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John Pitt, bambino transgender (figlio di Angelina Jolie e Brad Pitt)


RebisRebus

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http://progettogenderqueer.wordpress.com/2014/12/21/john-pitt-bambino-transgender-figlio-di-angelina-jolie-e-brad-pitt/

 

 

La stampa non si occupa della direzione “female to male”. Tutto ciò che nasce femmina è di poco interesse. Lesbiche, ftm, drag king, travestitismo, crossdressing, non sono interessanti, perché tutto ciò che interessa, o al limite scandalizza, riguarda chi nasce maschio, e “rinuncia” alla condizione privilegiata di maschio eterosessuale virile.
 
Sicuramente per le persone ftm, così in difficoltà a spiegare la propria situazione, visto che il fenomeno è volutamente ignorato, il fatto che escano fuori nomi di personaggi famosi noti, amati, e “belli”,  rende tutto più semplice, anche se qui si sta parlando del caso di un minore, e questo complica le cose, perché solletica le proteste dei cattolici e dei “benpensanti”.
 
Ovviamente il genere, l’identità di genere, si manifesta comunque nella prima infanzia, diversamente dall’orientamento sessuale, che può manifestarsi anche molto dopo.
A quel punto, se un bambino riesce ad avere chiara la sua situazione, a riconoscersi in un nome maschile, in un vestiario maschile, a sentirsi a proprio agio se ci si rivolge con pronomi maschili, i genitori, informati di questo, non hanno molta scelta, se non supportare una persona così giovane e quindi vulnerabile, che se si sentisse rifiutata, potrebbe interiorizzare un disagio, sentirsi sbagliata, malata, nel “peccato”.
Sicuramente un genitore, anche meno famoso dei Pitt/Jolie, dovrebbe cercare quantomeno di rivolgersi al neutro e comprare abiti neutri, giocattoli neutri o, perché no, anche che la nostra società progetta “per i maschi”.
 
Se Shiloh Pitt ha già compreso che desidera essere chiamato John, vestito da ragazzino, e trattato come un ragazzino, allora ritengo di usare il termine “transgender”, che sicuramente “violenterà” chi di voi è prudente, o “cattolicamente” in malafede, ma credo sia idoneo definirlo tale o dire almeno che si tratta di un periodo della sua vita “transgender”, considerando i generi come sono parametrizzati secondo la società odierna (John non è un nome femminile, he/his non sono dei pronomi femminili).
 
La notizia ha scatenato una serie di polemiche che mettono in luce il “rigurgito” di intolleranza verso le persone transgender che hanno persone eterosessuali, ma anche omosessuali (cisgender), rispetto alle persone transgender.
Alcune, più diplomaticamente scaltre, si sono attaccate alla minore età e alla ricerca di pubblicità dei genitori, anche se solo un pazzo penserebbe che vi sia un ritorno di immagine positivo, vista l’attuale mentalità, a dichiarare che probabilmente il figlio è transgender. Inoltre, ammettendo che la cosa si volesse “nascondere”, come sarebbe possibile? Non facendo piu’ uscire John Pitt di casa? facendo uscire solo i fratelli “normali”? Oppure facendolo uscire chiamandolo col nome femminile e coi vestitini da gran gala’ in rosa?
Che poi Pitt e Jolie siano a favore dei diritti gay e non totalmente eterosessuali è risaputo da un decennio.
 
La cosa che mi ha colpito degli articoli sull’argomento è che sono totalmente centrati sulla legittimità di Brad e Angelina di assecondare il figlio nel desiderio di non essere trattatto da bambina.
Qualcuno considera “eccessivo” mettergli addosso una cravatta, ma questo qualcuno non trova “eccessivo” mettere vestitini rosa, bikini, e tutto il resto a bambine di otto anni.
C’è grande tolleranza verso il binarismo quando questo è funzionale all’instradamento dei bambini al loro “destino di genere”, e quindi vengono tollerati accessori superflui che differenzino maschietti e femminucce, eccessi, forzature all’apprendimento dello stereotipo, quando ancora i corpicini dei bambini, privi di caratteri sessuali evidenti, chiederebbero solo un’educazione e un’immagine neutra e garantista dell’espressione di genere derivante dalle attitudini del soggetto.
Chi è “snaturato”? I Pitt o tutti gli altri genitori del mondo che alimentano il binarismo e gli stereotipi?
Sono i Pitt che stanno “scegliendo un genere” per John, o sono tutti gli altri che lo stanno “scegliendo” per i loro figli?
 
Come sapete, sono sempre stato scettico sui percorsi medicalizzati sui minori, che inibiscono o rallentano gli effetti degli ormoni della pubertà, ma qui si tratta semplicemente di assecondare un figlio nelle sue sperimentazioni di genere del tutto legittime. E credo che la vera cosa importante per John sia sentire i genitori accanto in questo percorso di ricerca di se stessi. Credo sia un diritto insindacabile di ogni bambino/a.
 
Un’altra argomentazione debole dei diffamatori dei Pitt è l’ipotesi che John cambi idea e che quindi si tratti di “una fase”. Non mi sembra che i Pitt stiano somministrando ormoni a John.Se dovesse tornare indietro o maturare nuove soluzioni, sarà seguito ed accompagnato dai suoi, come tutti noi vorremmo essere stati, e invece qualcuno di noi, soprattutto negli anni passati, si è beccato un elettroshock!
 
Un’ultima considerazione la faccio sul tam tam mediatico. Nessuno si è rivolto al maschile a John e nessuno ha usato il termine figlio in luogo di figlia.
 
Cito alcuni articoli con posizioni diverse sull’argomento sperando che possano appagare l’interesse dei miei lettori.
 
 
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Transgender se non sbaglio significa che ha cambiato sesso e non mi pare il caso. Poi perché esercitare questo tipo di pressioni mediatiche su bambini che si vestono come ne hanno voglia? Ciò fa di questa bimba un futuro transessuale? Queste sono scelte per persone adulte e consapevoli, non certo per bambini ed è sbagliato assecondare la figlia di Pitt e della Jolie come se non si sentisse a suo agio col suo sesso, neanche è sviluppata a pieno. Che la lascino crescere e poi vedranno.

Edited by Rotwang
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Saramandasama

Sono d'accordo nell'assecondare il desiderio della bambina, ma siamo sicuri che non possa trattarsi anche di emulazione?

Come si fa a capire se una bambina circondata da 200 fratelli che considera cool, non cerchi di imitarli?

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transgender NON significa che "ha cambiato sesso".

 

Significa che sta transitando da un sesso ad un altro in quanto sta trasformando il proprio corpo in linea con ciò che si sia sempre sentita nella mente e dentro di sé oppure se preferisci che si ritiene del sesso "sbagliato". Ma una bambina può spingersi a questo? Io non credo, per questo dico che sono scelte da adulti e che vadano assecondate fino ad un certo punto.

Edited by Rotwang
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Rotwang, transgender vuol dire semplicemente che una persona non si identifica in parte o in tutto nel proprio sesso. Non implica alcuna transizione o modifica del proprio corpo.

 

Indipendentemente dalla strada che John sceglierà di prendere quando sarà più grande, in questo momento è già transgender.

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So che transgender significa anche non sentirsi semplicemente del proprio sesso senza alcuna transazione ancora avvenuta, ma ritenere una bimba di 8 anni "transgender" lo trovo un po' esagerato.

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ammesso che sia una "fase" di sperimentazione in cui si trova completamente disallineato con l'immagine femminile, il nome femminile e tutto il resto,

e che da adolescente appaia in passerella con la minigonna...
questo cosa trasmetterebbe? che le sperimentazioni di espressione di genere sono variabili?
Perché dovrebbe "ferire" l'immagine transgender?

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A generi invertiti, nessuno avrebbe avuto dubbi.

Un ragazzino che volesse venir chiamato Lucia

e si vestisse sempre da ragazza sarebbe

una giovanissima transgender.

 

Non "precoce".

E' abbastanza normale che la transessualità

si manifesti molto presto.

 

Non è però strano che una ragazza cisgender

voglia mutuare atteggiamenti e abiti del sesso opposto

non perché si sente a disagio col suo corpo,

ma perché si sente a disagio col suo ruolo di genere.

 

La risposta definitiva la avremo con l'adolescenza,

quando vedremo le reazioni al suo corpo sessuato.

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Non capisco la polemica. Col tempo la figlia capirà se si sente maschio o no, ma se per il momento si sente maschio perché non accontentarla? Non credo si possa diventare transgender per spirito di emulazione ("vuole emulare i fratellI") o per una scelta precoce. Sono le stesse assurde ipotesi degli omofobi sui gay ("E' gay perché non giocava a calcetto - non ha passato molto tempo coi maschi - doveva fare il servizio militare".

Molte bimbe giocano con le macchinine o fanno i maschiacci da piccoline, non vuole dire nulla. Col tempo si vedrà.

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Povera bambina, e poveri insegnanti, poveri educatori, poveri genitori, poveri nonni, e poveri noi. Che la figlia di Angelina Jolie e Brad Pitt sia una povera bambina nonostante non sia affatto una bambina povera (cambiando posizione cambia il significato dell'aggettivo) penso sia evidente.

 

I figli dei grandi attori hanno spesso gravi problemi psicologici, l'elenco dei suicidi e delle dipendenze è sterminato perché crescere in casa Brando o in casa Depardieu o in casa Stallone è un privilegio e insieme una condanna: per quanto ti impegnerai non diventerai mai famoso come papà, vivrai sempre di luce riflessa. I figli d'arte bravi quanto i genitori si contano sulla punta delle dita, agli altri non resta che rassegnarsi o impazzire. Perciò credo che la stella di Hollywood adottando bambini in giro per il mondo più che a loro, predestinati a un futuro di ricchi spostati, abbia fatto del bene a sé stessa, aumentando il proprio fulgore mediatico, appagando il proprio narcisismo sfrenato, realizzando la propria trasformazione in Madonna atea, infinitamente bella, infinitamente magra, infinitamente buona, in una parola: un mostro.

Adesso, consentendo ai capricci della figlia biologica Shiloh, che a soli otto anni pretende di farsi chiamare John e vestirsi da maschietto, la madre sta recitando (molto bene, non c'è che dire) la parte dell'attivista omosessualista che accetta benevola qualsivoglia tendenza della prole. Ma c'è dell'altro: col suo ostentato lassismo Angelina si sta dimostrando ottima allieva di Maria Montessori e Jean-Jacques Rousseau, teorizzatori in epoche diverse di quella educazione-non-educazione che ritiene giusto permettere al bambino di essere sempre sé stesso, ossia un piccolo selvaggio. Mentre educare significa precisamente il contrario, significa civilizzare, inserire i giovani nel mondo degli adulti sottraendoli alla caotica deriva degli istinti attraverso esempi e regole.

Ecco perché nell'incipit ho compatito gli insegnanti. Perché nella visione Jolie-Pitt (ammesso e non concesso che quest'ultimo abbia voce in capitolo) asili e scuole non hanno più motivo di esistere, possono al massimo sopravvivere come luoghi di babysitteraggio e parcheggio. E se pensiamo quanto faccia tendenza la magnifica coppia, abilissima nel cogliere ogni refolo dello spirito del tempo, fossi un maestro o un professore mi preoccuperei da subito.

Ma dobbiamo preoccuparci tutti. Il culto della spontaneità ha i suoi prezzi personali e sociali. Un bambino ottenne a cui viene concesso di autodeterminarsi non è una persona libera di esprimersi: è un bambino abbandonato a sé stesso. È ideologia, non è rispetto, e non potrebbe essere altrimenti visto che la diabolica Angelina di cose ne ha rispettate poche nella vita: non ha rispettato il suo corpo insozzandolo di tatuaggi, non ha rispettato i simboli sposandosi in bianco dopo non ricordo quanti figli e quanti mariti, non ha rispettato l'Europa facendosi unire in matrimonio in Provenza da un giudice americano, non ha rispettato la cultura, la lingua, l'origine di uno dei bambini adottati strappandogli il nome etiope per dargliene uno assurdo.

Quella dei nomi assurdi è una sua specialità, magari se Shiloh si fosse chiamata Maria le cose avrebbero preso una piega migliore. Ma nulla è per caso: dare ai figli i nomi dei nonni o dei santi significa inserirli in una tradizione, dar loro nomi senza radici è una pratica nichilista che rompe preziose continuità. Quanti occidentali allocchiti da Hollywood saranno in procinto di chiamare i propri pargoli Shiloh, Chivan, Knox? Poi non c'è da stupirsi che in molte metropoli europee il nome più comune sia ormai Mohammed: così come la natura anche la cultura non tollera vuoti, i popoli che lasciano cadere la propria onomastica vengono sostituiti dai popoli che la propria onomastica (e i significati a essa legati) ricordano benissimo.

Poveri noi, dunque, e povera Shiloh che adesso non è più una bambina, è la cavia di un grande esperimento educativo anzi diseducativo anzi rieducativo: nonna Jane Pitt, la madre di Brad, ha tentato di comprarle abiti da bambina ma è stata aspramente redarguita dalla nuora, che non si permetta più.

 

Fonte e tutto l'articolo: http://www.ilgiornale.it/news/politica/bimba-cavia-che-jolie-e-pitt-trattano-bimbo-1077291.html

Canzone di sottofondo: https://www.youtube.com/watch?v=Os9IakD5NOw

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Non è però strano che una ragazza cisgender

voglia mutuare atteggiamenti e abiti del sesso opposto

non perché si sente a disagio col suo corpo,

ma perché si sente a disagio col suo ruolo di genere.

 

La risposta definitiva la avremo con l'adolescenza,

quando vedremo le reazioni al suo corpo sessuato.

 

La cosa strana è che venga chiamato transgender.

Una volta etichettati, è più difficile cambiare, tornare sui propri passi.

 

Io da bambina amavo i vestiti da maschio, i giochi da maschio,

ero felice se i conoscenti mi scambiavano per maschio.

Più o meno i miei genitori me lo hanno lasciato fare,

pur senza darmi nessuna etichetta e senza clamore.

 

Io non avevo la minima idea di avere un disturbo dell'identità

di genere dell'infanzia, anche se sicuramente lo avevo.

Crescendo, la tendenza si è stemperata, e sono potuta

scivolare gradualmente verso una condizione di "cisgender

non troppo femminile" senza dovermi giustificare con nessuno,

e senza quasi notare il cambiamento.

 

Sono molto contenta che i miei genitori fossero abbastanza

cattolici e abbastanza ignoranti di teorie di genere

da lasciarmi fare come mi pareva, ma senza mai chiamare

le cose con il loro nome.

 

John Pitt dovrà dare spiegazioni al mondo intero,

se un giorno vorrà una gonna.

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Spero che la cosa non si ritorca contro la causa

quando diventerà adolescente.

 

 

John Pitt dovrà dare spiegazioni al mondo intero, se un giorno vorrà una gonna.

 

Ecco, io pensavo esattamente a questo.

 

Se vorrà una gonna, c'è il rischio che si dica:

"Avete visto? Nonostante la martellante ideologia gender

la solce Shiloh ha ritrovato la principessina dentro di lei,

nonostante la sua malefica madre abbia cercato di impedirglielo"

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Io da bambina amavo i vestiti da maschio, i giochi da maschio, ero felice se i conoscenti mi scambiavano per maschio. Più o meno i miei genitori me lo hanno lasciato fare, pur senza darmi nessuna etichetta e senza clamore.

Non ho capito che cosa stai criticando esattamente.

 

A questa bambina piacciono le cose da maschio e ha chiesto di essere chiamata John. I suoi genitori... l'hanno lasciato fare.

La differenza non mi pare essere tra come si sono comportati i tuoi genitori e i suoi, ma tra te e lui. Te semplicemente non ti conformavi a degli stereotipi di genere, lui ha chiesto che ci si rivolga a lui col maschile.

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AndrejMolov89

Loup ha spiegato molto bene le differenze. Secondo me, anche se la bambina vivesse una fase come teme Almadel o Penna, vivrà meglio la sua infanzia/adolescenza con dei genitori che non considerano queste sue legittime richieste come bambinate e cazzate. I suoi genitori lo trattano come un adulto, non obbligandolo, ma guidandolo nel suo percorso. Ho conosciuto pochi transessuali in vita mia, alcuni hanno avuto un percorso facilitato in virtù dei genitori dotati di cervello, altri hanno iniziato il loro percorso di transizione in età adulta rendendo tutto enormemente più difficile e assolutamente estenuante psicologicamente oltreché fisicamente.
Il fatto di temere l'opinione del catto fascista del caso è un argomentazione utile per essere cauti, ma non è su quella che ragionevolmente bisognerebbe basarsi, perché per affrancarci totalmente dalla cultura opprimente bisogna essere anche liberi di scoprirsi nel tempo, capire i propri limiti in contesti favorevli allo sviluppo.

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transgender significa "aldilà dei generi"
se una persona xx chiede di essere chiamata con un nome "per xy", tutto cio' è transgender.

 

il vero dramma è che la definizione "transgender" fa paura, e quindi tutti sono preoccupatissimi 

dell'eventualità che sia "rovinato" da un passato "transgender".

in realtà se un giorno chiedesse una gonna, sarebbe in linea con l'essere "transgender,

nel senso di "aldila' dei generi".

il termine ombrello "transgender" comprende anche chi ha un'identità fluida

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  • 2 weeks later...

Non ho capito che cosa stai criticando esattamente.

 

A questa bambina piacciono le cose da maschio e ha chiesto di essere chiamata John. I suoi genitori... l'hanno lasciato fare.

 

Ok, non mi addentrerei fino a questo livello: vai a sapere

cosa davvero ha chiesto, cosa hanno scritto i giornali,

cosa hanno imbeccato i genitori... è difficile per noi sapere

come stanno veramente le cose.

 

Loup ha spiegato molto bene le differenze. Secondo me, anche se la bambina vivesse una fase come teme Almadel o Penna, vivrà meglio la sua infanzia/adolescenza con dei genitori che non considerano queste sue legittime richieste come bambinate e cazzate. I suoi genitori lo trattano come un adulto, non obbligandolo, ma guidandolo nel suo percorso.

 

Io non ho auspicato che i suoi comportamenti venissero trattati

come "bambinate o cazzate". Anzi.

Mi pare che nell'esempio personale che ho riportato si mostrasse

tutt'altro. Ora che mi ci fai pensare, direi che mio padre

mi ha sempre preso per il culo e sminuito su moltissime cose,

ma sui vestiti maschili mai.

 

Ma non mi auguro nemmeno che venga trattato come un adulto,

perché non è un adulto, e non si merita le etichette

che si danno agli adulti. Può ancora sfuggirvi per qualche anno,

beat* lei/lui, perché toglierle/gli questo tempo di libertà?

 

Comunque, il caso è particolare a causa della fama:

se il Greed ottenne si fosse fatto chiamare Laura per un po'

oggi a mala pena lo ricorderebbe qualche vecchio amico,

mentre la piccola Pitt a vent'anni digiterà il suo nome su google

e si vedrà definita "transgender". Senz'altro dovrà allenarsi

a dare molte spiegazioni su di sé.

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non capisco perché se chiede il maschile, dobbiamo dargli in cambio asterischi

 

ad ogni modo, digitare il proprio nome e vedere associato "transgender" non è un'offesa...

o stiamo diventando transfobici anche noi?

Edited by Nath
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