnite, con quelle africane.

 

Il quadro è assai complicato, ma anche così si capisce perché è necessario chetare il focolaio siriano prima di andare ad operare un intervento in Libia. Io non sono ottimista ... e non solo per la Pinotti XD ... della serie ---> Dio mi guardi dagli amici che dei nemici mi guardo io. Francesi e Inglesi ci giocano contro e già da ora soffiano sul fuoco per far fallire la nostra missione diplomatica che ha ottenuto un successo che li ha spiazzati. A parer mio, se non ci avessero messo lo zampino, noi potevamo già essere in Libia a proteggere il nuovo corso democratico ... o quello che sarebbe ... invece, quel grande esempio di Europa unitaria spinge per innescare un'altra Siria e ondate immigratorie che stavolta destabilizzerebbero proprio noi Italia che, però, in tal caso farebbe comodo ai nostri rivali europei ... tanto i francesi chiuderebbero venitmiglia e chi se ne frega, con il tacito consenso di Bruxelles e l'allegra brigata che ora discute di pace indispensabile e praticamente già ottenuta in Siria ...

 

basta, lo sproloquio è finito ...  

Link to comment
Share on other sites

  • 4 weeks later...

Internazionale

 

I 28 leader politici dell’Unione europea insieme con il premier turco Ahmet Davutoğlu stanno discutendo a Bruxelles su un piano che prevede che Ankara accetti di riprendere sul suo territorio i migranti e i profughi che si trovano sulla rotta balcanica, entro quattordici giorni dal loro in Grecia. Tra questi anche i profughi siriani, in fuga dalla guerra nel loro paese. Se questo accordo entrerà in vigore, i 28 paesi dell’Unione europea riapriranno le frontiere interne e ripristineranno gli accordi di Schengen.

 

Cosa prevede la bozza dell’accordo:

  • I migranti e i profughi sulla rotta balcanica saranno rimandati in Turchia. Tra questianche i profughi siriani, anche quelli che hanno fatto domanda di asilo in Grecia. Verrà stabilita una data di ingresso dei profughi in Grecia che servirà per decidere chi ha il diritto di restare e chi invece sarà riportato in Turchia.
  • I profughi e i migranti saranno trasferiti dalle isole greche alla Turchia.
  • I mezzi navali turchi, insieme a quelli di Frontex e a quelli della Nato si occuperanno di pattugliare il mar Egeo e riporteranno in Turchia tutti i migranti e i profughi soccorsi.
  • Il premier turco Ahmet Davutoğlu chiede agli europei tre miliardi di euro in più rispetto a quelli già promessi nel novembre del 2015 dai leader europei (tre miliardi di euro). In tutto quindi la Turchia riceverà sei miliardi di euro per gestire i campi profughi nel suo territorio e affrontare l’afflusso di profughi siriani. Diverse fonti dicono che da tempo la Turchia chiede tre miliardi di euro all’anno per gestire la crisi dei profughi siriani.
  • La Turchia chiede anche la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi a partire dal 1 giugno di quest’anno. Entro ottobre potrebbe non essere più necessario per i turchi chiedere un visto per entrare nell’Unione europea.
  • Ankara chiede che l’Europa metta in piedi un corridoio umanitario per i siriani: per ogni siriano sulla rotta balcanica che la Turchia si riprenderà, L’Unione europea ne ammetterà uno sul suo territorio con un visto umanitario.

122142-md.jpg

Edited by Rotwang
Link to comment
Share on other sites

  • 3 weeks later...

La Stampa

 

Le truppe governative e le milizie sciiti di «autodifesa popolare» sono entrate questa mattina nei sobborghi di Palmira, occupata dallo Stato islamico dal maggio scorso. La città conta 60 mila abitanti e a sud della parte moderna si trova uno dei più importanti siti archeologici del mondo, gravemente danneggiato dagli islamisti. 

 

L’esercito governativo ha cominciato l’offensiva un mese fa. Dopo aver preso le colline attorno alla città, questa mattina ha liberato la zona settentrionale di Palmira, dove si trovano gli alberghi, e hanno obbligato i combattenti dell’Isis a ripiegare in centro, nella zona dei giardini.  

L’avanzata proseguita anche durante la tregua con gli altri gruppi ribelli è stata preceduta da pesanti raid aerei russi. Mosca avrebbe anche inviato truppe speciali per individuare i bersagli sul terreno. Le fortificazioni dell’Isis sulle colline sono state sistematicamente distrutte. 

 

La riconquista di Palmira, oltre che militare, ha un grande valore mediatico. Con l’aiuto dei russi Bashar al-Assad è riuscito a respingere lo Stato islamico da uno dei luoghi simbolo della barbarie contro le persone e contro la cultura. A Palmira è stato anche ucciso il più importante archeologo siriano, Khaled al-Asaad. 

 

Fronte iracheno  

Le forze curde sono in «stato di massima allerta» dopo l’annuncio di Baghdad dell’avvio dell’attesa vasta offensiva contro l’Isis nella zona di Mosul, nel nord dell’Iraq, con l’ausilio dei raid della coalizione internazionale a guida Usa. «Nel caso dovesse fallire l’offensiva dell’esercito iracheno, siamo qui e siamo in stato di massima allerta per rispondere a possibili controffensive di Daesh», ha detto Najat Ali, comandante dei peshmerga a Makhmour, a est di Mosul. «Non permetteremo a Daesh di attaccare la nostra linea del fronte», ha aggiunto Ali in dichiarazioni a Rudaw.  

 

Secondo il generale Yahya Rasool, portavoce iracheno del comando militare congiunto, «le truppe irachene sono riuscite a liberare vari villaggi e a issare la bandiera irachena» in alcune aree alla periferia di Makhmour. Il capo delle operazioni a Mosul, generale Nejm al-Jabouri, ha detto all’agenzia di stampa Dpa che sono stati «liberati» dalla presenza dell’Isis quattro villaggi a sud di Mosul, caduta nell’estate del 2014 sotto il controllo dei jihadisti.  

 

Secondo fonti di Rudaw sono invece sinora due i villaggi riconquistati dalle forze governative irachene e sono quelli di Kermadi e Kudyla, a sudovest di Makhmour. 

Link to comment
Share on other sites

 

 

Le truppe governative e le milizie sciiti di «autodifesa popolare»

 

La vera notizia è che la Stampa è passata a denominare le forze

dell'odioso tiranno Assad

 

"truppe governative"

 

e che, per quel tanto di pudore che può avere un giornalista italiano

( cioè poco )

 

sente il bisogno però di specificare che esistono delle

 

"milizie sciite di autodifesa popolare"

Link to comment
Share on other sites

La Stampa

 

Aumentano le speculazioni sul nuovo video di Abubakar Shekau, leader del gruppo terrorista Boko Haram nella provincia dell’Africa occidentale dell’Isis, tornato presumibilmente a parlare in un filmato apparso su Youtube dopo un’assenza durata circa un anno. Investigatori, uomini dell’esercito ed esperti di intelligence stanno analizzando ogni singola parola degli oltre 7 minuti di video in cui Shekau affermerebbe che la sua leadership all’interno del gruppo sarebbe terminata e che sarebbe giunta l’ora di deporre le armi dopo 7 anni di guerriglia e attentati terroristici per destabilizzare il governo centrale nigeriano. A complicare il lavoro degli analisti la pessima qualità dell’audio e delle immagini, prima volta rispetto ai precedenti messaggi trasmessi nel 2013 e nel 2014 e l’utilizzo di vari dialetti delle tribù dei Fulani oltre all’arabo e all’hausa. E stamattina arriva la notizia del rapimento di sedici donne da parte die miliziani nel nord est del Paese.  

 

I dubbi  

Nelle prime ore dopo il rilascio fonti dell’esercito nigeriano avevano confermato alla Bbc Radio che si trattava di un chiaro messaggio di resa da parte di Shekau, sfiancato dai ripetuti attacchi dei militari che nelle ultime settimane hanno intensificato le operazioni nei confronti del gruppo terrorista soprattutto nella foresta di Sambisa, roccaforte di Boko Haram. Oltre a numerose vittime e arresti eccellenti tra i comandanti jihadisti, da settimane l’esercito nigeriano era riuscito ad interrompere i rifornimenti alimentari e di benzina tanto da costringere alcuni guerriglieri ad arrendersi stremati dalla fame. «Il volto di Shekau nel video è molto sfocato forse per evitare un preciso riconoscimento, inoltre il simbolo di Boko Haram non è attualizzato» - afferma Ryan Cummings, direttore di SignalRisk agenzia di sicurezza e intelligence in Africa. Affermazioni che aumentano i dubbi sulla effettiva presenza di Shekau in video, più volte dato per morto negli ultimi due anni.  

 

Le certezze  

Sul sito del ministero della difesa nigeriana è apparso un comunicato che non smentisce, né conferma la veridicità del filmato, ma riafferma «la volontà di portare a termine il lavoro svolto nelle ultime settimane fino a eliminare anche l’ultimo terrorista presente in Nigeria». Inoltre si legge nella nota il monito alla popolazione di non abbassare la guardia durante le festività pasquali, a prescindere dalla veridicità o meno del video. «Il potere di Shekau si è notevolmente ridotto, a cominciare dalla propaganda, mai apparsa così amatoriale e priva di messaggi minatori nei confronti del governo nigeriano» - sostiene Yan St-Pierre, Ceo di Mosecon, security consulting group. Inoltre, per la prima volta, Shekau, noto per i suoi modi rudi, è apparso mansueto e solitario, solo con un kalashnikov in spalla e senza altri militanti a fianco. Se confermata la traccia audio in cui afferma che «il suo lavoro è terminato» bisogna ancora capire se con la sua abdicazione si pone la parola fine anche a Boko Haram, come molte fonti militari hanno commentato oppure se la resa dei fedelissimi è ancora lontana, come dimostra l’ultimo rapimento di 16 ragazze nello Stato di Adamawa, uno dei più colpiti dai fondamentalisti nel nord della Nigeria.

Link to comment
Share on other sites

La Repubblica

 

Le forze governative siriane hanno riconquistato questa mattina la città di Palmira, infliggendo una sconfitta significativa allo Stato islamico che controllava la città nel deserto dal maggio dello scorso anno.

La soddisfazione di Assad. "La riconquista di Palmira dimostra il successo della strategia perseguita dall'esercito siriano e dai suoi alleati nella 'guerra al terrorismo'. Così il presidente siriano, Bashar al Assad, dopo che il regime ha ripreso il pieno controllo della città, in mano all'Is dal maggio 2015. Secondo Assad, si tratta di un "risultato importante".

 

Per le forze governative la riconquista di Palmira, che arriva dopo una campagna di tre settimane condotta dalle milizie di Assad e sostenuta da intensi attacchi aerei russi, apre gran parte del deserto orientale della Siria, che si estende al confine iracheno a sud e al cuore Stato islamico di Deir al-Zor e Raqqa a est. L'efficacia della strategia perseguita dall'esercito siriano e dai suoi alleati, ha detto ancora Assad, secondo quanto riferisce l'agenzia ufficiale Sana, è ulteriormente sottolineata dal fatto che è opposta alla coalizione a guida Usa che coinvolge oltre 60 Paesi e alla sua mancanza di serietà nel combattere il terrorismo e ai davvero piccoli risultati che ha ottenuto sin da quando è stata formata un anno e mezzo fa. II presidente russo Vladimir Putin ha telefonato ad Assad per congratularsi della vittoria. "Assad ha molto apprezzato l'aiuto delle forze aeree russe" ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, sottolineando che successi come questo sarebbero stati impossibili senza il sostegno della Russia".

 

Il direttore dell'Osservatorio siriano per i diritti umani Rami Abdulrahman ha detto che 400 combattenti dello Stato islamico sono morti nella città che ospita alcune delle più vaste rovine dell'impero romano. La battaglia è durata tutta la notte, da questa mattina i miliziani dello Stato islamico battono in ritirata, verso Sukhnah e Deir Ezzor. Palmira era stata da loro conquistata nel maggio del 2015 e da allora il mondo ha temuto per la sua distruzione, avviata dall'Is facendo esplodere due templi presenti nel sito, un arco trionfale e una decina di tombe antiche.

 

Il presidente Assad ha ricevuto una delegazione francese formata da parlamentari, intellettuali, ricercatori e giornalisti. La loro visita, ha affermato Assad, è stata l'occasione per mostrare loro la realtà in diverse città e regioni siriane, affinché abbiano una impressione di prima mano e possano lavorare per correggere politiche e concetti sbagliati e inadeguati da parte di alcuni governi, compreso quello francese, riguardo ciò che accade in Siria.

Edited by Rotwang
Link to comment
Share on other sites

Silverselfer

C'è da domandarsi perché ancora non sono cadute Racca e Mosul. Persino uno come me che non sa giocare a Risiko capisce che se ci fosse realmente la volontà di abbattere lo Stato Islamico, sarebbe la prima mossa da compiere ... per inciso ---> sono la capitale politica ed economica di IS.

 

Io temo che in questo momento serva ancora lo spauracchio di uno Stato Islamico che però nei fatti si è già disgregato .. la prova? Non paga più gli stipendi ai combattenti e considerate che ne ha reclutati tanti perché il salario era più del triplo offerto dai concorrenti sul campo (1000 dollari circa contro gli appena 300 degli altri). Tant'è che ora il pericolo serio sta nel come si riposizioneranno le milizie del'ex Daesh.

 

Putin prima di ritirarsi si è preoccupato di spianare le zone in cui erano segnalati i foreign fighters russi che sarebbero rientrati in Turkmenistan rinfocolando la resistenza cecena ... credo che i francesi stiano facendo lo stesso con i loro.

 

Gli americani preferiscono la via dell'embargo congelando (espropriando) circa 35miliardi di dollari degli emiri sunniti che supporterebbero Daesh, rinfrescando così vecchie faide tribali tra i nobili berberi, da cui sapranno certamente trarre lucrosi vantaggi.

 

La Turchia ha bisogno di ISIS per continuare a dare la caccia ai curdi e i curdi senza un nemico da combattere scomparirebbero dall'agenda politica internazionale.

 

Nel complesso, senza il califfato si sbilancerebbe il rapporto mediorientale a favore degli sciiti ... e poi c'è la Libia che senza ISIS perderebbe molto del suo appeal interventista ... specie in Francia.

 

A nessuno frega nulla dei migranti ... l'accordo con la Turchia è una vera porcata, ma a parte questo è stato già violato con il rimpatrio forzato di migliaia di sfollati entro i confini siriani, il che significa che quei disgraziati si sono rimessi in marcia verso il Libano. 

 

A parte questo, quel piano fa ridere (amaramente) anche per com'è stato scritto. E' la prova provante dell'idiozia tecnocrate di Bruxelles che prevederebbe una "bolla d'accompagno" per "lo smaltimento" dei migranti nella "raccolta differenziata". Secondo loro, chi arriva a rischio della propria vita e dei rispettivi figli, si dovrebbe mettere in fila a degli sportelli allestiti sulle coste delle isole greche per far esaminare la propria genuinità di rifugiati e quindi rassegnarsi a tornare in Turchia. Immagino la gioia dei curdi nel farsi consegnare nelle mani dei loro aguzzini ... 

 

A parte questo, si vuole continuare a non vedere che i migranti non sono solo profughi siriani ... che ci piacciono perché sono giovani, belli e per buona parte offrono manodopera specializzata di cui la vecchia Europa necessita. I curdi, gli iracheni, gli afgani e una parte che ancora non si riesce ad identificare perché "nebulizzata", forse proveniente proprio dalle ex repubbliche sovietiche ... ecco, quelli andrebbero smaltiti nell'indifferenziata delle discariche turche. 

 

A parte questo ... no, a parte un cazzo! Noi ci dovremmo incazzare seriamente e mi ha dato fastidio Renzi che pateticamente si è sentito coinvolto dalla decisione austriaca di chiudere il Brennero. Intanto lo sbarramento balcanico è il solo provvedimento europeo che nei fatti ha contenuto l'ondata immigratoria e la relativa richiesta di ridistribuzione tra i paesi membri di questa presunta unione europea. La quale si fa venire le lacrime agli occhi e dall'alto della sensibilità democratica nordica ci dice che "E' meglio aiutarli a casa loro", solo che detto da quelle parti significa che il problema va risolto nei paesi frontalieri come Grecia e Italia, che nel loro ragionamento ricevono già i soldi necessari per affrontare l'emergenza sotto la forma di concessioni allo sforamento di bilancio statale. Per carità (mai termine fu più appropriato) hanno ragione quando leggono dai nostri giornali che i miliardi concessi a fine anno scorso sono stati accolti trionfalmente come una conquista  renziana e messi subito impropriamente a disposizione della flessibilità di bilancio, ma ciò non toglie che il problema non può essere demandato a chi non è intenzionato a risolverlo.

 

Questa intenzione è purtroppo supportata da indizi quasi certi. La prova di questo sta nel disfattismo del governo romano nella crisi umanitaria che si sta consumando a Idomeni. Sta nei fatti che quei poveri disgraziati riprenderanno presto o tardi il cammino e gli scafisti albanesi si stanno già attrezzando per sbarcarli sulle coste pugliesi. Il governatore della Puglia (particolarmente indigesto per Renzi) lo sta denunciando a più riprese eppure sembra che si stia aspettando l'esodo ... perché nello stato d'emergenza è più facile ottenere ulteriori concessioni. Speriamo tutti di sbagliarci e di essere smentiti dall'ottimismo cattodem ... ma nel caso non fosse così, si sta giocando sulla pelle di questa povera gente e allora, se mai si avvereranno le peggiori previsioni, almeno io dovrò prepararmi un overdose di malox per sopportare il topo gigio fiorentino stavolta con la giacchetta stile Merkel andare a professare l'accoglienza umanitaria a Bari. 

Link to comment
Share on other sites

Diciamoci la verita': dei siriani non importa nulla a nessuno. Non sono ricchi, non hanno petrolio.

 

L'europa ha il problema dei profughi che sono troppi. L'occidente deve uccidere l'isis per gli attentati che fa in occidente e per questo l'occidente si immischia nella questione siriana oggi.

 

Se non ci fossero i profughi siriani e l'isis nessuno muoverebbe un dito per i siriani che si scannano tra di loro.

Link to comment
Share on other sites

Putin sicuramente avrà approfittato per far fuori più turkmeni che poteva

d'altronde i Turchi sono da sempre antirussi e gli han pure buttato giù un

aereo

 

Però in estrema sintesi Putin ha salvato le chiappe al regime di Assad, che

stava traballando stremato da anni di guerra civile e dall'isolamento internazionale

etc etc

 

Lo ha fatto per tutelare una propria base navale e lo ha fatto perchè la Russia

può esistere in MO e nel Mediterraneo solo attraverso forme di intesa con gli Sciiti

 

Il problema sono gli USA, punto...è inutile girarci attorno

 

Sono gli USA che devono trovare una soluzione al conflitto che salvaguardi l'onore

dei Sunniti, che sia "presentabile" e possibilmente non alimenti il terrorismo internazionale

e questo è molto più difficile che difendere una enclave

 

Tanto più che Obama è sceso a patti con l'Iran...dopo che Bush aveva regalato agli Sciiti

l'Irak

 

Secondo il dogma americano che i confini del 1945 sono sacri ed inviolabili, sicuramente

penseranno ad una soluzione di cartone, tipo Bosnia Erzegovina, con una finta confederazione

siriana, una finta confederazione libica etc

 

Servono però dei Sunniti decenti

Link to comment
Share on other sites

La Repubblica

Sono una delle comunità più antiche e misteriose del mondo, quella che alimenta il potere della famiglia Assad, che ha combattuto senza pietà per difendere il regime e sta pagando un prezzo altissimo nella guerra civile che insanguina la Siria. Ma adesso una parte dei tre milioni di alawiti chiede un nuovo corso a Damasco, che determini il cambiamento nel vertice e permetta di iniziare un cammino di pacificazione, attraverso la costruzione di uno Stato laico e democratico. Lo fa con un documento in 35 punti, analizzato in esclusiva da un'inchiesta congiunta di RepubblicaWelt e Figaro, condotta incontrando diversi promotori dell'iniziativa: esponenti alawiti che vivono in Siria e i cui nomi non vengono riportati a tutela della loro incolumità.

 

Il documento intreccia aspetti politici e religiosi, presentandosi come una "Dichiarazione di riforma dell'Identità". Ha infatti l'obiettivo di superare i contrasti dottrinari che da secoli oppongono gli alawiti ai musulmani sunniti, la maggioranza della popolazione siriana che dal 2011 ha preso le armi contro la dittatura. Rivalità che risalgono al tardo medioevo, quando una fatwa sunnita ha marchiato di eresia la setta: una persecuzione violenta che ha forgiato il pensiero della comunità, rimasta per mezzo millennio arroccata sulle montagne, fino al crollo dell'impero ottomano. Da allora gli alawiti si sono lentamente espansi, diventando dominanti nelle forze armate e ispirando la nascita del partito laico Baath. Finché nel 1971 uno dei loro esponenti, il generale Hafez al Assad, ha imposto la dittatura e li ha resi una "minoranza al potere". Nel 1982 c'è stata una feroce rappresaglia contro i movimenti sunniti, con il massacro di migliaia di persone. Quasi una premessa alla repressione condotta da Bashar, il figlio ed erede di Hafez al Assad, dopo le proteste popolari che 5 anni fa hanno dato inizio alla guerra civile. Adesso con questo documento una parte degli alawiti cerca di inserirsi nelle trattative di pace in corso a Ginevra. E gli autori del testo spiegano che pur di mantenere unita la Siria sono pronti anche ad accettare un presidente sunnita a capo però di uno Stato laico che rispetti tutte le religioni. Un'apertura che - se realmente sostenuta dalla setta - potrebbe segnare una svolta nei colloqui.

 

I promotori dell'iniziativa dichiarano che dietro di loro c'è la maggioranza degli alawiti: "Ci siamo rivolti prima ai Mashaeikh (ndr. leader religiosi) di livello più basso e la gran parte ci ha sostenuto, rappresentando il 40 per cento della comunità. Quindi siamo passati a quelli di alto rango raccogliendo l'appoggio dei rappresentanti di un altro 25 per cento". La situazione in Siria non ha permesso di verificare queste valutazioni, né è stato possibile riscontrare l'adesione al proclama di alcune decine di capi religiosi, intellettuali, parlamentari - indipendenti o membri del partito Baath - e ufficiali delle forze armate - in carica o in pensione - di primo piano. Le personalità incontrate dai giornalisti di RepubblicaWelt eFigaro rivestono ruoli importanti nella comunità: non si tratta di esiliati o dissidenti, ma di figure che mantengono la loro attività nel paese. E sottolineano di fare riferimento alle quattro "famiglie" principali che compongono la setta: "I sostenitori dell'appello vengono da tutte le zone abitate dagli alawiti, da Latakia e Tartus sulla costa ma anche da Homs, Hama e Damasco nell'interno". Non propongono un golpe, ma una trasformazione dall'interno: "Non siamo contro Assad come persona, siamo contro l'attuale sistema. Non possiamo salvare lo Stato se lui si dimette subito. Ma con lui al potere non ci saranno riforme. Così abbiamo bisogno di un cambiamento per fasi, monitorato dalla comunità internazionale". Nei loro propositi, l'iniziativa "può essere una via d'uscita per il regime. I nostri capi religiosi possono negoziare un accordo e garantire la protezione della famiglia Assad". E credono che questa sia l'ultima occasione per salvare la loro comunità e l'intera nazione dal disastro. "L'idea della Dichiarazione è anche di disegnare una roadmap per la pace. Vogliamo la fine del massacro".

 

Le loro parole testimoniano le ferite scavate da 5 anni di scontri senza quartiere. "In ogni famiglia, almeno una persona è stata uccisa. Ci sono madri che hanno perso 4 figli e i loro mariti". Per poi rimarcare il loro punto di vista: Assad ha sfruttato la rivolta del 2011 per lasciare gli alawiti senza alternative alla guerra. "Questo conflitto è stato scatenato nel nostro nome ma sono soprattutto i nostri ceti popolari che ne pagano il prezzo". 

 

Il documento ha un carattere religioso perché questa è l'essenza della comunità. Il loro culto è esoterico, riservato agli iniziati e celebrato in templi privati. Ha radici antichissime, che affondano nelle dottrine neoplatoniche e gnostiche, con un'entità superiore da cui tutto emana, "come la luce dal sole": "Nell'alawismo la questione centrale è la natura di Dio. Nell'Islam sciita e sunnita, Dio è un essere superiore che punisce alcuni e premia altri. L'alawismo trascende questa visione. Dio è infinito, indefinibile e rappresentato in ogni essere vivente".

 

Il loro credo va oltre i canoni musulmani: "Emanazioni di Dio possono essere riscontrate in ogni religione e fede. Per gli alawiti Platone è un santo, come lo sono Pitagora e Alessandro il Grande". Ribadiscono la centralità e sacralità del Corano, anche se seguono una loro interpretazione: "Cerchiamo di leggere il vero significato del Corano. Nel racconto di Noè, ad esempio, nel diluvio vediamo la vita degli umani in questo mondo, mentre l'arca per noi è la Sapienza".

 

Fino a ora, sono stati considerati una branca della disciplina sciita sulla base dei principi insegnati nel nono secolo da Muhammad Ibn Nussayr. Un aspetto valorizzato dalla famiglia Assad, potenziando i legami con l'Iran degli ayatollah e con gli Hezbollah libanesi, che dal 2011 sono intervenuti a fianco del regime nel conflitto. Il documento invece sancisce che l'alawismo è "un terzo modello dell'Islam e dentro l'Islam. Formiamo una confessione separata, che non è né testuale, né razionale come nel modello rappresentato dai nostri fratelli sciiti e sunniti". I promotori spiegano: "Il nostro scopo è marcare le distanze tra la comunità e Assad, dichiarare la nostra vera identità e fare pace con i sunniti".

 

Che speranza ha questo proclama di influire sulle trattative di pace? Lo snodo oggi è quello di definire un'alternativa a Bashar al Assad. I risultati ottenuti sul campo grazie all'intervento russo offrono i presupposti per un cambiamento al vertice che non appaia come una disfatta. E Mosca pare decisa a trovare una soluzione che salvaguardi i suoi successi, anche a costo di sacrificare il dittatore. Una questione ben chiara ai firmatari: "Ai russi importa solo tutelare i loro interessi, non chi sia la persona al comando in Siria". La chiave del potere però è nelle forze armate, guidate da ufficiali alawiti, alcuni dei quali sono anche capi religiosi. Fonti dell'intelligence occidentale hanno rivelato che finora i contatti con i generali siriani per costruire un'alternativa a Bashar sono stati "infruttuosi". Ma le personalità che hanno scritto il documento si rivolgono pure all'Europa e agli Usa: "L'Occidente deve capire che durante un cambiamento di regime, gli interessi di tutti i gruppi etnici e religiosi vanno tenuti in considerazione. Altrimenti il risultato sarà un genocidio".

Link to comment
Share on other sites

  • 4 weeks later...
  • 3 months later...

Corriere della Sera

 

La libertà di sollevare dal volto il pesante velo nero e di farsi offrire una sigaretta. La libertà di bruciarlo quel velo in un falò improvvisato in mezzo alla strada. La libertà di tagliarsi la barba o anche solo di accorciarla. Sono immagini che arrivano sui social media da Manbij, città siriana vicino al confine turco. Sono state scattate subito dopo la liberazione dall’Isis per mano della coalizione curdo-araba (più curda che araba) appoggiata dagli Stati Uniti. Una conquista avvenuta dopo 73 giorni di scontri e centinaia di morti, tra cui 400 civili. Un passo importante dal punto di vista strategico per l’avanzata verso Raqqa, la capitale del Califfato, e anche perché Manbij era un punto di passaggio di armi e jihadisti dalla Turchia. La guerra all’Isis non è finita. Ma per gli abitanti di questa città — in 2000 usati come scudi umani — la vittoria è l’aver riacquistato oggi la libertà, anche di scegliere.

 

Frustate e amputazioni nel Califfato

Nei due anni in cui Manbij è stata parte del Califfato era un crimine scoprirsi gli occhi dai tripli veli, portare un’abaya nera troppo «aderente», spuntarsi la barba. Un uomo che fumava è stato punito con l’amputazione delle dita, secondo un rapporto Onu del 2014. Più frequenti le frustate. E «per un nonnulla ti accusavano di non credere in Dio e finivi decapitato», racconta un residente. Anche se, data la crescente crisi finanziaria del Califfato, a volte le punizioni corporali vengono rimpiazzate da multe salate.

 

Gesti di sfida

«E’ stata la ragazza a chiedermi quella sigaretta», racconta al Corriere via Twitter il reporter di Arab24 Yazer Othman che, negli istanti successivi alla liberazione, ha scattato una foto che è già un simbolo. La protagonista è una giovane ragazza di cui non sa il nome, che non aveva avuto il tempo o la voglia di togliersi l’abaya nera ma si era subito scoperta il volto. «E’ un gesto di sfida. Lei non fuma, ma voleva proclamare la propria libertà dopo due anni in cui le era stata strappata. L’Isis proibiva alle persone di fumare, con il pretesto che è vietato nell’Islam e si veniva arrestati», ci scrive Othman. «Quello che ho visto con i miei occhi è indescrivibile. Un signore di 70 anni mi ha detto che considera la liberazione dall’Isis come una rinascita e che conterà a partire da questo giorno i suoi prossimi anni. Ma ogni famiglia racconta anche storie tristi del dominio di Isis».

 

Manbij e Aleppo

La vittoria di Manbij ha valore anche perché questi combattenti che hanno sconfitto l’Isis non sono gli stessi che hanno spezzato l’assedio del regime di Assad ad Aleppo una settimana fa: questi ultimi sono soprattutto islamisti appoggiati da Turchia e Arabia Saudita, mentre le «forze democratiche siriane» appoggiate dagli occidentali sono la prova che possono esserci ribelli non-jihadisti efficaci sul terreno. Un problema è che la coalizione è dominata dai curdi dello Ypg, fratelli del Pkk, che hanno l’obiettivo di creare uno stato autonomo in Siria, una prospettiva che non piace ai turchi (e non solo), il che può allontanare ulteriormente Washington e Ankara.

 

Sui media arabi

Ma questo non conta per la gente che oggi sembra festeggiare a Manbij più di quanto sia accaduto a Kobane, Falluja o Sirte. I più cinici su Twitter replicano: «Ecco la semplicità dei mediorientali. Dovrebbero ambire a più della libertà di fumare». E ancora: «Le donne? Sempre in nero... dov’è il progresso?» . La verità è che queste scene di resistenza e di rivalsa hanno un potere. Non sarà per caso se le foto di Manbij sui media arabi non appaiono quasi per niente, con alcune eccezioni come la stampa libanese e quella tunisina, due Paesi della regione con una tradizione di laicità e sovranità limitata.

Edited by Rotwang
Link to comment
Share on other sites

  • 4 weeks later...

The Post Internazionale

Russia e Stati Uniti hanno annunciato di aver trovato un accordo sulla Siria a partire da un piano di "cessazione delle ostilità" che inizia il 12 settembre. Secondo il piano, il governo siriano dovrà cessare le operazioni nelle aree controllate dall'opposizione.


Russia e Stati Uniti potranno istituire un fronte comune per combattere i gruppi jihadisti, tra cui il sedicente Stato Islamico. 

Il piano è stato fissato durante un colloquio tra il segretario di Stato John Kerry e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. Sia l'opposizione che il regime dovranno sottostare a dei precisi obblighi per far sì che il piano funzioni, ha detto Kerry a Ginevra. 

Lavrov ha riferito che la Russia ha già informato il governo siriano del piano e che il governo siriano si è detto "pronto a soddisfare le condizioni". L'accordo prevede, tra le altre cose, l'accesso degli aiuti umanitari.

"La cessazione delle ostilità richiede l'accesso a tutte le aree assediate e difficili da raggiungere, tra cui Aleppo", ha detto Kerry.

Sette giorni dopo l'inizio della cessazione delle ostilità, la Russia e gli Stati Uniti stabiliranno un "centro di attuazione congiunta" per combattere l'Isis e un altro dei gruppi ribelli principali, Jabhat Fateh al-Sham.

Lavrov ha detto che il centro di attuazione congiunta permetterebbe alle forze russe e statunitensi di "separare i terroristi dall'opposizione moderata".

Ha detto inoltre che le forze russe e statunitensi colpiranno via aerea i due gruppi, e che in alcune zone hanno interdetto le operazioni militari dalla forza aerea siriana.

"Abbiamo trovato un accordo su quali zone colpire. L'aviazione siriana sarà funzionale in altri settori, al di fuori di quelli che abbiamo individuato per la cooperazione militare russo-americana".

Molto della riuscita del piano dipenderà dalla capacità degli Stati Uniti di convincere i gruppi di opposizione a prendere le distanze dai loro alleati più estremisti, e dalla capacità della Russia di contenere le forze del presidente siriano Bashar al-Assad.

Lavrov e Kerry hanno sottolineato che il piano potrebbe aprire la strada a una transizione politica. "Il piano è più ambizioso e di vasta portata rispetto a qualsiasi proposta avanzata fino ad oggi e se attuato da tutte le parti, potrebbe consentire negoziati politici sul futuro della Siria", ha detto Kerry.

L'inviato delle Nazioni Unite in Siria, Staffan de Mistura, ha accolto con favore l'accordo e ha detto che l'Onu metterà in campo tutte le sue forze per la consegna degli aiuti umanitari.

I combattimenti tra esercito e ribelli per il controllo di Aleppo si sono intensificati nelle ultime settimane. De Mistura ha avvertito che la carenza di cibo e acqua sta rendendo la situazione ad Aleppo ancora più grave rispetto al passato, e che le forniture di carburante potrebbero esaurirsi in pochi giorni.

Stephen O'Brien, il capo delle missioni umanitarie delle Nazioni Unite hanno riferito che le condizioni ad Aleppo sono diventate spaventose.

Edited by Rotwang
Link to comment
Share on other sites

Se fino a due giorni fa kerry diceva che il problema e' la mancanza di fiducia reciproca tra russi e americani non credo che ora sia tutto risolto e che il piano per cessare le ostilita' funzionera'.

Link to comment
Share on other sites

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Unfortunately, your content contains terms that we do not allow. Please edit your content to remove the highlighted words below.
Reply to this topic...

×   Pasted as rich text.   Paste as plain text instead

  Only 75 emoji are allowed.

×   Your link has been automatically embedded.   Display as a link instead

×   Your previous content has been restored.   Clear editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

×
×
  • Create New...