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Ho un disagio con le persone


Bad_Romance

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Ragazzi ho un problema che mi trascino dietro da tanti anni e ora lo sto sentendo più forte. Ho paura del giudizio delle persone, di starci in mezzo.

Mi sono scoperto omosessuale a metà 2010 e da lì le cose sono peggiorate, sono stato in tre classi (a scuola) e non ho stretto amicizia con nessuno e neanche quest'anno l'ho fatto anzi ho anche avuto dei problemi di omofobia. Vado già dallo psicologo. In più ho un difetto fisico abbastanza evidente che mi crea disagio.

Anche quando faccio sport o sto in classe mi sento isolato, sotto pressione e non riesco neanche a pensare chiaramente. Con questo problema non riesco a fare mai attività nuove .Non sono dichiarato con nessuno. Ultimanente pensavo di aver trovare un ragazzo interessato ma alla fine si è rivelato etero.

Qualcuno ha gli stessi problemi? Se avete domande chiedete ho scritto poco sono confuso e nervoso.

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Anche se ne abbiamo già parlato, riporto nuovamente al completo il mio pensiero a riguardo.

Sono stato "affetto" anche io in passato da una sindrome (la chiamo così perché per definizione è un insieme di sintomi) analoga, che mi ha portato alla chiusura verso il mondo esterno e un'implosione della mia emotività.

 

Per forza di cose ho subito un colpo fortissimo che veramente mi ha distrutto per diversi mesi. Ho avuto il terrore di andare in luoghi molto frequentati, avevo persino l'ansia a prendere i mezzi pubblici, dovevo per forza sedermi, altrimenti stando in piedi avevo l'impressione che tutti guardassero me (che roba eh o_o).

 

Come ne sono uscito? Inutile nasconderti che è una cosa faticosa, ci vuole forza e costanza.

Andai anche io dallo psicologo, mi aiutò molto, anche se la vera spinta la ottenni grazie ai pochi amici che avevo mantenuto, i quali mi spronarono ad affrontare faccia a faccia le situazioni che mi angosciavano, giorno per giorno e per diverso tempo al giorno.

 

Giusto per esempio, mi portarono con la forza in centri commerciali al sabato pomeriggio, a prendere la metropolitana nelle ore di punta e ad iscrivermi ad un corso di nuoto.

All'inizio ero disperato, mi sentivo umiliato e calpestato, ma gradualmente le paure si diradarono e, facendo il callo verso le situazioni che stavo affrontando, riuscii a sbloccarmi completamente.

 

Questa è la mia esperienza, durata nel complesso quasi due anni. Ognuno, poi, ha approcci differenti in base al proprio carattere.

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questo difetto fisico di cui parli è una cosa su cui si può intervenire? te lo chiedo perchè pure io tanti anni fa avevo un difetto fisico che mi causava un peggioramento nelle relazioni e alla fine sono intervenuta.

Ho fatto anche io psicoterapia, ho cambiato molte psicologhe e ho fatto anche cure naturali.

 

Posso dirti che per me l'intervento sul difetto è stato molto importante perchè non ho più avuto bisogno di nascondermi al mondo e poi anche andare a studiare fuori mi ha aiutato, mi sono sentita accettata, ho scoperto in me tante capacità e ho acquisito fiducia in me stessa.

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questo difetto fisico di cui parli è una cosa su cui si può intervenire? te lo chiedo perchè pure io tanti anni fa avevo un difetto fisico che mi causava un peggioramento nelle relazioni e alla fine sono intervenuta.

Ho fatto anche io psicoterapia, ho cambiato molte psicologhe e ho fatto anche cure naturali.

 

Posso dirti che per me l'intervento sul difetto è stato molto importante perchè non ho più avuto bisogno di nascondermi al mondo e poi anche andare a studiare fuori mi ha aiutato, mi sono sentita accettata, ho scoperto in me tante capacità e ho acquisito fiducia in me stessa.

Si è risolvibile e lo sto già facendo ma ci vuole tempo e costanza, quindi per ora sopporto anche se mi sento un po' a disagio rispetto ai miei compagni.

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Cicciosbrillo

Uhm... sembra un po' la mia storia... La fobia sociale è una brutta bestia ed uscirne come ti è già stato detto non è facile, ci vuole solo taaaanta costanza e cercare in tutti i modi di forzarti nelle situazioni che ti causano disagio.

So benissimo che non è facile, ma prima lo fai e meglio sarà per te. Non devi permettere che la situazione diventi ciclica, perchè se ti depirmi per la solitudine che ti sei creato attorno resti impossibilitato ad agire, alimentando uno stato d'animo nel quale non sei predisposto a fare nuove conoscenze ed a superare gli ostacoli in generale.

Devi pensare che per far si che gli altri ti cerchino devi dare loro qualcosa di te e se questo qualcosa viene rifiutato non è segno che tu sia sbagliato, ma semplicemente non era la persona giusta a riceverlo.

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Si è risolvibile e lo sto già facendo ma ci vuole tempo e costanza, quindi per ora sopporto anche se mi sento un po' a disagio rispetto ai miei compagni.

non riesco a comprendere il problema ma questo problema ti limita molto? poterti muovere, uscire?e come sei caratterialmente?

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non riesco a comprendere il problema ma questo problema ti limita molto? poterti muovere, uscire?e come sei caratterialmente?

No no non mi limita niente però non mi piace averlo perchè caratterialmente sono sempre stato molto timido e insicuro. Poi sono uno di poche parole.

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La percezione di se stessi, quando è data in mano agli altri, alimenta lo spauracchio delle nostre incapacità. Tutto ciò che non siamo, che non riusciamo ad essere, la determinazione, il desiderio, la passione per la vita, finisce tutto nello stesso calderone. Questa confusione ci porta a non fidarci più delle nostre percezioni nè a discriminare quelle coerenti da quelle che non lo sono.

Molte volte è soltanto colpa nostra.

Quando il metro di giudizio è troppo fuori misura non si riesce a trovare niente per il quale si possa essere degni.

Chi può essere perfetto a questo mondo?

La perfezione non è l'assenza di difetti ma l'aderenza ad un ideale. Tu che ideale persegui? E' possibile che tutto ciò per cui meriti essere apprezzato possa infrangersi su questo tuo grande immenso difetto?

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Poi sono uno di poche parole.

sicuro? o sono gli altri a non volerti ascoltare... non hai hobby? non ti piace il calcio? non giochi ai videogames, non sei un fan di qualche cantante o gruppo? può essere difficile instaurare amicizie con ragazzi ma con le ragazze della tua classe è la stessa cosa?

Dove vivi non ci sono altri ragazzi con cui legare? pensato di fare qualche sport?

 

secondo me ti fissi troppo sul problema che hai e su cosa pensano gli altri di te, se vivi con questa convizione ti sarà sempre dura... dovresti pensare a te stesso in primis, gli amici a scuola non vogliono instaurare nulla con te, prova con altra gente appunto vicini di casa, invitali a casa tua per giocare a qualche video games, chiedi a qualche amica di classe se viene a casa tua per ripetere qualche argomento...

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sicuro? o sono gli altri a non volerti ascoltare... non hai hobby? non ti piace il calcio? non giochi ai videogames, non sei un fan di qualche cantante o gruppo? può essere difficile instaurare amicizie con ragazzi ma con le ragazze della tua classe è la stessa cosa?

Dove vivi non ci sono altri ragazzi con cui legare? pensato di fare qualche sport?

 

secondo me ti fissi troppo sul problema che hai e su cosa pensano gli altri di te, se vivi con questa convizione ti sarà sempre dura... dovresti pensare a te stesso in primis, gli amici a scuola non vogliono instaurare nulla con te, prova con altra gente appunto vicini di casa, invitali a casa tua per giocare a qualche video games, chiedi a qualche amica di classe se viene a casa tua per ripetere qualche argomento...

Forse sono anche gli altri, tranne pochissimi amici fidati. Infatti spesso sento comportamenti poco amichevoli sul mio orientamento. Per gli hobby si ne ho vari: i manga, i videogiochi, faccio sport.

Prima ero più ansioso, avevo anche paura ad andare in posti affolati ora invece la paura mi è rimasta quando sto in un luogo chiuso come la scuola oppure quando devo fare una prestazione (sportiva, scolastica etc).

Per le ragazze, non ce ne sono in classe mia

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personalmente ti dirò anche io di amici ne ho pochi fidati, e io non sono diverso da te, gli altri sono conscenti qualcuno lo saluto se mi va, altri non li cago il secondo giorno ne mi ricordo il loro nome. Coltiva l'amicizia con i pochi amici che hai, man mano il gruppo aumenterà, tu devi solo focalizzarti su di te capire che il problema non sei tu, sono gli altri :| se per esempio inizieranno a dirti che sei una merda, tu inconsciamente ti sentirai tale ed è giusto? quindi devi sbloccare la timidezza, essere più incisivo, devi stimarti di più... ricordati non tutti sono capolavori, "esseri perfetti", in classe tua non c'è, il più grasso, o il piu basso, qualcuno che ha molti brufoli, o uno magro magro? ognuno è fatto a suo modo, e il modo migliore per stare con gli altri è piacersi in primis, ed essere sicuri di se.

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Azz ho letto davvero fobia sociale...Bad io ho impiegato 19 anni a dare un nome a certi problemi.

 

Il fatto che tu vada ancora a scuola è una cosa positiva perché sei in un ambiente sociale, ma è anche vero che io ho iniziato a cambiare verso i 20 anni...cioè all'università.

 

Purtroppo è difficile imparare a fidarsi degli altri perché ogni loro parola sembra una sentenza a morte.

 

Mi dispiace molto sentire certe storie =\

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A volte anche io ho la percezione di sentirmi osservato dalla gente e abbasso spesso lo sguardo per paura di incrociare gli occhi di qualcuno;

non so il perché mi succede certi giorni e altri no, io ti consiglieri di cercare di rafforzare certe conoscenze che hai e che reputi simili a te.

SOno sicuro che ci sono persone con cui riesci ad avere un discorso e a parlarci anche se sei timido, basta solo approfondire o trovare lo spunto

per una conversazione interessante. Sicuramente l'ambiente liceale non aiuta, io ho trovato tutt altra gente quando sono andato all'università, lì si ha più facilità secondo me a socializzare.

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Azz ho letto davvero fobia sociale...Bad io ho impiegato 19 anni a dare un nome a certi problemi.

 

Il fatto che tu vada ancora a scuola è una cosa positiva perché sei in un ambiente sociale, ma è anche vero che io ho iniziato a cambiare verso i 20 anni...cioè all'università.

 

Purtroppo è difficile imparare a fidarsi degli altri perché ogni loro parola sembra una sentenza a morte.

 

Mi dispiace molto sentire certe storie =\

Già, però per 6 mesi non ci sono andato e anche adesso faccio abbastanza assenze. E' che mi sento isolato.

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Bad_Romance, io non sono uno psicologo però ho nella mia storia una lunga vicenda con problemi dello stesso ambito, essendo bipolare.

 

Ti posso dire come io ho avuto la possibilità di affrontare la situazione e con il lavoro su me stesso, alla fine "uscirne vincitore".

 

Devi concentrarti sul fatto che dentro di te tu sei il primo "nemico" di te stesso. Sei tu che ti smonti da solo, che ti crei il problema ma che ti nascondi la soluzione sotto il divano. Il fatto è che a fare questo è il tuo istinto animale, che cerca di mantenerti in uno stato "protettivo", anche se è una forma di protezione distorta. D'altro canto l'istinto non si occupa del sociale, si occupa solo di azioni e reazioni chimiche dentro di te. Hai panico? Ti amplifica l'ansia e ti fa stare fermo.

 

Posto quindi questo, devi imparare a superare con la coscienza, con la razionalità, il tuo istinto, andandogli contro. Avrai sempre paura e panico, lo sentirai sempre forte e più ti avvicinerai a innescare relazioni maggiore sarà questa ansia, fino al punto di crearti dolore fisico (mal di stomaco ad esempio, o giramenti di testa). Tu devi lottare e fregartene e andare avanti. Mettere su una bella faccia sorridente, teatrale, e far finta che tu non stia sentendo panico.

Certo, le prime volte non è semplice, cadere cadrai spesso, farai figuracce insomma tutto il pacchetto. Ma tu non devi demordere. Vai avanti, e vedrai che anche gli altri capiranno i tuoi sforzi e ti daranno una mano.

 

Socializza e fregatene dell'istinto. Non ascoltare la voce che ti dice che "non puoi, non devi" (ovviamente per quanto riguarda le questioni di socializzzazione). O almeno provaci.

Ti consiglio inoltre di frequentare un gruppo di teatro amatoriale. Stare in mezzo ad altri e usare le maschere della recitazione (che tu sia bravo o meno), e condividere con gli altri l'imbarazzo generale ti aiuterà sicuramente a fare "i muscoli".

In bocca al lupo.

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Quindi verrai bocciato?

 

Io non ho legato con nessuno in particolare alle superiori, ero ben accolto nonostante le mie stranezze. Ero io a tenere a distanza perché ero uno scoppiato.

 

All'università ci ho messo un anno per legare una timida amicizia con un paio di persone...poi sono venute altre.

 

Insomma il fatto di sentirti isolato non gioca a tuo favore perché, per non soffrire di questa cosa, puoi decidere di isolarti in autonomia. Il gusto di dire "l'ho fatto perché l'ho voluto io"

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Bad_Romance, io non sono uno psicologo però ho nella mia storia una lunga vicenda con problemi dello stesso ambito, essendo bipolare.

 

Ti posso dire come io ho avuto la possibilità di affrontare la situazione e con il lavoro su me stesso, alla fine "uscirne vincitore".

 

Devi concentrarti sul fatto che dentro di te tu sei il primo "nemico" di te stesso. Sei tu che ti smonti da solo, che ti crei il problema ma che ti nascondi la soluzione sotto il divano. Il fatto è che a fare questo è il tuo istinto animale, che cerca di mantenerti in uno stato "protettivo", anche se è una forma di protezione distorta. D'altro canto l'istinto non si occupa del sociale, si occupa solo di azioni e reazioni chimiche dentro di te. Hai panico? Ti amplifica l'ansia e ti fa stare fermo.

 

Posto quindi questo, devi imparare a superare con la coscienza, con la razionalità, il tuo istinto, andandogli contro. Avrai sempre paura e panico, lo sentirai sempre forte e più ti avvicinerai a innescare relazioni maggiore sarà questa ansia, fino al punto di crearti dolore fisico (mal di stomaco ad esempio, o giramenti di testa). Tu devi lottare e fregartene e andare avanti. Mettere su una bella faccia sorridente, teatrale, e far finta che tu non stia sentendo panico.

Certo, le prime volte non è semplice, cadere cadrai spesso, farai figuracce insomma tutto il pacchetto. Ma tu non devi demordere. Vai avanti, e vedrai che anche gli altri capiranno i tuoi sforzi e ti daranno una mano.

 

Socializza e fregatene dell'istinto. Non ascoltare la voce che ti dice che "non puoi, non devi" (ovviamente per quanto riguarda le questioni di socializzzazione). O almeno provaci.

Ti consiglio inoltre di frequentare un gruppo di teatro amatoriale. Stare in mezzo ad altri e usare le maschere della recitazione (che tu sia bravo o meno), e condividere con gli altri l'imbarazzo generale ti aiuterà sicuramente a fare "i muscoli".

In bocca al lupo.

Grazie per i consigli korio :)

@@Lelouch: non non verrò bocciato per le assenze, ne faccio ma non abbastanza per sforare il limite.

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"Costringersi a" si rivela nel primo momento una buona tattica ma nel lungo periodo diventa un disastro. I fallimenti, che sono prevedibili, trasformeranno questo modus operandi in rabbia e delusione e porteranno ad un accrescimento della percezione di impotenza ed inadeguatezza.

 

La terapia consigliata in questi casi, quella che vuole dimostrarsi autonoma e definitiva (autonoma perchè il soggetto non ha bisogno più di aiuti esterni mentali o fisici e definitiva perchè non si regredisce) è la sincera trasparenza e il crollo di TUTTE quelle bugie che nella persona costituiscono una babele di percezioni. Occorre che la persona indaghi onestamente cosa costituisce un problema e cosa no. Che ammetta quali siano le cose di cui si vergogna e le cose che ama di se stesso. In questo caso, come dicevo prima, occorre la massima trasparenza, per cui l'onestà non va usata solo quando si ci guarda in negativo ma anche quando si devono ammettere i propri pregi.

 

La società di oggi etichetta come indegni coloro che hanno qualcosa di cui vergognarsi e che non aderiscono ad un ideale e definisce arroganti coloro che si amano per come sono. In questa costrizione tendiamo a smantellare ciò che abbiamo di buono e ad accusarci per quello che non riusciamo ad essere. Quando poi c'è una vera limitazione di fondo, come in questo caso, le cose diventano ingestibili.

 

Trovo difficile, come essere umano e come psicologo, credere che esista un solo uomo che non sia degno di vivere. Anche il peggiore degli uomini ha dei pregi. mi chiedo dunque perchè un difetto possa avere più forza di una virtù.

Trovo che, infine, sia molto difficile trovare qualcuno che ci ami e che voglia stare in nostra compagnia quando siamo noi i primi ad odiare noi stessi..

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Aquarivs, il discorso è che dipende anche dal tipo di problema che hai. Il fatto è che all'inizio hai bisogno di dimostrarti che puoi vivere nel sociale. Costringerti a muoverti serve appunto a questo, a smontare le convinzioni negative che ti spingono a stare a casa. Si fa presto a dire "eh, affrontiamo con calma un percorso di individuazione e crollo delle bugie etc etc", quando poi tu in realtà non hai una vita sociale e finita l'ora di belle parole settimanali sul lettino dello psicologo torni a casa e rinnovi le tue tensioni cicliche a rimanere compulsivamente legato a un mondo chiuso e isolato.

 

A volte ci vuole anche trovare dentro di se le forze per la autoguarigione. Ci vuole capire che si può vincere il "panico" e l'impatto, che non si è veramente "mostri", che il mondo la fuori è disponibile alla tua attenzione.

 

Quando tu dici che i fallimenti causeranno disastro, non hai completamente ragione. Perchè la prima lezione da imparare è che si sbaglia, che si può fallire. Che tocca farlo ed è una esperienza di tutti i giorni. Ma che non si fallisce sempre, e che si impara dagli errori e si va avanti. Compito poi della gente che gli sta accanto è di supportarlo, e di minimizzare le colpe e i fallimenti, e ragionare sui successi.

 

E il discorso di amarsi come si è lascia il tempo che trova. E' chiaro che uno si deve amare, ma è una triste vita stare da soli. Non vedo perchè una persona debba "rinunciare" ed accettare di stare solo, è troppo facile no? alimentare così passivamente l'istinto di ognuno. Fosse per il nostro istinto, staremmo sempre da soli e a dormire, se non per il minimo indispensabile per mangiare ed evacuare. Come fanno i gatti e le antilopi e tutti gli animali.

 

Quello che uno deve fare, a mio parere, ed essendoci passato, è ribellarsi a questa logica perversa. Amarsi significa valutare i propri pregi e difetti, ma significa anche crescere, evolvere, migliorare, apprendere e godersi il mondo come è fatto. Approcciare agli altri e all'ambiente. E non è un ideale e non è una etichetta. E' la spinta che abbiamo noi umani, la nostra anima, che ci dice di fare un passo in avanti rispetto alla nostra condizione meramente animale.

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Perdonami Korio, purtroppo tu conduci un discorso populista poco fondato sull'esperienza professionale.

Sicuramente ciò che dici ha delle verità, ma non in questo caso e non in quest'ordine.

La sicurezza personale va SEMPRE PRIMA dell'esplorazione. In questo caso significa che chi soffre di un disturbo di questo genere che io declassificherei ad insicurezza per il momento debba prima provvedere a fare un lavoro psicologico personale molto accurato dopo il quale potrà prepararsi ai fallimenti che arriveranno immancabilmente quando ci si tuffa nella società.

 

Il principio non lo insegno io ma l'essere umano. Sin dall'infanzia gli esseri umani hanno un bisogno fondamentale di sicurezza prima di poter esplorare il mondo circostante. Le teorie sull'attaccamento di Bolbwy si rivelano esatte anche negli adulti. Nel caso in cui un bambino dimostra una relazione madre-figlio insicura non è in grado di affrontare il mondo, riceve feedback negativi e la personalità tende a svilupparsi con gravi mancanze.

Negli adulti il rapporto madre-figlio viene sostituito dalla coscienza uomo-uomo che se insicura provoca gli stessi disastri dell'infante.

 

Si fa presto a dire "eh, affrontiamo con calma un percorso di individuazione e crollo delle bugie etc etc",

 

Si fa presto col cavolo.. Questa è la fase più lunga e complicata del processo di guarigione. Il tuffo nella società è solo l'ultimo passo.

 

Perchè la prima lezione da imparare è che si sbaglia, che si può fallire. Che tocca farlo ed è una esperienza di tutti i giorni. Ma che non si fallisce sempre, e che si impara dagli errori e si va avanti. Compito poi della gente che gli sta accanto è di supportarlo, e di minimizzare le colpe e i fallimenti, e ragionare sui successi.

Le lezioni servono solo quando colui che le riceve è in grado di comprenderle senza illogiche trasformazioni dovute alle proprie insicurezze.

 

E il discorso di amarsi come si è lascia il tempo che trova

Se fossi stato uno psicologo saresti stato uno psicanalista.. ahimè abbiamo poco da spartire in questo caso perchè io sono un Gestaltico e per me l'accettazione e l'affetto per se stessi è il primo e importantissimo passo.

 

Amarsi significa valutare i propri pregi e difetti, ma significa anche crescere, evolvere, migliorare, apprendere e godersi il mondo come è fatto.

Vedi Korio, sono queste le frasi che lasciano il tempo che trovano.

Perchè in un contesto psicoterapeutico non mi spieghi cosa sia Evolvere, Migliorare, Apprendere e Godere? Soprattutto quali sono gli strumenti cognitivi necessari ad attuarli? Che ruolo ha la percezione nell'avvio di queste sovracognizioni?

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Acvarius, io non sono uno psicologo o uno psicoterapeuta. Sono dall'altra parte con la mia esperienza, e non metto in dubbio la tua preparazione professionale, quello che metto in dubbio è l'approccio in certi casi.

 

E' un po' come se parlassimo di guerra. Tu sei il teorico generale, nella tenda, io sono il soldato tornato dalla trincea.

 

Per te le cose importanti sono la linea del fronte, gli ordini, la strategia, per me che torno però ti dico che nella trincea puzza della merda che ci facciamo addosso. Parliamo due lingue differenti in due punti differenti. Entrambi abbiamo ragione ma devi capire anche che prima che un soldato accetti gli ordini e la strategia, deve accettare che nella trincea finirà per cagarsi addosso per la paura e che comunque deve rimanere li, perchè è un soldato.

 

Qui è uguale. D'accordissimo sulla stima di se, sul percorso, su tutto quello che la tua conoscenza appresa ed esperita ti dice. Però la prima, primissima cosa da fare prima di ogni cosa, è capire che, come soldato in una battaglia che lotti contro te stesso per un futuro migliore da quello dove stai, alla trincea ci devi andare a combattere, e avere paura e cagarsi addosso è giusto e naturale, ma comunque bisogna imparare a rimanere li, sulla linea con gli altri, a combattere.

 

Riguardo al contesto psicoterapeutico e quello che mi dici, non so risponderti in giusto modo, essendo un ingegnere. Non mi piace molto il tono di "lei non sa chi sono io, io sono uno psicologo e non si permetta di contraddirmi", tirandosela un po' con sovracognizioni e cose del genere. Se ce la fai, rimodula il tuo lessico per i comuni mortali e magari riesco anche a risponderti.

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Acvarius, io non sono uno psicologo o uno psicoterapeuta. Sono dall'altra parte con la mia esperienza, e non metto in dubbio la tua preparazione professionale, quello che metto in dubbio è l'approccio in certi casi.

 

Il fatto che io lo sia vuol dire forse che non parli per esperienza io pure?

 

E' un po' come se parlassimo di guerra. Tu sei il teorico generale, nella tenda, io sono il soldato tornato dalla trincea.

 

Sorvolo su tutta la metafora, perdonami ma è completamente fuori luogo. Io non comando da esterno su linee generali. Io mi sporco le mani tutti i giorni perchè i problemi degli altri sono i miei. Non guido le loro vite ma faccio in modo che se le guidino da soli col massimo effetto e il minimo danno. Se una strategia è completamente sbagliata non lo è perchè lo dice la teoria ma perchè lo dice l'esperienza, la vita di ogni giorno. Tutta la psicologia è fondata sull'esperienza. Le cose che si consigliano non sono il frutto di circonvoluzioni filosofiche ma approcci pratici. Non puoi prendere un disabile, togliergli la sedia a rotelle e dirgli, MO CAMMINA, se cadi imparerai..

 

Però la prima, primissima cosa da fare prima di ogni cosa, è capire che, come soldato in una battaglia che lotti contro te stesso per un futuro migliore da quello dove stai, alla trincea ci devi andare a combattere, e avere paura e cagarsi addosso è giusto e naturale, ma comunque bisogna imparare a rimanere li, sulla linea con gli altri, a combattere.

 

Perchè non dici la medesima cosa ad una donna vittima di uno stupro?

Perchè non dici la medesima cosa ad un bambino affetto da afasie, autistico o dislessico?

Perchè non lo dici ad un genitore che sta affrontando il lutto del proprio figlio?

Perchè non lo dici alle vittime da bullismo?

Perchè non avalli questa teoria a chi è VERAMENTE tornato dalla guerra?

 

Combattere.. e con quali mezzi?

Qui si parla di una lotta interiore impari dove tu sei il tuo stesso nemico. Prepari armi e difese mentre nello stesso momento un'altra parte di te disfa quello che hai appena fatto.

Hai mai avuto un attacco di panico? lo hai mai avuto in mezzo alla gente? Con il battito che va a mille, la pelle sembra bruciare per quanto prude, lo stomaco si riduce ad un buco e il corpo si muove involontariamente. Mi spieghi tu cosa dovrebbe fare un individuo in questo momento?

Combattere? Ti ripeto, con quali mezzi?

Mi sembra di sentire i soliti discorsi mediocri sulla depressione: se non si alza dal letto non guarirà mai.

Non mi piace molto il tono di "lei non sa chi sono io, io sono uno psicologo e non si permetta di contraddirmi", tirandosela un po' con sovracognizioni e cose del genere. Se ce la fai, rimodula il tuo lessico per i comuni mortali e magari riesco anche a risponderti.

Non c'è nessun tono.. Il fatto che io usi termini propri della mia disciplina non vuol dire che io me ne vanti. Sono i termini con i quali certe cose vengono denominate. Il fatto che tu le possa trovare altisonanti è qualcosa che non può riguardarmi.

Ad ogni modo non hai affatto risposto alle mie domande.

 

Attendo di sapere come un individuo possa mettere in atto quelle sovrastrutture di cui parlavi prima..

 

 

EDIT: Perdonami non ho letto questo punto con chiarezza:

 

Riguardo al contesto psicoterapeutico e quello che mi dici, non so risponderti in giusto modo, essendo un ingegnere.

 

Forse ti può aiutare sapere come funzionano i processi sensoriali, percettivi e cognitivi.

Ti faccio un esempio banalissimo:

 

Tu e un bel gelato con la panna.

Lo vedi, non sai cosa sia. Sembra colorato. Perchè? Perchè la tua vista ti dice che lo è? Cosa sai dei colori? Cosa ti ricorda il bianco? E' un bel colore? Si? allora probabilmente sarai sentato ad avvicinarti ed odorarlo.. Non profuma eppure sembra dolce.. Profuma di vaniglia.. Sai cos'è probabilmente e sai che è buona perchè la memoria indica che lo è già stata.

Ok adesso inizi ad assaggiarlo. E' un trionfo fdi papille gustative.. Sensazioni.

La sensazione.. che non è percezione è un puro contatto elettrico, neurologico. Sale dritto al cervello e ti dice: E' buono. La percezione di fonde con la memoria. Il gelato è buono. Lo sai adesso e lo ricorderai. E' freddo. Un freddo piacevole. La risposta del corpo è positiva, ti stai creando un'idea del gelato. Inizia la cognizione. La consapevolezza dell'essere giunti ad una conclusione.

Lo rifarai perchè hai capito che è buono.

 

Adesso immagina di essere affetto da una sindrome dissociativa per la quale tutto ciò che è freddo ti terrorizza, per non parlare di ciò che è dolce. Immaginiamo che la prima volta , da bambino mentre stavi per assaggiare un gelato, un cane affamato ti abbia azzannato deturpandoti le mani per sempre. (non fantastico sono situazioni reali).

Cosa ti succederà allorchè ti chiederò di prendere un gelato con me?

Le tue reazioni saranno incontrollabili, spesso in preda al panico e al terrore. Non c'è verso di convincerti nè a fartici nemmeno avvicinare. L'esperienza è fuori discussione.

Mi dici come posso aiutarti se l'intera struttura percettiva è in avaria?

 

come potrai imparare la lezione se ricevendola la recepirai falsata da processi cognitivi compleamente andati?

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Aquarivs (stavolta ho indovinato il nome), so perfettamente come funzionano i processi sensoriali, percettivi e cognitivi. Ma il tuo discorso è molto molto generale, dottorale e per la maggiorparte delle cose che dici, è fuori luogo a mio parere in questo contesto.

 

Qui si tratta di un ragazzo che ha una menomazione fisica evidente, ma non invalidante, che lo ha reso "isolato" dal resto della vita sociale, lui se ne rende conto, vorrebbe fare di più, ma vive la questione con crisi di panico, chiede a questo forum chi ci è passato e come ha affrontanto il problema.

Questo io leggo. Non parlo quindi con la vittima di uno stupro o con un padre che ha perso un figlio o un reduce dalla guerra.

 

Qui non ci sono processi cognitivi completamente andati. Non ci sono problematiche di tipo dissociativo.

 

Il problema da affrontare è duplice:

- superare e assimilare il difetto fisico, conviverci e renderlo parte della propria essenza, ma questo è un lavoro per uno specialista, va già da uno psicologo, non so quale sia il difetto fisico quindi non mi permetto di toccarlo,

- superare il blocco che lo isola dagli altri e cercare di riguadagnare oggi, nei suoi 16 anni, una socialità che altrimenti lo tiene fuori dal mondo, ed è a questo problema a cui io ho dato dei consigli, dettati dalla mia esperienza personale, che con me e con altre persone hanno funzionato.

 

Alle tue domande che mi hai fatto: cosa significa evolvere, migliorare, apprendere e godere, penso che siano risposte a cui puoi chiedere a bad_romance ma che si possono intuire dalle sue parole: cosa sarebbe per lui evolvere? avere degli amici. Cosa sarebbe per lui migliorare? affrontare situazioni pubbliche dominando il proprio panico. Cosa sarebbe per lui apprendere? entrare in dinamiche sociali attivamente. Cosa sarebbe per lui godere? attivarsi in compagnia.

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Aquarivs (stavolta ho indovinato il nome), so perfettamente come funzionano i processi sensoriali, percettivi e cognitivi. Ma il tuo discorso è molto molto generale, dottorale e per la maggiorparte delle cose che dici, è fuori luogo a mio parere in questo contesto.

 

Qui si tratta di un ragazzo che ha una menomazione fisica evidente, ma non invalidante, che lo ha reso "isolato" dal resto della vita sociale, lui se ne rende conto, vorrebbe fare di più, ma vive la questione con crisi di panico, chiede a questo forum chi ci è passato e come ha affrontanto il problema.

Questo io leggo. Non parlo quindi con la vittima di uno stupro o con un padre che ha perso un figlio o un reduce dalla guerra.

 

Qui non ci sono processi cognitivi completamente andati. Non ci sono problematiche di tipo dissociativo.

 

Il problema da affrontare è duplice:

- superare e assimilare il difetto fisico, conviverci e renderlo parte della propria essenza, ma questo è un lavoro per uno specialista, va già da uno psicologo, non so quale sia il difetto fisico quindi non mi permetto di toccarlo,

- superare il blocco che lo isola dagli altri e cercare di riguadagnare oggi, nei suoi 16 anni, una socialità che altrimenti lo tiene fuori dal mondo, ed è a questo problema a cui io ho dato dei consigli, dettati dalla mia esperienza personale, che con me e con altre persone hanno funzionato.

 

Alle tue domande che mi hai fatto: cosa significa evolvere, migliorare, apprendere e godere, penso che siano risposte a cui puoi chiedere a bad_romance ma che si possono intuire dalle sue parole: cosa sarebbe per lui evolvere? avere degli amici. Cosa sarebbe per lui migliorare? affrontare situazioni pubbliche dominando il proprio panico. Cosa sarebbe per lui apprendere? entrare in dinamiche sociali attivamente. Cosa sarebbe per lui godere? attivarsi in compagnia.

Asp però non è solo il difetto fisico (che prima non avevo) ma anche altre cose tipo che tempo fa non mi piacevo poi facendo sport etc sono migliorato, quindi nel tempo una serie di cose. Poi c'è sempre l'omosessualità.

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Asp però non è solo il difetto fisico (che prima non avevo) ma anche altre cose tipo che tempo fa non mi piacevo poi facendo sport etc sono migliorato, quindi nel tempo una serie di cose. Poi c'è sempre l'omosessualità.

 

Beh, questo depone solamente a tuo favore, Bad_Romance, nel senso che già hai avuto prova che attivandoti, ad esempio facendo sport, puoi migliorare la tua autostima e migliorare nel contempo il tuo senso di "disagio" rispetto agli altri.

 

E' questo il lavoro che secondo me dovresti fare. Un lavoro che, come per lo sport, non è immediato, ci vuole sudare, ci vuole che i "muscoli" della tua fiducia in te stesso si tonifichino, e lo puoi fare solo allenandoti ad avere fiducia in te stesso. Aldilà di tutto quanto, del giusto lavoro di analisi che farai con il tuo psicologo (che ti conosce e che non interpreta poche righe di un forum), quello che secondo me devi fare è ricordare ogni giorno che stai costruendoti passo passo, che pur se oggi non sei ancora un edificio completo, riesci a vedere ogni giorno un piccolo miglioramento, e che non ti devi far abbattere se magari domani non riesci a fare una cosa che ti sei prefissata, l'importante è che tu ci abbia provato, domani ci riproverai e sarà un "quasi" e domani l'altro ci riuscirai.

E piano piano imparerai a superare il disagio del panico e del dolore. Magari oggi non ce la fai, ma magari domani riuscirai a fare un passo avanti anche se lo stomaco ti si contorce e, piano piano, arriverai a un punto soddisfacente di equilibrio. O almeno sai che ci avrai provato no? Tanto cosa hai meglio da fare? ;)

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Cicciosbrillo

Dalla mia esperienza personale posso dire che secondo me è verissimo che innanzi tutto bisogna imparare ad amare se stessi, è un presupposto assolutamente indispensabile per relazionarsi con il mondo esterno, senza di esso risulta quasi impossibile aprirsi realmente a qualcuno perchè saranno più le cose che si tenta di nascondere da quelle che invece si vuole comunicare, alimentando un constante stato d'ansia che l'altro possa scoprire i nostri "oscuri segreti", ma secondo me è altrettanto vero che si comincia ad amarsi anche tramite l'interazione sociale. Chi ci circonda diventa uno specchio nel quale ci riflettiamo. Nel momento in cui troviamo delle persone che rimandano un'immagine positiva di noi e cominciamo a capire che tutto sommato non siamo l'essere ignobile che crediamo di essere, siamo un passo avanti verso la guarigione.

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Beh, questo depone solamente a tuo favore, Bad_Romance, nel senso che già hai avuto prova che attivandoti, ad esempio facendo sport, puoi migliorare la tua autostima e migliorare nel contempo il tuo senso di "disagio" rispetto agli altri.

 

E' questo il lavoro che secondo me dovresti fare. Un lavoro che, come per lo sport, non è immediato, ci vuole sudare, ci vuole che i "muscoli" della tua fiducia in te stesso si tonifichino, e lo puoi fare solo allenandoti ad avere fiducia in te stesso. Aldilà di tutto quanto, del giusto lavoro di analisi che farai con il tuo psicologo (che ti conosce e che non interpreta poche righe di un forum), quello che secondo me devi fare è ricordare ogni giorno che stai costruendoti passo passo, che pur se oggi non sei ancora un edificio completo, riesci a vedere ogni giorno un piccolo miglioramento, e che non ti devi far abbattere se magari domani non riesci a fare una cosa che ti sei prefissata, l'importante è che tu ci abbia provato, domani ci riproverai e sarà un "quasi" e domani l'altro ci riuscirai.

E piano piano imparerai a superare il disagio del panico e del dolore. Magari oggi non ce la fai, ma magari domani riuscirai a fare un passo avanti anche se lo stomaco ti si contorce e, piano piano, arriverai a un punto soddisfacente di equilibrio. O almeno sai che ci avrai provato no? Tanto cosa hai meglio da fare? ;)

Ci proverò e ci sto provando però non sono tanto motivato...certo rispetto a prima vado a scuola etc però alla lunga la situazione non è migliorata...anzi per alcune cose è peggiorata.

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Aquarivs (stavolta ho indovinato il nome), so perfettamente come funzionano i processi sensoriali, percettivi e cognitivi. Ma il tuo discorso è molto molto generale, dottorale e per la maggiorparte delle cose che dici, è fuori luogo a mio parere in questo contesto.

Se lo sapessi davvero concorderesti sul fatto che, quando questi processi vengono alterati è impossibile andare oltre. Se ti dico che mancano le fondamenta perchè insisti con il prenotare gli appalti per il tetto?

 

 

Qui si tratta di un ragazzo che ha una menomazione fisica evidente, ma non invalidante, che lo ha reso "isolato" dal resto della vita sociale, lui se ne rende conto, vorrebbe fare di più, ma vive la questione con crisi di panico, chiede a questo forum chi ci è passato e come ha affrontanto il problema.

Questo io leggo. Non parlo quindi con la vittima di uno stupro o con un padre che ha perso un figlio o un reduce dalla guerra.

Il processo psicosomatico, fisiologico e psichico è lo stesso. Ancora una volta, se conoscessi i processi cognitivi lo sapresti.

 

 

Qui non ci sono processi cognitivi completamente andati. Non ci sono problematiche di tipo dissociativo.

Io ne ho identificati almeno due. E' per questo motivo che insisto sulla terapia psicologica e non psicosociale. Non proporrei mai a questo ragazzo una seduta di gruppo perchè non aiuterebbe lui nè aiuterebbe me ad aiutarlo.

 

 

Il problema da affrontare è duplice:

- superare e assimilare il difetto fisico, conviverci e renderlo parte della propria essenza, ma questo è un lavoro per uno specialista, va già da uno psicologo, non so quale sia il difetto fisico quindi non mi permetto di toccarlo,

E come si fa? Ancora una volta parli di cose delle quali non spieghi i mezzi per attuarli. Come lo si assimila il difetto fisico? Come dovrebbe trattarlo con equilibrio quando vi è un'assenza di equilibrio insito nella persona? A prescindere da qualsiasi difetto fisico si parli, dalla menomazione alla psoriasi si tratta sempre di persone che vivono in prima persona il "problema" e per il quale hanno alterato il loro processo percettivo.

Dio santo hai mai sentito le confessioni di una ragazza di 100kg? Sai cosa le succede quando arriva a pesare 55kg? Sai quali processi mentali rimangono inalterati? Non è il "fatto" che può convincere o che può essere assimilato.

 

Ad ogni modo vedo che hai posto questo punto come primo. Solo non ti rendi conto di quanto c'è ancor prima da fare.

 

- superare il blocco che lo isola dagli altri e cercare di riguadagnare oggi, nei suoi 16 anni, una socialità che altrimenti lo tiene fuori dal mondo, ed è a questo problema a cui io ho dato dei consigli, dettati dalla mia esperienza personale, che con me e con altre persone hanno funzionato.

Altra dichiarazione preconfigurata senza specificare come..

 

 

Alle tue domande che mi hai fatto: cosa significa evolvere, migliorare, apprendere e godere, penso che siano risposte a cui puoi chiedere a bad_romance ma che si possono intuire dalle sue parole: cosa sarebbe per lui evolvere? avere degli amici. Cosa sarebbe per lui migliorare? affrontare situazioni pubbliche dominando il proprio panico. Cosa sarebbe per lui apprendere? entrare in dinamiche sociali attivamente. Cosa sarebbe per lui godere? attivarsi in compagnia.

 

Io non ho chiesto cosa sarebbe per lui, io ho chiesto cosa significa evolvere, migliorare apprendere e godere. Quali meccanismi psichici risiedono dietro questi processi cognitivi?

Evolvere.. Termine piuttosto filosofico per essere considerato, ma sforziamoci e proviamo a capire. Evolvere significa muoversi da un punto acquisito verso uno che viene considerato successivo. Qual è il punto acquisito per lui? Che sia orribile e che la gente lo trovi tale? Immagino che evolvere significhi muoversi da questa concezione verso una migliore. E come può quando i suoi occhi hanno imparato a comunicargli sempre lo stesso significato? Quando il concetto di sè lo insegue non importa cosa e come si guardi? Come farà a capire in che punto della propria evoluzione è e se si sta muovendo se non distingue ciò che è da ciò che può diventare? Quando cambiare sembra impossibile su che base potrà iniziare questa evoluzione? (con questo ho incluso "migliorare).

 

Apprendere. Questo sì è un processo cognitivo basilare. L'apprendimento non è così semplice come lo si immagina. E' una commistione di emozioni, ricordi e informazioni in entrata. L'apprendimento non è memoria. La memoria consolida informazioni apprese. E' ciò che succede solo dopo. L'apprendimento è il riconoscimento di uno stimolo dalla sensazione alla percezione che poi si tramuta e si fonde con la memoria.

Non esiste solo un apprendimento meccanico relegato all'Ippocampo. Esiste anche un apprendimento di tipo emotivo legato all'Amigdala. Ci sono cose che si "imparano" con le emozioni, con il dolore, con la felicità. Simili apprendimenti sono difficili da rimuovere. La percezione di sè stessi è fondata su questo genere di apprendimento. Il modo in cui ci vediamo, ci riconosciamo, ci identifichiamo è legato a ciò che proviamo per noi stessi e al modo in cui gli altri ci hanno considerato durante il periodo in cui la nostra memoria amigdalare veniva plasmata. Questo ci condiziona per la vita. ci permette di sussultare all'udire di una voce ancor prima di averla identificata. Ci permette di soffrire guardando uno specchio in cui siamo riflessi ancor prima di realizzare che oggi stiamo messi bene.

 

Godere. Ah questo è il più divertente fra i termini. Richiede così tanti processi psicologici che non saprei da dove cominciare.

Torna all'esempio del gelato. Là c'è una chiara spiegazione di come il godimento possa essere compromesso.

 

Ps. Scusate il post prolisso..

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Scusate non sono riuscito a capire perchè non ho letto proprio tutto...

 

ma una parte cruciale del mio interesse verte su un problema che potrei condividere:

 

Il difetto fisico di cui si accenna (non mi pare sia esplicato) è per caso LA PANZA?

 

Mi basta una risposta netta, non farò altre domande.

Dici che prima non avevi, quindi a meno che non hai subito un incidente, non capisco cosa possa essere altrimenti...

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Scusate non sono riuscito a capire perchè non ho letto proprio tutto...

 

ma una parte cruciale del mio interesse verte su un problema che potrei condividere:

 

Il difetto fisico di cui si accenna (non mi pare sia esplicato) è per caso LA PANZA?

 

Mi basta una risposta netta, non farò altre domande.

Dici che prima non avevi, quindi a meno che non hai subito un incidente, non capisco cosa possa essere altrimenti...

No, non è la panza xD Sono un paio di problemi alla schiena, ma per ora non vorrei focalizzarmi su quello.

Come ho scritto sopra anche se rispetto a prima sto facendo + cose, ho visto dei miglioramenti quando sto in mezzo alle persone, però non oltre un certo limite...

PS: grazie a tutti quelli che rispondono

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