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Omosessualità e genitori; omissione a fin di bene?


WistonSmith

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WistonSmith

Oggi, leggendo "La lingua perduta delle Gru" mi sono imbattuto in una scena che mi ha fatto un po' riflettere.

Cerco di sintetizzare, e avverto coloro che non hanno letto questo libro che di seguito c'è uno spoiler:

 

Philip annuncia a Eliot la sua decisione di voler dichiarare la loro storia ai propri genitori e, di conseguenza, dichiarare la propria omosessualità. Ma quest'ultimo non sembra essere molto d'accordo.

 

«Non sto dicendo che non dovresti informarli. Sto solo dicendo che dovresti pensarci molto attentamente prima di fare qualcosa di affrettato, e dovresti essere certo che lo fai per loro e non per te. Questa è una faccenda seria. Stai attento. [...]»

[...] Che ragione aveva per dirlo ai suoi genitori, si chiese, quando per anni aveva evitato con tanto successo questo confronto? Era per loro che voleva fare questa rivelazione, perché si meritavano di sapere la verità? O era per se stesso, come aveva insinuato Eliot, per liberarsi alla fine del peso di quel segreto?

 

Pur essendo sempre per la sincerità, pure quella più bruta e cruda, dopo esser giunto a questo punto della storia, mentre viaggiavo per tornare a casa, mi sono fermato un po' per pensarci su, e quando poi sono tornato alla realtà, ero giunto a destinazione, con le idee ancora più confuse.

 

Secondo voi, questa, puo' essere una "bugia a fin di bene"?

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Assolutamente no :asd::gha:

Se vai avanti nella Lingua perduta delle gru vedrai come Phillip avesse pienamente ragione,

come la vita gli darà ragione, e come proprio perché lui aveva ragione anche Elliot si modificherà...

E la vita darà ragione anche a te, se farai e penserai come Phillip, e ti darà torto, se non farai come lui.

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Loup-garou

Secondo me occorre un po' di onestà prima di tutto.

 

È più facile fare coming out o non farlo? Nella maggior parte dei casi non farlo. Quindi, visto che fare coming out è qualcosa di difficile e faticoso, qualsiasi motivo trovato per non farlo è fondamentalmente una scusa per semplificarsi la vita, comunque lo si voglia condire. Punto. :gha:

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Questo potrebbe diventare il mio nuovo topic preferito :gha:

Il messaggio qui sopra crea un nuovo standard con cui qualsiasi utente che avrebbe risposto spontaneamente "sì, sono giuste le bugie a fin di bene" dovrà confrontarsi.

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Eh... ma dove finisce il "semplificarsi la vita" e fare una scelta consapevole e ponderata? E dove inizia la codardia?!?

Il confine è labile...

Credo che ognuno, prima di decidere di tacere o rivelarsi, metta sul piatto della bilancia fattori che solo lui può valutare...

Non c'è la medicina universale per tutti in tale campo... in my opinion  :gha:

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WistonSmith

ISher: Ma no! Del libro non me ne frega nulla.

E' stata solo la causa di questa mia riflessione.

E comunque, non è questione di "torto" o "ragione", perché senza dubbio la ragione ce l'ha sempre la verità, altrimenti non avrei mai detto "bugia a fin di bene",e, affermando bugia, parto dal presupposto di essere in errore. Su questo non ci piove.  :gha:

 

Il punto della mia riflessione è un altro;

C'è chi non avverte la necessità di approvazione per vivere la propria vita, e chi, invece, è caratterialmente più "debole" da sentire il bisogno di esprimere tutto di se, di far sapere tutto, e condividere tutto, compresa la famiglia.

Nel secondo caso, allora se diventa necessità, non si parla più di "bugia a fin di bene", perché tutti, omettendo una verità, ne vivrebbero male.

Ma se nel primo caso, oltre a non sentire la necessità di esplicitare alla famiglia la propria omosessualità, rende tranquilli sia l'interessato che la famiglia... allora che male c'è nell'omettere la propria omosessualità?

Ed è questa la mia reale domanda.

 

Per quanto mi riguarda la mia decisione è a metà fra le due cose; verità e omissione. Ho deciso che paleserò in famiglia la mia omosessualità, solo e se avrò intrapreso una relazione seria, e solo quando questa relazione sarà tanto matura da portarla ad un livello superiore, e lo farei più che altro per il mio (ipotetico) compagno, piuttosto che me. Perché so benissimo che, quando si è innamorati, quando si tiene così tanto ad una persona, è inevitabile voler far parte della sua vita in tutti i contesti, ed esserne riconosciuto parte integrante. Quindi è un silenzio che peserebbe più a lui, che a me, perché al di là dell'omosessualità io, proprio di carattere sono molto riservato.

Per due motivi:

-Sono abbastanza libero, e non intendo per il momento affrontare una lotta che potrebbe causare una limitazione a questa mia libertà (come ad esempio andare dove voglio, a qualunque ora del giorno e della notte, senza dover dire dove, come, perché, e con chi) a causa del sospetto. Perché non è la disapprovazione ciò che temo, ma l'essere controllato e limitato.

- Perché non voglio che le cose su elencate mi portino a rischiare di perdere storie che potrebbero diventare importanti. Non sono uno che si lascia influenzare dai pareri dei familiari, ma preferisco evitare a priori, qualsiasi sorta di ostracismo.

 

Solo in tre casi ho sentito davvero la necessità di aprirmi e l'ho fatto; con la mia miglior amica, l'unica che sa tutto di me. Con la mia ex, perché lo ritenevo giusto, e infine con le persone che più frequento ultimamente e condivido parecchi interessi, e cioè i miei colleghi di università.  

 

Edit: Parlo di omosessualità, per rendere più "generico" il discorso. Ovviamente nel mio caso dovrei parlare di bisessualità, ma intendevo come tendenza.

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Il punto della mia riflessione è un altro;

C'è chi non avverte la necessità di approvazione per vivere la propria vita, e chi, invece, è caratterialmente più "debole" da sentire il bisogno di esprimere tutto di se, di far sapere tutto, e condividere tutto, compresa la famiglia.

Nel secondo caso, allora se diventa necessità, non si parla più di "bugia a fin di bene", perché tutti, omettendo una verità, ne vivrebbero male.

Ma se nel primo caso, oltre a non sentire la necessità di esplicitare alla famiglia la propria omosessualità, rende tranquilli sia l'interessato che la famiglia... allora che male c'è nell'omettere la propria omosessualità?

Ed è questa la mia reale domanda.

 

 

Bah, in linea generale io contesto la tua ricostruzione della fisionomia psicologica delle due persone,

quella che fa e quella che non fa CO. Per me la tua ricostruzione è tendenziosa. Tu alquanto dogmaticamente

definisci quella che fa CO come più debole e bisognosa dell'approvazione degli altri, mentre con argomentazioni

fin troppo semplici e realistiche chiunque ti potrebbe dimostrare che è vero il contrario. Dovendo generalizzare, è

il debole, l'indeciso, la persona la cui solidità interiore è stata minata dalla discriminazione e dall'omofobia

imperanti, che non ce la fa a uscir fuori: questo la considero quasi un'evidenza.

 

E se permetti diffido di chi si costruisce un quadro talmente perfetto al suo non

dichiararsi, che giunge a dire che è espressione di maggiore forza.

 

Venendo a te, se hai ragione di temere della tua libertà di movimento, di controlli e seccature di vario tipo, il

tuo non fare CO può avere un senso autoprotettivo: l'autoprotezione può essere necessaria, ma perché

si è appunto in uno stato di dipendenza. Qui recupero l'osservazione di Casper, con l'aggiunta che però da

questo stato un giorno bisognerà pur e senz'altro uscire.

 

Potrei riassumere tutto ciò dicendo: per l'omosessualità contemporanea il CO è imprescindibile.

 

Chi vive con genitori prepotenti e omofobi, in un paese pettegolo o in un ambiente dove non può avere nemmeno

amici gay, deve armarsi di tanta forza e pazienza, farsi un bella fatica, e scapparsene altrove.

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WistonSmith

Hai perfettamente ragione. Il quadro non era completo.

Ma per "debolezza" (e lo sottolineo anche, oltre virgolettarlo) intendevo unicamente chi (e non tutti coloro che fanno CO), ma solamente chi sente la necessità di dirlo a tutti in famiglia perché è un peso troppo grande che non sanno mantenere. Chi lo avverte per bisogno, non chi lo fa perché ritiene giusto, oneroso, verso se stessi e l'omosessualità in generale. (Quest'ultimi li ho esclusi volutamente dal mio quadro, tanto è gente che questo problema non se lo pone)

Per questo ho preso quella scena in esame, mi ha fatto pensare, per la risposta di Eliot; Questo tipo di persone, si dichiara per se o per la sincerità?

Spero di aver chiarito ulteriormente la mia questione.  :gha:

 

 

Venendo a te, se hai ragione di temere della tua libertà di movimento, di controlli e seccature di vario tipo, il

tuo non fare CO può avere un senso autoprotettivo: l'autoprotezione può essere necessaria, ma perché

si è appunto in uno stato di dipendenza. Qui recupero l'osservazione di Casper, con l'aggiunta che però da

questo stato un giorno bisognerà pur e senz'altro uscire.

 

Son d'accordo. Come ho già detto.

E' un silenzio che non si puo' perpretrare a lungo.

Perché se il silenzio durante la dipendenza serve a preservare la propria libertà, lo stesso silenzio finita la dipendenza porta a limitare la propria libertà.

Comunque, non giudico i miei né omofobi né retrogradi. Semplicemente, non sapendo quale potrebbe essere la loro reazione, per il momento  preferisco prevenire qualsiasi tipo di seccature, tanto me la vivo bene così. Quando poi la situazione (personale, o sentimentale) necessiterà di un cambiamento allora senz'altro lo dirò.

Ma capisco che per cert'uni si sa già che sarà una dura lotta (nel mio caso non penso, non sono così chiusi mentalmente i miei, o anche se lo fosserò non sarebbe la prima volta che gli vada contro  :asd:) ed è per questo motivo che mi chiedevo quale fosse la necessità di patire certe sofferenze (come nel caso di Jerene, per chi ha letto il romanzo).

Per liberarsi di un peso? Per approvazione? Per esser sinceri, ma con chi? 

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Io me lo chiederei DOPO essermi dichiarato.

 

Dopo il coming out ci si può chiedere:

l'ho fatto per amore della mia dignità

o solo per amore della sincerità?

 

Ovviamente DOPO sembrerà una domanda stupida,

perché non si vedrà differenza

tra "il bisogno di essere sè stessi"

e il "bisogno di essere sinceri"

che sembrano distinti solo PRIMA.

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Silver Reflex

Eh... ma dove finisce il "semplificarsi la vita" e fare una scelta consapevole e ponderata? E dove inizia la codardia?!?

Il confine è labile...

Credo che ognuno, prima di decidere di tacere o rivelarsi, metta sul piatto della bilancia fattori che solo lui può valutare...

Non c'è la medicina universale per tutti in tale campo... in my opinion  :gha:

 

Assolutamente d'accordo con te; il confine è labile, così come lo è quella che separa i CO fatti per per informare chi ci circonda da quelli che in realtà vogliono solo essere un modo per cercare conferme e sicurezza.

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Cosa sarebbe un coming out

fatto per "conferme e sicurezza"?

 

Nessuno ha mai sentito dire

che - di norma - quando ci si dichiara

le madri piangono e TUTTI cercano di metterti in dubbio

con frasi stile "hai mai provato con l'altro sesso?"

oppure "è solo una fase"

o anche "sapevo che non dovevamo divorziare"

?

 

Avete uno strano modo per cercare "conferme e sicurezza"

:gha:

 

Tant'è vero che - di solito - ci si dichiara

soltanto quando la sicurezza la si ha già

(alcuni attendono persino la sicurezza economica,

altri lo dicono quando convivono già...)

 

Una sola cosa è certa: "Non è possibile nasconderlo per sempre"

Normalmente se lo si dice dopo i trent'anni,

l'avevano già capito benissimo da soli.

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WistonSmith

Per sicurezza s'intende (almeno, io la intendevo così quando ho posto la domanda) non tanto approvazione ma la sicurezza in se stessi,  per sentirsi meno in colpa quando si ci ritrova faccia a faccia con un familiare, come se si ci portasse dietro un fardello di cui vergognarsi, non l'omosessualità, bensì la bugia con cui la nascondiamo a genitori e parenti.  

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Ah ok, perché se è l'approvazione quella che cerchi;

ti dico subito che è troppo rara per sperarci.

E se cerchi "conferme" otterrai solo "dubbi"

(per lo più di natura ridicola, come quelli che ho elencato)

 

Uno può anche pensare un attimo al futuro, no?

Del tipo: "In quanto tempo se ne accorgeranno?"

Un anno? Cinque anni? Dieci anni?

Vale la pena farsi il sangue amaro per tutto questo tempo

se tanto un giorno lo realizzeranno da soli?

 

Certo, io da ragazzino speravo che

- se avessi trovato la donna giusta

e se mi fossi sposato con lei -

avrei trovato un'ottima soluzione

per non affrontare mai l'argomento

e il fatto di non parlare coi miei genitori

dei miei rapporti omosessuali,

sarebbe stato come non parlare loro

del fatto che praticassi il bondage...

Niente più domande, niente più ansia,

niente più la necessità di "togliersi un peso"

(Anche prendere i voti poteva essere una soluzione :gha:)

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Silver Reflex

Cosa sarebbe un coming out

fatto per "conferme e sicurezza"?

 

Per sicurezza s'intende (almeno, io la intendevo così quando ho posto la domanda) non tanto approvazione ma la sicurezza in se stessi,  per sentirsi meno in colpa quando si ci ritrova faccia a faccia con un familiare, come se si ci portasse dietro un fardello di cui vergognarsi, non l'omosessualità, bensì la bugia con cui la nascondiamo a genitori e parenti. 

 

.. e non solo; ci sono persone insicure che hanno bisogno di continue approvazioni e conferme, a tal proposito c'è chi fa CO nel tentativo di autoconvincersi di aver raggiunto la sicuerezza e la pace con se stessi.. inconsciamente si spera in un'approvazione dell'altro per alimentare il proprio (debole) ego.

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Cioè esistono persone che affrontano

la via crucis di dichiararsi ai genitori

per "alimentare il loro fragile ego"?

 

Ma è come diventare piloti di caccia

perché si è troppo insicuri per andare in bici...

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Silver Reflex

Mai sentito parlare di autolesionismo? confusione? depressione? solitudine?

 

Tutti fattori che possono portare un individuo a compiere gesti apparentemente assurdi ed incomprensibili, sopratutto se non si ha la fortuna di conoscere persone con la capacità di astrarsi dall'apparenza dei luoghi comuni che vogliono farci credere che la vita e le menti delle persone siano cosa semplice.

 

L'esempio del caccia e della bici è perfetto; comportamento paradosso, gli esempi nella vita di tutti i giorni si sprecano

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WistonSmith

Quella più che ricerca di approvazione, o di sicurezza, la definisco ribellione. (Cosa in famiglia non molto rara)

Nel senso che una lotta con genitori e parenti puo' servire  loro per affermare la propria omosessualità, superando quel limite nel dichiararsi si superano anche i propri dubbi, su se stessi.

Son d'accordo con Silver, solo che in certi casi non si cerca l'approvazione dei genitori, basta anche la disapprovazione per autoconvincersi di essere nel giusto. Fra i figli più ribelli è cosa comunissima, quando i genitori nella loro ottica sono pienamente nel torto, e si parte dal presupposto che, se loro reagiscono nell'esatta maniera immaginata, allora non avrai più dubbi sulla tua "verità".

Forse non sono stato molto chiaro, e per il momento non riesco a spiegarlo meglio di così; è una riflessione nata leggendo alcuni CO, di utenti che non mensiono per rispetto, ma che mi danno a pensare che certe loro manifestazioni unilaterali siano dovute ad una ribellione nei confronti dei genitori-da loro stessi dichiarati omofobi, o retrogradi- passando così da un eccesso all'altro.

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Quindi se si cerca l'approvazione non va bene;

se ci si vuole ribellare a una famiglia oppressiva nemmeno...

 

Quando sarebbe il caso e quale sarebbe il modo

di dichiararsi ai propri genitori?

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Silver Reflex

No quello per me è un discorso diverso, indipendente da quello appena fatto.

 

Dichiararsi è una scelta personale che ognuno di noi deve (o non) fare, ragionando con la propria testa e con i propri criteri; le spiegazoni al comportamento umano spesso sono complesse ma ci sono sempre, regole su come vivere invece non ce ne sono

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WistonSmith

Quindi se si cerca l'approvazione non va bene;

se ci si vuole ribellare a una famiglia oppressiva nemmeno...

 

Quando sarebbe il caso e quale sarebbe il modo

di dichiararsi ai propri genitori?

 

 

Chi ha mai detto "non va bene"? Ognuno alla fin fine farà quel che cavolo gli pare e gli piace.

Trovo solo interessante queste varianti, innumerevoli, di motivazioni che spingon le persone verso una scelta anziché un altra.

 

Anzi, solo ora dico che, personalmente, l'unica scelta che non condividerei è la ribellione. Poi, che lo si faccia per se, o per il bene della verità non m'importa. A volte la ribellione porta a non affrontare con obiettività certi dubbi- o addirittura ad non affrontarli proprio-, per il solo motivo che in qualunque caso si preferisce venire contro a chi non la pensa come te, compiendo anche scelte contro la nostra stessa natura (Questo è un discorso molto relativo ai bisessuali).

E ti farò un esempio; Sono bisessuale, i miei mi metton i bastoni fra le ruote se intendo uscire o conoscere ragazzi, mentre sembrano spingermi ogni volta che conosco una ragazza. Sulla mia bisessualità ho ancora dei dubbi, potrei essere etero, potrei essere gay, potrei essere davvero bisex. Tendo ad essere un ribelle, perché detesto questo ostracismo, non voglio dargliela vinta, e pur di evitare questo, manderei a fanculo la possibilità di stare bene con una ragazza pur di vincere (e in realtà sto perdendo, senza accorgertene) frequentando solo uomini, evitando a priori le donne perché ormai mi sono convinto di un idea errata quanto la loro. 

Quoto quindi Silver; qualunque motivo ti spinga a dichiararti va bene purché si ragioni con la propria testa. Il ribelle non lo fa.

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.. e non solo; ci sono persone insicure che hanno bisogno di continue approvazioni e conferme, a tal proposito c'è chi fa CO nel tentativo di autoconvincersi di aver raggiunto la sicuerezza e la pace con se stessi.. inconsciamente si spera in un'approvazione dell'altro per alimentare il proprio (debole) ego.

 

 

 

Confermo e ne sono una prova, mio malgrado. Nella prima adolescenza soprattutto ci si sente ancora incapaci di bastare a se stessi e si spera che gli altri possano farsi carico dei nostri dubbi. E' ovvio che è un atteggiamento sbagliato, ma spesso si sente ancora la necessità di avere l'ok da parte del genitore, non si è ancora del tutto autonomi. Io ad esempio feci coming out con mia madre a 13-14 anni, ero talmente pressato dalle insicurezze d'adolescente che non ce la feci più a tenere tutto per me e mi rivelai, con l'atteggiamento di un bambino che corre dai propri genitori spaventato dopo aver fatto un incubo. Ad oggi mi rendo conto dell'errore madornale e paradossale, dal momento che la maggior parte delle insicurezze derivavano dall'educazione e dai falsi valori che loro stessi mi avevano inculcato. La situazione da lì infatti è solo peggiorata, quindi ovviamente non consiglio di prendere esempio da me a nessun nuovo giovane utente, né ai più grandicelli, ma spero che per loro questo consiglio sia poco necessario.

 

Alcune volte penso che il coming out coi genitori sia poco importante quando ci si rende conto che già sanno tutto, salvo far finta di niente per sperata rimozione. Alla fine si sa che in questi casi, quasi di sicuro, si mostreranno riluttanti, ma alla fine è giusto rimboccarsi le maniche e non temere il dibattito, né una qualsiasi loro reazione. Non facendo coming out si finisce per vivere O per tacito accordo, O per tacito disaccordo... e non so quale delle due opzioni sia la peggiore.

 

Piuttosto è vero che spesso il silenzio è di comodo, soprattutto quando si presuppongo le reazioni peggiori e si è ancora dipendenti dalla famiglia. E' un silenzio che comprendo, ma ovviamente dal quale è meglio fuggire... cosa per niente semplice purtroppo.

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Loup-garou

Se i genitori ti accettano, allora vieni accusato di aver fatto coming out perché sei insicuro e avevi bisogno della loro accettazione.

Se non ti accettano, allora ti viene detto che hai fatto coming out solo per ribellarti. Un po' come i baci gay, che son fatti solo per il gusto di provocare...

 

Per rispondere a Casper, non vedo alcun confine labile. Non fare coming out = semplificarsi la vita, punto. Questo è al di là di ogni considerazione morale, non ci confondiamo!

Non sto dicendo che se uno è certo che l'altro reagirà male allora deve fare coming out in ogni situazione. Ma se non lo fai, lo fai a tuo beneficio, non per qualche alto scopo altruistico.

 

Prendiamo l'esempio che spontaneamente ci è fornito dall'autore del topic:

 

-Sono abbastanza libero, e non intendo per il momento affrontare una lotta che potrebbe causare una limitazione a questa mia libertà (come ad esempio andare dove voglio, a qualunque ora del giorno e della notte, senza dover dire dove, come, perché, e con chi) a causa del sospetto. Perché non è la disapprovazione ciò che temo, ma l'essere controllato e limitato.

- Perché non voglio che le cose su elencate mi portino a rischiare di perdere storie che potrebbero diventare importanti. Non sono uno che si lascia influenzare dai pareri dei familiari, ma preferisco evitare a priori, qualsiasi sorta di ostracismo.

 

Wiston non sta facendo coming out non perché è in dubbio dell'effettiva giustezza di quest'atto. Ma manco per sogno! Non lo fa perché ha ben presente quali potrebbero essere i risvolti negativi sulla sua vita.

 

Per rendersi conto di questo, basta analizzare il processo che sta dietro a questo ragionamento:

Passo 1: Desiderio di essere se stessi.

Passo 2: Consapevolezza dei rischi del fare coming out.

Passo 3: Elaborazione di una spiegazione per cui non fare coming out non è un atto di codardia, un comportamento sbagliato o altro.

Il semplice fatto che il passo 3 venga dopo il passo 2 svela che la spiegazione che mi sono dato è solo una scusa.

Ragionamenti su cosa è giusto o sbagliato sono di qualche valore o quando le due alternative sono per me ugualmente valide, oppure quando concludo che ciò che è giusto va contro il mio vantaggio. Il resto è fuffa.

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Silver Reflex, in concreto cosa significa?

 

Tu pensi che tra le cause di un Coming Out

possa esserci "l'autolesionismo, la confusione, la depressione

e la solitudine", giusto?

 

Ebbene, io potrei credere il contrario.

 

Mi farebbe piacere sapere - secondo te -

in che modo questi problemi

possano spingere un ragazzo a dichiararsi.

 

Per me sarà facile fare altrettanto;

dal momento che - fin quando ero autolesionista,

confuso, depresso e solo - non mi sono dichiarato

(in realtà non mi sono dichiarato mai,

ma sono stato "sgamato" da mia madre)

 

Mi piacerebbe anche che WinstonSmith

citasse esplicitamente i CO che gli hanno dato da pensare:

in fondo chi li ha pubblicati, lo ha fatto anche

per essere preso a spunto di future discussioni, no?

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WistonSmith

Loup, cosa sarebbe Giusto secondo te?

Bada che sono il primo a dire che omettere, o mentire non è mai Giusto.

Ma, per il momento, va tutto a mio favore.

Opportunistico, certo. Ma me ne strafotto finché non faccio del male a nessuno e non ne soffro io. 

 

Mi piacerebbe anche che WinstonSmith

citasse esplicitamente i CO che gli hanno dato da pensare:

in fondo chi li ha pubblicati, lo ha fatto anche

per essere preso a spunto di future discussioni, no?

 

Boh. Mi sembrava poco corretto ma riporto un link che mi ha fatto pensare alla ribellione o alla resa ("divorzio con i genitori");

http://www.gay-forum.it/forum/index.php/topic,20382.0.html

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Mother Fucker

ANche io penso che la solitudine,la depressione e tutte quelle sensazioni negative,non possano spingere in genere qualcuno a fare CO con i propri genitori.

Se si hanno genitori con una mentalità diciamo cosi non proprio aperta,è difficile che si cercherà comprensione in loro,ma anzi il dolore deriva proprio da non poter avere il loro aiuto ed è ciò che accade quasi sempre.

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Silver Reflex

Silver Reflex, in concreto cosa significa?

 

Mi farebbe piacere sapere - secondo te -

in che modo questi problemi

possano spingere un ragazzo a dichiararsi.

 

 

L'esperienza brevemente descritta da Gaston ne è un chiaro esempio

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Hinzelmann

Ma quella credo sia l'esperienza di un ragazzino che fa CO

prima di aver fatto esperienza della propria omosessualità

sostanzialmente è il CO di un ragazzino che ha il dubbio di

poter essere omosessuale e spera che i suoi genitori si

facciano carico dei suoi dubbi.

 

Il problema allora diventa un altro ed è il Dubbio, non la

depressione o la ribellione

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