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Mettere la relazione prima di se stessi è giusto?


Chaos

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Che orario indecente per postare un topic, ma non prendo sonno e mi sentivo ispirato.

(Argomento non attinente alla mia vita sentimentale attuale, ma degno di una riflessione)

Nella rubrica di oggi risponderemo alla domanda:

"É giusto mettere il partner o la relazione stessa al primo posto prima di se stessi?"

 

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Se intervistiamo il pubblico in sala, in molti ci fornirebbero come definizione dell'amore il solito cliché del "porre l'altra persona e i suoi bisogni davanti a se stessi". Siete d'accordo?

Gli esempi più banali potrebbero supportare tale tesi:

- Entra un ladro in casa, pistola puntata, ovvio che viene naturale proteggerlo e prendersi una pallottola al posto suo :asciidity:

- Lui in fin di vita all'ospedale; ovvio che ti dono un rene, un polmone e mezzo fegato; non devi neanche chiederlo

- Lui perde il lavoro, è sul lastrico; mi casa es tu casa y mi dinero es tu dinero

 

Però! nel caso di scelte di vita o opportunità che capitano solo una volta nella vita?

- Un contratto di lavoro che sognavate da anni, ma che vi obbliga a stare tutto il giorno fuori casa

- Un lavoro a 1500+km di distanza

- L'essere uno spirito avventuroso e voler visitare il mondo senza fermarsi anni in un posto

- Un master in un'università all'estero

- Volere un figlio mentre il partner non ha intenzione di mettere sù famiglia

- Adottare una filosofia o religione non supportata dal partner

- Arruolarsi nell'esercito o in marina

...

Non si parla di "Non mi rendi più felice, ti lascio"

ma di "Sto bene insieme a te/Ti amo, ma non voglio rinunciare a ciò che potrei diventare se facessi X"

 

La domanda mi è venuta in mente parlando con un amico, fidanzato da anni, che in poche parole dopo il liceo ha accantonato i suoi piani di trasferirsi e provare a entrare nel campo della moda, per continuare a frequentarsi/continuare la relazione con questo ragazzo.

E adesso si ritrova a convivere nello stesso paesino di sempre dove non si trova bene, e fare lavori stagionali per campare.

 

Personalmente la trovo una cosa inimmaginabile..boh..non credo di essere una persona self-centered, ma rinunciare ai propri sogni o aspirazioni per "l'Ammmore" non riesco a concepirlo ._.

É facile dire cha le mia può essere l'opinione di coloro che non hanno conosciuto il vero amore, ma penso che semplicemente sia una visione della vita che hanno in molti.

Mettere se stessi al primo posto è sempre visto negativamente come egocentrismo; parola che non mi piace perché pregna (lol) di un tono egoistico. Ma che c'è di male?

 

 

Cosa ne pensate? Vi sono mai capitate situazioni simili?

Tra 10 anni preferireste dover mettere da parte il rimorso di cosa potresti essere stato?

o mettere da parte il rimorso di cosa potrebbe esserci stato tra voi due?

Edited by Chaos
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Progetti di vita.

Se si sceglie di stare con qualcuno,

Si devono fare obbligatoriamente dei "sacrifici".

Nessuno impone di impegnarsi.

Se non te la senti, non lo fai.

Come si dice:

Hai voluto la bicicletta? Ora pedala.

R anche:

Voler mettere un piede in due staffe.

 

Non sono obbligato a fidanzarmi, ma se lo faccio, tu DEVI essere il mio progetto di vita.

Non facciamo come la fine di QaF USA!

Nella vita si fanno sempre delle scelte e delle rinunce.

Tua è la scelta, tuo è il DOVERE.

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davydenkovic90

Non capisci le scelte di un altro perché tu non sei lui. Molto semplice.

Ho imparato già da un bel po' che è inutile dire "avrei potuto fare/essere/scegliere...", essendo un matematico lo trovo matematicamente insensato ragionare in questo modo e chi lo fa, lo fa semplicemente per accampare scuse o per essere compatito. Quindi evito accuratamente di ascoltare o ricevere consigli da questo tipo di persone, e ne ho conosciute davvero tante.

Non ho nessun rimpianto né rimorso nella vita, anche se di errori ne ho fatti 800 miliardi e sono ben felice di averli fatti.

Edited by davydenkovic90
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Mettere Lui o la relazione prima di se stessi è giusto?

 

 

credo che la risposta a questa generica domanda sia, tecnicamente, di no: che senso ha rinunciare alla propria gioventù, quando hai le energie e le occasioni, per qualcun altro?

 

esempio, un giorno ti svegli e hai 40 anni, di cui gli ultimi 10 passati in una storia anche bella, e ti rendi conto che non hai fatto assolutamente nulla di quello che avresti voluto perché da giovane hai ragionato come biancaneve e hai preferito il principe invece della carriera, o a quello che sarebbe potuto essere. non tutti diventano ceo di microsoft eh, però quanti tirocini, viaggi e lavori ci potrebbero essere stati se avessi avuto la libertà di fare come volevi e non di dover stare a chiedere il permesso come se fossi regredito a teenager?

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"se devo scegliere tra te e la mia carriera, scelgo la carriera: lei non si sveglierà un giorno dicendomi che mi vede come un amico" [emoji38]

 

Personalmente no, non metterei mai nessuno davanti a me nelle priorità della vita, soprattutto se dovesse ostacolare progetti che mi interessano e mi rendono felice.

La situazione potrebbe cambiare se avessi figli, ma non è una prospettiva che credo di poter realizzare nei prossimi anni ahah

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La domanda mi è venuta in mente parlando con un amico, fidanzato da anni, che in poche parole dopo il liceo ha accantonato i suoi piani di trasferirsi e provare a entrare nel campo della moda, per continuare a frequentarsi/continuare la relazione con questo ragazzo. E adesso si ritrova a convivere nello stesso paesino di sempre dove non si trova bene, e fare lavori stagionali per campare.

 

Molto spesso però le cose stanno esattamente in questi termini

 

Cioè nei termini di modifiche che non riguardano opportunità "certe",

ma di rinuncia ad un tentativo, un sogno, una vaga aspirazione, troppo

romantica perchè possa essere qualcosa di realistico

 

Lui avrebbe scelto il certo ( la sua relazione) rinunciando ad una

prospettiva incerta ( provare ad entrare nel campo della moda )

 

Avrebbe potuto mollare il fidanzato perchè non intendeva vivere

nel paesello e voleva un fidanzato con cui trasferirsi a Milano

 

Voglio vivere a Milano costi quel che costi ed anche provare ad

entrare nel mondo della moda, mi sempre già una prospettiva più

solida

 

Poi magari non andava oltre il commesso in un negozio di scarpe

però otteneva di vivere nella città in cui voleva stare

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Mia zia diceva: "che studi a fare? sposati che fai prima!" riferendosi a una femmina ovviamente... chissà se vale anche per i gay...

 

Le scelte si valutano quando si è in una condizione ideale di poter scegliere, cioè se ci sono i soldi per l'università, se in famiglia non ci sono conflitti.

Poi dipende anche se sei bello alto e figo, in modo tale da poter trovare ragazzi quando hai voglia tu, in questo caso anche quando sarai un "vecchio" di 30 anni non avrai nessunissimo problema a trovare spasimanti.

Se sei bruttarello dopo una certa età non ti si piglia nessuno.

Dipende anche dal tempo che impiegherai per realizzarti, se tiri troppo per le lunghe, o se trovi imprevisti, non riesci a inquadrare una meta certa e rischi di lasciare perdere tutto per il primo cazzo che trovi.

In conclusione non saprei che consigli dare :)

Edited by Fantom
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Beh ma questo è un argomento entusiasmante. Va a toccare l'essenza più profondamente schizofrenica del concetto stesso di individuo e relazione nelle civiltà occidentali. L'idea di base è questa: devi essere felice. Devi realizzare ad ogni costo la tua felicità. Ogni tuo gesto, comportamento, progetto, deve essere teleologicamente preordinato a raggiungere la grande F. Come si realizza la felicità? La felicità coincide con la realizzazione dei propri desideri e quindi l'affermazione del proprio io. Come si afferma il proprio io? Non certo dando rilievo o attenzione all'io altrui. O magari anche sì, ma solo nei limiti strettamente necessari all'appagamento di un desiderio personale. L'io altrui è strumentale al proprio io.

 

E' una guerra narcisistica all'emersione dell'io: sono tutti impegnati a costruirlo, ad affinarlo, a prendersene cura, a viziarlo, pomparlo... o se non altro a proteggerlo. Forse non è una guerra, forse più propriamente è una gara. Una corsa contro il tempo, una sfilata di moda sempre più forsennata. Un'infinita partita a poker in cui non c'è limite al rialzo della posta in gioco.

 

Il concetto di individuo che ne risulta è radicalmente incompatibile con il concetto di relazione: perché è assiomatico che l'io debba essere uno solo.

 

Ci si può arrabattare dicendo che una relazione potrà raggiungere il suo funzionamento ottimale ed essere "sana" quando vi è concidenza di interessi fra i partecipanti. Ma dicendo questo non si fa che confermare la natura strumentale della relazione: strumentale all'implementazione dei due io.

 

E' un contratto. Se non vi è interesse economico di una parte in una relazione contrattuale, la relazione contrattuale non ha ragion d'essere. Questo è ciò che è alla base del concetto di relazione romantica occidentale, non ne conosciamo altri. In altri tipi d civiltà non ci si pone neanche il problema e si economizza direttamente la relazione: vi è chi vi introduce esigenze di conservazione dell'etnia (ebrei ortodossi) vi è chi vi esplicita esigenze di miglior ripartizione dell'asse ereditario (hindu) chi vi inserisce esigenze di regolamentazione contrattuale del sesso (musulmani) ecc ecc.

 

Noi abbiamo la sfortuna di fissare nella relazione il raggiungimento della massima realizzazione personale. Ma questo collide con il fatto che anche l'individuo nel frattempo deve raggiungere la sua massima realizzazione personale in quanto individuo, cioè da solo.

 

Un corto circuito concettuale terribile, in cui ognuno si arrangia come può, dal momento che dall'esterno arriverà al  massimo solo riprovazione per luna o l'altra scelta, per l'uno o per l'altro errore, senza indicazioni su cosa seguire, tanto non esiste risposta.

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Argomento difficile e di impossibile risoluzione unanime, visto l'ampio spettro di variabili e di dipendenze da ogni singolo carattere umano.

 

Personalmente, ho imparato a mie spese che donarsi completamente all'altro e, quindi, porre in secondo piano le proprie esigenze è qualcosa di estremamente errato e fallace, perché per quanto si renda felice e appagato il partner, non si sarà mai pienamente soddisfatti in caso si sia dovuto rinunciare ad X cose per poter arrivare a questo risultato.

 

E' molto bello il compromesso, il ridimensionamento dei sogni e delle ambizioni in favore di un prolungamento del rapporto con la persona che si ama o con cui si vogliono fare progetti, ma la vita è una e noi siamo chiamati per vivere la nostra.

 

Non è un discorso facile, perché l'amore rende ciechi e spesso di compiono madornali errori per rincorrere la rosea illusione, ma quando poi la passione svanirà - e succede spesso - con cosa si rimane, in mano?

Con un'amara lezione dalla quale non si può tornare indietro.

 

Imho, sempre prima sé stessi.

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Mia zia diceva: "che studi a fare? sposati che fai prima!"

 

Questo dimostra come le donne abbiano sempre affiancato un sano pragmatismo

al cd principe azzurro

 

Sia che si applicasse al matrimonio, sia alla carriera lavorativa, ora che possono

concorrere coi maschi

 

Quello che premeva precisare a me, è che "provare ad entrare nel mondo della

moda" senza nessun tipo di studio, senza nessuna decisione preventiva che renda

tale prospettiva credibile e realistica, può essere altrettanto astratto quanto il credere

al principe azzurro.

 

Il ché rende il sacrificio del tutto virtuale e latamente vittimistico

 

Soprattutto nei casi in cui si "sogna in grande" il ché presupporrebbe una volontà di Ferro

determinazione, metodo, ambizione etc che la maggior parte di noi non hanno ( e per difetto

nostro, non dei nostri fidanzati Lol )

 

Dare la colpa al fidanzato, per il quale ci si è "sacrificati" è troppo comodo

 

Tanto più fra maschi che -si presuppongono - parimente emancipati, far finta

di essere un'eroina romantica del XIX secolo, che si è sacrificata in nome dell'amore

è ridicolo

 

Oggi tutti gli amori sono negoziati, perchè non esistono posizioni di potere indiscutibili

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esesempio, un giorno ti svegli e hai 40 anni, di cui gli ultimi 10 passati in una storia anche bella, e ti rendi conto che non hai fatto assolutamente nulla di quello che avresti voluto perché da giovane hai ragionato come biancaneve e hai preferito il principe invece della carriera, o a quello che sarebbe potuto essere. non tutti diventano ceo di microsoft eh, però quanti tirocini, viaggi e lavori ci potrebbero essere stati se avessi avuto la libertà di fare come volevi e non di dover stare a chiedere il permesso come se fossi regredito a teenager?

 

A me è successo il caso opposto. Mi sveglio a 35 anni con una carriera professionale bellissima e soddisfacente costruita con l impegno e con delle scelte. Queste Scelte... direi ora...molto discutibili : rinunciare e reprimere i sentimenti amorosi e la possibilità di stare con una persona. Non è stato un discorso di principio in generale. Ho rinunciato all amore perché era gaio. Cose da matti...lo so!!stupido

Comunque per ritornare al Topic. Tutto dipende dalla situazione e dai progetti di vita in corso.

Ora direi questo : se fossi felicemente fidanzato quale rinuncia professionale la farei

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Dipende dalle ottiche: dopo sette anni il mio ragazzo è la mia vita quotidiana, rinunciare a lui sarebbe come rinunciare al mio bene,che di certo non si identifica nella carriera. Sarei potuto andare a lavorare in Francia con fior di stipendi,ma a che pro se non c'è lui con cui condividere il tutto?

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Lui avrebbe scelto il certo ( la sua relazione) rinunciando ad una prospettiva incerta ( provare ad entrare nel campo della moda )

Nella vita tutto è incerto, sia le rare occasioni che le relazioni.

Puoi anche sposarti e poi lui muore/ti tradisce/lo tradisci, ecc e il tutto finisce.

 

Così come puoi essere un senzatetto senza diploma, fare un audizione e sfondare a Hollywood 

 

 

 

Sarei potuto andare a lavorare in Francia con fior di stipendi,ma a che pro se non c'è lui con cui condividere il tutto?

Potresti avere accanto a te un francese con cui condividere il tutto.

 

Forse il discorso si lega anche all'unicità dell'amore, e l'idea che ci hanno inculcato che per noi c'è solo 1 vero amore là fuori.

Puoi avere 2 anni di relazione con Marco a Roma, è la tua anima gemella; e mollare il tutto per studiare  e diventare manager a New york, sei triste per Marco per un po', vivi, conosci John, la tua anima gemella e matrimonio e figli.

Le relazioni vanno e vengono, le compatibilità/l'amore sono infiniti tra 7,3 miliardi di persone nel mondo; rinunciare a se stessi credendo che c'è solo Lui al mondo è utopistico.

Edited by Chaos
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Forse il discorso si lega anche all'unicità dell'amore, e l'idea che ci hanno inculcato che per noi c'è solo 1 vero amore là fuori.

 

Il discorso funziona allora anche con la carriera, no?

Puoi essere felice a Roma con Marco facendo il fioraio,

come puoi essere felice a New Yor con Johnny facendo il manager.

 

La verità però è che Marco è reale,

mentre il lavoro di manager è solo una prospettiva.

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Il discorso funziona allora anche con la carriera, no?

Puoi essere felice a Roma con Marco facendo il fioraio,

come puoi essere felice a New Yor con Johnny facendo il manager.

 

La verità però è che Marco è reale,

mentre il lavoro di manager è solo una prospettiva.

Stesso discorso che ho fatto nella risposta a Hinzelmann.

Marco è reale, ma anche la relazione in sé É una prospettiva incerta.

Anche limitandoci al vivere giorno per giorno, una relazione non si riferisce solo all'oggi e al presente ma si proietta anche al futuro, al cosa farete domani, al adottare un cane fra 2 anni, al prendere casa insieme fra 5 anni, all'adottare, ecc

Anche John è reale, e non lo incontrerai mai se resti con Marco a Roma.

Precisiamo che il mio non vuole essere un "voglio tutto e subito" o un "voglio avere il piede in 2 scarpe".

Se poi vogliamo per forza definire una relazione come una certezza (cosa sbagliata), allora l'amore deve essere la scelta dell'opzione più conveniente? scelta a volte dettata dalla paura o dall'accidia verso il prendere scelte radicali nella propria vita?

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Il discorso è strano perché non tutte le relazioni sono uguali.

 

Se sei disposto a lasciare Gianni per andare a New York

potresti non essere disposto a lasciare Marco...

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Stesso discorso che ho fatto nella risposta a Hinzelmann.

 

Che io respingo nel merito però

 

Nel senso che è vero che una relazione oggi c'è, domani non si sa

resta però il fatto che "provare a entrare nel campo della moda" è

solo l'espressione di un vago desiderio

 

Non è detto affatto che chi ragiona in termini di relazione abbia la testa

più nelle nuvole di chi ragiona in termini di affermazione personale, laddove

invece si tende a presumere il contrario

 

Per dire io posso sognare di diventare un grande attore e trasferirmi ad Hollywood

ma sto almeno recitando nel mio paese? Faccio parte di una qualche compagnia teatrale?

Sto studiano recitazione e dizione inglese? Esiste un me stesso potenziale attore questo è

il senso del mio discorso, al di là del fatto che abbia o meno successo

 

Se non ho fatto e non sto facendo nessuna di queste cose, di fatto non solo la prospettiva

futura è incerta, ma il mio sogno esiste solo nella indefinita prospettiva futura, mentre almeno

la mia relazione è REALE

 

Su scala minore lo stesso vale se io voglio fare il manager a New York o cose più raggiungibili

ma che nel contesto attuale presumerebbero una fortissima determinazione e preparazione che

al 90% in realtà non c'è

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Certo che no, la relazione è fatta da 2 persone. Se uno si impegna per due, l'equilibrio non c'è e costui finirà per stufarsi a causa di tutte le energie dissipate per coprire le mancanze dell'altro.

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Cosa ne pensate? Vi sono mai capitate situazioni simili?

 

Tendenzialmente è giusto anteporre sé stessi; in passato ho cercato di mantenere delle relazioni facendo mie (o cercando di far mie) le passioni della persona che in quel momento mi piaceva, salvo essere scaricato. Non sono comunque tanto bravo a fingere, magari si capiva che mi stavo sforzando per essere diverso da come sono :D

 

Soprattutto nei casi in cui si "sogna in grande" il ché presupporrebbe una volontà di Ferro

determinazione, metodo, ambizione etc che la maggior parte di noi non hanno ( e per difetto

nostro, non dei nostri fidanzati Lol )

 

Dare la colpa al fidanzato, per il quale ci si è "sacrificati" è troppo comodo

 

Quando sono molto giù attribuisco ad altri la colpa della situazione personale e lavorativa in cui mi trovo...non solo ad ex fidanzati.

Questo perché probabilmente m'è mancata quella volontà di Ferro di cui tu dici, salvo incontrare molte persone che mi rimproverano l'eccessiva accondiscendenza, di volta in volta, col fidanzato, qualche amico, i familiari, perciò non saprei.

 

Su scala minore lo stesso vale se io voglio fare il manager a New York o cose più raggiungibili

ma che nel contesto attuale presumerebbero una fortissima determinazione e preparazione che

al 90% in realtà non c'è

 

Da quando la mia carriera studentesca e lavorativa non ha seguito la piega che intendevo dargli trovo conforto adottando una prospettiva un po' fatalista! Non è che gli altri vadano incolpati per i propri fallimenti, ma capita che si soffra se t'accorgi che le persone a cui vuoi bene -e che tu, per temperamento o educazione, non forzeresti mai a fare qualcosa- ti spingono perché tu faccia o eviti di fare qualcosa.

Nel tempo mi sono un po' inaridito.

Edited by schopy
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Cercare conforto è del tutto umano, soprattutto quando si è veramente

provato a fare qualcosa di difficile e quindi non si hanno "rimpianti" ( come

nel caso di quel ragazzo che non ci ha neanche provato ) ma si deve prendere

atto di un obiettivo non raggiunto.

 

Attutire il senso di un fallimento personale con una certa dose di fatalismo o

giustificandosi per un contesto sociale e familiare che ci ha "indebolito" ha in sé

anche degli elementi autoconsolatori che sono "sani" ( ed in parte possono corrispondere

a verità )

 

Mediamente è più facile quadrare una vita affettiva e sessuale di coppia, che avere

"successo" nella società. Le persone di successo sono relativamente poche, ma quasi tutte

le cd "persone comuni" hanno un compagno o una compagna

 

Insomma non è che la società in cui viviamo sia un giardino delle delizie, precluso dalle

nostre scelte in campo affettivo e sentimentale, non mi sembra un discorso mediamente

"vero"

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premessa: indubbiamente questo è un

Argomento difficile e di impossibile risoluzione unanime, visto l'ampio spettro di variabili e di dipendenze da ogni singolo carattere umano.

 

Per quanto mi riguarda, mi ritrovo in questa riflessione

il mio ragazzo è la mia vita quotidiana, rinunciare a lui sarebbe come rinunciare al mio bene,che di certo non si identifica nella carriera. Sarei potuto andare a lavorare in Francia con fior di stipendi,ma a che pro se non c'è lui con cui condividere il tutto?

a me tempo fa era stato proposto un ruolo -di molta responsabilità- che m'avrebbe costretto a stare eternamente in giro per il mondo, e non me la son sentita di chiedere al Coniuge di mollare tutto e venirmi dietro, anche se avrei potuto inquadrarlo come segretario tuttofare con lauto stipendio & benefit annessi.

per cui, con la scusa -che cmq aveva anch'essa il suo fondamento- della mia pigrizia pantofolara, ho rifiutato la proposta

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Mediamente è più facile quadrare una vita affettiva e sessuale di coppia, che avere

"successo" nella società. Le persone di successo sono relativamente poche, ma quasi tutte

le cd "persone comuni" hanno un compagno o una compagna

 

Non so se rispondevi al mio intervento; nel mio piccolo non è che colla realizzazione lavorativa cui mi riferivo immaginassi un avvenire di "successo", solo qualcosa che mi corrispondesse un po' di più di quel che sto facendo ora ecco.

Perché per come sono fatto io se non riesco ad essere soddisfatto della mia quotidianità...pure con un ipotetico compagno (che non c'è mai stato, se non per periodi brevi) che ci sto a fare? :D

Edited by schopy
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Beh io ho allargato dal tuo intervento ad un piano più generale.

 

Considerato il tuo tipo di studio, che presenta notevoli difficoltà di

sbocchi professionali, io considererei l'insegnamento in una scuola

secondaria più o meno equivalente alla professione di avvocato per

un laureato in legge ( non sono del tutto al corrente perchè l'accesso

all'insegnamento è soggetto a variazioni continue di regole, ma certo

la professione di Avvocato si è di molto inflazionata negli ultimi 10 anni )

Il resto - carriera accademica, case editrici etc. - lo vedrei come equivalente

a una vittoria in un concorso in magistratura, o un notariato, per un laureato

in legge ( cioè una traguardo ragguardevole, anche se di per sé non garantisce

il successo inteso come "notorietà" ) Ovviamente al netto di conoscenze e spinte

che in entrambi i casi possono facilitare di molto la cosa, come in ogni ambito di studi

 

Più o meno la vedrei così

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Ok dai torniamo in Topic sennò mi pare di usare il forum come blog e non va bene

 

con la scusa -che cmq aveva anch'essa il suo fondamento- della mia pigrizia pantofolara, ho rifiutato la proposta

 

viva le serate svacco col moroso :)

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sennò mi pare di usare il forum come blog e non va bene

 

Quel che a me premeva dire, è che in questo topic si dà per scontato

che tutti noi siamo pieni di "opportunità lavorative" a cui rinunciare per

"amore"

 

E' falso, se fosse vero vivremmo in una Società in espansione, dinamica

ricca...che offre opportunità, mentre viviamo in una società in crisi che ha

perso il 27% della propria produzione industriale e che peraltro viene da 15

anni precedenti di stagnazione economica

 

In una società del genere la realizzazione individuale e professionale è DIFFICILE

e per molti di noi un assoluto miraggio, o un vago desiderio

 

Un giovane di oggi è più facile che debba rinunciare ad una relazione perchè

disoccupato, poi magari scriverà che "odia le relazioni a distanza" perchè

si vergogna di dire che non ha i soldi per la benzina o il treno etc

 

D'altronde è più facile dire: ho rinunciato al mio sogno di entrare nel mondo

della moda per amore, piuttosto che ammettere di non averci neanche tentato

per le enormi difficoltà che una scelta del genere implicava

 

Mentre le due o tre persone che delle rinunce vere le hanno fatte, non hanno

difficoltà a scriverne

 

Il ritratto che ne viene fuori però nel complesso ( la sommatoria delle cose ) rischia

di essere falsato

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Anche secondo me è sempre sbagliato anteporre la relazione o il partner a se stessi. Le volte che mi è capitato di farlo, ci ho sempre rimesso.

Su questioni relativamente superficiali si può anche mediare e trovare una dimensione comune, ma su questioni importanti credo che l'equilibrio della coppia sia il risultato dell'equilibrio dei singoli... è dunque essenziale, prima di tutto, cercare la propria serenità individuale a prescindere dall'altro.
Anche perché, alla fine dei giochi, sarà solo a noi stessi che dobbiamo dare conto di ciò che abbiamo fatto o non fatto nella vita.

Non è egoismo, ma semplice amor proprio.

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Il fatto di essere "fidanzati forever" tra noi sembra faccia perdere totalmente il significato di vita in coppia .

 

Mediamente un eterosessuale si fidanza, dopo un annetto o due si sposa e mai si sognerebbe di dire "cara senti, sai che qui ho un lavoro, no? Ecco me ne hanno offerto uno in Australia, quindi puppa perchè parto domani, sai che non posso anteporre la nostra relazione alla mia vita!" .

 

Capisco che in una storiella di 3 o 4 mesi si possa ancora essere in dubbio, ma già dopo un anno abbondante di relazione io trovo che se si e' ancora in coppia la risposta sia scontata e dia precedenza alla relazione .

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Capisco che in una storiella di 3 o 4 mesi si possa ancora essere in dubbio, ma già dopo un anno abbondante di relazione io trovo che se si e' ancora in coppia la risposta sia scontata e dia precedenza alla relazione .

 

Credo che nel forum saremo in tre o quattro a pensarla così...

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C'è ancora l'idea che un gay per realizzarsi nella vita debba

assolutamente puntare su lavoro e carriera in modo da riscattare

agli occhi della società il fatto di essere frocio?

 

Si potrebbe essere d'accordo o meno, ma avrebbe un senso

per quanto sia un qualcosa di abbastanza "vecchio"

 

Però qui l'opportunità lavorativa viene evocata non in positivo

ma con un mero valore interdittivo

 

A mio avviso è un alibi: si sceglie il lavoro solo per trovare qualcosa

che oggettivamente giustifica-rafforza l'idea che l'individuo viene prima

 

Qualcosa non torna, anche perchè una persona ambiziosa e competitiva

organizza la propria vita in un certo modo

 

La mia impressione sui forumisti è che nonostante pensino questo, non siano

affatto così competitivi ( nella società ) come sembrerebbe da questo topic, ma

semmai sono "competitivi" nei rapporti sessuali ed affettivi

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