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Adolescenti samoani e omosessualità?


unmondomigliore

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unmondomigliore

Celebre saggio di antropologia, del 1928, che descrive la crescita degli adolescenti nelle isole della Samoa e ne confronta lo sviluppo con quelli occidentali.

Margaret Mead (1901-1978) scopre che l'età adolescenziale nelle tribù non è vissuta come fase di disagio, rottura e sofferenza e che, al contrario, l'educazione samoana permetta di raggiungere un ottimo equilibrio psicofisico tanto che le nevrosi sembrano presentarsi sulle isole in tassi incidentalmente molto bassi.

Nelle tribù samoane il sesso, prima del matrimonio, non subisce lo stigma sociale ed è considerato semplicemente un'attività piacevole.

Da qui la relativa promiscuità adolescenziale dei giovani samoani, come fase di sperimentazione, che può comprendere anche attività omosessuali e masturbatorie che non sembrano subire la condanna sociale.

Il testo, a p. 57, ad esempio, descrive coppie di giovani amici che praticano l'omosessualità. Tali legami sono fondamentali perché nella struttura sociale samoana gli amici diventeranno, vicendevolmente, portavoce nella ricerca di una partner femminile. 
A p. 78, la Mead descrive una coppia gay formata da un individuo che non riscuoteva successo tra le donne ed un giovane che voleva darsi alla politica.

Ancora una parola sull'omosessualità per le tribù samoane è a p. 112. Le pratiche omosessuali sono considerate:

nell'opinione degli indigeni come imitazioni e sostituti delle pratiche eterosessuali"

e sono anche avvantaggiate dalla rigida separazione dei sessi tra gli adolescenti.

Qualche pagina dopo però, a p. 120, la Mead accenna al caso dell'individuo effeminato che passava molto tempo con le ragazze e che tentava di avvicinare per il sesso gli uomini. Costui eraconsiderato con senso di imbarazzo misto a disprezzo. Quasi uno scherzo della natura.

E' probabile che la libera sessualità adolescenziale se non convogliata in un matrimonio divenisse fonte di disprezzo e stigma anche perché per le tribù i figli erano un bene prezioso.

In quella società comunque, a detta della Mead, il sesso è visto come un fine, e non come un mezzo, e questa sembra essere la reale differenza rispetto alla società occidentale, più complessa, che vede, a causa dell'influenza religiosa, il sesso come uno spazio di "produzione" di figli. 
Molto interessante un brano del testo che racconta l'educazione sessuale dei bambini, abituati alla nudità, che vengono lasciati osservare liberamente la copula (ma anche la morte e le autopsie, la malattie, il parto) senza che la cosa sia sinonimo di imbarazzo e coperta da divieti.

Vedere fa parte dell'ordine naturale e permette al bambino di crescere (sempre a detta della Mead), senza nevrosi, tabù e paure.

 

http://www.culturagay.it/recensione/11412

 

cosa ne pensate di questa visione del sesso nell'america samoa?

Edited by unmondomigliore
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E' fantastico notare come nelle culture che hanno mantenuto il contatto e l'armonia con la natura molto più di quanto non abbiano fatto tante altre si guardi all'omosessualità e al sesso in generale con molta più tranquillità, con meno bigottismo, vergogna ed ipocrisia, come dovrebbe essere in effetti...

Secoli e secoli di dottrina ed identità cristiana imposta a forza hanno contribuito a snaturare la visione delle cose, in particolar modo quella del sesso, che da attività piacevole, salutare, biologicamente e psicologicamente necessaria è diventata vergogna, mancanza di pudore e relegata alla sola funzione riproduttiva...Poveri noi 

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Ricerca interessante. Mi pare che ci sia un parallelo con alcune idee sull'omosessualità che si avevano in Occidente nell'antichità, ad esempio nell'antica Roma:

1- L'omosessualità in sé non è condannata, ma ci si aspetta anche che ogni individuo trovi una compagna e generi figli. Nella maggior parte dei casi un rapporto di coppia omosessuale non è un'opzione praticabile per la vita adulta (mi pare significativa la parte in cui si accenna ai rapporti gay come surrogato e imitazione di quelli etero);

2- Gli atti sessuali tra uomini non sono condannati, ma quelli che non si attengono ai canoni dell'identità di genere maschile sono comunque guardati con imbarazzo e disprezzo;

3- Solo l'omosessualità maschile sembrerebbe avere una dimensione pubblica socialmente riconosciuta (o si parla anche di atti sessuali tra ragazze?).

 

Non mi dispiace l'abitudine di crescere i bambini lasciando che assistano al sesso, al parto, alla malattia, alla morte.

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Diciamo che è contro questa nozione di omosessualità che il Movimento GLBT

è chiamato a far sentire la propria voce.

 

L'Omosessualità NON è una attività adolescenziale di preparazione al matrimonio etero

e NON può accettare la stigmatizzazione sistematica degli individui "non conformi" all'idea del Maschio.

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Diciamo che è contro questa nozione di omosessualità che il Movimento GLBT

è chiamato a far sentire la propria voce.

 

L'Omosessualità NON è una attività adolescenziale di preparazione al matrimonio etero

e NON può accettare la stigmatizzazione sistematica degli individui "non conformi" all'idea del Maschio.

 

Pienamente d'accordo, e infatti non condivido l'idea dell'antichità come "Età dell'oro per l'omosessualità" che a volte trovo espressa.

Mi ha colpito il fatto che in parti diverse del mondo che hanno avuto (presumibilmente) pochi contatti si siano sviluppate visioni abbastanza simili.

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unmondomigliore

rimane comunque un fatto interessante come la visione dell'omosessualità cambi da popolazione a popolazione.

vi voglio stuzzicare la fantasia, avete mai provato a chiedervi come veniva vissuta l'omosessualità da parte delle tribù indigene della siberia e del nord america (pellerossa) ? noterete come lì la visione sia tutt'altro che negativa, ma anzi oserei dire celebrativa. All'omosessuale erano demandate funzioni particolari, come quello dello sciamano, inoltre due omosessuali potevano vivere insieme e formare una coppia purché uno dei partner rivestisse il ruolo di donna (quasi sicuramente l'omosessuale passivo, quello che veniva dominato nel rapporto).

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due omosessuali potevano vivere insieme e formare una coppia purché uno dei partner rivestisse il ruolo di donna (quasi sicuramente l'omosessuale passivo, quello che veniva dominato nel rapporto).

 

Ah be' certo, due omosessuali potevano vivere insieme se..... non mostravano di essere una coppia omosessuale!

Francamente non capisco come tu possa pensare che

"lì la visione sia tutt'altro che negativa, ma anzi oserei dire celebrativa".

 

Se fai un paragone con l'etica dell'omosessualità nella Grecia classica, puoi notare che allora il ruolo di entrambi i partner era assolutamente maschile e non sarebbe stato tollerato un ruolo femminile di uno dei due, quindi l'etica greca realmente celebrava una relazione omosessuale dichiarata e non dissimulata.

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quindi l'etica greca realmente celebrava una relazione omosessuale dichiarata e non dissimulata

 

Già, una relazione che però non somiglia per nulla

a quella che noi oggi chiameremmo una "normale relazione gay"

perché - in ogni caso - era comunque propedeutica al matrimonio etero.

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Non esiste, credo lo si debba dire, un unico modo di vedere

l'omosessualità

 

Esistono popoli nei quali l'omosessualità è istituzionalizzata come

pratica di iniziazione sessuale, altri in cui questa pratica può anche

prolungarsi fino al matrimonio

 

Pur non avendo nessun reale argomento per poterlo sostenere

"a naso" io direi che questo prolungamento possa determinarsi

per fattori ambientali: cioè la difficoltà maggiore o minore di trovar

moglie e mantenere famiglia e prole

 

In una società in cui la penuria di risorse consiglia di posticipare il

matrimonio è probabile che dopo l'iniziazione sessuale sia incoraggiata

una convivenza maschile più prolungata

 

Ma anche società più complesse possono consigliare di posticipare il

matrimonio e quindi finire per attribuire un significato più complesso alla

omosessualità ( come anche no, perchè nella Firenze del Medioevo il

matrimonio era posticipato, la sodomia ampiamente praticata, ma questo

coesisteva con la sua criminalizzazione )

 

Esistono altre popolazioni in cui viene istituzionalizzato un tipo ben

individuato di omosessuale, in questi casi in effetti mi sembra si possa

dire che l'omosessuale sia riconosciuto come appartenente ad un "terzo

sesso": questo è il caso degli indiani nordamericani dove esistevano i

"berdache"

http://www.treccani.it/enciclopedia/berdache/

 

In altri casi questo "incoraggiamento" (?) dell'inversione sessuale

non soltanto normalizza l'omosessualità ma viene a coincidere con

ruoli di grande prestigio: lo Sciamano dei popoli siberiani.

 

Un caso più dubbio quello delle popolazioni berbere di Siwa, è certo

che agli Zaggalah era vietato il matrimonio fino ai 40 anni e non solo

quindi vivevano fuori dal centro abitato in comunità solo maschili, ma

erano ammessi veri e propri matrimoni omosessuali

 

In questo caso - l'unico che io conosca - l'omosessualità veniva a coincidere

con una classe sociale e di fatto considerati i tempi con l'intera vita degli appartenenti

a questa classe. Non solo, gli zaggalah nonostante l'islam producevano e consumavano

alcool dalle palme delle oasi. La loro funzione sociale era la difesa dei villaggi e la

coltivazione dei campi, ma erano rigorosamente "nullatenenti"

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unmondomigliore

anche durante l'alto medioevo (800-1000) in Europa, dove ancora non esisteva alcuna legge contro l'omosessualità (al tempo chiamata sodomia) c'erano varie relazioni omosessuali, alcune delle quali venivano pure riconosciute legalmente e celebrate con il matrimonio. Dal 1200 in poi con la diffusione del cristianesimo l'omosessualità viene sempre più stigmatizzata fino a diventare un reato capitale in quasi tutte le nazioni europee, eccetto qualche eccezione (la Polonia per esempio). Le zone che non erano ancora' 'colonie britanniche'' avevano un rapporto certamente diverso con l'omosessualità, in quanto non la vedevano da un punto di vista religioso quindi non la condannavano. In vietnam o in Canbodia, luoghi dove il buddhismo è ampiamente diffuso, non c'è mai stata alcuna condanna storica dell'omosessualità. Ciò non significa che gli omosessuali fossero visibili o fossero celebrati, ma almeno non venivano perseguitato legalmente.

Da notare un'ultima cosa : che anche dopo la legalizzazione dell'omosessualità in vari stati europei, sono continuate a esistere leggi  più indirette contro gli omosessuali, ad esempio la cosìdetta legge sulla ''decenza pubblica'' che vietava qualsiasi manifestazione d'affetto in pubblico  di carattere omosessuale. Questi leggi esistevano in Francia, Olanda durante tutto il 1800 e  alcune resistettero fino agli anni '80. 

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Già, una relazione che però non somiglia per nulla
a quella che noi oggi chiameremmo una "normale relazione gay"
perché - in ogni caso - era comunque propedeutica al matrimonio etero.

 

@Almadell, le interpretazioni dell'omoerotismo nella Grecia classica sono varie, anche perché c'erano alcune differenze per etnie ed anche per classi che complicano l'indagine.

Comunque a mio parere l'interpretazione della relazione omoerotica come "propedeutica al matrimonio etero" stà in piedi solo grazie al nesso "post hoc ergo propter hoc" e sempre che si conceda che la relazione omoerotica fosse interrotta quando l'eromenos giungesse all'età adulta, il che è controverso.

 

Quanto a >>quella che noi oggi chiameremmo una "normale relazione gay"<<, credo che "normale relazione gay" sia una definizione quanto mai controversa e quindi impossibile da prendere come paragone univoco con la relazione omoerotica classica, a sua volta controversa nei suoi confini.

 

Del resto se vogliamo fare paragoni tra antichi  e moderni, dobbiamo anche riconoscere che la relazione eterosessuale, modernamente considerata come fondata esclusivamente sull'amore tra i partner, anticamente era considerata fondata soprattutto sulle loro potenzialità riproduttive in funzione della continuità della famiglia, della gens, del gruppo sociale o politico.

 

Comunque quello che volevo evidenziare e su cui penso si possa concordare è la celebrazione apertamente omoerotica delle relazioni tra due maschi da parte dell'etica greca classica, senza cioè che si simulasse una relazione eteroerotica facendo passare uno dei due partner come femmina.

Credo che questo sia stato nei tempi antichi, per quello che ne sappiamo, un merito (o un demerito se si preferisce......) esclusivo della classicità greca.

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A me l'obbligo della femminilizzazione di uno dei partner,

l'obbligo della differenza d'età -come ad Atene -

l'obbligo della differenza di classe - come a Roma -

(E ad Atene e a Roma, l'obbligo della differenza di ruolo)

l'obbligo alla procreazione e la conseguente presunta propedeutica all'eterosessualità

e l'obbligo alla clandestinità e alla subordinazione legale tra coppie omo ed etero

sono tutte cose che la modernità gay ha superato.

 

Ciascuna cultura ha dato un contributo a smontare

una o più di queste normative per gli omosessuali

parallelamente all'evoluzione dei rapporti etero.

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La "modernità gay" teorica forse, pratica è tutto da vedere, specialmente con riguardo ai ruoli e alla differenza d'età.....

Comunque il paragone da me fatto sulla base del post di Mondomigliore, non era tra "modernità gay" e "antichità greca classica gay", ma tra i vari modi d'istituzionalizzazione dell'omoerotismo nei tempi antichi o anche in tempi recenti laddove non sia ancora arrivata la "modernità gay".

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unmondomigliore

 

Credo che questo sia stato nei tempi antichi, per quello che ne sappiamo, un merito (o un demerito se si preferisce......) esclusivo della classicità greca.

concordo..ho appena letto che alcune popolazioni barbare dell'europa centrale / settentrionale condannavano l'omosessualità....all'epoca la grecia era sicuramente meta gay friendly.

Edited by unmondomigliore
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Anche la "antichità classica gay" è puramente teorica :)

 

Infatti io (mi cito) non ho istituito un paragone tra  "modernità gay" e "antichità greca classica gay", ma tra i vari modi d'istituzionalizzazione dell'omoerotismo nei tempi antichi o anche in tempi recenti laddove non sia ancora arrivata la "modernità gay".

E' un fatto difficilmente controvertibile che l'istituzionalizzazione greca classica dell'omoerotismo, al di là delle differenze tra le varie comunità, fosse incardinata su due maschi apertamente maschi (rarissimamente su due femmine) e non prevedesse quindi una dissimulazione, ma anzi un'esaltazione della maschilità d'entrambi sia pure con funzioni diverse.

 

Se altrove nell'antichità, o anche in tempi recenti ma in comunità "premoderne", l'istituzionalizzazione dell'omoerotismo fu incentrata bensì su due maschi ma di cui uno simulantesi femmina, capisci bene che c'è una notevole differenza tra questa forma d'istituzionalizzazione e quella greca classica.

Propriamente in questo caso neppure si potrebbe parlare di istituzionalizzazione del rapporto omoerotico essendo questo dissimulato da un rapporto eteroerotico.

 

 

le relazioni omosessuali esistevano in realtà proprio al di fuori dell'ambiente classico, in Inghilterra o in Scandinavia prima della cristianizzazione.

 

Questo è ovvio, ma il problema non è ontologico ma deontologico, verte cioè non su ciò che accade in realtà, ma su ciò che l'etica vorrebbe accadesse in realtà.

 

 

Penso che le tribù celtiche superano i greci nella visione dell'omosessualità, perché non impongono dei limiti d'età né impongono condizioni ''eteronormative''. I celti e i normanni secondo me da questo punto di vista erano migliori dei greci.

 

Non sono informato sull'etica celtica, quindi non do giudizi, ma su quella romana, in età repubblicana almeno, sbagli, perché sappiamo per certo che l'imitazione delle consuetudini greche in materia omoerotica era condannata perché contraria al mos maiorum.

Poi la diffusione della civiltà greca (Graecia capta Romam cepit.....) cambiò un po' le cose, ma la morale tradizionale fu sempre diffidente se non contraria, anche quando personaggi illustri (Giulio Cesare e soprattutto Adriano) si diedero apertamente all'omoerotismo.

Edited by Mario1944
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unmondomigliore

hai senz'altro ragione, ma l'impero romano comprendeva una larga estensione territoriale, contemplava e tollerava vari culti religiosi, quindi non si può dire che ci fosse una visione univoca dell'omosessualità. Penso che la visione variasse anche spostandosi da città in città, da provincia romana a un'altra. Nonostante il processo di romanizzazione, alcuni popoli continuarono a mantenere una ''certa'' mentalità che avevano ereditato dai loro antenati.

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Quando si parla di Romani (antichi) si parla di Romani "de Roma" o al massimo di Latini. 

Altrimenti si indicano specificamente i singoli popoli cui ci si vuole riferire, come hai fatto tu con i Celti, anche se facenti parte dell'imperium romanum, appunto perché non vi fu omologazione delle varie tradizioni popolari con quella romana se non, in parte, per le classi superiori più colte o per coloro cui era concessa la cittadinanza romana o addirittura l'accesso alle magistrature od al senato. 

Comunque anche nell'ambito di singoli popoli considerati collettivamente perché essi stessi riferentisi a tradizioni comuni, come i Greci o i Galli, non mancavano differenze anche notevoli tra città e città o tra stirpe e stirpe o tra tribù e tribù (Atene e Sparta, Ioni e Dori, Tebani e Achei, Elvezi e Biturigi, Arverni e Belgi ecc.)

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