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Il mio coming out e un episodio di bullismo.


Aska

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Quello che potremmo definire come il "mio coming out" è stato una specie di gioco divertente, perché non ho mai trovato una vera "resistenza" alla mia preferenza sessuale e al mio modo di porla agli altri.

La prima volta cui lo dissi a qualcuno fu a Francesca, una mia compagna dall'asilo fino alle scuole medie. Non ricordo molto bene il discorso che ci fu quella mattina, ma ricordo che durante la ricreazione, passeggiando per i corridoi e vedendo dei bei ragazzi, tornavo indietro, quasi di corsa, in classe a dirlo a lei: "Me ne piace uno", poi due, poi tre... poi sette. E ricordo bene la sue espressione stupita e divertita "Cappero Crì! E la miseria!"

Trovando l'esperienza con Francesca divertente, non ci volle poi molto per diffondere la notizia della mia omosessualità in giro per la scuola, arrivando anche alle orecchie dei bulletti. Mi ritengo estremamente fortunato di aver trovato compagni e compagne di classe e una scuola (benché di una città piuttosto periferica) che non si è mai fatta troppi problemi. Perché un giorno, in palestra durante educazione fisica, una mia compagna mi prese per il braccio e mi strattonò via: "Crì, Crì, nasconditi! Tizio, Caio e Sempronio ti vogliono picchiare, si sono messi d'accordo. Stanno venendo in palestra." I tre bulloboss più "potenti" e "cazzuti" (e anche molto sexy... ah! il fascino del teppista) della scuola mi volevano picchiare. Mi prese il panico. "E mo'?" Non mi ero mai picchiato con nessuno (e temo che le lotte in casa con mia sorella non contino), figuriamoci dovermi difendere contro tre ragazzi, e neanche di quelli che se gli fai "Buh!" piangono e scappano. A questi, se gli fai "Buh!", ti sbranano come un pitbull. Fu in quell'episodio che, quasi come un miracolo, sei o sette delle mie compagne di scuola accorsero verso di me, proprio mentre i tre God-Kings stavano entrando in palestra, e mi avvolsero protettivamente contro un angolo, stagliandosi a braccia conserte contro i tre bulloboss.

I tre ragazzetti non solo aveva "fallito" nella loro "spedizione punitiva" di quella mattina, avevano fallito come maschi dominanti e ancora peggio di fronte a delle ragazze. E perdere contro una ragazza, sopratutto quando sei piccolo e con un ego ancora in fase di costruzione, è un bel colpo basso (quasi letteralmente).

Quello è stato l'apice del bullismo che mi sia mai capitato. Da lì e alle scuole superiori, per lo più sono state frecciatine o dispetti, ma non c'è voluto molto per imparare a dare l'occhiata da "o la pianti o ti spacco il culo".

Da allora non ho mai più sentito il bisogno di fare "coming out", anzi, il mio non fu neppure un "coming out" perché non esisteva questo rito ansiogeno ai miei tempi (25 anni fa circa). Oggi lo dico e non lo dico secondo le circostanze, non lo nascondo, ma non lo sbandiero, ho amici etero e ho sempre trovato molto semplice parlare di uomini mentre loro parlano di donne: la componente emotiva è la stessa, quella sessuale ha alcune differenze, ma non poi troppe.

Ma tornando al concetto di coming out, io in realtà non credo che sia un evento singolo, o una specie di rito di passaggio o di battesimo, ma che sia un divenire costante. (Quasi) Tutti quelli che conosco sanno che sono gay, molti accettano, molti se ne fregano, alcuni hanno riserve e certi non mi sopportano. Ma a me francamente non interessa, sono problemi loro, non miei. Anche perché la preferenza sessuale è appunto una preferenza e ne parlo con tranquillità quando ce n'è l'occasione, altrimenti non sento l'esigenza di dover dire a qualcuno come mi piace trombare, sono cavoli miei (cioè non ne faccio mistero, ma non è che stringendo la mano ad una persona nuova gli dico: "Ciao, piacere, io trombo col culo ^^").

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La tua storia è molto bella, insomma, abbastanza limpida. A volte mi chiedo perchè molti diversamente, facciano fatica a proclamarsi gay di fronte agli altri. Credo c'entri molto l'ambiente in cui vivi ma sopratutto la tua famiglia, il grado di tolleranza che hanno verso questo argomento e modo d'essere. Sei stato molto fortunato a trovare un ambiente scolastico del genere, per dirtene una, qui dalle mie parti più che proteggerti, al contrario fanno comunella ragazzi e ragazze per deriderti e ferirti.

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Sì, diciamo che in linea di massima non ho trovato mai un ambiente apertamente ostile nei miei confronti, ma ho sentito la mancanza di un'appartenenza.

Cioè da ragazzino stavo spesso con le ragazze, però "arrivavo" fino ad un certo punto: le prime esperienze sessuali... io non ho una vagina, posso più o meno intendere cosa dicevano le mia amiche, ma non avevo la minima idea di cosa si provi (ne tanto meno m'interessava XD), o i primi dolori mestruali e poi le cerette, il continuo bisogno di parlare del look, di scarpe, del taglio di capelli... O dei primi fidanzatini... Quante volte ho dovuto fare il palo!

Dai circa 16 anni in su poi, i gruppi si son mescolati (maschi e femmine intendo), e ho iniziato a preferire gruppi di maschi: un po' perché... beh so' fighi XD, e un po' perché si facevano meno problemi, erano più combattivi, si parlava di giochi della play e si giocava alla play! Però anche lì "arrivavo" fino ad un certo punto: quando si trattava di parlare di sentimenti, di fare discorsi di uno spesso un po' più impegnativo del semplice "Oh coglione, che cazzo fai? Hahahaha!" era sempre molto difficile. Non lo facevano a posta, lo vedevo proprio che erano in difficoltà, non sapevano bene cosa dire, e se sapevano cosa dire non riuscivano ad esprimersi come volevano. Perciò bastava che arrivasse qualcuno con un bel "Uè, ciao merde! Che si racconta?" e l'argomento era chiuso XD.

Dai 19-20 anni ho iniziato ad uscire sia con un gruppo di gente di 30 anni, e insieme ad un'altra ragazza eravamo i due più piccoli (e anche un po' coccolati devo dire). Ma in contemporanea mi vedevo anche con un gruppo di ragazzi e ragazze più piccoli, sui 15-16 e con cui ovviamente ero il più grande, quello su cui ricadevano le responsabilità (anzi in realtà mi veniva spontaneo fare un po' il fratello maggiore di tutti).

Però, il punto è proprio questo: con maschietti o con femminucce, con più grandi o con più piccoli è sempre stato un po' difficile per me capire qual è il mio posto (dove "devo" stare e dove "voglio" stare). E anche ora, che ho 32 anni, fra amiche neo-mamme, amici neo-sposi e l'etichetta di adulto (anche se in fondo mi sembra sempre di essere un ragazzino), non ho ancora ben chiaro dove collocarmi.

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Io sono convinto che il giorno in cui la gente digerirà, metabolizzerà e idealizzerà soltanto che esistono persone e non donne e uomini, le cose saranno felici per tutti. Si romperanno quegli schemi culturali che hanno omologato gli uomini e le donne e gli hanno portati in due fazioni, opposte, monocordi, noiose e stereotipate, che distruggono l'aspetto più particolare e personale della loro unicità in quanto individui. La sensazione di non-appartenza che descrivi la sento spesso anch'io, non so se questo dipende dall'essere omosessuali, perchè in realtà anche gli omosessuali stessi tendono a ghetizzarsi, fosre semplicemente abbiamo una personalità molto invidiualista che ci porta ad andare oltre i preconcetti e a ricercare sempre qualcosa.... non ci vedo nulla di negativo in questo! ;)

Edited by Rui
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