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Ars gratia artis?


yrian

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EDIT. Questo topic è una divisione da quello su Alessandro Baricco. Siete invitati a leggere prima quella discussione e poi a proseguire qui. Magari anche a partecipare, data l'enorme importanza dell'argomento, su cui non mancherò di intervenire ulteriormente.

 

Ma non è un concetto difficile da capire, tesoro. Purtroppo al giorno d'oggi la gente "comune" è lontana dalla cultura, con due tragici risultati cioè che (primo) la cultura - il cui scopo dovrebbe essere quello di migliorare la vita (profondità del pensiero, innalzamento dello spirito, superiorità di valori, avanzamento di concetti, arricchimento di stimoli, alternativa di prospettive, definizione di identità, amore per il bello, condivisione di passioni, eccetera eccetera...) finisce per essere inutile; (secondo) la cultura ereditata dal passato rischia di morire (e, siccome sei un musicista, sai che la musica e il teatro - diversamente dalle arti figurative - non si possono salvare rinchiudendole in un museo: bisogna farle vivere, eseguendole).

 

Con tutto il rispetto per te e quelli come te, se Mozart continuerà a rimanere solo appannaggio di accademici spocchiosi non farà una bella fine. Perché non si potrebbe ascoltare Mozart come si ascoltano i Backstreetboys? Perché un qualsiasi nostro coetaneo non dovrebbe poter - come già facciamo io e te - avere un poster di Mozart, avere MP3 di Mozart nell'ipod, alternare regolarmente l'auditorium alla discoteca?

 

Questo non significa abbassare la musica classica a livello della musica di consumo, significa ridare alla musica classica la "vitalità" che ha la musica di consumo. Stai tranquillo che anche le differenze qualitative alla fine vengono fuori.

 

E' pur vero che il sistema produttivo e la stupidità della gente portano a un contesto in cui ti viene voglia di sacralizzare la musica classica e tenertela per te per non sputtanarla buttandola via come perle ai porci.. ma io credo che questo atteggiamento da aprte dell'inteligentia di cui faccio parte sia sbagliato.

 

Questo è il senso della provocazione di Baricco, la richiesta di una ammissione di responsabilità da parte di noi artisti e intellettuali, che abbiamo la nostra parte di colpa se, al giorno d'oggi, c'è un abisso apparanentemente incolmabile tra cultura seria e cultura di massa. Mi sembra che Baricco, almeno in questo, predichi bene e razzoli meglio, avendo il merito di un ottimo divulgatore.

 

Nel mio piccolo sono d'accordo con lui e seguo questa medesima strada, fin dai tempi del mio percorso di studi, culminato con una tesi sull'argomento, e con le mie scelte registiche, la mia attività didattica, finanche con questo Forum.

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Ma guarda che mi tocca leggere: innalzamento dello spirito, superiorità di valori, avanzamento di concetti... Come fai a volere che si pensi a Mozart con maggiore semplicità e poi mettere in fila tutte queste pippe mentali (mi si passi il termine poco ortodosso) una dopo l'altra?

L'Arte che innalza, che rende superiori, che ci unisce all'Assoluto: tutti concetti di matrice beethoveniana o comunque romantica, che non fanno che compiacere chi vi crede, senza portare a nessun cambiamento.

Tutti concetti che rimandano ad un Amore Universale, ad una Fratellanza dell'Umanità, che viene sistematicamente abbattuta dall'uso improprio della locuzione "gente comune": ti sei mai chiesto perché, se l'Arte è assoluta, se serve ad innalzarci ad altri valori, se è veramente di tutti, c'è gente che non se ne fa nulla? Pensi veramente che pasterebbere fare più concerti per diffondere un minimo di cultura musicale alla "gente comune"? Si chiama "gente comune" proprio perché è comune: è triste da ammettere, ma la maggior parte delle persone non se ne fa nulla, della Cultura, perché non ne è all'altezza. La differenza tra cultura seria e cultura di massa è che la massa è stolta. Non si può alternare l'auditorium alla discoteca, Yrian: passerò per razzista, ma gli uomini non sono tutti uguali.

E' contro queste ammuffite ideologie beethoveniano-romantiche che io mi batto; per far capire che aveva ragione Schoenberg quando diceva che "Se è Arte, non è per tutti; se è per tutti, non è Arte".

L'Arte non è assoluta.

 

P.S.: si, sonno terribilmente OT. :asd:

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Ma insomma, quante volte devo ripeterlo che non dovete MAI avere paura di postare cose sensate? Se andiamo OT sarà compito delmoderatore cambiare titolo alla discussione o dividerla. Il paradosso è che la maggior parte della gente posta scemenze senza porsi troppi problemi e poi trovo utenti che partecipano costruttivamente ma pieni di dubbi... :asd: Mah!

 

Tornando a noi... Quando ho fatto l'elenco dei pregi dell'arte l'ho fatto con una ironia che forse non traspariva abbastanza. Comunque, nella sostanza, è vero: la mia visione dell'arte è, in quel senso, romantica, perché davvero credo che arricchisca l'umanità... E, in generale, credo in quegli ideali che a te forse non piacciono: lo dimostro ogni giorno coi miei interventi nel Forum, specie ultimamente, quando ci sono stati assurdi rigurgiti di razzismo, specie antiislamico.

 

Ma bisogna fare dei distinguo: è proprio nel corso del Romanticismo che è iniziato quel percorso che poi ha portato - con le Avanguardie - al distacco tra gli intellettuali e la "gente comune". Io - beethoveniano (più che altro wagneriano) - rifiuto questo distacco e, in questo senso, sono anche più "moderno" di te - schoenbergiano - che a tua volta sei fermo ai primi del Novecento.

 

Io credo negli Ideali Assoluti di cui sopra... però è anche vero - strano paradosso di coincidentia oppositorum - che non credo nell'Arte Assoluta... Semmai credo nell'Artigianato Assoluto. almeno nel nostro Secolo (che, ricordo, è il Duemila, non più il Novecento). E quello sì che può essere PER TUTTI.

 

In somma, quelle che tu in me chiami "pippe mentali" sono tutt'altro che inconciliabili con un Mozart spolverato e rivitalizzato.

 

La denominazione di "gente comune" contro cui ti scagli, effettivamente è il punto dolente: ma proprio questa contraddizione è quella che il pensiero di Baricco segnala. Io lo considero un atto di responsabilità intellettuale: gli artisti chiusi nella torre d'avoio a me non piacciono. Almeno gente come Baricco ammette che la frattura essite ed è dolorosa, mentre l'atteggiamento contrario mi sembra un ammettere che esiste e fregarsene.

 

Non sto auspicando una nuova Età dell'Oro in cui ogni poveraccio possa dissertare amabilmente di dodecafonia... ma almeno un ritorno del benessere culturale che - credimi - in quest'epoca sta sparendo. Sarà che ho qualche anno in più e davvero - nell'arco della mia pur breve vita - ho visto il mondo, sotto quest'aspetto, cambiare... in peggio.

 

Ma, se i cambiamenti sono così rapidi e percettibili, allora - credo - il processo in atto è ancora modificabile, senza abbandonarsi ai fatalismi.

 

Ti asssicuro, per esempio, che i testi che scrivo io per il teatro sono cose che riescono a far passare riflessioni anche importanti senza alcun intellettualismo. La gente che assiste a una mia commedia va a casa divertita - spesso dopo aver riso a crepapelle - ma anche arricchita di stimoli e forse di ideali. Se io scrivessi teatro come a suo tempo un Seneca o un Manzoni... campa cavallo: per forza che la "gente comune" poi è lontana da noi. La verità è che dovremmo appunto ammettere che "noi" e "loro" siamo tutt'uno: solo che ci siamo momentaneamente persi di vista.

 

In definitiva, sto dicendo che la tu aposizione non è meno antiquata della mia, ma la mia almeno è consapevole della crisi e va in cerca di miglioramenti... La tua è una elitaria chiusura. Me ne spiace.

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Il discorso è molto più semplice, in realtà.

Io prendo atto di quella che tu (con Baricco) chiami "frattura" fra cultura seria e cultura di massa: ma non ho alcuna intenzione di agire su di essa non perché adoro stare nella mia torre d'avorio a compiacermi della mia presunta superiorità, a guardare dall'alto una presunta massa di ignoranti, dando modo alla mia presunta sindrome d'onnipotenza di dare il meglio di sé; ma perché sono convinto che questa "frattura" sia insanabile.

Non sto decretando un'incontestabile superiorità dell'elite intellettuale sulla massa stolta ed ignara; sto solo dicendo che si tratta di due realtà distinte, non una superiore all'altra, solo diverse. ;)

La Cultura c'è, chi la vuole se la prenda; chi non la vuole, non si imporrà l'ascolto di Beethoven solo perché Baricco ha caldamente invitato a farlo per avvicinare la "gente comune" alla Grande Cultura. E' colpa dell'opera divulgativa di Baricco&Co se tanta gente si sente al sommo della conoscenza artistica solo perché ascolta le stupidaggini di certi pianisti dilettanti, ha posters di pittori/grafici di dubbie qualità e legge libri che non parlano di nulla ma fanno molto chic. :D

 

P.S.: Che vuol dire "sarà compito del moderatore cambiare titolo alla discussione o dividerla"?I? Non sei tu, il moderatore?!? :D

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Eh, vedo che siamo arrivati a un punto di incontro.  Preso atto della situazione, lavoriamo in due direzioni diverse... Mi sa che la collaborazione alla Scala è destinata a fallire.

 

Quanto alla "cattiva cultura" che nomini, sono perfettamente d'accordo... E Baricco un po' ne fa parte... Ma è un discorso un po' lungo e - tra te e me - finiremmo solo per lanciarci in un elenco di gente da maledire...

 

Dimenticavo: sì, il moderatore sono io! ... E' chiaro che mi riferivo a me stesso... A volte parlo dime stesso in terza persona, come Giulio Cesare e Gesù Cristo... Che vuoi farci?

Piuttosto non mi sembra ci siano gli estremi per dividere... Credo che editerò il titolo e basta. Che ne pensi?

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Dannazione, Yrian, adesso dovrò trovarmi un'altro collaboratore! :P

Comunque sono contento che siamo arrivati ad un punto di incontro prima di scannarci a vicenda; peccato non poterci lanciare nella lista di persone da maledire, sarebbe stata molto divertente. E molto lunga. :cool:

Comunque, se vuoi editare, edita: come vuoi intitolarlo? Baricco e la sub-cultura? :gha:

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Se volessimo divagare ancora, sarebbe interessante verificare come si mettono in relazione le nostre diverse opinioni in metiro al ruolo dell'arte, le nostre idee politiche e, oserei dire, anche il modo in cui viviamo la nostra omosessualità... Ho idea che noi si sia due stereotipi ambulanti. :cool:

 

Quanto al topic, come vedi, alla fine ho deciso di dividere. :gha:

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Dal dibattito sono emerse due posizioni nette. La prima e` quella di Yrian che coincide a quella di Barrico e consiste nel ruolo paideutico e di divulgazione che la cultura. La seconda e` quella di Quint che non ritiene onesto per  la cultura andare incontro al favore delle masse. (probabilmente ho estremizzato le posizioni, ma in linea di massima sono quelle)

 

Esiste un aperto dibattito sul ruolo della cultura. Chi la vede come semplice diletto e chi come strumento di educazione. La cultura greca e` ricca di ambedue. Basti pensare alla tragedia greca o alla commedia per poi arrivare nell'ellenismo con Callimaco (la poesia come diletto). E` interessante analizzare le due fasi storiche in una visione politica, infatti nell'eta` Ellenistica  quest'impegno civile e politico dell'Atene di Pericle  va assottigliandosi man mano con la dissoluzione della polis.

 

La mia posizione e` categorica, l'intellettuale deve impegnarsi politicamente e con questo non dico andare a ricoprire cariche politiche, ma di avere un' importante parte nel processo sociale. Per non fare artificiosa retorica, faccio degli esempi. Oggi giorno la societa` ha paura del domani, del diverso, si sente molto razzista in virtu` della paura. Bene, allora compito dell'artista/intellettuale sara` riuscire ad abbattere le barriere di questa diversita` creando commedie, libri e quant'altro che non siano dialoghi sui massimi sistemi, ma semplici racconti fruibili da tutti. E` in questo che si mostra la maestria/bravura di un intellettuale ovvero dare una facile forma a concetti difficili da capire. Di solito il genere che funziona meglio di tutti e` la satira che fa molto uso del paradosso.

 

Faccio fatica a immaginare un tipo di processo analogo nella musica classica, diversamente invece riesco a farmene un'idea in quella cantata in cui molto facilmente si trovano un numero impressionante di canzoni d'amore. Siamo d'accordo che l'amore e` una cosa bellissima e sublime, ma c'e` un'inflazione galoppante di canzoni di quel tipo mentre le altre emozioni che proviamo non vengono mai descritte. Su questo filone posso dire di trovare degna di menzione la canzone di Caparesta che pur non essendo il mio genere preferito mi ha colpito con la sua "La mia parte intollerante". 

 

Ripescando il significato vero e autentico del termine posso dire che Un intellettuale che non s'impegna politicamente e` un idiota

 

Bene, se prima ero dubbioso sull'aver detto delle belinate, ora ne ho la certezza  :)

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Allora, innanzitutto scusa se ho abbandonato un paio di giorni la discussione, ma dovevo concentrarmi sulla risposta.

 

Innanzitutto, non devi scusarti di aver estremizzato le posizioni, perché sono estreme: l'ha detto, Yrian, che siamo "due stereotipi ambulanti".

Saltando il discorso sulla cultura greca, sulla quale sono troppo ignorante per aprire bocca, veniamo direttamente al tuo assunto: "l'intellettuale deve impegnarsi politicamente".

Io sono, nel caso non si fosse capito, di tutt'altro avviso. Diciamo che la mia concezione dell'artista è quella di un uomo libero di fare ciò che vuole, libero da ogni obbligo e da ogni schema. Questo stride un pochino con l'ideale dell'artista che si impegna per il miglioramento dell'umanità; e senza il quale, parrebbe, l'umanità non va avanti.

Analogamente, secondo me l'Arte non ha alcuno scopo, non ha alcuna funzione. L'Arte non serve a migliorare il mondo, non serve a comunicare un idea, non serve a propagandare un'opinione. Poi, è chiaro, può essere usata in questa funzione (impossibile negarlo), ma non è questa la "natura" dell'Arte. La "natura" dell'Arte, il suo obiettivo, il suo scopo, è solo esistere. Tutto il resto è solo un... contorno, che ognuno è libero di mettere e non mettere.

Questa, ripeto, è la mia opinione personale. Sempre che sia riuscito a spiegarmi (cosa di cui dubito).

 

[e non hai detto belinate ;) ]

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Wow! Continuate così, ché giusto discussioni come questa mi fanno pensare che il tempo che dedico al Forum non sia buttato alle ortiche.

 

Una nota. Io sono sì un artista "impegnato", però inaspettatamente, concordo con Quint sul fatto che l'Arte non necessariamente deve avere una funzione progressista.

La cnclusione è paradossalmente la stessa, ma io ci arrivo da una direzione opposta: il fatto è che per me l'Arte ha SEMPRE un significato "edificante" (mamma, che brutta parola).

Non è che una lirica d'amore sia meno singificativa di una satira sociale: anche l'argomento più intimo in realtà riguarda l'uomo nella sua interezza e come tale arricchisce (al di là dei giudizi di valore, si intende) qualunque fruitore dell'opera stessa.

In particolare non me la sento di colpevolizzare gli artisti disimpegnati, in quanto l'istinto creativo scaturisce da esigenze personali indomabili: non ci si può costringere a tutti i costi. Credo nella RSPONSABILITA' dell'artista, ma non in altri obblighi.

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Ma che thread meraviglioso mi sono perso?

Sono sfacciatamente d'accordo con Quint.

E visto che sono d'accordo con lui lo criticherò (perchè godo nel farlo); ma INTERNAMENTE al suo pensiero.

 

1) L'artista è libero e come tale non è chiamato a dover fare altro che arte; dalla sua libertà però deriva necessariamente che ha il diritto di impregnare di significato la sua stessa opera, senza limitarsi unicamente nel recinto del "bello per il bello".

2) Questa pretesa Libertà è poi un'idea romantica, mi sbaglio? Tutti i grandi artisti del passato erano "commerciali" e "prezzolati", no? Dalla musica alla letteratura, passando per le arti figurative; non è forse vero che gli artisti sono servi di un'ideologia di cui fanno propaganda o, peggio, operatori su commissione. Mi sbaglio?

 

L'Arte non è altro che ciò che rimane: questa è la differenza tra una moda e un capolavoro. I Backstreet Boys non sono arte perchè nessuno li ricorda; analogamente Mozart è arte.

Non possiamo, neppure volendo, mettere sullo stesso piano l'Effimero e l'Eterno (e non vi è retorica: l'Eterno è eterno finchè dura... e dura!)

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Vorrei riprendere un attimo il mio discorso sull'impegno dell'arte.  Io parto dal presupposto che ogni persona dovrebbe impegnarsi nella societa`.  L'uomo non sarebbe nulla senza di essa. Ogni mestiere dell'uomo prevede in un certo senso un impegno a favore degli altri. Se non ci fosse il panettiere, non mangeremmo il pane, se non ci fosse lo spazzino le strade sarebbero sporche, ecc... 

 

L'artista dovrebbe sentire anche lui l'onore e l'onere di avere un ruolo sociale, nel suo caso quello di comunicare all'uomo qualcosa che possa arricchirlo, di aiutare nella comprensione della societa' e della sua epoca.  L'artista ha questa responsabilita` perche' e` sicuramente la persona che meglio di tutti puo` riflettere sulla situazione dell'uomo dal momento che utilizza prevalentemente l'ingegno nel suo lavoro.

 

L'arte e` un modo per comunicare e come nella TV si puo` scegliere di mettere un bel numero di showgirl oppure far qualcosa d'intelligente che sia foriero di cultura e non la sola bellezza fine a se' stessa. 

 

Concludo dicendo che personalmente vedo l'artista come uomo dotato di questo potere di comunicazione e parafrasando una battuta di Peter Parker[spiderman] direi da grandi poteri derivano grandi responsabilita`  ;)

 

[il bello sta nel citare un fumetto xD]

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M'inserisco in queste discussioni, certo di avere qualche cosa di interessante da dire e altrettanto certo di una meschina figuraccia come risultato.

 

Prima di iniziare un dibattito sulla cultura personalmente indagherei più a fondo sull'essere artista. Da parer mio, l'artista altri non è che "colui che interpreta la realtà". Si è sempre detto che l'artista crea le sue opere. Io sono più propenso a considerare la sua azione come una rielaborazione di preesistenti forze. Mi spiego meglio: Mozart non ha inventato la musica, Mozart ha rielaborato 7 note disponendole in modo da formare qualcosa di nuovo.

 

Partendo da questa ipotesi, ecco che decade ogni possibile discussione sulla funzione della cultura. Perchè l'opera, in quanto nata da una sintesi della realtà, è sempre e comunque "maestra", se non altro per la sua funzione di offrire una nuova ottica, un diverso punto di vista.

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Porto un esempio per far procedere il dibattito,

 

Potreste paragonare le pubblicita` create da Oliviero Toscani [per la benetton aveva fatto il ritratto di un bambino nero e un bambino bianco. la foto era un'altra ma ho trovato solo questa al momento]

 

benetton3.jpg]

 

e le pubblicita` fatte con una donna totalmente nuda che magari ammicca in modo da eccitare gli uomini  [riguardando il titolo del forum... forse potrebbe non essere il caso per i maschietti]

 

L'artista quindi puo` scegliere di inseguire il bello e  il piacere oppure impegnarsi per comunicare qualcosa come arricchimento sociale. 

 

Sempre di Oliviero toscani

 

im74p.jpg

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Andrea, per carità, non mettere in mezzo la pubblicità: l'unica cosa che ho veramente capito in 5 anni di Istituto d'Arte, è che la pubblicità è Arte e non-Arte contemporaneamente. La sua presenza in questo topic creerebbe solo caos. :D

Invece è decisamente più accettabile la citazione da un fumetto (in fondo, parliamo del buon vecchio Uomo Ragno, mica cotica).

 

Tornando a bomba...

 

Riguardo a ciò che scrive Almadel: nulla da ridire sul punto 1 (perché hai scritto "diritto"). Riguardo al punto 2, non ti sbagli: diciamo che fino più o meno al Settecento, l'Arte era strettamente legata a chi la commissionava. Solo con l'inizio del Romanticismo l'Artista scrive per sé e solo per sé. Mi domando: è a questo punto forse che l'Artista ha cominciato a ritenersi inutile? E' a questo punto che, per scusare la sua inutilità, ha partorito l'idea che l'Arte dovesse slegarsi dalle commissioni perché doveva trasmettere un messaggio, elevare l'umanità? E' a questo punto che l'Arte si è indirizzata sempre più verso l'Ideale, a scapito della Bellezza? [ogni riferimento a Beethoven NON è puramente casuale :D]

Sul discorso Effimero vs. Eterno, non posso che essere pienamente d'accordo.

 

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Andrea, l'Artista secondo me ha un "ruolo sociale", ma non è, come dici te, arricchire l'uomo, aiutarlo a comprendere la società: è semplicemente realizzare l'Opera, che un'ipotetico pubblico possa o meno apprezzare. In entrambi i casi, l'Opera esiste, c'è, vive; e se in essa vi è costruzione, impegno (di lavorazione, non intendo "impegno ideale"), un minimo di buon gusto e magari anhe del Genio (e qui il discorso si complica), non c'è dubbio che continuerà a vivere in eterno. Se poi, ripeto, insieme a questi elementi si vuole dare un connotato ideale/politico/sociale, ben venga. Ma non è affatto necessario per la "riuscita" di un'Opera.

Ti posso assicurare, per esempio, che quasi tutta la Musica composta prima del 1800 non ha alcun messaggio da comunicare: ma nonostante questo, non è forse lo stesso Arte? Non vorrai mica venirmi a dire che la Toccata e Fuga BWV565 di J. S. Bach (tanto per citare qualcosa che non puoi non conoscere) non sia Arte? Eppure è solo una fuga preceduta da una toccata, messaggi non ce ne sono. ;)

 

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Per Alexarcus: ottimo intervento; un punto di vista nuovo, almeno. E soprattutto, molto duchampiano: l'Arte è l'Opera che l'Artista compie su elementi preesistenti, giusto? Dunque, Mozart prende "le 7 note" (che non sono 7, ma vabbè) e le "riordina"; il pittore prende i colori e li "riordina"; il poeta/scrittore prende le lettere e le "riordina" (un po' forzato, forse, ma il concetto è questo, no?). Ma soprattutto: Duchamp prende un orinatoio, lo gira, e dice che è una fontana. Alexarcus, sei perfettamente dadaista. Il che ti porta automaticamente una spanna più in alto di un beethoveniano! ;)

 

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Ultimo, ad Yrian: visto che siamo giunti ad un accordo, debbo dedurne che quel progetto scaligero si farà? ;)

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uhmmm ho un paio di piccoli appunti sull'arte... (deformazione professionale, me ne scuso da subito)

L'arte è comunicazione (e su questo non ci piove).

Nessun artista, qualunque cosa faccia (che disegni o componga musica o scolpisca o danzi...) lo fa per se, lo fa per comunicare (possibilmente alla maggior parte della gente possibile) un suo messaggio. Puo' essere compreso o meno (a seconda anche della predisposizione mentale del ricevente) ma comunque c'è (e qui potrei mettermi a citare bilioni di opere d'arte moderna e contemporanea, compresa 'fontana').

Difficilmente, questo è vero, un artista dirà, a caldo, voglio dipingere questo per comunicare questo questo e questo, ma la volontà di comunicare un messaggio è comunque insita nell'idea di creazione stessa.

 

La pubblicità, in quanto tale, non è considerata arte non perchè non lo sia a tutti gli effetti (Toscani, prima di essere un pubblicitario è un fotografo, e le sue foto sono arte... poi sul brand della benetton il discorso è un po' complicato, si è scelto un soggetto, e una ditta, per cui si potrebbero spendere parole a non finire), ma semplicemente perchè nasce, da subito, con la volontà di una comunicazione di massa.

Ovvero: studio innanzitutto a che fascia d'età e a che tipo di persone è indirizzato il mio prodotto, poi mi faccio delle ricerche sociologiche e psicologiche per scoprire cosa colpisce o meno questo dato gruppo, da quello scelgo frasi, soggetti, colori e, anche, illuminazione della foto (o del disegno) è, quindi, troppo 'artefatta' per poter essere considerata universalmente arte.

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Santi numi, quanta carne al fuoco... Sono costretto a cambiare di nuovo il titolo del topic per focalizzarlo meglio. ;)

 

Neanche stavolta intervengo nel dibattito in modo pregnante, ma faccio un'altra precisazione a proposito dei ready-made di Duchamp. Lì il quid non sta tanto nell'esporre l'orinatoio capovolto, quanto nell'esporre l'orinatoio stesso e chiamarlo opera d'arte quando non nasce come tale (lo fa anzi, con una finalità "ignobile"): il tutto a dimostrare l'enorme potere dell'artista, la cui poetica può donare a un tale oggetto un valore estetico... o per lo meno costringere gli altri ad interrogarsi sullo stesso (a proposito: è provocazione o trasgressione? Eheheh! ;)).

Certo, anche il rovesciamento della funzionalità dell'oggetto ha una sua valenza. Si vedano a questo prposito il ferro da stiro chiodato dello stesso Duchamp e le sublimi sedie spalmate di grasso di Beuys.

 

(Per Quint: sì, torniamo al vecchio progetto di collaborare. Mi vuoi come librettista o come regista? Perché nel primo caso sarebbe la tua musica ad avere il potere di modificare - anche contraddire - i miei intenti, nel secondo avrei io il pubblico dalla parte del manico! ;))

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Faccio una domanda ingenua (l'ultima domanda ingenua della mia vita credo di averla fatta 20 anni fa):

ma di cosa si parla esattamente in questo topic? Se mi fate un riassunto potrei anche parteciparvi...

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La domanda non è ingenua, caro.

 

Il topic è nato come un "off topic" di quello su Baricco, si è soffermato sul rapporto tra cultura "seria" e cultura "di massa", ma ha definitivamente preso la via del dibattito sul ruolo dell'artista nella contemporaneità, in particolare se debba considerarsi libero di esprimersi come meglio crede o se debba necessariamente sentirsi la vocazione dell'impegno sociale. Ho modificato appositamente il titolo.

 

Sentitevi comunque liberi di dire quello che pensate. Ogni idea è uno stimolo interessante, purché non sia clamorosamente fuori luogo. Se nascono nuovi spunti di discussione penserò io a dividerli. La discussione è invero troppo succosa per imbrigliarla a priori.

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Neanche stavolta intervengo nel dibattito in modo pregnante, ma faccio un'altra precisazione a proposito dei ready-made di Duchamp. Lì il quid non sta tanto nell'esporre l'orinatoio capovolto, quanto nell'esporre l'orinatoio stesso e chiamarlo opera d'arte quando non nasce come tale (lo fa anzi, con una finalità "ignobile"): il tutto a dimostrare l'enorme potere dell'artista, la cui poetica può donare a un tale oggetto un valore estetico... o per lo meno costringere gli altri ad interrogarsi sullo stesso (a proposito: è provocazione o trasgressione? Eheheh! ;)).

 

Sposami XD

Un matrimonio d'opportunità, cosi'... tanto per avere qualcuno con cui parlare ;)

 

è comunque questo uno dei concetti che avrei espresso se avessi voluto, appunto, nominare i bilioni di opere d'arte moderna e contemporanea...

Tra l'altro esistono cose come il "monocromo di mosche" (di non ricordo, purtroppo chi): tante mosche morte attaccate ad una tavola bianca che formano un disegno, o come "autoritratto dell'artista come mangime per insetti": un bel blocco di cioccolata fondente (scolpito a somiglianza dell'artista) pieno di larve di insetti xilofagi... che hanno creato non pochi problemi sia ai critici che ai restauratori. Il primo perchè, indubbiamente, puzzava e deperiva... mesi a discutere su: ma se è fatto di roba morta deve, obbligatoriamente, deperire. Ma si, ma no... alla fine l'hanno infilato in una teca piena di pastiglie che consumano ossigeno in modo da preservarlo.

Il secondo invece, ha causato un infestazione di insetti in tutto il museo, decidono di ripulirlo dalle larve, ma poi la cioccolata non sarebbe piu' commestibile, e invece doveva esserlo e poi doveva continuare a farsi mangiare... altri mesi spesi in chiacchiere mentre si disinfestavano i quadri e il museo tutto.

Alla fine l'hanno comunque ripulito, ma con una sostanza non velenosa per l'uomo in modo che fosse ancora commestibile e l'hanno infilato in una teca.

 

Domanda: siamo noi che ci facciamo le paranoie sull'arte o davvero questi due artisti si erano messi a pensare al fatto che un dovesse, necessariamente, sparire e che l'altro, creato per sparire, dovesse, necessariamente restare commestibile?

Io credo, per il primo caso, che sia stata snaturata l'opera. Gli insetti dovevano restarci e farla sparire... ora invece c'è un blocchetto informe di cioccolata da qualche parte in un museo... Ma è stata snaturata in funzione del fatto che le intenzioni dell'autore erano chiare fin dal principio. Per tutto il resto (sopratutto se si parla di autori morti) sono solo i critici a dettar legge, ma, come per la maggior parte delle cose, l'interpretazione è sempre personale... non potrebbe essere altrimenti: ogni tipo di comunicazione porta con se dei messaggi originali che si modificano a seconda della distanza (anche temporale) e delle diversità culturali e sociali attraverso cui deve necessariamente passare.

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Leggendo la parola artista, la mia mente è andata inevitabilmente alla letteratura (prima che alle arti visive). Sarà di sicuro deformazione professionale pure questa. E nel caso dell'arte letteraria, credo che nei secoli passati gli scrittori si siano preposti ogni tipo di finalità: c'è chi ha sentito l'impegno sociale come una missione letteraria e chi invece ha voluto far piazza pulita di ogni vincolo per dare libero sfogo alle proprie pulsioni.

Personalmente sono vicino a Théophile Gautier ("l'art pour l'art") e al nostro Oscar Wilde ("Art for art's sake"), che pur non avendo inventato nulla di nuovo, hanno incarnato perfettamente questa necessità dell'artista di creare prodotti artistici senza nessun secondo fine (economico, culturale, ideologico, politico, didascalico). Ciò non significa assolutamente che poi il risultato non possa avere anche queste funzioni secondarie, ma ciò che conta è che l'atto creativo sia scevro da ogni intenzione o finalità se non quella di creare per l'appunto un prodotto artistico.

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non sono d'accordo...

La finilità dell'arte non è quella di creare un prodotto artistico... altrimenti non l'avremo l'arte, perchè nessuno si prenderebbe la briga di divulgarla per farla vedere, leggere, ascoltare ad altri.

è poetico e molto affascinante dire che si crea solo per creare, ma non è mai cosi'.

Anche se l'artista stesso puo' non rendersene conto (perchè non è detto che l'arte sia necessariamente conscia) un messaggio c'è. Fosse anche solo quello: è arte, guardatemi sono un artista.

Nessuna azione è mai scevra da finalità (e io ci scommetterei che wilde mentre scriveva pensava a come sarebbe stato preso tal suo libro e a quanto sarebbe riuscito a divulgarlo) semplicemente è bello credere che lo sia.

Qui pero' scendiamo in campo di teoria della comunicazione, e mi sa che cambiamo ancora indirizzo al topic (povero Yrian XD).

Gli artisti, di qualunque tipo siano, hanno (normalmente) un ego mostruoso, e non vedono l'ora di mostrare al mondo la loro grandezza e il loro genio creativo.

Questa è una funzione come un'altra in fondo.

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No, Rainbow, non sono per niente d'accordo con te. Mentre lo sono con Saint Just. Come avevo già scritto poco prima, io credo che l'opera d'arte - anche la più personale e disimpegnata - abbia sempre una valenza costruttiva per la mente e lo spirito del fruitore.

 

Vi vorrei invitare, però, a non sopravvalutare dichiarazioni programmatiche come quelle di Wilde: erano sentenze che avevano un senso soprattutto nel contesto storico in cui sono state pronunciate, così come le provocazioni di Duchamp che ho già illustrato. Non mi sognerei mai di considerare Duchamp superiore a Michelangelo, però anche negargli la qualifica di artista come fanno alcuni mi smebra un'esagerazione e una mancata comprensione deimeccanismi che regolano l'estetica contemporanea e il dibattito attorno ad essa.

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Sarà, ma per me Duchamps non è un artista.

Non è un artista in quanto quello che fa è puro concetto ed è quindi un filosofo o, se vogliamo meglio, un sofista.

L'Arte non è puramente concetto; è anche, o forse soprattutto, una "tecnica per suscitare emozioni".

Dal Suprematismo in poi, passando per tutte le Avanguardie fino alla Pop-Art; "la forma muore" o comunque s'ammala d'un male inguaribile o quantomeno inguarito.

 

Io non voglio togliere ai Dadaisti il loro enorme contributo anche perchè sono Dadaista anch'io.

Col mio gruppo situazionista organizzai anni fa una distribuzione di mille gesseti bianchi in una piazza: tutti i ragazzi che li accettarono cominciarono a scrivere sul selciato, sui marciapiedi, sulle colonne... L'effetto estetico fu incredibile (almeno fino alla pioggia successiva); ma io ero un artista? No, non lo ero. Ero un inventore, un pensatore dadaista, un provocatore urbano, un graffitaro ecologico, un madonnaro democratico... ma un artista no.

E perchè?

Perchè avevo il Cuore giusto ma mi mancava la mano; come un bambino che fantastica ma non sa ancora scrivere le avventure che immagina.

 

Il titolo del thread è sempre più impegnativo!

Sembriamo quasi intelligenti.

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Ma perchè mai un artista dovrebbe creare un'opera d'arte con scopi didascalici, quando è perfettamente conscio della soggettività della contemplazione artistica?

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Sai, Almadel, potrebbe essere anche solo una questione di definizioni. Se attribuisci alla parola "artista" il significato che dici, naturalmente siamo d'accordo con te.

 

Ma proprio l'inedito statuto dell'arte nella contemporaneità ne ha - io credo - ridisegnato le coordinate. Io sono - temo - un sostenitore della Poetica... Potrei arrivare fin quasi a sostenere la non necessità dell'artista: alla fine l'arte greca non l'hanno fatta i greci ma l'idea ERRONEA che i posteri si sono fatti di essa.

 

(Sul perché di tutto questo si era inconsciamente risposto Quint irridendo a Beethoven: contraddizione intrinseca all'intellettuale ottocentesco, scontrosamente chiuso in se stesso eppure intriso di valori universali e impegnato in battaglie concrete. Perché? Non saprei. Emergenza della borghesia e massificazione del gusto, forse?)

 

Non vedo perché l'arte dovrebbe essere sopratutto - come dici - "emozione" e non "discorso"... Sarà perché pratico di mestiere un'arte che è essenzialmente interpetativa, concettuale e dinamica.

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qui, purtroppo... poi finiamo a parlare del concetto d'arte (a me caro essendo praticamente una catalogatrice).

L'arte comprende ogni attività umana, svolta da singoli o da gruppi, che attraverso studio ed esperienza (e norme) porta alla realizzazione di forme creative estetiche.

Questa grossomodo la definizione.

Aggiungerei che... l'arte non è comunicazione di massa, deve stravolgere le forme e quindi il significato; in arte non vi è differenza tra forma e contenuto. Senza la forma non c'è contenuto e senza contenuto non c'è forma. Ovvero: è impossibile scindere l'opera dal proprio messaggio.

Esiste un paradosso in arte moderna... ovvero il tentativo di creare di porposito una forma senza significato (quindi senza contenuto), nel qual caso il contenuto è non avere contenuto... quindi trasmette comunque un pansiero, una volontà, un messaggio.

Aderire alla norma non permette di comunicare (e qui passiamo all'arte moderna).

L'arte moderna funziona per provocazioni, né piu' né meno. Fa sentire molte persone escluse, perchè non ne vengono attratte, perchè non capiscono il messaggio che si cela dietro a quello che vedono... automaticamente per queste persone non è arte.

 

Da che mondo e mondo l'arte (o meglio, gli artisti che l'arte l'hanno rivoluzionata) ha teso a sconvolgere, stupire, ribaltare le convinzioni, provocare, innovare (pensate a caravaggio ad esempio, e alle sue opere piu' controverse).

Nel momento esatto in cui l'artista si dovesse preoccupare di essere capito non innoverà nulla, poichè dovrà attenersi alle vecchie forme preesistenti nell'arte. Il vero artista è colui che comunica senza preoccuparsi veramente di doverlo fare.

 

L'arte, in particolar modo quella moderna, è legata indissolubilmente a concetti astratti, e pertanto quasi filosofici... ma è sempre arte.

Basti pensare all'azionismo viennese (che credo almadel potrebbe gradire piu' di altri... e che non mi stupirei nessuno conoscesse)... trattato come movimento con termini ingiuriosi, duro' (nel suo periodo di massima attività) dal '61 al '71. Muehl (uno dei piu' noti azionisti) venne incarcerato a causa di alcune sue opere (e alcune sue idee)... concettualmente l'azionismo è una forma di body art, le cui opere, per la maggior parte, risultano in filmati, poichè l'arte era il fare, non il finito. Erano esperienze sul corpo, spinte ai limiti della crudeltà, che avevano lo scopo di manifestare l'angoscia di un profondo malessere esistenziale.

Alcuni video ritraggono gli artisti stessi nell'atto di tagliarsi con delle lamette, di defecare su un letto, di sviscerare un essere umano vivo (questa, ovviamente una finzione, degna pero' dei migliori effetti speciali d'oggi, tanto che le autorità cercarono a lungo i cadaveri di questi video).

Si puo' comprendere o meno, ma io che ho passato due ore nella piccola sala del mumok dove proiettano questi video devo ammettere che alla terza o quarta visione risultano anche poetici ma, sopratutto, rispondo pienamente alla funzione che il mondo moderno ha dato all'arte: stupire, innovare, sconvolgere, indignare...

 

Aggiungo avendo trovato il libro che cercavo una definizione un po' meno caotica di azionismo di quella che ho dato (che, ovviamente, potete saltare se non interessa... evito immagini perchè potrebbero risultare un po' forti, ma ho controllato... e qualcosina (ina ina) vien fuori da google):

 

"Azionismo viennese: nato dall'Espressionismo astratto alla fine degli anni '50, questo movimento cercava di accedere al subconscio attraverso la frenesia dell'arte diretta: colore gettato sopra le tele che venivano poi tagliate con un coltello (e l'aveva già fatto fontana), sangue ed escrementi usati come 'colori' e corpi umani usati come 'pennelli', test di resistenza psicologica, automutilazione e altro ancora. gli azionisti lanciarono le mode dei tatuaggi esagerati e dei piercing, usando soprattutto il corpo, a volte scarnificato, come una superficie su cui lavorare. La moda dei piercing si diffonderà, poi, attraverso le subculture giovanili.

Le performance sono accomunate da una celebrazione dell'osceno e del ripugnante ricca di risvolti erotici; esse cercano di attuare intenzioni programmaticamente liberatorie ed eversive rispetto ai tabù della morale corrente attraverso operazioni violente, coprofagiche, antireligiose, masochiste ed esibizioniste intensamente teatralizzate, nelle quali si avvertono influssi di Reich sulla sessualità"

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Non per farvi dispetto, ma io mi sento vicino a ciò che dice RainbowTN nel post a inizio pagina; se non fosse che dimentica D'Annunzio... E se non fosse che la mia mente, invece, alla letteratura non c'era andata per niente. :look:

Anche riguardo al suo successivo intervento, lo ringrazio di aver ricordato a tutti la "soggettività della contemplazione artistica" (niente è Bello per tutti, ricordatevelo; stiamo qui a parlare di Arte in 4, infatti).

 

Per il resto, uno per volta, come prima.

 

A SaintJust: tu dici che l'Arte non può esistere solo per se stessa, non può non avere un messaggio, fosse anche "è Arte, guardatemi sono un Artista"; ma, scusami se ti contraddico, se il "messaggio" è "è Arte, guardatemi sono un Artista", allora l'Arte sta vivendo di se stessa. No? Stiamo parlando della stessa cosa in termini diversi, o stiamo pensando a due concetti diversi ma espressi con termini pericolosamente affini? :rotfl:

Riguardo al tuo ultimo post, nulla da ridire. E' un dato di fatto che l'Arte, negli ultimi cento anni, non ha fatto altro che stupire, innovare, provocare. Ripeto, però, non ha fatto altro. [ma come sono acido, a volte]

 

-------

 

Ad Almadel: oggi mi sento cattivo e vedo contraddizioni gravi in tutti posts. Tu dici che, con la tua performance dei gessetti, hai ottenuto un "effetto estetico incredibile": a fronte di questa affermazione, come puoi non ritenerti Artista? Capisco la motivazione per cui il ragionamento articolato alle spalle di questo happening ti renda più simile ad un pensatore che ad un artigiano, ma se hai ottenuto un "effetto estetico incredibile" hai realizzato in tutto e per tutto un Opera d'Arte.

Complimenti, tra l'altro. :roll:

 

-------

 

A Yrian: ti chiedi perché l'Artista romantico, che teoricamente dovrebbe vivere solo di se stesso, infarcisce le sue opere di ideali universali? Ho già vagamente risposto qualche post fa: l'Artista romantico capisce che è libero, capisce che è l'unico vero padrone della propria Opera... e non sa che farsene. L'improvvisa realtà che gli si para davanti agli occhi è che tutto ciò che crea è potenzialmente in grado di essere privo scopo, può nascere ed avere vita propria indipendentemente dall'Artista. Insopportabile, no? E allora l'Artista romantico riempie il vuoto di significato con la Fratellanza Universale, l'Amore Redentore, la Vita Ultraterrena...

P.S.: sia il testo che la regia, caro... ma sotto la mia stretta supervisione. E comunque io preferivo un testo teatrale per cui scrivere musiche di scena, non un libretto d'opera. Comincia a pensare. :asd:

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Aaah... Quint, Quint, Quint! Quant mi divert!

 

Due obiezioni nuove nuove per te.

 

Riguardo la tua risposta a Saint Just. Se non ha il coraggio di dirlo lei, lo dirò io. anzi, l'ho già fatto. In effetti è valido proprio il paradosso che descrivi tu: non occorre l'opera, non occorre l'artista, occorre semplicemente la poetica, cioè l'intenzione di fare un'esperienza estetica.

E ho anche già nominato degli esempi. Duchamp ha dimostrato che può anche non esserci l'opera (infatti basta prendere una ruota di bicicletta o un orinatoio e costringere il pubblico a prenderli come un'opera d'arte). Il Neoclassicismo ha involontariamente dimostrato che può anche non esserci l'artista (infatti l'immacolato candore della bellezza neoclassica è frutto di un clamoroso errore storico). Potrebbe anche non esserci un pubblico: un ipotetico uomo preistorico solitario che abbia decorato un vaso per puro senso estetico avrebbe comunque creato un'opera d'arte (credo nella comunicativa dell'artista, ma non necessariamente nell'ego spropositato descritto da Saint Just... per quanto sia sempre dietro l'angoloalmeno la "ipotesi" di essere applauditi).

 

Riguardo al'artista romantico. La descrizione che ne fai concorda con la mia, ma non mi sembra corroborare la tua visione. Perché non vederla sotto un'altra prospettiva? L'artista romantico rifugge dalla massificazione del gusto e si ritira in una solitudine scontrosa, ma NON è una torre d'avorio, anzi si adopera perché la sua arte possa migliorare il mondo. No? ... In realtà non credo a questo nemmeno io - credo anzi semplicemente nel dubbio metodico, nella contraddizione creativa, nel paradosso stimolante - però, se la mettiamo su questo piano, io posso psicanalizzare Beethoven bene quanto te e ottenere il risultato opposto.

 

P.S. Nessuna supervisione. :roll: Si lavora alla pari. In ogni caso ho testi di tutti i tipi, molti anche già pronti e depositati, ancorché inediti. Basta chiedere. Se poi mi offri un tema su cui lavorare invece di vincolarmi mi sfidi... Una delle occasioni più belle della mia vita di scrittore è stata la richiesta di una commedia che avesse un dato numero di parti maschili e femminili, che prevedesse una scenografia di un dato tipo, che avesse una data durata e afforntasse un dato argomento! Prendi pure il mio contatto MSN se ne hai il coraggio. :rotfl:

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Non per farvi dispetto, ma io mi sento vicino a ciò che dice RainbowTN nel post a inizio pagina; se non fosse che dimentica D'Annunzio... E se non fosse che la mia mente, invece, alla letteratura non c'era andata per niente. :rotfl:

Anche riguardo al suo successivo intervento, lo ringrazio di aver ricordato a tutti la "soggettività della contemplazione artistica" (niente è Bello per tutti, ricordatevelo; stiamo qui a parlare di Arte in 4, infatti).

 

Beh, ogni tanto fa piacere trovare qualcuno in sintonia con le mie idee. In effetti non ho citato D'Annunzio (non l'ho dimenticato), ma avrei potuto citare anche Edgar Allan Poe, Benjamin Constant, Walter Pater (maestro di Oscar Wilde), ma possiamo parlare anche di Baudelaire, Hugo, Flaubert, e Mallarmé. E tutti, in un modo o nell'altro si rifanno a Kant e Schelling. Tutti idioti che la pensavano come me e te.

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